ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

martedì 10 maggio 2022

«Art City 2022», l’arte invade Bologna. Tra i protagonisti Tino Sehgal, Italo Zuffi e Pedro Neves Marques

È quasi impossibile non lasciarsi travolgere da una fresca e salutare ventata di arte contemporanea in questi primi giorni di maggio a Bologna. Piazze, musei, gallerie, fondazioni e palazzi storici della città aprono, giorno dopo giorno, i propri spazi per ospitare mostre, eventi e iniziative speciali. Il merito è di «Art City», il progetto di alleanza culturale nato dieci anni fa dalla collaborazione tra il Comune di Bologna e gli organizzatori di «Arte Fiera», che vede il coordinamento dei locali musei civici e la curatela di Lorenzo Balbi.
In attesa dell’«Art City White Night», la «notte bianca» che sabato 14 maggio vedrà gli amanti della creatività contemporanea «fare le ore piccole» tra mostre e installazioni, ci si può lasciare incuriosire dalle oltre duecento proposte, molte a ingresso gratuito, che compongono il cartellone di questa edizione, tutte da scoprire grazie alla guida booklet e alla mappa, due prodotti cartacei da portare sempre con sé e da conservare nella propria biblioteca, curati nel visual design da Filippo Tappi e Marco Casella.
Ai due artisti è stata affidata anche l’identità visiva della kermesse. Lo sfondo di «Art City 2022» è Bologna stessa, vista come una galassia nella quale ogni cosa accade: «un agglomerato – si legge nella guida - di pianeti iridescenti, stelle pulsanti, materia oscura, pulviscolo, che danza indisturbato al ritmo astronomico». In questi giorni, dalla centrale piazza Maggiore al periferico viale Aldo Moro, gli eventi entrano, infatti, in contatto, «si sovrappongono, si fondono, si fanno eco, si moltiplicano alla velocità della luce» e lasciano una scia che, come «un bagliore anomalo» ed «evanescente», convive con «il rumore della città, delle strade, dei portici, dei colli e delle persone», dà nuova luce alla quotidianità.
Cuore pulsante del cartellone è, come avviene ormai dal 2018, lo «Special Project». Per l’edizione 2022 è stato invitato Tino Sehgal (1976), uno degli artisti più radicali che siano emersi negli ultimi anni, Leone d’oro all'Esposizione internazionale d’arte di Venezia nel 2013. Le sue opere sono autentiche sculture viventi, coreografie di persone in movimento che generano situazioni insolite, a volte surreali, con cui il pubblico è invitato a confrontarsi. L’intervento pensato per Bologna, che si avvale della curatela di Lorenzo Balbi, animerà piazza Maggiore, il cuore della città, da secoli luogo di incontro e scambio, con i palazzi medievali e l’imponente Basilica di San Petronio a farle da cornice. Qui quarantacinque ballerini e interpreti, i cui corpi e gesti verranno utilizzati dall’artista come materiale creativo e umano per comporre una grande opera, si muoveranno nello stesso spazio del pubblico, invitato, quest’ultimo, a essere non solo fruitore ma anche protagonista della coreografia di Tino Sehgal, ricca di riferimenti alla storia e al passato.
Il «Main Program» di «Art City» ha in agenda anche altri otto progetti curatoriali che spaziano tra le diverse pratiche artistiche e che affiancano giovani emergenti a maestri ormai affermati sulla scena internazionale, tra i quali Pedro Neves Marques, che rappresenta il Portogallo alla 59esima Biennale d’arte di Venezia. Secondo una tradizione consolidata e apprezzata, questi progetti entreranno anche all’interno di luoghi non convenzionali, magari raramente accessibili al pubblico. Quest’anno, per esempio, si spazierà da siti simbolici per eccellenza della storia civica, come Palazzo d’Accursio e la Pinacoteca nazionale di Bologna, a spazi di grande pregio riconvertiti in contenitori culturali, tra i quali l’Oratorio di San Filippo Neri e il teatro San Leonardo, ma anche da un prezioso tesoro architettonico come il Padiglione de l’Esprit Nouveau, realizzato su progetto di Le Corbusier, fino allo scrigno verde dell'ateneo bolognese, ovvero l’Orto Botanico con il suo erbario.
Un elemento trasversale che caratterizza i progetti della decima edizione è la prevalenza della dimensione esperienziale dell’opera, in cui è l’azione a ridefinire gli spazi attraverso i corpi. Lo documenta bene la mostra dedicata a Giulia Niccolai (1934-2021), unica artista non vivente presente nel «Main program». All’Esprit Nouveau la sua ricerca poetica, visiva e sonora, che è spaziata dal nonsense a giochi linguistici su oggetti considerati femminili come bottoni e spilli, è ricostruita attraverso documenti, fotografe, testi, registrazioni e opere, selezionati dalle curatrici Allison Grimaldi Donahue e Caterina Molteni. Ma è anche riattivata grazie a un nuovo lavoro performativo di Giulia Crispiani.
