ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

lunedì 12 marzo 2018

CM, Bologna e la moto: una storia lunga trent’anni

Bologna e la moto: una storia d’amore lunga trent’anni. Va, infatti, dal 1929 al 1959 il periodo d’oro della città emiliana nel settore produttivo motociclistico. Sono questi gli anni in cui il territorio felsineo diviene un centro di importanza nazionale, grazie a una concentrazione senza eguali di piccole e medie aziende produttrici di moto finite (oltre settanta quelle attive con alterne fortune in quegli anni) e un numero ancora maggiore di ditte in grado di fornire tutto ciò che serve per assemblare qualsiasi motociclo.
In quegli stessi anni si situa l’avventurosa storia della CM, al centro di un volume fresco di stampa, edito da Giorgio Nada Editore, per la curatela di Enrico Ruffini e Antonio Campigotto.
A questa storia guarda anche la mostra allestita fino al 3 giugno al Museo del patrimonio industriale di Bologna, che presenta una quindicina di modelli della CM, tra i più significativi esemplari presenti nelle collezioni di Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, insieme a un ricco apparato di immagini fotografiche e di cataloghi, in gran parte inedito, e a tre proiezioni su schermo e a video.
Mario Cavedagni, il fondatore, e il suo tecnico di fiducia, Renato Sceti, si formano come meccanici presso la GD, la prima importante marca locale, distinguendosi anche come piloti-collaudatori. Ne sono ancora dipendenti nel 1929 quando viene registrata una nuova ditta, la CM, che fin dagli esordi si avvale di prestigiose collaborazioni esterne, come quella dei fratelli Laurenti e Alfonso Drusiani. Per trent’anni, senza altre risorse che una piccola officina e pochi operai diretti con grande competenza, la CM mantiene una presenza significativa sul mercato, facendo fronte alle sue volubili richieste, ma anche alle avversità, in primo luogo la scomparsa di Mario Cavedagni, grazie alla coraggiosa gestione della moglie Irma Ginepri negli anni Quaranta.
Le macchine proposte dalla CM sono eccellenti per il turismo, lo sport e l’impiego commerciale; i modelli abbracciano tutte le cilindrate con ogni possibile variante, ma sempre con adeguati criteri costruttivi e finiture curate ed eleganti.
Il primo esemplare della casa bolognese, una 175 con distribuzione a tiges, pronta già alla fine del 1929, si impone nella Milano-Roma-Napoli del 1932 con Cavaciuti, Zini e Pagani, richiamando l’attenzione dei clienti cui sono subito proposte le versioni Turismo, Gran Turismo e Sport.
Durante il quinquennio 1935-’40 non si contano i perfezionamenti e le modifiche: teste lubrificate, tubi di scarico unici o doppi, bassi o rialzati, cambi comandati a mano o a pedale, telai rigidi o elastici, strumentazioni di bordo più o meno ricche, mozzi e freni delle migliori marche. Ancora oggi si stenta a credere come tale variatissimo listino sia potuto uscire da una fabbrica con solo venticinque operai, dieci apprendisti e cinque impiegati.
Dopo l’entrata in guerra dell’Italia, il 10 giugno 1940, la vendita delle moto si riduce drasticamente per essere infine vietata, lasciando solo qualche spazio ai motocarri. Mario Cavedagni muore il 14 novembre 1940 e alla conduzione della CM subentra la vedova, Irma Ginepri, che affronta con coraggio le difficoltà del periodo bellico assistita da fedeli collaboratori. Così, già verso la fine del 1945, la ditta è nuovamente presente sul mercato con qualche moto di tipo pre-bellico prodotta con rimanenze di magazzino o avventurosi acquisti. Nel 1946 il listino offre pochi, ma aggiornati articoli: moto 250 e 500 con distribuzione a tiges, nonché un motocarro 600, utile nei cantieri della ricostruzione.
La nuova produzione inizia nel 1948 con una motoleggera 125, economica e facile da guidare, che vedrà poi le versioni Turismo, Sport, Gran Sport.
L’anno seguente è la volta della 250 bicilindrica a due tempi, massima espressione della tecnica CM, destinata a continui aggiornamenti. Aggiornato il listino, forse troppo assortito, vengono introdotte alcune novità organizzative e tecniche: gli operai, riassunti o nuovi, sono circa venti; mancando le forniture di Drusiani, vengono montati in ditta i componenti del motore e del cambio ordinati a case specializzate.
Ritorna, infine, in azienda Renato Sceti che, dando il suo apporto alla messa a punto della celebre Mondial 125 brevettata da Drusiani, fa parte dell’equipe che la segue nelle prime grandi affermazioni e nella conquista dei prestigiosi Record mondiali di velocità del 1948-’49.
Nel 1949 Franco Cavedagni, divenuto maggiorenne, condivide con la madre Irma la conduzione della ditta, con una nuova ragione sociale. Questo accordo coincide con una svolta nell'indirizzo produttivo: abbandonata la linea classica a quattro tempi di grossa o media cilindrata, viene sviluppata quella a due tempi, moderna e gradita, di cilindrata 125 e 250.
La 250, creata nel 1949 da Sceti, avrà una carriera sportiva tale da essere considerata una delle più interessanti quarto di litro fabbricate in Italia. Dai primi modelli Turismo si ricavano moto dalle caratteristiche eccezionali come la Sport e la Supersport SS.
Nel settore quattro tempi viene proposto nel 1954 il Francolino 175 nei tipi Turismo con distribuzione a tiges e Sport o Centauro con distribuzione ad albero a camme in testa.
Per il mercato dei mezzi di trasporto a tre ruote sono, infine, proposti il mototriciclo 49, il furgoncino 48, il Muletto 160 e, soprattutto, il motocarro 175 a quattro tempi.
L’aggiornamento del catalogo e l’assidua presenza nelle competizioni assicurano alla CM, fino al 1955, un costante aumento nelle vendite.
L’impiego utilitario della moto cederà spazio, di lì a poco, a quello dell’automobile, divenuta accessibile nel prezzo per larghi strati della popolazione.
Inizia una fase negativa, a danno soprattutto delle moto di grossa cilindrata o di classe, a vantaggio di ciclomotori e scooter. Ne soffre gravemente la CM, che ha spesso adottato motori veloci, ciclistica speciale, finiture impeccabili. Il crollo delle vendite nei settori alti della produzione non è compensato dal recupero con le cilindrate minori o con i motocarri.
Il marchio CM viene concesso alla Ditta Negrini di Vignola per i suoi ciclomotori. La CM vede crescere le passività, così nel 1958 viene imposta l’amministrazione controllata, seguita dalla procedura fallimentare nel 1959.
È la fine di una storia che ha dato molto anche all'attività agonistica del settore. L’esordio sportivo della CM avviene l’8 maggio 1930 al V Gran Premio Reale di Roma, dove il pilota Primo Zini, che della casa è anche meccanico collaudatore, giunge al secondo posto. Memorabile, poi, il successo nel 1932 di Celeste Cavaciuti, Primo Zini e Nello Pagani, ai primi tre posti alla Milano-Roma-Napoli. A seguire, qualche altra affermazione e diversi piazzamenti, soprattutto nelle gare di regolarità, allora molto in voga. Dal 1934, con la 250, gareggiano per la regolarità Giuseppe Boselli, poi titolare di FB e Mondial, per la velocità Guglielmo Sandri e Nino Martelli. Ma nel 1935-’36 diminuiscono le competizioni a causa delle restrizioni dei carburanti imposte dalla Società delle nazioni per la guerra d’Etiopia. La CM si fa valere nella 350 dove le grandi case italiane sono assenti, modificando il tipo monoalbero a seconda delle esigenze dei piloti, come Nino Martelli, Marino Guarnieri e Domenico Carancini.
Nel dopoguerra le moto tradizionali non ottengono grandi successi, fatta eccezione per quelli di Hugo Moradei su Gheppio 250 in Brasile, di Luigi Albertazzi su 500 nel motocross e di Guido Borri su 560 side nella Milano-Taranto. Le nuove 125, 160, 175 sono, invece, adatte alle gare di regolarità, di velocità in piano ed in salita, di gran fondo come la Milano-Taranto, la 12 Ore di Imola, il Motogiro, dove si fanno valere.
La CM non può permettersi piloti ufficiali, ma le sue moto, semplici, sicure, veloci, di prezzo ragionevole, sono utilizzate fino agli anni Sessanta da molti piloti privati nelle categorie MSDS, Cadetti e Juniores. Una storia, dunque, quella della casa bolognese che ha dato tanto allo sport, ma anche alla quotidianità delle persone.

