Era il 1971 e chi voleva fare della cultura il suo lavoro aveva finalmente un ateneo dove studiare e specializzarsi. Ma non fu facile dare vita, all’interno della Facoltà di lettere e filosofia di Bologna, a quel laboratorio di sperimentazione, di utopia e di critica culturale che metteva in cattedra la creatività in ogni sua forma. Nell’Italia che viveva tutte le tensioni politiche ed economiche dei cosiddetti «anni di piombo», quella sfida visionaria «non aveva - affermò, tempo dopo, lo stesso Benedetto Marzullo - precedenti, ma solo avversari», sia all’interno della gloriosa Alma Mater Studiorum, che si avvicinava ai novecento anni di storia, sia in città, dove per molto tempo gli studenti del Dams vennero visti come un gruppo di scapestrati e «caciaroni», poco dediti allo studio, «da evitare assolutamente – ricorda Cristian Tracà -, come inquilini per i proprietari e come coinquilini per i ‘veri studenti’, la futura classe dirigente».
Ma il mondo, si sa, è di chi ha il coraggio di credere nei propri sogni e gli stereotipi e i pregiudizi, le etichette appiccicate velocemente e distrattamente, sono fatte solo per ingannare la mente.
Quei giovani intellettuali che riempivano a dismisura l’Aula Magna per ascoltare Umberto Eco in un pirotecnico assolo che mischiava semiotica e letteratura, cinema e fumetto, o che, con il drammaturgo Giuliano Scabia, coloravano Bologna lanciando in cielo piccole mongolfiere erano destinati a diventare la classe dirigente di un settore che, purtroppo, è ancora oggi la Cenerentola dell’economia italiana, quello dell’industria culturale, ma anche ad affermarsi nel giornalismo, nella televisione e persino in politica. Sui banchi del Dams si sono, infatti, seduti il musicista Paolo Fresu, la giornalista Milena Gabanelli, lo scrittore e saggista Pier Vittorio Tondelli, il fumettista Andrea Pazienza, il cantautore Roberto «Freak» Antoni, il regista Carlo Mazzacurati, il conduttore Patrizio Roversi, il politico Gianni Cuperlo e una schiera di ragazzi e ragazze con l’ambizione di diventare attori, registi, compositori, artisti, pubblicitari, curatori, drammaturghi, musicisti.
Talento, passione e sensibilità, talvolta voglia di andare controcorrente e di sfidare i limiti, ma anche rigore, disciplina e impegno: era questo che si insegnava, e tuttora si insegna, al Dams di Bologna, un progetto che è stato, poi, «esportato» in più parti d’Italia, da Torino a Firenze, da Roma a Palermo.
Da quel 1971 che vide nel capoluogo emiliano la nascita del primo corso di laurea in discipline delle arti, della musica e dello spettacolo sono passati cinquant’anni; per festeggiare questo importante traguardo è stato organizzato un lungo e ricco calendario di appuntamenti culturali, on-line e in presenza: incontri, dialoghi con ex alunni, mostre, una laurea honoris causa, convegni, spettacoli e, pandemia permettendo, una festa lunga tre giorni – dal 18 al 20 giugno – in piazza Maggiore e in diversi luoghi del centro storico.
«Smettere di evolverci: l’unica cosa che non impareremo mai» è lo slogan scelto dall’agenzia creativa The Big Now/mcgarrybowen, con BAM! Strategie culturali, per pubblicizzare questa iniziativa, ribattezzata «Dams50», che raccoglie una trentina di eventi, a partire da una serie di live-streaming attraverso la pagina Facebook e YouTube di DAMSLAb/LaSoffitta, con professionisti passati dai banchi dell’ateneo bolognese. Fra le testimonianze in programma ci sarà, giovedì 25 marzo, quella del curatore e critico d'arte contemporanea Massimiliano Gioni, in conversazione con Roberto Pinto; mentre mercoledì 31 sarà Chiara Alessi a parlare di cultura materiale, di design e della sua ormai celebre rubrica #designinpigiama, insieme con Anna Rosellini e Francesco Spampinato.