L’elemento performativo è presente anche in «Zhōuwéi Network» di Emilia Tapprest, una video-installazione immersiva, visibile da giovedì 12 maggio al teatro San Leonardo, che attraverso il medium cinematografico «esplora la relazione tra datificazione, potere politico ed esperienze affettive individuali».
Altro progetto performativo presente nel «Main Program» è «Stultifera», grande opera performativa del giovane Benni Bosetto, presentata nel Salone degli Incamminati della Pinacoteca nazionale di Bologna, per la curatela di Caterina Molteni. Il lavoro è ispirato a «La nave dei folli» (1494) di Sebastian Brant, opera satirica apparsa nel 1494, ribaltandone la critica morale e riflettendo invece sul potenziale del 'folle', sulla sua assenza di paura e, quindi. sulle dinamiche generative insite in tale istintività. La scena si svolge su una nave destinata a un viaggio senza fine, sulla quale i passeggeri interagiscono assumendo identità archetipiche, nella necessità di delineare un nuovo ordine sociale.
Vivere lo spazio attraverso azioni che lo ridefiniscono e generano narrazioni è un tratto peculiare anche della ricerca di Italo Zuffi, protagonista di «Fronte e retro», personale a cura di Lorenzo Balbi e Davide Ferri che si sviluppa su due sedi, la Sala delle Ciminiere del MAMbo, che propone un percorso retrospettivo dalla metà degli anni Novanta al 2020, e Palazzo De’ Toschi, dove sarà visibile una serie di nuove produzioni.
Il «Main program» mette al centro anche un tema che è caposaldo dell’identità di «Art City» fin dalla prima edizione, quella del 2013: il dialogo delle opere con lo spazio urbano. Trova, per esempio, collocazione nei centralissimi spazi della Sala Tassinari, gestita da Fondazione per l'innovazione urbana a Palazzo d’Accursio, «Emergency Break» di Kipras Dubauskas, installazione filmica a cura di Elisa Del Prete e Silvia Litardi, che presenta per la prima volta in Italia la trilogia dell’artista dedicata al tema fortemente attuale del «soccorso», con un’anteprima del capitolo su Bologna. Il cubano Carlos Garaicoa interagisce, invece, con il settecentesco spazio dell’Oratorio di San Filippo Neri, luogo molto amato dal pubblico, ricordandone attraverso un’installazione, a cura di Maura Pozzati, la distruzione durante la Seconda guerra mondiale e il restauro che ha consentito di recuperare un capolavoro dell’architettura barocca bolognese.
Crea una relazione viva con lo spazio ospitante anche la videoinstallazione Aedes Aegypti» di Pedro Neves Marques, a cura di Sabrina Samorì, in programma all’Orto Botanico ed Erbario dell’Università di Bologna. L’opera si compone di due parti: in una sequenza, la zanzara si poggia sulla pelle umana succhiando il sangue, mentre nell’altra due zanzare sono colte nel momento di copulazione.
Le sale storiche di Palazzo Vizzani saranno, invece, abitate da «Fuori Terra», mostra di Mattia Pajè a cura di Giovanni Rendina, incentrata su un gruppo scultoreo composto da figure umanoidi immerse in un ambiente installativo.
Il calendario include, inoltre, le proposte di musei, fondazioni, spazi istituzionali e gallerie indipendenti della città. Tra le esposizioni da non perdere ci sono «La memoria del futuro. Mario Ramous un intellettuale a Bologna, dal dopoguerra agli anni Novanta» a Palazzo Accursio, «Sissi. Sacri indici» al LabOratorio degli Angeli di Camilla Roversi, «Cross Collection. Collezioni a confronto» alla Raccolta Lercaro e «Pierpaolo Pasolini. Folgorazioni figurative» alla Cineteca di Bologna.
Come di consueto, protagoniste di primo piano della art week bolognese saranno l’Associazione Gallerie Bologna a la Confcommercio Ascom Bologna, con proposte espositive che spazieranno dalla grande arte figurativa italiana del Novecento a eccellenti artisti internazionali, ad autori del nostro territorio, in un percorso che spazia dalla ceramica iperrealista di Bertozzi & Casoni a Giorgio Morandi, da Lucio Fontana ad Alberto Burri, da Filippo De Pisis a Piero Guccione
La città si prepara, dunque, a trasformarsi in un teatro delle più diverse pratiche del contemporaneo. Guida alla mano, scarpe comode ai piedi e, soprattutto, tanta sana curiosità sono gli ingredienti giusti per viversi questa vivace e colorata settimana bolognese, per ritornare a respirare arte a pieni polmoni.