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Anselmo Ronzieri viene festeggiato dai tifosi entusiasti dopo la vittoria con la C.M nella Classe 250 sul Circuito di Melzo, il 17 luglio 1938; [fig. 2] Il titolare della C.M, Mario Cavedagni, con la 250 Corsa da poco realizzata (1934 ca.); [fig. 3] In sella ad una C.M 250, in gara nella 24 Ore di Regolarità del 1936, Giuseppe, Boselli, industriale dalle nobili origini, titolare della lombarda F.B.  A Bologna trovò i tecnici in grado di costruirgli la mitica F.B-Mondial 125 Campione del Mondo nel triennio 1949-’51; [fig. 4]  Guido Borri, alla guida della C.M side-car, ed il passeggero Italo Neri sono qui impegnati in un passaggio acrobatico nell’edizione 1956 della Milano-Taranto, una delle più prestigiose gare di regolarità italiane dell’epoca; [fig. 5]  Questi due centauri parteciparono nel 1948 alla Cronoscalata Bologna-Osservanza. Franco Cavedagni, con la C.M 350 monoalbero (n. 37), arrivò 4°; Arciso Artesani, sulla Gilera Saturno 500 (n. 101) per noie al magnete si fermò poco dopo la partenza; [fig. 6]  Sulla C.M 175 Super Sport è seduto Claudio Martelli, giovane pilota emergente, in gara a Cortemaggiore il 30 settembre 1934.

Informazioni utili 

«Moto Bolognesi C.M - Trent’anni memorabili 1929-1959». Museo del Patrimonio Industriale | Fornace Galotti, via della Beverara 123 – Bologna. Orari di apertura: fino al 28 febbraio 2018 - dal martedì al venerdì, ore 9.00 – 13.00, sabato, ore 9.00 – 18.30. Ingresso: intero € 5,00, ridotto € 3,00; gratuito Card Musei Metropolitani Bologna e la prima domenica del mese. Informazioni: tel. 051.6356611 e  museopat@comune.bologna.it. Sito internet: www.museibologna.it/patrimonioindustriale. Fino al 3 giugno 2018   

sabato 10 marzo 2018

«L’allegra vedova», Maddalena Crippa racconta la Belle Époque

L’atmosfera elegante e gaudente della Belle Époque. Le sontuose feste della Parigi di fine Ottocento. Le donne ammiccanti e maliziose, eteree e aristocratiche, che facevano capolino dai quadri impressionisti. La gioia di vivere, gli astuti intrecci amorosi e l’arguta ironia di un periodo storico destinato a scomparire con lo scoppio della Prima guerra mondiale. E, poi, il ritmo sfrenato del can can, la leggiadria del valzer e la bellezza di brani d'assieme come «Donne Donne, eterni dei». Il tutto avvolto in un velo di fantasia che conduce all'inevitabile lieto fine. Sono questi i connotati più evidenti di una delle operette di maggior successo sui palcoscenici di tutto il mondo: «La vedova allegra» (titolo originale «Die Lustige Witwe»), lavoro teatrale in tre atti che Victor Léon e Leo Stein, con il compositore Franz Lehàr, trassero dalla commedia «L'attaché d'ambassade» di Henri Meilhac.
Dalla data del suo debutto, il 30 dicembre 1905 al teatro An-der-Wien, la storia d’amore e di seduzione della conturbante Hanna Glavari non ha mai smesso di affascinare il pubblico e anche gli artisti. A confrontarsi ora con questo spettacolo senza tempo sarà Maddalena Crippa, attrice che, nella sua lunga carriera, ha tracciato un percorso nel teatro-musica all’insegna della qualità e della varietà, a cominciare dallo spettacolo «Canzonette vagabonde» sul repertorio italiano degli anni Venti e Trenta, per passare agli omaggi a Paolo Conte, Tenco, Jannacci, De André e Gaber, terminando con il più recente «Italia mia Italia», una dedica spassionata al nostro Paese, che mescola le parole e le musiche di Pasolini e Battisti, Leopardi e Cutugno, Fellini ed Endrigo, ma non solo.
L’artista lombarda sarà in scena al teatro Menotti di Milano dal 13 al 18 marzo con il suo spettacolo «L’allegra vedova - Café chantant», per la regia di Bruno Stori. Con lei sarà sul palco un ensemble strumentale formato da Giampaolo Bandini alla chitarra, Giovanni Mareggini al flauto e all’ottavino, Mario Pietrodarchi alla fisarmonica e Federico Marchesano al contrabbasso.
«La Vedova Allegra» - raccontano dalla produzione dello spettacolo, che vede alla guida la Compagnia Umberto Orsini, con Parmaconcerti- «è una fiaba a tempo di valzer e il valzer, si sa, provoca il rilascio delle endorfine, le molecole della gioia e, dunque, «La Vedova Allegra» è un formidabile anti-stress, che non è poco». Il pubblico abbandona così i pensieri cupi e si lascia trasportare dal racconto leggero ed elegante di una storia d’amore, promesse, sospetti e rivelazioni, ambientata in un mondo luccicante e spensierato, un’«Austria Felix» da cartolina, caratterizzata da melodie indimenticabili, che raggiungono il loro apice con il celebre valzer «Tace il labbro» o nella «Canzone di Vilja». A dir la verità tutti i valzer e galop, czardas e polke che fanno da colonna sonora al racconto hanno qualcosa di indimenticabile, capace ancora oggi di divertire e far sognare.
Al teatro Menotti di Milano sarà possibile ascoltare alcune di queste musiche in un arrangiamento firmato da Giacomo Scaramuzza; mentre la riscrittura del testo è stata fatta da Maddalena Crippa, con Bruno Stori. Ne è nato un avvincente one woman show, che evoca con leggerezza e divertimento le atmosfere dei cabaret berlinesi e dei cafè chantant parigini.
Alternando le parti recitate, frammenti di dialoghi e monologhi tradotti dal libretto originale di Leon Stein e Victor Leon, alle parti cantate, arie e duetti, l’attrice si sdoppia e dà voce e carattere sia alla bella e giovane Hanna Glavari, ricchissima vedova che deve districarsi tra la miriade di corteggiatori attratti dalla sua imponente dote, sia all’uomo che conquisterà la sua mano, il principe Danilo Danilowitsch. Il tutto avviene in uno spazio semplice ed essenziale, che rende ancora più evidente la capacità della Crippa di far rivivere sulla scena i diversi personaggi dell’immortale operetta, tra talento, virtuosismo, divertimento e tenerezza.

Informazioni utili 
Teatro Menotti, via Ciro Menotti 11 – Milano. Prezzi: intero 28.00 € + 1.50 € prevendita, ridotto over 65/under 14 - 14.00 € + 1.50 € prevendita, martedì e mercoledì posto unico 14.00 € + 1.50 € prevendita. Orari biglietteria: dal lunedì al sabato, dalle ore 15.00 alle ore 19.00; domenica (solo nei giorni di spettacolo) ore 14.30-16.30; cquisti online con carta di credito su www.teatromenotti.org. Orari spettacolo: martedì, giovedì e venerdì, ore 20.30; mercoledì e sabato ore 19.30 (eccetto le prime ore 20.30); domenica ore 16.30; lunedì riposo. Informazioni: tel. 02 36592544 o biglietteria@tieffeteatro.it

