ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

mercoledì 16 gennaio 2008

Dal ‘200 a oggi: sette secoli di pittura tra arte e religione

«L'opera d'arte è caratterizzata dal fatto che ha un senso, ma non uno scopo (...) Non propone nulla ma significa, non vuole ma è. E' creata per essere e rivelare». Così Romano Guardini, figura di spicco della storia culturale europea del ‘900, parlava della dimensione sacrale dell'arte e definiva pittori, scultori e architetti «intermediari» tra l'umanità e l'Assoluto per quella capacità che è a loro propria di tradurre il mistero della vita e la bellezza del Creato nel linguaggio delle forme e delle figure. Basta sfogliare un qualsiasi catalogo di aforismi sull'arte per rendersi conto che al tema del fare artistico come «eco» della creazione divina e medium per avvicinarsi alla comprensione della sfera ultraterrena è dedicata un'ampia letteratura. Lo scrittore tedesco Johann Wolfgang von Goethe definì, per esempio, l'arte «mediatrice dell'ineffabile». Mentre Pablo Picasso scrisse che la pittura era «qualcosa di benedetto (…) perché sfiorata da Dio» e Franz Marc parlò di colori e pennelli come di «un ponte che conduce alla vita spirituale».
Al rapporto tra arte e religione non poteva non rivolgere la propria attenzione anche papa Giovanni Paolo II che, nella lunga Lettera agli artisti della Pasqua del 1999, dichiarò che l'uomo nel dipingere e nel plasmare la materia è «immagine del Creatore». «Nessuno meglio di voi artisti, geniali costruttori di bellezza – si legge in apertura della missiva – può intuire qualcosa del pathos con cui Dio all'alba della creazione, guardò all'opera delle sue mani. Una vibrazione di quel sentimento si è infinite volte riflessa negli sguardi con cui voi, come gli artisti di ogni tempo, avvinti dallo stupore per il potere arcano dei suoni e delle parole, dei colori e delle forme, avete ammirato l'opera del vostro estro, avvertendovi quasi l'eco di quel mistero della creazione a cui Dio, solo creatore di tutte le cose, ha voluto in qualche modo associarvi».
La lettera del pontefice – che prosegue descrivendo l'artista come un uomo votato al servizio della bellezza, «espressione visibile del bene» e della verità – è la seconda tappa di un cammino di riconciliazione della Chiesa e del mondo delle arti figurative, il secondo momento di un invito a riannodare i fili di un'amicizia di lunga data che si era bruscamente interrotta nel Settecento, quando gli illuministi criticarono la religione, associandola alla superstizione e al fanatismo, e l'arte si rivolse a soggetti legati alla quotidianità e alla storia. Ad aprire la strada di una nuova comunione tra arte e Chiesa fu papa Paolo VI nell'ormai storica udienza del 7 maggio 1964, in cui definì il lavoro dell'artista un «ministero parasacerdotale» e parlò della capacità di pittura, scultura e architettura di rendere i misteri di Dio «presenti e accessibili».
Sin dalle sue origini, databili tra il II e il IV secolo d.C., l'arte cristiana ha, infatti, avuto la finalità di fornire un'illustrazione catechetica e didascalica degli episodi dell'Antico e del Nuovo Testamento, per educare alla fede una popolazione per lo più analfabeta, tanto è vero che la pittura catacombale, così come l'arte musiva delle prime basiliche cristiane (che si iniziarono a costruire in seguito alla promulgazione dell'editto di Costantino del 313 d.C.) e tutta la produzione medioevale con Cristo rappresentato come «Salvator mundi» e come «Imago pietatis» ebbero la funzione di una vera e propria «Bibbia dei poveri».
E' con Giotto, che Giorgio Vasari definì il «padre della pittura», che l'arte religiosa prende un nuovo indirizzo. L'allievo di Cimabue si lascia alle spalle la modalità di figurazione che aveva caratterizzato gran parte dei secoli precedenti, con la sua «prospettiva gerarchica» che disponeva le figure in base alla loro importanza e con i suoi radiosi sfondi dorati che volevano essere simbolo della magnificenza e della superiorità del Divino, per introdurre una forma di realismo che colloca sullo stesso piano uomo e paesaggio: nel Compianto sul Cristo morto (1304-1306 ca.) della Cappella degli Scrovegni di Padova e negli affreschi assisiati sulla vita di san Francesco, le figure non sono più stereotipi, secondo la formula tradizionale, ma soggetti connotati individualmente, uomini e donne veri con il proprio carico di dolore e di malinconia, di stupore e di partecipazione alla vita.