Molto ricco è anche il programma di aprile e maggio: in agenda ci sono gli incontri con l’attore e regista Toni Servillo (laureato ad honorem nel 2015), il giornalista e scrittore Stefano Bartezzaghi, il regista Romeo Castellucci, il trombettista Paolo Fresu, il giornalista Riccardo Iacona e il cantautore Giovanni Lindo Ferretti, ma anche gli appuntamenti in absentia dedicati alla memoria di Tondelli, Pazienza, «Freak» Antoni e Mazzacurati.
Il cartellone prevede anche tre progetti espositivi. Si inizierà il 24 aprile, al Museo della musica in Strada Maggiore, con «No Dams! 50 anni di Corso di laurea in Discipline delle arti, della musica e dello spettacolo»: fotografie, articoli di giornale, documenti ufficiali e filmati storici, materiali provenienti da archivi pubblici e privati, tessono la trama di un avvincente racconto, iniziato nel 1971 e ancora in corso, che si avvale dell’allestimento immersivo progettato dall’architetto Eric Lapierre. Dal 29 aprile è, invece, in programma, in SalaBorsa, una mostra di Mimmo Paladino sui suoi disegni dedicati alla grande letteratura universale, da Omero a Collodi, da Dante a Manzoni, preludio alla laurea ad honorem che sarà conferita all’artista il 14 maggio al teatro Comunale di Bologna. A corollario, per le vie del centro storico, in giugno, sarà, infine, possibile imbattersi nel progetto di public art ideato appositamente per «Dams50», che presenterà delle video-installazioni architettoniche realizzate da ex studenti dell’ateneo bolognese. Le sedi di Palazzo Marescotti-Brazzetti (via Barberia 4), del Complesso di Santa Cristina (piazzetta Morandi) e del DAMSLab (piazzetta Pasolini) verranno rispettivamente «accese» da tre interventi di Tommaso Arosio, Apparati Effimeri e Riccardo Benassi, mentre le sedi storiche di via Guerrazzi, Strada Maggiore e l’Ospedale dei Bastardini saranno oggetto di un intervento di Elisa Seravalli a partire dai materiali d’archivio esistenti.
Di un ex alunno, ovvero di Ambrogio Lo Giudice, è anche il docu-film «Andate a lavorare», realizzato per l’occasione, che ripercorre, in bilico tra finzione e realtà, la straordinaria avventura del Dams.
Non mancheranno, poi, appuntamenti teatrali: da un laboratorio con Marco Martinelli (attualmente previsto per i giorni dal 20 al 29 aprile) a una lectio magistralis di Giuliano Scabia. Completerà il cartellone un progetto dedicato a Torgeir Wethal, storico attore dell’Odin Teatret, a cura di Teatro Ridotto - Casa delle culture, che prevede, tra l’altro, dialoghi con Eugenio Barba, Roberta Carreri e Iben Nagel Rasmussen (2 maggio), oltre alla presentazione di «Fiori per Torgeir» (3 e 4 maggio), spettacolo che parla di lutto e di dolore, raccontando come la morte di una persona cara ci cambi per sempre e come la gratitudine per ciò che è stato è la chiave di volta per guardare al futuro. «Non sono la stessa che ero prima della morte di Torgeir, e mai tornerò ad esserlo - racconta Roberta Carreri, autrice e attrice dello spettacolo -. Ma sono ancora capace di cantare e di sorridere, accompagnata dalla sua assenza per il resto del mio cammino. Si dice che si muore due volte. La seconda è quando si viene dimenticati. Io non voglio che Torgeir sia dimenticato». Memoria e futuro si incontrano, dunque, in questo spettacolo così come nell’intero cartellone di «Dams50», un invito ad evolversi, guardando alla storia passata senza nostalgia, - racconta Giacomo Manzoli, direttore del Dipartimento delle arti al Dams - ma con un po’ orgoglio».
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