giovedì 8 marzo 2018

«Saint-Germain-des-Prés», in scena i suoni e le idealità di un angolo di Francia

Ernest Hemingway, Francis Scott Fitzgerald, Albert Camus, Jacques Prévert e Salvador Dalì, ma anche Jean-Paul Sartre, Simone de Beauvoir, Boris Vian, François Truffaut e Juliette Gréco: non c’è artista e intellettuale del Novecento che, in viaggio o in residenza a Parigi, non si sia fatto ammaliare dai suoi bistrot, locali jazz e librerie. Il quartiere di Saint-Germain-des-Prés, sulla rive gauche, ha scritto così pagine importanti per la storia della cultura francese ed europea, soprattutto negli anni della Seconda guerra mondiale e nel periodo immediatamente successivo. Stando alle cronache del tempo, il Surrealismo e il Dadaismo nacquero, per esempio, tra i tavolini del «Café de Flore». Gli esistenzialisti si ritrovavano per scrivere o per discutere tra di loro a «Les Deux Magots». Mentre Pablo Picasso dipinse «Guernica», vero e proprio manifesto contro l’orrore della guerra, in una soffitta di Rue des Grands Augustins.
L’eleganza e il fascino senza tempo di questo quartiere pittoresco e bohemien di Parigi rivive, nella stagione teatrale in corso, grazie allo spettacolo «Saint-Germain-des-Prés», prodotto da France Théâtre, ente teatrale per l’apprendimento della lingua francese attraverso l’arte drammatica, fondato nel 1998 a Roma per volere dell’Ambasciatore di Francia presso la Santa Sede, che vede alla guida l’attore, cantante, drammaturgo e regista Frédéric Lachkar.
Lo spettacolo, la cui tournée sta toccando le principali città italiane e che ha già maturato più di un centinaio di repliche, sarà in cartellone anche al cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio nella giornata di giovedì 15 marzo, alle ore 9 e alle ore 11.30.
Ad organizzare le due rappresentazioni in programma, riservate principalmente agli studenti delle scuole secondarie di primo e di secondo grado, è Materlingua, centro di produzione di spettacoli con sede a Roma, che lavora anche con le compagnie España Teatro e BroadWAY to English, il cui lavoro gode del patrocinio di Agis e di Agiscuola e che è stato insignito dal Ministero della pubblica istruzione e dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali del Label europeo.
«Saint-Germain-des-Prés» è, nelle intenzioni degli organizzatori, «uno spettacolo teatrale e musicale, motivante e divertente, che mette in luce un momento storico fondamentale per l'Europa, quello del secondo conflitto bellico, legandolo a tematiche di attualità, con lo scopo principale di sensibilizzare gli studenti all'interculturalità, alla costruzione del proprio senso civico e alla condivisione di esperienze e stimoli culturali».
La storia porta lo spettatore in un caffè nel cuore di Saint-Germain-des-Prés, da sempre punto di ritrovo di giovani artisti e personalità dall'anima eclettica. Qui lavora Gabriel un ragazzo come tanti, che serve ai tavoli, sognando di realizzarsi nel mondo della musica jazz. Una sera, stanco e demotivato, il giovane si rifugia tra le note del suo pianoforte e, come per magia, viene catapultato in un’altra dimensione, ritrovandosi in compagnia della «Bande de Zazous», un gruppo di suoi coetanei stravaganti e amanti come lui dell'arte e dell'intrattenimento. Tra danza, canto e la suggestiva melodia della fisarmonica e del pianoforte, i giovani artisti gli raccontano quanto di importante c'è da sapere del loro mondo: Saint-Germain-des-Prés settant'anni prima, nell'immediato Secondo dopoguerra.
«La loro forza, sostenuta dal dialogo, dalla cultura e dalla speranza che resta viva nonostante la brutalità della guerra, dimostra al giovane protagonista -si legge nella sinossi dello spettacolo- quanto la piena coscienza di chi si è veramente e la voglia di superare le sovrastrutture imposte dalla società siano l'essenza della felicità. Gabriel, dal canto, suo racconta ai suoi nuovi amici quanto il progresso abbia rivoluzionato i gesti più comuni della quotidianità e lo scambio tra i due periodi storici si arricchisce di dettagli emozionanti e divertenti». Un bell'appuntamento, dunque, da non perdere quello che propone il cinema teatro Manzoni per chi voglia approfondire la conoscenza della lingua in modo originale e a tempo di musica.

Informazioni utili
«Saint-Germain-des-Prés». Cinema teatro Manzoni, via Calatafimi, 5 - Busto Arsizio. Quando: giovedì 15 marzo, ore 9 e ore 11.30. Ingresso: € 12,00. Informazioni e prenotazioni: Materlingua, cell. 329.8812132 o vicky.sarnataro@materlingua.eu

martedì 6 marzo 2018

«The Venice Glass Week», aperte le adesioni alla seconda edizione

Forte degli oltre 75mila visitatori che lo scorso settembre hanno affollato le calli di Venezia e Murano per partecipare ai centocinquanta eventi proposti dal primo festival internazionale dedicato all’arte vetraria organizzato in città, «The Venice Glass Week» si prepara a fare il bis.
Da giovedì 8 febbraio è, infatti, possibile inviare la domanda di adesione alla seconda edizione della manifestazione, in programma dal 9 al 16 settembre 2018.
Per inviare la richiesta è necessario consultare il sito web ufficiale www.theveniceglassweek.com, scaricare il regolamento, compilare il formulario con il proprio progetto e inviarlo alla segreteria organizzativa entro il 30 aprile 2018.
La più importante novità dell’edizione 2018 sarà la presenza di un Comitato scientifico: da quest’anno, infatti, tutte le richieste di partecipazione saranno vagliate e selezionate da un team di esperti nel settore del vetro a livello internazionale, tra curatori, storici, critici e studiosi. Il comitato scientifico per l’edizione 2018 sarà presieduto da Rosa Barovier Mentasti, storica del vetro veneziana, e sarà composto dai critici e curatori Chiara Bertola e Jean Blanchaert, dalla giornalista Uta Klotz, direttrice della rivista tedesca «Neues Glas», e dal chimico Marco Verità, docente universitario esperto nella composizione di materiali vitrei.
«The Venice Glass Week» è aperta a tutte le iniziative, nazionali e internazionali, che abbiano al centro la valorizzazione del vetro artistico: non solo mostre e installazioni, ma anche conferenze, spettacoli, workshop, cene a tema, visite guidate, attività per bambini e tanti altri eventi. La partecipazione è a titolo gratuito e non ha costi di adesione.
L’organizzazione di questo evento, che si propone di promuovere una risorsa artistica e produttiva forma d’arte quale l’arte vetraria muranese conosciuta a livello globale, sarà ancora curata da alcune tra le istituzioni più prestigiose della città: la Fondazione Musei Civici di Venezia, la Fondazione Giorgio Cini, l’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti e il Consorzio Promovetro Murano, insieme al Comune di Venezia.

Definito da Rocco Moliterni, sul quotidiano «La Stampa», «un'occasione unica per imparare tutto quello che c'è da imparare sul vetro d'artista» (16 settembre 2017) e da Rachel Spence del «Financial Times» una ricetta per salvare dal declino «questa manifattura incantevole e arcana» (23 settembre 2017), il festival internazionale dedicato all’arte vetraria si presenta, dunque, come un’occasione più unica che rara per lasciarsi incantare da una produzione antica, che ha il sapore dell’alchimia.

Informazioni utili 
 www.theveniceglassweek.com

lunedì 5 marzo 2018

«La Serra dei poeti», Sandro Veronesi per la collezione Gori

Sono passati tre anni da quando, una terribile tempesta di vento, ha privato il parco di Celle, in Toscana, di ben cinquecentocinquanta piante storiche. Era il 5 marzo 2015 e da allora si è subito lavorato per ripristinare lo scrigno verde che avvolge la bella collezione di Giuliano Gori, circa quarantacinque ettari all’interno dei quali sono presenti le opere di artisti del calibro di Luciano Fabro, Dennis Oppenheim, Sol LeWitt, e non solo.
Il dialogo costruttivo tra il collezionista pistoiese, Andrea Mati e l’ingegner Mirko Bianconi è sfociato in un’iniziativa riparatoria, che ha dato vita a una serra, o meglio alla «Serra dei poeti», dove favorire la crescita di piante.
Nella realizzazione dell’opera, la cui presentazione si terrà il prossimo 21 marzo (Giornata mondiale della poesia), è stato coinvolto lo scrittore e architetto Sandro Veronesi.
Ispirandosi al paraboloide iperbolico, mito ingegneristico del secolo scorso ed espressione plastica del concetto fisico di «resistenza per forma», l’intellettuale fiorentino ha realizzato un monumento in acciaio inox e vetro dedicato alla Poesia, intesa essa stessa come simbolo universale della «resistenza per forma».
La tradizione letteraria italiana è ricca di riferimenti alle piante, dal busso e dai ciliegi della «Signorina Felicita» di Gozzano ai limoni di Eugenio Montale, dalla ginestra di Giacomo Leopardi ad altri celeberrimi cipressi toscani, quelli cantati da Giosuè Carducci. Così, il piccolo padiglione progettato da Veronesi è dotato all'interno di un semenzaio dove, di volta in volta, queste essenze saranno incubate e prodotte, per rendere omaggio ai poeti di oggi.
Trenta cipressi, della varietà Bolgheri, disposti su quattro filari convergenti dal paesaggista-musicista Andrea Mati suggeriscono al visitatore il percorso da compiere verso questa serra. Il numero trenta è solo un punto di partenza, da incrementare negli anni piantando altri cipressi nell’area del parco. Si tratta quindi di un progetto in progress che sintetizza la vocazione della Fattoria di Celle a stimolare, attraverso una struttura-opera funzionante, una riflessione e un rinnovato apprezzamento della poesia. Un ulteriore tassello, questo, all'interno di una collezione da ammirare con calma.