Superando la tradizione figurativa bidimensionale del suo tempo, il Medioevo, Giotto abbozza anche un primo tentativo di introduzione della prospettiva geometrica nella pittura, iniziando così gli studi sulla raffigurazione della terza dimensione, che - passando attraverso le ricerche «architetturali» dalla tematica sacra di Duccio di Boninsegna, Simone Martini e Pietro e Ambrogio Lorenzetti - avrebbero trovato nel 1428 la loro massima realizzazione in una delle opere-simbolo del Rinascimento, l'affresco de La Trinità (1428 ca.) del Masaccio alla chiesa di Santa Maria Novella di Firenze, e avrebbero portato, una trentina di anni dopo, all'audace disposizione spaziale della Flagellazione di Cristo (1460 ca.) di Piero della Francesca, in cui il motivo principale dell'opera è spostato sullo sfondo.
L'arte umanistica, che segna il passaggio dalla concezione teocentrica a quella antropocentrica, è, inoltre, caratterizzata da una sempre maggiore umanizzazione nella raffigurazione dei personaggi del Vecchio e del Nuovo Testamento. Ecco così opere come Cristo alla colonna (1475 ca.) di Antonella da Messina, in cui la sofferenza del figlio di Dio è sottolineata dalle lacrime e dalle gocce di sangue, o come Il Cristo morto di Andrea Mantegna, oggi conservato alla Pinacoteca di Brera, o, ancora, come l'olio La Madonna del prato (1505 ca.) di Giovanni Bellini, oggi alla National Gallery di Londra, che raffigura Maria come una comunissima madre immersa in un paesaggio di estrema realtà e di assoluto lirismo, imponendo così allo spettatore una toccante intimità fisica con il mistero della maternità.
Gradualmente i temi sacri vengono a fondersi con quelli profani, per arrivare alle estremizzazioni del Veronese. L'abbondanza, la gioia dei sensi e la felicità apparentemente sfrenata che trapelano dalle sue opere, così come la tendenza a rappresentare scene bibliche alla stregua di feste di patrizi veneziani (un modo di dipingere bel visibile nella tela Nozze di Cana del 1562-63), costringono l'artista veneto a presentarsi davanti a un tribunale ecclesiastico a causa della sua rappresentazione dell'Ultima cena (1573). Sono gli anni immediatamente successivi al Concilio di Trento (1536). Anni, in cui vengono dettate regole severe riguardo all'immagine sacra, che deve essere «corretta sotto il profilo dottrinale» e dal punto di vista delle convenienze sociali, «né provocante, né lasciva». Nei decenni successivi, un ruolo determinante nello stabilire un nuovo rapporto tra pittura e trascendenza lo ebbe Caravaggio. Egli osò, come nessuno prima di lui nella pittura ad olio su tela, una sacralizzazione del quotidiano che gioca con sapienza sull'opposizione, o piuttosto sul paradosso, tra un realismo inedito nelle scene religiose e un trattamento della luce che fa apparire la sua origine soprannaturale, di cui eccellente testimonianza sono le tele Incredulità di San Tommaso (1601-1602) e La morte della Vergine (1606). Nella pittura del Merisi, Cristo è caratterizzato contemporaneamente come uomo tra gli uomini, e come apparizione miracolosa, come documentano La cena di Emmaus (1601) della Pinacoteca di Brera, che alla resa realistica delle vesti, degli atteggiamenti e dei cibi contrappone l'espressione interiorizzata del figlio di Dio, il suo volto totalmente assorto al momento dello spezzare del pane.
Il Seicento oscilla tra una raffigurazione di Cristo e dei personaggi testamentari concreta, intima ed estatica, che permette di scoprirne gli stati d'animo più personali. Di questo “stile” sono ottimi cui rappresentanti, oltre al Caravaggio, Orazio Gentileschi (emblematiche le sue tele Annunciazione del 1623 e Riposo durante la fuga in Egitto del 1628 ca.), Georges de La Tour, con la sua malinconica Maddalena penitente (1640-1645), e Rembrandt, con tele come Deposizione dalla croce (1634) dell'Ermitage di San Pietroburgo e I pellegrini di Emmaus (1628.1629 ca.) - e una trionfale e teatrale, con il figlio di Dio in gloria, levitante ed eroico, che ben viene illustrata dal Pieter Paul Rubens.