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Palazzo Bentivoglio, Bologna. Foto © Fabio Mantovani; [fig. 2] Pinacoteca nazionale di Bologna. Foto © Costantino Muciaccia. Su concessione del Ministero della Cultura - Pinacoteca nazionale di Bologna; [fig. 3] Palazzo Vizzani - Alchemilla. Foto Luca Ghedini; [fig. 4] Tino Sehgal nel Giardino delle Rose a Blenheim. Foto © Edd Horder. Courtesy Blenheim Art Foundation; [fig. 5] Piazza Maggiore. Bologna. Foto © Ornella De Carlo; [fig. 6] Centro di Ricerca Musicale - Teatro San Leonardo, Bologna. Foto Massimo Golfieri; [fig. 7] Emilia Tapprest, Zhōuwéi Network, 2021. Still da video. Courtesy l’artista

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lunedì 9 maggio 2022

Al via a Bologna la quarantacinquesima edizione di «Arte Fiera»

Bologna indossa il suo abito più bello, quello che fa incontrare la storia con i colori e l’energia del contemporaneo, e per una settimana contende a Venezia, dove è in corso la 59esima Biennale con il titolo «Il latte dei sogni», il ruolo di capitale italiana dell’arte. La città felsinea è, infatti, pronta a ospitare la quarantacinquesima edizione di «Arte Fiera», la prima in presenza dopo la pandemia da Covid-19 e la quarta, conteggiando anche il progetto digitale «Playlist» del 2021, curata da Simone Menegoi.
Dal 1974 l’evento mercantile bolognese, il più longevo del settore in Italia, è sinonimo di qualità e non ha mai tradito le aspettative di intenditori ed estimatori rimanendo sempre fedele alla propria vocazione: essere la manifestazione di riferimento per le gallerie italiane e per l’arte italiana del XX e XXI secolo.
Si muove lungo questa strada ben consolidata e apprezzata anche la nuova edizione che, dal 13 al 15 maggio (con preview per gli addetti ai lavori nella giornata di giovedì 12), animerà i Padiglioni 15 e 18 del Quartiere fieristico di Bologna, dove è stato ideato per l’occasione un nuovo percorso di accesso e un inedito allestimento degli stand, più elegante e curato rispetto al passato.
Centoquarantatré, tra cui alcune interessanti new entry, sono le gallerie che saranno presenti in fiera e che sono state chiamate a presentare un numero limitato di artisti, se non addirittura mostre monografiche (ne saranno presenti trentacinque), tanto per i maestri storicizzati quanto per le ultime generazioni.
Accanto alla tradizionale «Main Section», che spazia dal moderno e dall’arte postbellica, fino al contemporaneo di ricerca, e che ha un forte accento sull’arte italiana, il percorso espositivo sarà suddiviso in tre sezioni, curate e su invito, che approfondiranno altrettanti ambiti importanti per l’identità della fiera: l’arte moderna e del Dopoguerra storicizzato («Focus»), la pittura del nuovo millennio («Pittura XXI»), la fotografia e il video («Fotografia e immagini in movimento»).
Con «Focus», sezione introdotta nel 2020 e che quest’anno vede la curatela di Marco Meneguzzo, ci si concentrerà sul periodo tra fine anni Cinquanta e anni Settanta e sulla cosiddetta «arte esatta» (che comprende arte cinetica, arte programmata ed esperienze affini), con particolare attenzione alla scena italiana (ma anche con un audace «sconfinamento» nel mondo della creazione digitale e degli NFT).