Informazioni utili 
www.goricoll.it

sabato 3 marzo 2018

Da Tintoretto a Fiorucci: un anno di grande arte a Venezia

Mostre, eventi temporanei, attività di approfondimento e valorizzazione per un totale di ventisette appuntamenti: è un calendario ricchissimo quello che la Fondazione Musei civici di Venezia, guidata da Gabriella Belli, ha ideato per il 2018.
In linea con le strategie portate avanti negli ultimi anni, l'ente lagunare conferma importanti collaborazioni scientifiche con istituzioni culturali italiane e internazionali e la valorizzazione dei siti e dello straordinario patrimonio cittadino gestito per conto del Comune di Venezia.
Centrale nell'attività del nuovo anno, che vedrà anche il protrarsi dei lavori di restauro al Museo Correr, sarà la valorizzazione e la conoscenza delle collezioni permanenti e dei loro protagonisti, i risultati dell’intensa attività di ricerca e di studio svolta dai musei civici e la celebrazione della grande arte veneziana, dei suoi maestri e dei suoi cantori.
Fiore all’occhiello per il 2018 saranno le proposte espositive a Palazzo Ducale, fascinoso luogo simbolo del potere della Serenissima, con due straordinari appuntamenti che si avvalgono di prestigiose collaborazioni scientifiche e importanti prestiti internazionali.
La nuova stagione dei musei civici si inaugura con un grande tributo a John Ruskin (1819-1900), personaggio centrale nel panorama artistico internazionale del XIX secolo, e al suo famoso libro «Le pietre di Venezia» (10 marzo - 10 giugno), opera che ha contribuito in modo determinante alla creazione del mito romantico della città, ma anche alla salvezza di molti suoi monumenti gotici, a cominciare proprio da quel palazzo dei Dogi che ospita l’esposizione.
Capace di influenzare fortemente l’estetica del tempo con la sua interpretazione dell’arte e dell’architettura, l'artista torna, quindi, nella città lagunare, di cui aveva narrato la bellezza, l'unicità e la fragilità, con un centinaio di opere, selezionate da Gabriella Belli e Anna Ottani Cavina. La sequenza di sale e loggiati tante volte raffigurati nei taccuini dell'artista accoglieranno, nello specifico, acquarelli, rilievi architettonici, calchi in gesso, albumine, platinotipi, in una scenografa curata da Pier Luigi Pizzi della Venezia gotica e bizantina, medievale e anticlassica che egli tanto amava.
Il mese di settembre porterà, invece, a Palazzo Ducale l’attesa esposizione realizzata per festeggiare il cinquecentenario della nascita di Jacopo Tintoretto, artista celeberrimo, tra i giganti della pittura europea del XVI secolo e, indubbiamente, quello che più ha segnato Venezia con il marchio inconfondibile del suo genio.
Il progetto espositivo, a cura di Robert Echols e Frederick Ilchman, è realizzato in collaborazione con la National Gallery of Art di Washington e la Galleria dell'Accademia, e vedrà arrivare in Laguna, da tutto il mondo, straordinari capolavori del maestro, attraverso i quali sarà possibile rileggere in maniera approfondita la sua opera, a ottant’anni dall’ultima esposizione veneziana dedicata alla sua arte (1937).
Altra partnership eccellente è quella con il Museo statale Ermitage di San Pietroburgo, che quest’anno sarà al fianco della fondazione veneziana con prestiti prestigiosi nella realizzazione di due mostre, allestite rispettivamente a Palazzo Fortuny e al Centro culturale Candiani di Mestre. Nella prima, «FutuRuins» (dal 1° settembre 2018 al 7 gennaio 2019), a cura di  Daniela Ferretti e Dimitri Ozerkov, si darà conto dell’affascinante estetica delle rovine, cruciale nella storia della civiltà occidentale, spaziando dalle prime mitologie della distruzione alle macerie delle Twin Towers.
La seconda mostra (21 novembre 2018 – 20 febbraio 2019) sarà, invece, un vero e proprio omaggio alle due città gemelle e senza tempo di Venezia e San Pietroburgo. La mostra documenterà attraverso un gruppo di quadri e disegni, alcuni dei quali mai esposti in Italia, i percorsi che hanno condotto l’arte della Serenissima all’Ermitage, mettendo in evidenza affascinanti figure di collezionisti e mercanti. Saranno così esposti dipinti dei massimi artisti veneti a partire dal Cinquecento, tra cui Tiziano, Veronese, Tintoretto, Bellotto, Canaletto, Tiepolo e Guardi.
Sempre nella sede di Palazzo Fortuny i temi del collezionismo e la valorizzazione delle raccolte museali saranno al centro dell’offerta espositiva primaverile (23 marzo – 23 luglio 2018), proposta secondo un’ormai consolidata formula, che in questa edizione prevede due interessantissimi approfondimenti.
Da un lato verrà esposta la preziosa collezione di Giuseppe Merlini, che comprende trecento opere d’arte dai primi decenni del XX secolo fino ai giorni nostri, tra cui lavori di Filippo de Pisis, Adolfo Wildt, Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, Mario Sironi, Gino Severini, Giorgio Morandi, Mario Radice, Lucio Fontana, Alberto Burri, Piero Dorazio.
Dall’altro è previsto un grande omaggio a Zoran Mušic; per l'occasione verrà ricomposta la stanza di Zurigo, vero esempio di opera di arte totale, che l'artista aveva cominciato a decorare su commissione nel 1949. L’opera è una sorta di summa iconografica della produzione artistica di quegli anni e include un ritratto iconico di Ida Barbarigo, l’amatissima moglie scomparsa all’inizio di quest’anno, lasciando in eredità il suo patrimonio alla fondazione, oltre a straordinarie vedute di Venezia.
La Galleria d’arte moderna di Ca’ Pesaro, dopo un primo approfondimento dedicato all’arte figurativa tra anni Settanta e Ottanta del ‘900, prosegue nell’opera di rilettura inedita di grandi artisti del XX secolo e nel proficuo e intrigante dialogo tra moda e cultura avviato con grande successo negli anni scorsi.
Tra i progetti in cantiere si segnalano una mostra su Juan Navarro Baldeweg, uno dei più autorevoli quanto eclettici protagonisti spagnoli dell’arte e dell’architettura contemporanee (dal 25 maggio al 7 ottobre 2018), e la ricomposizione del ciclo pittorico «Il poema della vecchiaia»  ambientato nel Pio Albergo Trivulzio di Milano, uno dei capolavori del maestro divisionista Angelo Morbelli, presentato alla V Esposizione internazionale d’arte di Venezia del 1903, di cui il museo conserva una delle sei tele ora finalmente riunite in questa mostra a cura di Giovanna Ginex.
Ma l’appuntamento certamente più importante per Ca’ Pesaro è con il coloratissimo omaggio all’«Epoca Fiorucci» (23 giugno 2018 - 13 gennaio 2019), a cura di Gabriella Belli e Aldo Colonetti, con la collaborazione di Floria Fiorucci ed Elisabetta Barisoni, –con cui si racconterà la pirotecnica creatività del celebre stilista milanese Elio Fiorucci, scomparso nel 2015, da molti definito il «paladino della moda democratica». Primo stilista a livello internazionale ad affidare ai più grandi architetti, grafici e designer la rappresentazione e la comunicazione dei suoi capi e accessori d’abbigliamento, l'artista milanese verrà ricordato attraverso la ricostruzione di un «grande mercato», che ripercorrerà tutta la sua storia, con un’antologia unica di prodotti, oggetti, manifesti, documentazione di eventi.
Nel 2018 il Museo del Settecento veneziano di Ca’ Rezzonico getterà finalmente luce su due figure centrali del panorama artistico cittadino, mai prima d’ora indagate: la pittrice e poetessa veneziana Giulia Lama (1681-1747), di cui il Museo Correr possiede una splendida selezione di opere grafiche dal forte risalto plastico ed espressivo (dal 23 maggio al 10 luglio 2018), e Anton Maria Zanetti (1679-1767), mecenate e infuente mediatore di nobili e sovrani per gli acquisti e le commissioni d’opere dei più celebri artisti della laguna, amico, tra gli altri, di artisti del calibro di Canaletto, Rosalba Carriera, Sebastiano e Marco Ricci, Giambattista Tiepolo (29 settembre 2018 - 7 gennaio 2019).
Il Museo di Palazzo Mocenigo ospiterà una mostra sulla Fiber Art, con opere dell’artista francese Brigitte Selles (Angers, 1959), e, in concomitanza con la grande mostra su Tintoretto a Palazzo Ducale, proporrà un approfondimento sul Secolo d’Oro, a cura di Chiara Squarcina, che permetterà di conoscere – attraverso stampe, disegni, volumi e accessori legati alla moda, tutti provenienti dal patrimonio della Fondazione - il contesto storico e ambientale in cui vennero concepiti i capolavori del grande maestro. Spazio anche per la valorizzazione del percorso sulla storia del profumo, presente con cinque suggestive sale in museo, con la presentazione degli straordinari flaconi della collezione Magnani (6 ottobre 2018 - 17 marzo 2019).
La grande tradizione artistica della città e la sua capacità di rinnovarsi sarà valorizzata anche nelle proposte dei musei delle isole. Così al Museo del Vetro di Murano andrà in scena un nuovo capitolo della splendida raccolta di opere in vetro del XX secolo del newyorkese Barry Friedman (dal 21 aprile al 19 agosto 2018). Mentre, nell’ambito di «The Venice Glass Week», verrà proposto un focus sull’opera in vetro del celebre architetto e designer Mario Bellini (dal 9 settembre al 2 dicembre 2018). Chiuderà la stagione espositiva del museo muranese un omaggio alla creatività di Livio Seguso (15 dicembre 2018 - 28 aprile 2019).
La valorizzazione della straordinaria arte del merletto, recentemente candidata a Patrimonio immateriale dell’Umanità dell’Unesco, sarà, invece al centro dell’esposizione in programma a Burano (dal 28 febbraio al 27 maggio 2018). Mentre Forte Marghera proporrà per tutta l’estate una mostra dedicata alla motocicletta, uno dei simboli più attraenti del design del XX secolo.
Le attività si completeranno come consuetudine con una ricca e diversificata offerta didattica e formativa finalizzata ad una sempre maggiore e continuativa interazione tra il pubblico e i musei, che si suddividerà in attività per la scuola, per le famiglie e per gli adulti, rimodulabili in base a eventuali esigenze specifiche.
Un programma ricchissimo, dunque, quello approntato dalla Fondazione Muve dunque, che nel corso dell’anno andrà in parallelo con gli interventi mirati a rendere gli spazi museali sempre più fruibili e smart friendly, oltre che in linea con gli standard internazionali, aperti all'inclusione - giovani, famiglie, adulti - all'aggregazione e al confronto, con particolare attenzione alle tematiche del femminile, che contribuirà ancora una volta a collocare la Città di Venezia al centro di un’offerta dall'altissima valenza culturale.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Jacopo Tintoretto, Estate, 1555 ca., olio su tela, 105,7 x 193 cm, Washington D.C., National Gallery of Art, Samuel H. Kress Collection; [fig. 2] Jacopo Tintoretto, Susanna e i vecchioni, 1550 ca., olio su tela, 146 x 193,6 cm, Vienna, Gemäldegalerie Kunsthistorisches Museum; [fig. 3] Angelo Morbelli, Vecchie calzette, 1903 Olio su tela, 100 x 62 cm Collezione Cornèr Banca, Lugano; [fig. 4] Poster Fiorucci, 1974; [fig. 5] Napoleone Martinuzzi per Venini & C. Pianta grassa, 1930 Vetro soffiato a mano libera; [fig. 6] Giulia Lama, Nudo virile visto di schiena Sanguigna e gessetto bianco su carta ocra, 43 x 57 cm.  Museo Correr, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, Venezia; [fig. 7] John Ruskin, Venezia, Diga Marittima. Matita, acquerello su carta, 298 x 491 mm. Ruskin Foundation (Ruskin Library, Lancaster University), Lancaster © Ruskin Foundation, Lancaster; [fig. 8] John Ruskin, Ponte dei Pugni, Matita e acquerello su carta, 180 x 223 mm. Ruskin Foundation (Ruskin Library, Lancaster University), Lancaster. © Ruskin Foundation, Lancaster; [fig. 9] Alberto Savinio, Apollo, 1931 Tempera su tela, 127, 5 x 74 cm Collezione Merlini, Busto Arsizio