Il secolo dei Lumi segna una svolta nella raffigurazione pittorica. I generi fino allora considerati minori conoscono una valorizzazione senza precedenti: vi è uno sviluppo della natura morta e del ritratto, la pittura storica guarda non più alle gesta degli eroi, ma ai loro amori; quella sacra è caratterizzata da un'accentuazione della sua ispirazione biblica, fatta eccezione per alcune rare opere cristiche come quelle di Giovanni Battista Tiepolo. Inizia, inoltre, in questi anni un progressivo allontanamento della «grande arte» verso la Chiesa: i soggetti religiosi diventano sempre meno frequenti, l'arte sacra – per dirla con le parole di François Boespflug dell'Università di Strasburgo – viene considerata sempre più «una questione di parroci», anche se, fino all'Ottocento, continua ad essere con quella storica il gran genre al Salon.
Il Romanticismo, con la sua riscoperta del Medioevo, sembra dare un nuovo momentaneo smalto all'arte religiosa. In Germania viene, per esempio, a costituirsi la confraternita dei Nazareni che ha come ideale - sulla scia del Rinascimento e della pittura del Perugino e di Raffaello - di ridare purezza, dolcezza e umiltà all'immagine di Cristo e della Madonna. In Inghilterra, invece, sono i Preraffaeliti a farsi custodi della tematica religiosa con opere come Ecce Ancilla Domini (1850) di Dante Gabriel Rossetti e la tela L'albero del perdono (1881-1882) di Edward Burne-Jones.
Ma è nella concezione della natura come manifestazione del Divino, nell'idea che il paesaggio racchiuda una dimensione intima e infinita e permetta un legame attivo tra anima e cosmo che sta la grande novità del secolo, il nuovo modo di approcciarsi a Dio. Ecco così gli orizzonti infiniti di Caspar David Friedrich, come Monaco in riva al mare del 1808-1810 e Viandante sul mare di nebbia del 1818, in cui minuscole presenze umane misurano la loro contemplazione, o il misticismo simbolico dell'olio Cristo sul monte del 1808, in cui la croce diventa metafora della presenza di Dio nella natura.
Il tema del paesaggio come incarnazione dell'Assoluto si ritrova, sul finire dell'Ottocento, anche nel divisionismo. Giovanni Segantini lo traduce in forme e colori nella tela L'angelo della vita. Dea cristiana del 1894, che riprende l'iconografia quattrocentesca della Madonna con il Bambino tra le fronde di un albero dai rami rinsecchiti, simbolo di una corona di spine e presagio del calvario della croce. Ma, in realtà, la relazione fra l'immensità dei paesaggi montani e la spiritualità religiosa ricorre in tutto il repertorio dell'artista trentino, come documentano le tele L'ora mesta (1892), Alla stanga (1886) e Le due madri (1889).
Il Novecento è il secolo che vede le forme più sbalorditive e varie di illustrazione degli episodi del Vecchio e del Nuovo Testamento. Ritroviamo, per esempio, la rilettura espressionista dai toni sofferti di Emil Nolde e di Edvard Munch (emblematica la tavola Golgotha del 1900), i puzzle cubisti con le Crocifissioni di Pablo Picasso, le «icone» minimaliste di Alexej von Jawlensky e le immagini dolenti di Renato Guttuso, Georges Rouault e Francis Bacon.
La figurazione non è, però, l'unico modo con cui nel XX secolo viene espresso un soggetto religioso. Parecchi artisti astrattisti come Piet Mondrian, Joan Mirò, Vassily Kandinsky e Mark Rothko riescono a creare un'atmosfera di raccoglimento e di meditazione nelle loro tele attraverso mezzi pittorici più ridotti - colore e linea –, mentre lo spazialista Lucio Fontana conduce la sua ricerca di una dimensione ultraterrena tagliando o bucherellando la tela in opere di estrema liricità come il ciclo Fine di Dio. Ma il racconto religioso-pittorico più poetico e, nello stesso tempo, più conosciuto dell'intero ‘900 è sicuramente quello di Marc Chagall, che ha visto nella Bibbia «la più grande poesia di tutti i tempi», «l'alfabeto colorato» in cui intingere i propri pennelli. Dal 1931 al 1966 l'artista bielorusso è ritornato più volte su questo tema, prima con un corpus grafico e poi con una serie di pitture per il Musée National Biblique di Nizza. Il risultato complessivo di questo lavoro è un viaggio a metà strada tra la visione e la realtà, dove tutto è familiare e senza tempo, e in cui il messaggio divino è visto come messaggio di attenzione al prossimo. «Ho voluto dipingere il sogno di pace dell'Umanità – affermò Marc Chagall nel 1973, all'inaugurazione del suo museo in Francia – (…). Forse in questa casa verranno giovani e meno giovani a cercare un'ideale di fraternità e di amore come i miei colori lo hanno sognato. Forse non ci saranno più nemici e tutti, qualunque sia la loro religione, potranno venire qui a parlare di questo sogno, lontano dalla malvagità e dalla violenza. Sarà possibile questo? Credo di sì, tutto è possibile se si comincia dall'amore».

