Al capoluogo veneto è dedicato l’ultimo progetto di NexoDigital e 3D Produzioni: il film «Venezia. Infinita avanguardia», nelle migliori sale cinematografiche italiane dall’11 al 13 ottobre.
Realizzato con la collaborazione, tra gli altri, della Fondazione musei civici di Venezia, del Fai – Fondo per l’ambiente italiano, del teatro La Fenice e di Villaggio Globale International, grazie al sostegno di Intesa Sanpaolo, il documentario si avvale del soggetto di Didi Gnocchi, della sceneggiatura di Sabina Fedeli, Valeria Parisi, Arianna Marelli e dello stesso Didi Gnocchi e della regia di Michele Mally.
A consegnarci la memoria della città è Carlo Cecchi, maestro del teatro italiano che ha studiato, conosciuto e lavorato con i grandi intellettuali, registi, letterati e attori della cultura del Novecento. Oltre a lui, nel film, vediamo muoversi per i luoghi più simbolici della città una talentuosa pianista polacca, Hania Rani, tra i fenomeni della scena modern classic internazionale. La giovane donna cerca ispirazione e suggestioni per comporre la colonna sonora del film, in un gioco di rimandi e riflessi tra musei, calli e meraviglie veneziane. A tenere il filo tra questi due diversi sguardi e, soprattutto, tra due differenti generazioni c'è la voce narrante di Lella Costa.
La trama prende avvio dall’immenso patrimonio della città per raccontare i palazzi che ospitano capolavori e oggetti storici, le connessioni artistiche e culturali, i nessi visivi che, viaggiando tra le epoche, vanno a comporre il ritratto di una città futuribile. Scorrono così davanti agli occhi dello spettatore le vedute di Canaletto, le opere di Francesco Guardi, Pietro Longhi, Giambattista e Giandomenico Tiepolo, Vittore Carpaccio, Tiziano, Tintoretto, Veronese. Ma non mancano anche le sculture di Antonio Canova, le fotografie d’epoca di Carlo Naja ed Enrico Fantuzzi, le meraviglie in vetro di Giuseppe Lorenzo Briati, le creazioni contemporanee di Emilio Vedova, gli intarsi di Andrea Brustolon che Balzac soprannominò il «Michelangelo del legno». Ci sono, nel film, anche le variazioni cromatiche dell’inglese William Turner e gli interventi misteriosi di Banksy, uno dei più famosi street artist contemporanei. Si vedono, poi, le strutture architettoniche di luoghi simbolici come il Museo Correr, Ca’ Rezzonico, Palazzo Fortuny, il Caffè Florian e il teatro La Fenice, uno dei templi della musica più belli al mondo. Si focalizza, infine, l’attenzione sul fascino del Canal Grande e di piazza San Marco, sulle suggestioni della Giudecca e del mercato di Rialto, ma anche sulle luci delle isole lagunari di Torcello e Burano e sull’eleganza del Lido.
Raccontare Venezia - lo spiega bene il film - significa anche avventurarsi in un labirinto di storie, tradizioni e stravaganze, in un percorso che spazia dalle trasgressioni del Carnevale alle meraviglie alchemiche delle antiche fornaci e dei laboratori vetrari di Murano, dalla creatività della Biennale con i suoi focus sulle varie arti al Mose con la relativa emergenza ambientale.
Venezia è anche uno scrigno prezioso di racconti che hanno il sapore della leggenda. Come non associare, per esempio, il nome della città al libertino Casanova e alle sue fughe d’amore, all’eccentrica e imprevedibile Peggy Guggenheim e al suo mecenatismo illuminato, a Carlo Goldoni e alle sue pièce che riformarono la Commedia dell’arte, ma anche a Mariano Fortuny e ai suoi tessuti, a John Ruskin e ai suoi taccuini, a Hugo Pratt e ai suoi disegni, a Sergej Djagilev e Igor Stravinskij, che scelsero la Laguna per il loro riposo eterno.
Venezia è, poi, anche una città di figure femminili forti e determinate, ben lontane dalle dame imbellettate che ci consegnano tanti dipinti. Il film le racconta in un percorso che spazia da Lucrezia Cornaro Piscopia, prima donna laureata della storia, alle pittrici Giulia Lama e Rosalba Carriera, dalla principessa Sissi alla marchesa Casati Stampa.
Ma sono ancora tante le curiosità che la città custodisce tra le pieghe del suo vissuto e che il documentario narra tra connessioni e suggestioni, dall’arrivo in città del Circo Togni coi suoi elefanti sui ponti storici a Carmelo Bene che legge il Manifesto futurista «Contro Venezia passatista». Il perché di tante sfaccettature è ovvio: la città non si è mai fossilizzata nella conservazione di una sola identità storica, ma ha sempre lasciato che il genio e la creatività dei viaggiatori di passaggio e dei suoi stessi abitanti, con estro e trasgressione, continuassero a reinventarla.
Accanto a questi tanti tasselli di una storia indimenticabile, nel film scorrono le testimonianze di storici dell’arte, urbanisti, sociologi, filosofi, curatori, musicisti, scrittori, giornalisti, artisti, nostri contemporanei. Tra di loro ci sono l’artista e attivista cinese Ai Weiwei, la storica dell’arte Gabriella Belli, l’artista tedesco Anselm Kiefer, lo scenografo Pier Luigi Pizzi, lo storico dell’arte Pierre Rosenberg, la figlia di Arnold Schoenberg e moglie di Luigi Nono Nuria Schönberg e Tiziana Lippiello, rettore dell’Università Ca’ Foscari.
Guardare al passato diventa così un modo per affrontare con più decisione le sfida del futuro, per risolvere le emergenze e i problemi che la città si trova a vivere, continuando a essere all’avanguardia nella cultura, nella creatività ma anche nella sostenibilità. Venezia ha sempre fatto così. Ha sempre guardato avanti, mostrando, di secolo in secolo, la sua voglia di essere una città futuribile. La prova? L’affresco «Il mondo novo» di Giandomenico Tiepolo, conservato a Ca' Rezzonico e scelto per la locandina del film, dove la società veneziana del ‘700, accorsa ad ammirare quella sorta di «lanterna magica» che era il cosmorama, si accalca a stupirsi e a nutrirsi delle meraviglie del mondo che verrà, in un gioco di incastri e di illusioni ottiche. Il futuro è la scommessa di Venezia.
Guardare al passato diventa così un modo per affrontare con più decisione le sfida del futuro, per risolvere le emergenze e i problemi che la città si trova a vivere, continuando a essere all’avanguardia nella cultura, nella creatività ma anche nella sostenibilità. Venezia ha sempre fatto così. Ha sempre guardato avanti, mostrando, di secolo in secolo, la sua voglia di essere una città futuribile. La prova? L’affresco «Il mondo novo» di Giandomenico Tiepolo, conservato a Ca' Rezzonico e scelto per la locandina del film, dove la società veneziana del ‘700, accorsa ad ammirare quella sorta di «lanterna magica» che era il cosmorama, si accalca a stupirsi e a nutrirsi delle meraviglie del mondo che verrà, in un gioco di incastri e di illusioni ottiche. Il futuro è la scommessa di Venezia.
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