Informazioni utili
www.visitmuve.it 

giovedì 1 marzo 2018

«Alla faccia vostra!»: Jannuzzo e Caprioglio fanno riflettere sul «dio denaro»

Intrighi, sotterfugi, equivoci, menzogne, ricatti e ipocrisia: mette sotto i riflettori la parte più meschina e cinica dell'animo umano la commedia brillante «Alla faccia vostra!» di Pierre Chesnot, autore anche dell'ormai celebre «L’inquilina del piano di sopra».
Lo spettacolo -in agenda nella serata di venerdì 9 marzo, alle ore 21- vedrà salire sul palcoscenico del cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio l’esilarante Gianfranco Jannuzzo e la splendida Debora Caprioglio, coppia ormai collaudata del teatro brillante italiano, già vista insieme nell’apprezzato spettacolo «È ricca, la sposo e la ammazzo».
Con i due attori protagonisti sarà in scena -sotto l’abile regia di Patrick Rossi Gastaldi, che firma anche l'adattamento italiano del testo- l’apprezzata Compagnia Molière di Roma con un cast formato per l’occasione da Antonella Piccolo, Roberto D’Alessandro, Antonio Rampino, Erika Puddu e Antonio Fulfaro. Le scenografie portano la firma di Andrea Bianchi; il disegno luci è di Mirko Oteri. I costumi sono stati realizzati da Valentina De Merulis.
Con il suo «meccanismo ad orologeria fatto di tempi perfetti, di entrate ed uscite a ripetizione e di continui colpi di scena», la commedia «Alla faccia vostra!» promette quasi due ore di risate e divertimento leggero, ma offre anche occasioni di riflessione, parlando di un tema quanto mai attuale come quello della smania di possesso di beni materiali e della corsa al denaro.
Ha, dunque, tutti gli ingredienti per accontentare i gusti dell’affezionato pubblico del cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio, con i suoi quasi trecentoquaranta abbonati interessati alla comicità in chiave arguta e colta, questo quinto appuntamento della stagione «Mettiamo in circolo la cultura», inserita nel cartellone cittadino «BA Teatro», che vede alla direzione artistica Maria Ricucci dell’agenzia «InTeatro» di Opera (Milano).
Ambientata nella Roma borghese dei nostri giorni, la commedia con Jannuzzo e la Caprioglio si apre con una morte, quella di Stefano Bosco, sessantaquattrenne scrittore di successo deceduto per infarto, dopo aver trascorso un’esistenza da epicureo.
A poco a poco, parenti, conoscenti stretti e amici incominciano ad affollare l’appartamento del defunto, dove abita anche la fedele governante Luisa (Antonella Piccolo). Arrivano nella casa il genero Lucio Sesto (Gianfranco Jannuzzo) con la compagna Vanessa (Erika Puddu), il medico Garrone (Antonio Rampino), il banchiere Andrea Marmotta (Roberto D’Alessandro) e la procace e vistosa Angela, la giovane seconda moglie di Stefano Bosco (Debora Caprioglio). Per tutti il lutto si trasforma, ben presto, in un incontro dai fini economici, in una vera e propria «transizione finanziaria».
«La coppia Sesto -racconta il regista Patrick Rossi Gastaldi- cerca di coprire un enorme debito con un prestito della banca garantito dall'eredità di Vanessa, la figlia dello scrittore. Angela progetta una nuova vita con tanti soldi e il suo nuovo amante francese. Il dottor Garrone vuole comprare l'appartamento per farne finalmente il suo studio, il banchiere Marmotta, che acconsente al prestito, vorrebbe intascare una grossa percentuale sui futuri soldi di Vanessa. Solo Luisa, fedele governante, vive per ricordare il genio dello scrittore». Non tutto, però, va come dovrebbe andare o come gli aspiranti ereditieri sperano. Tra colpi di scena e situazioni comiche, la morale viene dimenticata in nome del culto del «dio denaro» e l’opinione macchiavellica che «il fine giustica i mezzi» prende inevitabilmente piede fino alla sopresa finale, perchè -si sa- nella magica finzione del teatro a prevalere è il lieto fine e a vincere la giustizia.
Dopo aver puntato i riflettori sul mondo femminile, chiudendo con il «tutto esaurito» del nuovo one woman show «Perfetta» di Geppi Cucciari una trilogia dedicata alle donne, il cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio guarda, quindi, ancora al secondo filo conduttore della sua stagione: la coppia di attori in scena.
Si era iniziato a ottobre con Lorella Cuccarini e Giampiero Ingrassia, si continua ora con Gianfranco Jannuzzo e Debora Caprioglio, per proseguire il prossimo giovedì 22 marzo con Valentina Lodovini e Ivano Marescotti nell’atto unico «I have a dream - Le parole che hanno cambiato la storia» di Ennio Speranza e Gabriele Guidi, nel quale si parlerà di temi quali l'identità etnica, il ruolo delle donne, gli eccidi, l'intolleranza religiosa, ma anche dell'arte e della letteratura come strumenti di protezione dell’essere umano.
Il costo del biglietto per la commedia «Alla faccia vostra!» è fissato ad € 33,00 per la poltronissima, € 30,00 (intero) o € 27,00 (ridotto) per la poltrona, € 28,00 (intero) o € 25,00 (ridotto) per la galleria. Le riduzioni sono previste per studenti, over 65 e per gruppi (Cral, scuole, biblioteche e associazioni) composti da minimo dieci persone. Il diritto di prevendita è di euro 1,00.
Il botteghino del cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio sarà aperto per la prevendita da venerdì 2 marzo con i seguenti orari: dal lunedì al sabato, dalle ore 17 alle ore 19. I biglietti sono già comodamente acquistabili on-line, tramite il circuito Crea Informatica, sui siti
www.cinemateatromanzoni.it e www.webtic.it (per un problema tecnico va selezionato il titolo della commedia precedentemente in cartellone per la data del 9 marzo: «L’ispettore Drake e il delitto perfetto»).
Per maggiori informazioni sulla programmazione della sala è possibile contattare il numero 339.7559644 o lo 0331.677961 (negli orari di apertura del botteghino e in orario serale, dalle ore 20.30 alle ore 21.30, tranne il martedì) o scrivere all’indirizzo info@cinemateatromanzoni.it.