Il critico Davide Ferri curerà, invece, la sezione «Pittura XXI», una proposta inedita per le fiere d’arte, giunta quest’anno alla sua terza edizione, che offrirà una panoramica specializzata dedicata al medium artistico più tradizionale, tornato negli ultimi anni al centro dell’attenzione della critica, delle istituzioni e del mercato. Il percorso spazierà dai talenti emergenti agli artisti mid-career italiani e internazionali.
Infine, Fantom - una piattaforma composta da Selva Barni, Benedetta Pomini, Ilaria Speri, Massimo Torrigiani e Francesco Zanot - si è occupata della curatela di «Fotografia e immagini in movimento», sezione giunta alla sua terza edizione, che include a pieno titolo anche il video e che è aperta al dialogo fra fotografia e altri media.
Arte Fiera prevede, poi, un ricco palinsesto di contenuti trasversali, riunito sotto il titolo di «Public program», che offrirà agli addetti ai lavori e al grande pubblico un significativo spaccato dello stato dell’arte del nostro Paese. Tra questi appuntamenti si inserisce l’intervento di Liliana Moro (Milano, 1961), che – dopo Flavio Favelli, Eva Marisaldi e Stefano Arienti – è stata invitata a Bologna per realizzare un’opera inedita, di grandi dimensioni o comunque ambiziosa, da presentare al pubblico negli spazi espositivi. Per rispondere alla commissione, l’artista milanese ha scelto un materiale inconsueto, ma a cui ricorre regolarmente fin dagli anni Novanta: il suono. Ne è nata una grande scultura sonora, elaborata a partire dalla sua stessa voce, di cui i visitatori faranno esperienza nel loro transito dall’ingresso Nord verso i padiglioni.
In questa cornice si inserisce anche la terza edizione del progetto «Oplà. Performing Activities», a cura di Silvia Fanti (Xing), che prevede quattro interventi. Jacopo Benassi (1970) proporrà «Unisex» in uno spazio inatteso come le toilette dell’area Infopoint della fiera. Invernomuto, duo composto da Simone Bertuzzi (1983) e Simone Trabucchi (1982), presenterà la performance immateriale e radiofonica «Vernascacadabra». Muna Mussie (1978), artista eritrea di base a Bologna, metterà in scena «Persona», un incontro con il pubblico mediato dalla pratica del cucino. Infine, Luca Trevisani (1979) proporrà «Ai piedi del pane», intervento inedito al crocevia tra l’attività performativa e scultura metamorfica e biologica, che dà vita a scarpe con suole di pane innestate su tomaie preesistenti, bassorilievi da portare a spasso per gli spazi di Arte Fiera.
Nel «Public program» sono inseriti anche i «Book Talk» dedicati ai libri pubblicati di recente. Tra i protagonisti si segnalano Liliana Moro, Cecilia Casorati, il gallerista Mario Pieroni, Gianfranco Maraniello, Massimo Kaufmann, Marco Meneguzzo, Domenico Quaranta, Valentino Catricalà, Lucilla Meloni, Laura Cherubini e Andrea Viliani.
Infine, Arte Fiera ospiterà nel proprio programma collaterale «Note di sguardi», un progetto di fotografia, ideato nel 2021 da Giovanna Sarti, che vede coinvolti tre quartieri di altrettante città europee: Cervia, Bologna e Berlino. A trentasei artisti internazionali attivi nelle tre città o in zone limitrofe è stato chiesto di scegliere un’immagine proveniente dal loro archivio da stampare in forma di poster e da esporre nello spazio pubblico dei quartieri designati nell’arco di un anno, con cadenza mensile. A Bologna, nel passaggio che collega i due padiglioni fieristici, il pubblico potrà vedere una selezione dei poster realizzati fino ad ora.