Didascalie delle immagini
(fig. 1) Giotto, Compianto sul Cristo morto, 1304-1306 ca., Padova, Cappella degli Scrovegni; (fig. 2) Giotto, Il bacio di Giuda (particolare), 1304-1306 ca. Padova, Cappella degli Scrovegni; (fig. 3) Giotto, Predica di San Francesco agli uccelli, 1296-1300, Assisi, Basilica superiore di san Francesco.(fig. 4) Piero della Francesca, Flagellazione di Cristo, 1460 ca., Urbino, Galleria nazionale delle Marche; (fig. 5) Antonello da Messina,Cristo alla colonna, 1475 ca., Parigi, Museo del Louvre; (fig. 6) Andrea Mantegna, Cristo morto e tre dolenti, 1480-1490 ca., Milano, Pinacoteca di Brera; (fig. 7) Giovanni Bellini, La Madonna del prato,1505 ca., Londra, National Gallery; (fig. 8) Veronese, Nozze di Cana, 1562-1563, Parigi, Museo del Louvre; (fig. 9) Caravaggio, La morte della Vergine (particolare), 1605-06. Parigi, Museo del Louvre; (fig. 10) Georges La Tour, Natività, particolare, 1648, Rennes, Musèe des Beaux-ArtsGeorges; (fig. 11) Georges La Tour, La Maddalena penitente, 1642-1644, Parigi, Museo del Louvre; (fig. 12) Caspar David Friedrich, Monaco in riva al mare, 1810. Berlino, Nationalgalerie (fig. 13) Giovanni Segantini, L'angelo della vita.Dea cristiana, 1894, Milano, Museo dell’Ottocento.