Informazioni utili
www.cinemateatromanzoni.it 

martedì 27 febbraio 2018

«Performing Pac», a Milano tre giornate sulle arti performative

Tre giorni di incontri, flashback, proiezioni e performance, gratuiti e aperti al pubblico (non solo degli addetti ai lavori), con artisti, curatori, critici, studiosi: dal 1° al 3 marzo al Pac- Padiglione d’arte contemporanea di Milano racconta le arti performative.
Il format è lo stesso che nel 2017 aveva portato l’istituzione milanese a indagare il restauro e la conservazione della street art.
Il tema scelto per il 2018 è quello della performatività, sviluppato attraverso eventi di vario genere che metteranno al centro dell’attenzione il corpo e l’interazione attiva con lo spazio, e saranno lo spunto per raccontare, per la prima volta anche attraverso materiali d’archivio del Pac, il ruolo dell’artista nelle arti performative e l’evoluzione della funzione delle istituzioni nel promuoverle.
Come si racconta oggi il corpo nell’arte? Quali e quante sono le eredità raccolte da chi lavora con pratiche artistiche che oggi vengono definite performance? Queste alcune delle domande a cui proverà a rispondere la tre giorni milanese.
Di prestigio gli ospiti attesi: giovedì 1 marzo ci sarà Susanne Franco, docente di storia della danza e del teatro all’Università Ca’ Foscari di Venezia; venerdì 2 marzo Lois Keidan, direttrice della Live Art Development Agency LADA di Londra; sabato 3 marzo André Lepecki, capo del Dipartimento di Perfomance Studies alla Tisch School of the Arts di New York.
Ai tre incontri si affiancheranno altrettanti live perfomance realizzate da artisti attivi sia nell’ambito della performance, come Dora Garcia e Paulien Oltheten, sia in quello della danza, come Annamaria Ajmone e Cristina Kristal Rizzo, che riproporranno alcuni loro lavori in una nuova versione.
Nel contesto degli incontri e delle live performance, per la prima volta il Pac aprirà il suo archivio rileggendo due mostre che ha realizzato nel passato in omaggio a due artisti simbolo della performance: Vito Acconci e Gina Pane. Nella mostra «Exploding House» (PAC, 1981), a cura di Zeno Birolli, Vito Acconci passava dalle sue celebri e irriverenti performance a interagire con lo spazio tramite un coinvolgimento diretto del pubblico, mentre in «Partitions Opere Multimedia 1984-1985» (PAC, 1985), a cura di Lea Vergine, Gina Pane abbandonava le provocazioni degli anni Settanta per approdare a una sintesi concettuale, mentale e analitica.
Saranno questi due flashback a riproporre i temi che avevano toccato il dibattito artistico dell’epoca, fornendo ancora oggi importanti spunti di riflessione. Una rilettura non attraverso le opere, ma con documenti, fotografie, recensioni e corrispondenze provenienti dall’archivio storico del PAC – scandagliato per l’occasione dagli studenti del Dipartimento di beni culturali e ambientali dell’Università degli Studi di Milano – che di quelle mostre permetteranno anche di ricostruirne il backstage.

Didascalie delle immagini 
[Fig. 1] Anne Historical, Aphasia Treatment Situations, PAC Milano 2017. photo Nico Covre; [fig. 2] Vito Acconci, Exploding House, Pac Milano 1981; [fig. 3] Ikea, Rizzo-Ajmone © Luca Ghedini

Informazioni utili
pacmilano.it

domenica 25 febbraio 2018

Cantina Kaltern, un’etichetta d’autore per il Cabernet Sauvignon 2015

L’arte enologica incontra il design. Succede con il bando di concorso «kunst.stück» (in italiano: «opera d'arte»), lanciato per il terzo anno consecutivo dalla Cantina Kaltern, una delle aziende vitivinicole più importanti dell'Alto Adige. Il progetto è rivolto ad artisti emergenti, chiamati a realizzare un'etichetta d'arte che sappia interpretare il vitigno più rappresentativo dell’anno.
In questa edizione l’incoronazione a «kunst.stück» è andata a un Cabernet Sauvignon Riserva, un vitigno originario del Bordeaux, ma ormai ambientato in molte zone vinicole del mondo, che ha trovato condizioni ideali nei vigneti caldi e soleggiati che cingono il lago di Caldaro. Del resto, la temperatura media che vi regna durante il periodo vegetativo è identica a quella della sua originaria francese.
A Caldaro, il Cabernet Sauvignon esprime un carattere inimitabile, sfoggiando un’eleganza che non ha eguali. Coccolato dal sole mediterraneo, resta comunque una creatura delle montagne, e in un’annata a dir poco eccezionale come quella del 2015 (al centro del concorso), la natura ha esaltato questi pregi del territorio in una combinazione rara, degna di una vera opera d’arte.
Un’opera d’arte sarà anche la sua etichetta che verrà applicata sulle 2015 magnum, una speciale edizione in tiratura limitata, come era già avvenuto nelle due passate edizioni: la prima con il Pinot Bianco 2014, interpretato dall'artista di passione Claudio Paternoster, la seconda con il Kalterersee 2016, rappresentato dal designer e docente milanese Stefano Mandato.
Il tema del concorso di quest'anno è «Un vino di mondo, di casa a Caldaro», proprio in omaggio al Cabernet Sauvignon Riserva 2015 ha visto le sue uve maturare davvero alla perfezione, conferendo loro al tempo stesso carattere mediterraneo e la freschezza delle montagne altoatesine.
Il bando per gli artisti è aperto fino all'8 aprile 2018, alle ore 21.00; l’iniziativa è tesa ad offrire a giovani, magari ancora sconosciuti, l’opportunità di un palco dal quale presentare al pubblico la propria opera.
Grazie all’etichetta applicata sulle 2.015 magnum, la presentazione nell’ambito di un evento e alla comunicazione sui media, l’artista vincente potrà garantirsi visibilità su larga scala. L’artista, inoltre, si aggiudicherà un premio in denaro di 500 euro e avrà la possibilità di tenere una mostra al winecenter a Caldaro, dove sono già esposte opere di artisti contemporanei quali Ulrich Moroder, Robert Bosisio, Ernst Müller o Josef Scherer.
Le etichette d'arte pervenute saranno esaminate entro il 14 maggio da una giuria interna e una selezione delle stesse verrà pubblicata sul sito di Cantina Kaltern. Qui saranno gli utenti, wine lovers e non, a votare, entro il 30 giugno, la loro «etichetta del cuore», decretando così il vincitore del concorso.

Informazioni utili 
http://www.kellereikaltern.com/it/vini-lago-caldaro/notizie/concorso-di-idee-kunststueck-2015/