Ma in occasione dell’evento mercantile l’intera Bologna si veste a festa. La città ospiterà, infatti, la decima edizione di «Art City», il programma istituzionale di mostre, eventi e iniziative speciali, realizzato sotto la direzione di Lorenzo Balbi, che per tutta la settimana animerà varie location della città e culminerà con la «White Night» di sabato 14 maggio, che prevede l’apertura di tutti gli spazi espositivi fino a tarda notte. Ad affiancare i nove main projects - affidati ad artisti emergenti come Benni Bosetto, Kipras Dubauskas, Mattia Pajè, Emilia Tapprest, a nomi più consolidati come Andreas Angelidakis, Giulia Niccolai, Italo Zuffi e ad artisti internazionali come Carlos Garaicoa e Pedro Neves Marques - alta è l'attesa per lo special project del 2022: l'intervento di Tino Sehgal, curato da Lorenzo Balbi e concepito appositamente per piazza Maggiore, da secoli luogo di incontro e scambio, circondata da palazzi medievali e dall’imponente Basilica di San Petronio. Qui, da venerdì 13 a domenica 15 maggio, quarantacinque ballerini e performer daranno vita a una coreografia ricca di riferimenti alla storia e al passato, un’occasione unica per vivere l’arte in termini di esperienza sociale di scambio reciproco. Un ritorno in grande stile per la cultura cittadina perché la cultura, quella vera, vive grazie alla presenza dell’altro, al confronto con il pubblico.

Didascalie delle immagini
1. Per Barclay, Ballerina “Cathrine”, 2001, courtesy Galleria Giorgio Persano fotografia a colori, 300 x 596 cm; 2. Pier Paolo Calzolari, Studio, 1986, courtesy Repetto Gallery Sale, ferro, bouquet di rose su carta applicata su legno, 51 x 41 x 11 cm; 3. Franco Guerzoni, Affresco in corsa d’opera, 2014, courtesy Galleria Studio G7 stucchi e pigmento in polvere su tavola curva e legni pigmentati, cm 212x158; 4. Giorgio Morandi, Natura morta, 1963. Olio su tela, cm 30 x 35. Courtesy: Tornabuoni arte; 5. Lucio Fontana, Concetto spaziale. Attese, 1965-66. Idropittura su tela, cm 45 x 65. Courtesy: Tornabuoni Arte: 6. Giorgio Morandi, Fiori, 1949. Olio su tela, cm 20 x 18. Courtesy: Galleria d’arte Maggiore