Curiosando nel Web
La cappella degli Scrovegni di Giotto
Artcurel: arte, cultura e religione

Da leggere
Il mondo della Bibbia - Cristo nell'arte dalle origini al XV secolo, Anno 10, n. 2, fascicolo 55 (marzo - aprile 2000) - Editrice Elledici, Leumann (Torino)
Il mondo della Bibbia - Cristo nell'arte dal Rinascimento ai nostri giorni. Anno 11, n. 2, fascicolo 57 (marzo-aprile 2001) - Editrice Elledici, Leumann (Torino)

martedì 15 gennaio 2008

«Premio GhigginiArte», a caccia di giovani talenti

«AAA artisti in erba cencansi». Il motto non cambia. Per il settimo anno consecutivo la galleria Ghiggini 1822 di Varese indice il Premio GhigginiArte giovani di pittura e scultura, palcoscenico per i protagonisti dell'arte under 30, che vivono in Lombardia, nel Verbano e nel Canton Ticino.
Il concorso, quest'anno riservato agli artisti nati prima del 1978, intende qualificarsi come una ribalta di verifica, confronto e dibattito del panorama artistico agli esordi. Il comitato promotore - composto dallo scrittore Giuseppe Curonici, dal gallerista Emilio Ghiggini, dallo storico dell'arte varesina Luigi Piatti e dalla critica Emma Zanella - si propone, infatti, di portare alla luce nuovi talenti, i cui lavori siano caratterizzati da originalità e buon uso della tecnica.
Libero da dettato alcuno se non quello delle misure massime delle opere (1 metro di base e 1 metro di altezza per i dipinti; 1 metro di lato per le sculture), il Premio GhigginiArte - che nelle passate edizioni ha visto affermarsi Federica Lazzati, Fiorella Limido, Marco Anzani, Luca Gastaldo e Federico Romero Bayter - si configura, pertanto, anche come un interessante momento di confronto fra tendenze e linguaggi differenti, di dialogo tra sperimentazione e tradizione.
A giudicare i lavori degli esordienti, che dovranno presentare la propria domanda di partecipazione entro mercoledì 20 febbraio 2008 alla galleria Ghiggini 1822 di Varese (via Albuzzi, 17), sarà una commissione tecnica composta da: Anna Bernardini, storico dell’arte e direttore di villa Panza; Italo Bressan, Claudio Cerritelli e Giuseppe Bonini, docenti all'Accademia di Brera; Maria Rosa Ferrari, direttrice del circolo culturale Il Triangolo di Cremona; la giornalista Licia Spagnesi e l’art director Paolo Zanzi.
I partecipanti dovranno consegnare, oltre a due foto delle opere in concorso, anche una scheda di spiegazione (dieci/quindici righe) del lavoro presentato, un breve curriculum vitae et studiorum (studi intrapresi, formazione artistica, frequentazione di studi di artisti, mostre personali e collettive), una foto ritratto ed eventuale materiale inerente la precedente attività espositiva (cataloghi, depliant, recensioni, le foto di almeno cinque opere eseguite negli ultimi anni).
Dopo una prima selezione, verrà organizzata, nel mese di marzo 2008, una mostra collettiva dei dieci finalisti. In questa occasione, ogni giurato inviterà dieci personalità dell'arte e della cultura a esprimere la propria preferenza sulle opere dell'artista considerato il più meritevole tra i partecipanti del concorso. I voti espressi (1 voto = 1 punto) sommati a quelli della giuria tecnica (1 voto = 10 punti) designeranno il vincitore del Premio GhigginiArte 2008, cui verrà organizzata una rassegna personale presso gli spazi della galleria nella stagione 2008/2009. E', inoltre, prevista per uno dei dieci finalisti la possibilità di esporre presso lo spazio Oberdan di Castelseprio.
Per maggiori informazioni è possibile collegarsi al sito Internet riservato al concorso (www.ghiggini.it) e scaricare regolamento e scheda di adesione.

Didascalie delle immagini
(fig. 1) Federico Romero Bayter, Labirintos del alma, 2007. Olio su tela, cm 200x150; (fig. 2) Federica Lazzati, Senza titolo, 2002, acrilico su tela, cm 77x222.

[Le immagini sono tratte dai cataloghi delle precedenti edizioni del Premio GhigginiArte giovani]

Informazioni utili
Premio GhigginiArte giovani 2008. Ente banditore: Galleria Ghiggini - Varese. Quota di partecipazione: nessuna. Informazioni: Ghiggini 1822, via Albuzzi 17 - 21100 Varese, tel. 0332.284025, e-mail: galleria@ghiggini.it, Sito web: www.ghiggini.it. Data di consegna: 20 febbraio 2008.