venerdì 23 febbraio 2018

«Il giuramento», la storia di Mario Carrara al Menotti di Milano

Ci vuole coraggio a dire «no» e così, per non cedere al ricatto di chi si crede più forte e non omologarsi all’osanna della folla, abbandonare per sempre le certezze della propria quotidianità, restando fedeli solo alla propria coscienza. Certe volte quel coraggio lo si paga con una severa solitudine e molte difficoltà, altre volte con la vita stessa. Spesso quei «no» -frutto di ideali di dignità, onestà intellettuale e coerenza interiore- finiscono per essere dimenticati, fino a quando la Storia li sottrae al proprio oblio e li trasforma in torce che illuminano la strada verso la libertà e il sogno di un mondo migliore. È il caso della vicenda dei dodici professori universitari che nel 1931 rifiutarono di firmare il giuramento di fedeltà al regime fascista, consapevoli di andare incontro a conseguenze pesantissime per le proprie vite professionali e personali.
Erano solo dodici uomini su milleduecentotrentotto. Si chiamavano Gaetano de Sanctis, Mario Carrara, Giorgio Levi della Vida, Vito Volterra, Lionello Venturi, Bartolo Nigrisoli, Ernesto Bonaiuti, Fabio Luzzato, Piero Martinetti, Giorgio Errera, Francesco Ruffini ed Edoardo Ruffini.
«Erano differenti –ricorda Giorgio Boatti nel libro «Preferirei di no» (Einaudi, Torino 2011), dedicato alle loro storie- per origini, carattere, modi di pensare, attitudini sociali e radicamento alla vita».
Avevano in comune solo una cosa: si sentivano estranei alla servile grevezza del mondo che li circondava. E con la loro scelta di andarsene, perdendo per sempre la cattedra, diedero inconsapevolmente ai loro allievi una lezione indimenticabile, forse la lezione più bella della loro carriera: insegnarono, per usare le parole del filosofo Piero Marinetti, «che le cose esteriori in fondo poco importano e che nulla ci è tolto quando ci resta ciò che deve accompagnarci in vita e in morte». Fu una lezione quella, però, che gli allievi avrebbero capito solo dopo, forse troppo tardi.
Alla storia, liberamente romanzata, di uno di questi dodici coraggiosi professori universitari è dedicato lo spettacolo «Il giuramento» del drammaturgo e giornalista Claudio Fava, prodotto dal Teatro Stabile di Catania, in scena fino a domenica 25 febbraio al Menotti di Milano.
A portare in scena questo bel testo di impegno civile sono David Coco, Stefania Ugomari Di Blas, Antonio Alveario, Simone Luglio, Liborio Natali, Pietro Casano, Federico Fiorenza, Luca Iacono e Alessandro Romano.
Le musiche sono firmate da Cettina Donato, compositrice, arrangiatrice e pianista italiana, prima donna italiana a dirigere orchestre sinfoniche con repertorio jazz.
La storia raccontata, che si avvale della regia rigorosa, semplice e proprio per questo saggia di Ninni Bruschetta, è quella di Mario Carrara (Guastalla, 2 novembre 1866 – Torino, 10 giugno 1937) , medico legale e docente universitario, che insegna ai suoi studenti a coltivare il gusto del dubbio, ma anche a non intrupparsi, travestirsi ed esibirsi.
«Vedovo, solitario, ironico e inacidito al tempo stesso», con un impegno volontario nel carcere di Torino dove va a lenire più le pene del cuore che quelle del corpo, Carrara è un uomo semplice, che vive per la scienza, «ancora abituato -racconta Claudio Fava- a censire gli uomini e le anime con l’algida geometria di Cesare Lombroso: fronte, ossa, sguardo, fiato, pelle…». Ma è anche un uomo capace di guardare al dettaglio, al particolare con la curiosità di chi sa che non tutto è come sembra.
Attorno a lui corre l’Italietta conformista dei primi anni del Fascio: gli studenti con la tessera del Guf, le camicie nere inamidate, i fez col fiocco, le canzoncine come «Faccetta nera», il finto perbenismo, le conversazioni vaghe e discrete dei colleghi, le brume umide di una città del Nord e quel sentimento comune ai più di non voler guardare in faccia alla realtà, perché voltare gli occhi altrove è più facile e tranquillo.
«Sulla politica, fatta di goliardia e di lettere maiuscole, Carrara -racconta ancora Claudio Fava- nutre un disagio estetico più che ideologico. Gli sembrano ridicoli certi suoi studenti inamidati in camicia nera e pugnaletto. Gli vengono a noia le finte orazioni dei colleghi più anziani sulla patria e sul destino. Troppo poco per un turbamento o per una ribellione: la vita potrebbe scorrere senza pieghe».
Ma certe volte il destino bussa alla porta e bisogna prendere una decisione: Carrara non giura la sua sottomissione e fedeltà al fascismo. Non vuole. Non può.
Il resto è storia: il medico di Guastalla, ormai 65enne, viene escluso da tutte le cariche pubbliche. La sua casa è perquisita nell'ambito dell'operazione che porta all'arresto di Vittorio Foa e Massimo Mila. Nell’ottobre del 1936 è arrestato per attività contro il regime fascista e solo la sua età avanzata lo salva dal confino. Detenuto alle carceri Nuove di Torino, continua a lavorare al suo «Manuale di medicina legale» fino alla morte, avvenuta nel giugno del 1937.
A guidare lui e gli altri nella scelta di non giurare fu, secondo Fava, «l’incapacità della menzogna, il rigore illuminista del sapere, la noia per le liturgie del fascismo. Ma anche l’intuizione sul destino del Paese, sul modo in cui furbizie e conformismi avrebbero trasformato l’Italia di quegli anni in una terra senza libertà e senza decenza».
Ecco così sotto i riflettori del teatro Menotti di Milano un importante lavoro d’impegno civile che racconta la storia di un'Italia a cui era rimasta solo un'estrema risorsa di dignità: il diritto di dire no, senza pensare alle conseguenze di quel gesto coraggioso.
Ma il Mario Carrara che racconta Claudio Fava non è un eroe e un martire, è un uomo qualunque che sente il bisogno di vivere in libertà. Improvvisamente capisce anche le menzogne della sua vita monotona: le pastiglie rosse e blu, il pezzetto di mela che mangia ogni mattina in istituto, l'amore sempre sopito per la sua giovane assistente Tilde.
Il Carrara interpretato da David Coco non vuole dare insegnamenti, vuole sono essere onesto con la propria coscienza: «Io lo faccio solo per me», dice. Non vuole diventare un modello, vuole solo dimenticare quello che lo circonda, quella parata di uomini diventati manichini nelle mani del potente di turno: «Io sono uno scienziato, perché devo essere politico?», afferma ancora il protagonista. L'unico giuramento che sa di dover fare è quello di Ippocrate, gli altri non gli sono utili per guarire un uomo o per fare un'autopsia.
«Ribellarsi si può sempre, basta volerlo», così senza retorica e senza luci della ribalta, sembra dire il Mario Carrara di Claudio Fava allo spettatore, invitandolo a rispondere, nel silenzio della propria coscienza, a una domanda chiara: «Tu giureresti?», «Tu avresti giurato?».

Informazioni utili 
Teatro Menotti, via Ciro Menotti 11 – Milano. Prezzi: intero 28.00 € + 1.50 € prevendita, ridotto over 65/under 14 - 14.00 € + 1.50 € prevendita, martedì e mercoledì posto unico 14.00 € + 1.50 € prevendita. Orari biglietteria: dal lunedì al sabato, dalle ore 15.00 alle ore 19.00; domenica (solo nei giorni di spettacolo) ore 14.30-16.30; cquisti online con carta di credito su www.teatromenotti.org. Orari spettacolo: martedì, giovedì e venerdì, ore 20.30; mercoledì e sabato ore 19.30 (eccetto le prime ore 20.30); domenica ore 16.30; lunedì riposo. Informazioni: tel. 02 36592544 o biglietteria@tieffeteatro.it

giovedì 22 febbraio 2018

Musica allo Squero: da Bach a Brahms, dodici concerti sull’acqua

Si apre sabato 24 febbraio la nuova stagione dello Squero, lo scenografico auditorium dell’Isola di San Giorgio Maggiore, recentemente riqualificato in sede di concerti attraverso un accurato ed elegante intervento conservativo, premiato anche con il Torta 2017, che ha messo in luce l’ottima acustica dello spazio, un tempo adibito ad officina per la riparazione delle barche. Ad aprire la stagione saranno il violoncellista Mario Brunello con Francesco Galligioni, violoncello e viola da gamba, e Roberto Loreggian, organo e clavicembalo, che eseguiranno con violoncello le sonate per violino bachiane n.1 BWV 1014, n.3 BWV 1016 e la sonata per viola da gamba e cembalo n.1 BWV 1027.
Seguiranno altri undici appuntamenti promossi dalla Fondazione Giorgio Cini, in collaborazione con Asolo Musica, che vedranno protagonisti anche Il Quartetto di Venezia, Giovanni Sollima e Federico Gugliemo.
Mario Brunello ritornerà sul palco dello Squero anche il 24 marzo e il 27 ottobre, sempre accompagnato da Francesco Galligioni (viola da gamba) e Roberto Loreggian (organo e clavicembalo). Il repertorio prevede l’esecuzione delle «Sei suonate a cembalo concertato e violino solo BWV 1014-1019» e le «Tre sonate per viola da gamba e clavicembalo BWV 1027-1029».
Il Quartetto di Venezia, gruppo in residenza alla Fondazione Giorgio Cini dal 2017, proporrà, in questa stagione, un progetto speciale sul repertorio cameristico di Robert Schumann e di Johannes Brahms. Si inizierà il 21 aprile e il 19 maggio con due esecuzioni in quartetto; il gruppo sarà, poi, affiancato nei successivi appuntamenti da Alessandro Carbonare al clarinetto (3 marzo), da Andrea Lucchesin al pianoforte (13 ottobre), da Danilo Rossi alla viola (24 novembre) e, infine, da Danilo Rossi alla viola e da Mario Brunello al violoncello (10 novembre).
Di Robert Schumann verranno eseguiti i tre quartetti dell’op. 41 i soli scritti dal compositore tedesco per questo complesso strumentale, e che presentano, secondo il musicologo Mauro Masiero «caratteri unitari, come le tonalità impiegate e la ricomparsa di disegni melodici». Seguirà, quindi, l’esecuzione del primo capolavoro di Schumann che unisce il pianoforte al quartetto d’archi, il quintetto in Mi bemolle maggiore op.44 che «mette subito in campo l’imponente potenziale sonoro dell’ensemble». Di Johannes Brahms verrà, invece, eseguito il ciclo integrale di quartetti per archi, op. 51 n.1 e 2. e op. 67 n.3, quattro quintetti, due per archi, op. 111 n.2 e op. 88 n.1; per archi e clarinetto, op. 115, e per pianoforte e archi, op 34. Mentre l’ultimo appuntamento con il «Quartetto di Venezia» sarà dedicato ai due sestetti del compositore amburghese.
La nuova stagione dello Squero prevede, inoltre, due appuntamenti con Giovanni Sollima, violoncellista di fama internazionale e compositore italiano tra i più più eseguiti nel mondo dai grandi interpreti, fra i quali la Chicago Symphony, Gidon Kremer e Patti Smith. Il 7 aprile terrà il concerto «Ba-Rock Cello», che vedrà un incrocio tra diversi generi musicali; mentre il 12 maggio sarà la volta di «Folk Cello», programma che include l’esecuzione di musiche tradizionali del Salento, della Sicilia, dell’Islanda e dell’Australia. In entrambi i concerti Giovanni Sollima eseguirà dei brani da lui composti.
Il cartellone, infine, prevede un unico appuntamento con il violinista e direttore Federico Guglielmo, che si esibirà insieme all’ensemble «L’Arte dell’Arco», costituito da Gianpiero Zanocco, secondo violino, Francesco Galligioni, violoncello, Ivano Zanenghi, liuti, e Roberto Loreggian, cembalo (17 novembre), in un programma dedicato ad Antonio Vivaldi intitolato «Suonate a solo e da camera». Un programma, dunque, vario che, spaziando da Bach a Vivaldi, permetterà di godere buona musica cullati dalle onde della Laguna veneta.