Informazioni utili
Arte Fiera 2022. Dove: Quartiere Fieristico di Bologna, Padiglioni 15 e 18. Ingresso: ingresso Nord della Fiera (da Piazza Costituzione: servizio gratuito di navette ogni 2 minuti). Quando: apertura al pubblico 13-15 maggio 2022; 12 maggio (solo su invito) - press preview ore 11.00-12.00 / preview 12.00-17-00 / vernissage 17.00-21.00. Orari: 13 maggio 11.00-12.00 riservato vip / 12.00-20.00 apertura al pubblico; 14 e 15 maggio 11.00-20.00 apertura al pubblico. Informazioni: tel. 051.282111. Contatti digitali: www.artefiera.it | Facebook @artefiera | Instagram @artefiera_bologna | YouTube http://bit.ly/11qM4ni | Hashtag ufficiale #artefiera2022

domenica 8 maggio 2022

Arriva al cinema il film-evento «Tutankhamon. L’ultima mostra» di Ernesto Pagano

«Vedo cose meravigliose».
Sono passati cento anni da quando l’archeologo ed egittologo britannico Howard Carter, fatto un piccolo foro nell’intonaco di copertura di una parete sotterranea nella Valle dei Re, in Egitto, pronunciava questa frase gettando per la prima volta lo sguardo nella camera sepolcrale della tomba del faraone Tutankhamon. La stanza era stracolma di oggetti meravigliosi, un ricchissimo corredo funerario dal valore inestimabile, miracolosamente scampato a saccheggi e distruzioni, che si apprestava a entrare nella leggenda.
Quel giovane elevato al rango di semidio ad appena nove anni e morto prematuramente e inaspettatamente nel 1824 a.C., non ancora ventenne, per un intreccio di casualità, 3342 anni dopo la sua sepoltura, stava per diventare uno dei faraoni più famosi dell’antico Egitto, l’unico capace di guadagnarsi la celebrità per il suo sarcofago d’oro massiccio, per i suoi gioielli, per le sue armi, per le sue gemme, per il suo trono e, ultimo ma non ultimo, per quella leggendaria e misteriosa «maledizione» che sembra aver colpito tutti quelli che parteciparono al ritrovamento della tomba.
A questa storia, che principia il 26 novembre 1922, è dedicato il nuovo film-evento del progetto «La grande arte al cinema» di Nexo Digital, «Tutankhamon. L’ultima mostra», su soggetto e per la regia di Ernesto Pagano, in cartellone nei principali cinema italiani dal 9 all’11 maggio.
Ad accompagnare lo spettatore nel racconto di questa vicenda entusiasmante - che farà tappa anche tra le sale del Museo egizio del Cairo e nelle location di Los Angeles, Londra e Parigi, dove, a partire dal 2018, sono stati ospitati centocinquanta oggetti del tesoro appartenuto al leggendario faraone egizio (l’intero corredo è composto da 5398 manufatti) - sarà Manuel Agnelli, vincitore del David di Donatello per la migliore canzone originale con la sua «La profondità degli abissi», brano inserito nel film «Diabolik» dei Manetti Bros.
Mentre la colonna sonora del progetto cinematografico di Ernesto Pagano, che sarà disponibile da questo maggio su etichetta Nexo Digital, porta la firma di Marco Mirk, che ha realizzato per l’occasione, a suo dire, «musiche orchestrali e sognanti, colorate da chitarre elettriche dilatate e pianoforti arpeggiati», ma anche melodie «più psichedeliche con synth scuri e dal sapore enigmatico» o «più post rock con batterie riverberate e chitarre desertiche». 
 Il docu-film, prodotto da Laboratoriorosso, nasce, inoltre, da un confronto serrato tra Ernesto Pagano e il fotografo Sandro Vannini, conosciuto per il suo lavoro ormai ventennale attorno alle antichità egiziane e, in particolare, alla figura di Tutankhamon. Sono, infatti, sue le immagini che corredano il catalogo della più grande mostra internazionale mai dedicata al «Golden Boy», l’ultima in assoluto che ha acceso i riflettori sul tesoro del giovane faraone perché, per volere del governo egiziano, ora questo patrimonio immenso diverrà inamovibile e potrà essere visitato solo nella sua sede del Cairo. 