lunedì 14 gennaio 2008

Concorsi, dolci artistici per «Love difference» e Pistoletto

Perché le differenze culturali sono un valore? Perché attraverso l'arte si può contribuire a una trasformazione responsabile della società? E perché non parlare di interculturalità e politica mediterranea seduti intorno a un tavolo? Sono questi alcuni dei quesiti che ci pone la recente ricerca artistica di Michelangelo Pistoletto (Biella, 1933), esponente di spicco dell’Arte povera e anima del progetto Love difference - Movimento artistico per una politica intermediterranea, nato nel 2002 all'interno di Cittadellarte-Fondazione Pistoletto di Biella, edificio di archeologia industriale sulle sponde del torrente Cervo, oggi considerato tra i più interessanti laboratori internazionali in cui creatività e arte interagiscono con i vari ambiti del contesto sociale.
Tra questi ambiti, va ricordata anche l'enogastronomia. Nel 2005, in occasione della 51° Biennale d'arte di Venezia e del World Summit on the Information Society di Tunisi, Michelangelo Pistoletto e il suo staff idearono, infatti, un gelato al gusto di halva (pasta di sesamo molto diffusa nei Paesi arabi del Mediterraneo e nell'area balcanica), la cui ricetta viene condivisa secondo la logica del free knowledge, cioè della libera diffusione della conoscenza.
Da questa esperienza e dall'opinione diffusa che il cibo sia un ottimo passaporto per avvicinare e mettere in relazione più culture, è nata l’idea di lanciare un open call, rivolto ad artisti e chef, con l’obiettivo di «raccogliere –spiegano dalla Fondazione Pistoletto- ricette e contributi creativi per la realizzazione di nuovi dolci al fine di costituire una rete di Pasticcerie Love Difference, luoghi di incontro e di degustazione delle differenze», che avrà sede lungo tutto il bacino del Mediterraneo.
Il concorso, le cui domande di partecipazione dovranno pervenire entro le 18.30 (fuso italiano) di giovedì 17 gennaio, viene promosso in collaborazione con il Camec-Centro arte moderna e contemporanea di La Spezia, dove, da venerdì 22 a domenica 24 febbraio, andrà in scena Gelato e dolci Love Difference come passaporto culturale, vetrina per i dieci progetti più interessanti che giungeranno a Biella e che verranno selezionati da una giuria composta da Bruno Corà, Michelangelo Pistoletto e personalità del mondo della cultura e della gastronomia.
Chi fosse interessato a prendere parte all'open call deve inviare a Cittadellarte (all’indirizzo tastedifference@lovedifference.org o al recapito Love Difference c/o Fondazione Pistoletto, via Serralunga, 27 - 13900 Biella) la domanda di partecipazione, corredata dal concept del progetto (motivazione ed elementi che rendono il dolce portatore di un messaggio di dialogo interculturale), dalla ricetta (ingredienti, dosi, tempi e modalità di realizzazione) e dal curriculum vitae degli autori (uno o più).
Le proposte possono essere redatte in lingua italiana, inglese, francese, tedesca e spagnola. Love Difference mette a disposizione dei vincitori una quota per il viaggio a La Spezia (variabile in base alla provenienza degli autori) e per il soggiorno pari a 250 euro a persona.
Il bando e la documentazione allegata sono scaricabili al sito: www.lovedifference.org.

Informazioni utili
Open Call Pasticcerie Love Difference
. Ente banditore: Love Difference e Cittadellarte-Fondazione Pistoletto, in collaborazione con il Camec di La Spezia.. Quota di partecipazione: nessuna. Informazioni: Love Difference, presso Cittadellarte-Fondazione Pistoletto, via Serralunga, 27 - 13900 Biella, tel. 015.0991456 o
tastedifference@lovedifference.org. Sito web: www.lovedifference.org. Data di consegna: 17 gennaio 2008.