Informazioni utili
Stagione concertistica 2017/2018. Lo Squero - Isola di San Giorgio Maggiore (Venezia). Ingresso. biglietto intero €30,00, biglietto ridotto Soci “Asolo Musica” € 20,00, biglietto ridotto per studenti fino ai 26 anni €10,00.Prevendita on-line: https://www.boxol.it/auditoriumlosquero. Prevendita telefonica al numero +39.392.4519244 (dal lunedì al giovedì, dalle ore 10 alle ore 13). Informazioni: info@asolomusica.com. Dal 24 febbraio al 17 novembre 2018.  


mercoledì 21 febbraio 2018

«Il vendicatore oscuro»: un romanzo noir sul Caravaggio

Sono quasi passati tre anni da quando la casa editrice Electa di Milano dava vita alla collana «ElectaStorie», nata con l’intento di raccontare i fatti ed i personaggi reali protagonisti della grande arte attraverso il linguaggio della narrativa.
I volumetti di questa serie, inaugurati con «Amedeo, je t’aime» di Francesca Diotallevi e «L’orologio di Orfeo» di Simon Goodman, narrano le vicende biografiche che si nascondono dietro agli artisti famosi o le vicissitudini delle grandi collezioni, dentro a un contesto storico e geografico fortemente caratterizzato.
Nell’ambito di questa collana, sta per nascere un nuovo filone, «ElectaStorie - Noir», nel quale il mistero, con vicende criminali di furti e assassini, incontra l’arte. Ad inaugurare la collana sarà il volume «Il vendicatore oscuro» di Annalisa Stancanelli, che verrà presentato il prossimo 28 febbraio, alle ore 10.30, all’Accademia di Belle Arti di Brera, nel Salone napoleonico.
L’incontro vedrà la presenza di Giuseppe Bonini, Giuseppe Di Napoli ed Enrica Melossi.
Il libro è ambientato nella Siracusa barocca del 1608; il romanzo si ispira alla vita del Caravaggio, che proprio nella città siciliana si rifugia dopo l’evasione dalle prigioni di Malta.
L’autrice, dirigente scolastica a Siracusa e collaboratrice del quotidiano «La Sicilia», racconta i mesi della clandestinità del Merisi a Siracusa, città dove il pittore si nasconde, grazie all’aiuto dei monaci e del suo protettore Vincenzo Mirabella, per sfuggire all’ira dei Cavalieri di Malta che lo vogliono morto.
La vita di questo enfant terrible dell’arte si presta come poche altre ad essere raccontata nella forma romanzata del noir: in un continuo susseguirsi di colpi di scena, Caravaggio riesce ad evitare il misterioso personaggio che lo perseguita commettendo omicidi intorno a lui, non potendo tuttavia impedire che altri muoiano al suo posto.
Nel romanzo l'autrice conferisce anche un notevole spazio alla vicenda religiosa di Santa Lucia che viene raccontata con dovizia di particolare ed un'accurata ricostruzione storica. Nel libro, ispirato dal dipinto «Il seppellimento di Santa Lucia», custodito a Siracusa nella Chiesa di Santa Lucia la Badia, la scrittrice e ricercatrice narra la storia delle reliquie della Santa Patrona di Siracusa, il furto del corpo e le committenze religiose dell'epoca legate al culto della Santa, la statua d'argento e vari dipinti di cui furono incaricati i pittori più celebri. Un'attenzione particolare viene data anche ai riti religiosi legati alla Festa di Santa Lucia che proprio nel 1600 inizia ad avere le caratteristiche attuali.
Un romanzo dalla trama avvincente, in cui l’autrice sfrutta molti degli avvenimenti per raccontare l’arte di Caravaggio, la pittura dal vero e la committenza, il tutto nell'affascinante cornice della Sicilia seicentesca.

Informazioni utili 
Annalisa Stancanelli, «Il vendicatore oscuro», Mondadori Electa – Collana Electa Storie – noir. Note: formato 15,5 x 23,3 cm, brossura pagine 118, prezzo 16,90 €. In uscita da marzo 2017.

lunedì 19 febbraio 2018

«Katagami e Katazome», a Venezia una mostra sulla decorazione dei tessuti in Giappone

Sono ormai passati cinque anni da quando il Museo di Palazzo Mocenigo, a Venezia, è stato oggetto di un radicale intervento di restyling e ampliamento dei suoi spazi espositivi, che ha interessato la sede di San Stae, con nuovi percorsi museali dedicati al profumo.
Ora ad essere oggetto di un nuovo intervento è il primo piano nobile, dove per tutto il 2018 verranno esposti, a rotazione, oggetti delle collezioni permanenti, a cominciare da una ricchissima raccolta di tessuti e abiti di ambito orientale di proprietà della Fondazione di Venezia, schedati dalla storica Doretta Davanzo Poli e appartenenti alle collezioni del Centro studi di storia del tessuto e del costume di Palazzo Mocenigo.
L’esposizione sarà affiancata, fino al prossimo 22 aprile, da un interessante approfondimento sulla simbologia e sulla decorazione dei tessuti in Giappone, in particolare sugli stilemi Katagami e Katazome, che interesserà la «White Room» al piano terra del museo, dedicata alle esposizioni temporanee e a tema.
I rapporti di Venezia con l’Oriente fanno da filo conduttore alla rassegna lagunare, che si tiene in un luogo significativo per lo studio di questi scambi culturali e commerciali come il palazzo della famiglia Mocenigo, una delle più importanti e prestigiose dinastie del patriziato veneziano, che, come noto, ha dato alla Repubblica ben sette Dogi, oltre a un gran numero di procuratori, ambasciatori, capitani, ecclesiastici e letterati.
La residenza veneziana approfondisce questo importante capitolo della storia della città attraverso l’esposizione di una ventina di esemplari rappresentativi scelti tra gli oltre quattrocento manufatti (tra abiti, tessuti e paramenti sacri occidentali e orientali), appartenuti alla collezione avviata in Spagna dai genitori di Mariano Fortuny, in particolar modo dalla madre Cecilia, e fonte di ispirazione costante per l’artista nella sua attività di stampa su stoffa e di stilista di moda.
Come non pensare, a tal proposito, a quanto scritto dal poeta francese Henri de Régnier, nel suo libro «L’altana ou de la vie vènitienne»: «[…] Ecco i pesanti velluti di Venezia, di Genova o dell’Oriente, sontuosi o delicati, vivaci o gravi, con ampi ramages, con figure o fogliami, velluti che dogi o califfi hanno forse indossati; ecco i broccati dai toni accesi, le sete dalle delicate sfumature; ecco i paramenti sacri e quelli di corte; ecco gli affascinanti taffetas e i satins lucenti, disseminati di fleurettes e di fasci di fiori, con i quali nel XVIII secolo si facevano i vestiti per le donne e gli abiti per gli uomini; ecco le stoffe di tutti i colori e di tutte le fibre: alcune evocano la forma dei corpi che hanno vestito, le altre sono in lunghe pezze e in scampoli, altre ancora ridotte a minuscoli frammenti».
In questo contesto la presentazione di pezzi Katagami e Katazome nella «White Room» del museo rappresenta a tutti gli effetti un approfondimento sul tema: l’esposizione, che gode del patrocinio del Consolato generale del Giappone a Milano, illustra, infatti, un aspetto particolare della storia culturale ed etnografica degli artigiani giapponesi, con particolare riferimento al tessuto d’abbigliamento, in particolar modo dei kimono.
I tanti esempi di tessitura e stampa presentati e provenienti dalle collezioni private di Ishimi Ousugi, Nancy Stetson Martin e Franco Passarello, che cura anche l’allestimento, dimostrano con evidenza la lunga tradizione e l’alta qualità degli abiti indossati nel Paese orientale.
La mostra affianca ad abiti e tessuti stampati con la tecnica katazome le matrici katagami, una sorta di stencil, utilizzato per la loro realizzazione e appartenenti a un periodo che va dall’Ottocento ai primi anni del Novecento, e dunque corrispondenti ai periodi Edo e Meiji.

Informazioni utili
Venezia e l’Oriente. La collezione della fondazione di Venezia. Palazzo Mocenigo, Centro studi di storia del tessuto e del costume, Santa Croce, 1992 – Venezia. Orari: fino al 31 marzo ore 10.00 – 16.00 | dal 1° aprile ore 10.00 – 17.00 | la biglietteria chiude mezz’ora prima. Ingresso: intero € 8,00, ridotto € 5,50. Informazioni: info@fmcvenezia.it, call center 848082000 (dall’Italia), +3904142730892 (dall’estero). Sito internet: www.mocenigo.visitmuve.it. Fino al 22 aprile 2018