Le fotografie ad altissima risoluzione di Sandro Vannini, unico fotografo ad aver avuto accesso al tesoro liberato dalle sue vetrine, prima della partenza per la tournée internazionale della mostra «King Tut. Treasures of the Golden Pharaoh», raccontano come gli oggetti danneggiati nel corso della Rivoluzione egiziana del 2011 abbiano recuperato le loro fattezze originarie grazie al sapiente lavoro dei restauratori.
Il lavoro di Sandro Vannini, commissionato nel 2017 dalla società Img, è basato principalmente su tecnologie digitali sofisticate e d'avanguardia che, applicate alla ricostruzione virtuale, alla fotografia e alle riprese video, rappresentano la nuova frontiera della narrazione e della descrizione dei patrimoni artistici e culturali. 
Grazie all’incarico ricevuto in esclusiva, il fotografo non ha solo avuto la fortuna di poter «mettere in posa» il tesoro del giovane faraone, ma si è anche trovato nella posizione unica di raccontare dall’interno come viene spostato un capolavoro fragile e prezioso come l’imponente Statua del guardiano del re in legno dipinto e dorato (mai più mossa da quando Carter l’aveva inviata da Luxor al Cairo alla fine degli anni Venti).
Attraverso le spettacolari e rivoluzionarie fotografie di Sandro Vannini si snoda anche la ricostruzione di stralci della vita e del rituale funebre del faraone della XVIII dinastia.
Mentre grazie a uno dei più ricchi archivi fotografici privati del mondo dedicati al tesoro e a materiali fotografici e cinematografici originali raccolti tra il Metropolitan Museum di New York e il Griffith Institute di Oxford, gli spettatori potranno rivivere i momenti più emozionanti della scoperta della tomba e del suo tesoro, l’eco della celebre maledizione di Tutankhamon, i frammenti della storia del giovane faraone.
Come in una macchina del tempo, il docu-film porterà, dunque, gli spettatori a cento anni fa raccontando – anche attraverso interviste a esperti e letture drammatizzate dei diari di Howard Carter – la storia dell’epocale scoperta del 1922, con la conseguente ondata di «Tutmania», che rese un archeologo inglese ostinatamente innamorato dell’Egitto e il suo finanziatore, Lord Carnarvon, due star mediatiche. «Nel 1924, mentre Billy Jones & Ernest Hare – racconta, a tal proposito, il regista - suonavano il primo pezzo ballabile di successo, intitolato «Old King Tut», alla British Empire Exhibition di Wembley veniva aperta al pubblico una ricostruzione della tomba di Tutankhamon capace di attirare folle oceaniche di visitatori». Era l’inizio di una fama che non è mai andata scemando».
Il racconto storico permetterà di arrivare anche all’epoca contemporanea quando il celebre archeologo Zahi Hawass, Ministro delle antichità egizie fino al 2011, trasformò il «Golden Boy» in un ambasciatore d’Egitto nel mondo. Fu in quegli anni che per la prima volta venne fattaa una Tac alla mummia del faraone per indagarne le cause della morte: proprio alle scansioni di quelle Tac è stato concesso l’accesso esclusivo in occasione del docu-film.
La storia del progetto cinematografico di Ernesto Pagano è, dunque, avvincente ed ha anche una morale. Secondo gli egizi, l’eternità di un uomo finirà soltanto quando non ci sarà più nessuno al mondo a pronunciare il suo nome. Cento anni fa il «Golden Boy», a lungo dimenticato, è ritornato sotto i riflettori. La giostra dei media e delle mostre internazionali, così come dei documentari e dei libri fotografici, continua ancora oggi a vorticare, luccicante e piena di fascino, attorno al suo nome e al suo volto, riscoperto grazie alla folle ostinazione di un uomo innamorato dell’archeologia. La maschera d’oro di Tutankhamon e la scoperta di Howard Carter rimangono e rimarranno ben incise e vive nella memoria dell’umanità. I loro nomi continueranno a essere pronunciati ad alta voce. Saranno consegnati all’eternità.


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