venerdì 11 gennaio 2008

Concorsi, un logo per il museo Flaminio Bertoni

Designer, artista, architetto, progettista, scultore e pittore: ecco i mille volti del varesino Flaminio Bertoni (1903-1964), artista noto al grande pubblico quale stylist della Citroën e disegnatore di autovetture mitiche come la Traction Avant, la 2 Cv, la Ds e la Ami 6. Alcuni di questi capolavori automobilistici compongono il percorso del museo Flaminio Bertoni, spazio espositivo voluto dalla Provincia di Varese e aperto nel maggio 2007, che allinea anche disegni, sculture, quadri, progetti d’architettura e brevetti: una ricca collezione di opere provenienti dall’atelier francese dell’artista, giunta a Varese nel 1992 e ancora poco conosciuta.
Si ravvisa in questi lavori una forte passione per la figura umana e per la natura, con un’attenzione al reale, che avvicinano l’artista al recupero del classico, rimanendo estraneo alle nuove tendenze e avanguardie che animavano in quel primo scorcio di Novecento la scena parigina. Ritroviamo, nello specifico, esposti splendidi nudi femminili, studi sulla forma del corpo umano, incisivi ritratti dedicati alla vita familiare o alla rappresentazione più ufficiale di personaggi famosi e amici, rappresentazioni di atleti e schizzi sul mondo animale.
Manca ancora qualcosa per un omaggio a tutto tondo al «papà della Due cavalli» o, per dirla alla francese, della «Déesse»? Sì, un logo «che riesca a esprimere graficamente e in forma semplice le finalità della collezione ovvero la valorizzazione dell’opera artistica e di design automobilistico di Flaminio Bertoni». Ecco perchè il museo varesino, grazie alla sponsorizzazione di Citroën Italia e alla collaborazione dell’amministrazione provinciale e del liceo artistico Frattini, ha lanciato un concorso di idee rivolto agli studenti di licei artistici, scuole d’arte, corsi professionali di grafica e design della Regione Lombardia.
I progetti, che dovranno pervenire entro il 31 marzo, saranno esaminati da una giuria composta da: Leonardo Bertoni, figlio dell’artista; Erika La Rosa, responsabile scientifico del museo Flaminio Bertoni; Claudia Colombo, assessore al Marketing territoriale della Provincia di Varese; Paolo Baretti, dirigente scolastico del liceo artistico Frattini di Varese; Claudio Benzoni, grafico e Walter Brugnotti di Citroën Italia.
Il vincitore, la cui proclamazione si avrà entro il 30 aprile 2008, si porterà a casa un premio di 500,00 euro, al secondo e al terzo classificato andranno rispettivamente 300,00 e 200,00.
Il bando e la documentazione allegata sono scaricabili dal sito: www.flaminiobertoni.it.

Didascalie delle figure
(fig. 1) Flaminio Bertoni, Studio per la 2 CV, 1960; (fig. 2) Flaminio Bretoni, Traction Avant, 1934; (fig.3) Veduta di insieme del museo Flaminio Bretoni di Varese. Foto: Metamusa arte ed eventi culturali, Gallarate (Va).

Informazioni utili
Concorso di idee per il logo del museo Flaminio Bertoni. Ente banditore: museo Flaminio Bertoni, in collaborazione con la Provincia di Varese e il liceo artistico Frattini. Quota di partecipazione: nessuna. Informazioni: Museo Flaminio Bertoni, via Valverde 2 - Varese. tel. 0332.252515 o museo@museoflaminiobertoni.it. Sito web:
www.flaminiobertoni.it. Data di consegna: 31 marzo 2008.

giovedì 10 gennaio 2008

«99 icone», design benefico a Bergamo

Dalle ballerine Porselli alla nuova Fiat 500, passando per la Moka Bialetti, le zeppe di Ferragamo, la vespa Piaggio, la bicicletta Bianchi, l’abito rosso fuoco di Valentino. E, ancora, i peluche di Trudi, i ciondoli Dodo di Pomellato, lo zainetto Prada, il bollitore Alessi e il cappello Borsalino. Sono oggetti cult del made in Italy - disegnati tra il 1778 e il 2007 da grandi firme della moda, della casa e del tempo libero - quelli che vanno in scena nella mostra itinerante 99 icone. Da segno a sogno, a cura di Enrico Baleri e Luigi Baroli, in programma a Bergamo, nelle sale della Gamec e dell’Accademia Carrara.
Obiettivo primario dell’esposizione, che farà poi tappa a Milano e a Torino, è la raccolta di fondi che andranno a finanziare Cesvi (organizzazione umanitaria indipendente fondata nel 1985 e oggi attiva in oltre trenta Paesi nel mondo) e il suo progetto a sostegno della Casa del sorriso di Rio de Janeiro, favela per bambini e ragazzi con attività di formazione, socializzazione, assistenza legale e recupero sociale attraverso le arti plastiche e figurative.
Capi di abbigliamento, accessori, arredi, lampade, gioielli, elettrodomestici, apparecchi radio e televisori, moto e automobili, bigiotteria e accessori moda esposti sono, infatti, tutti in vendita e potranno essere acquisiti in due modi: il visitatore potrà prenotare il pezzo esposto e comprarlo direttamente in mostra attraverso una donazione al Cesvi pari o superiore al prezzo di listino o ritirarlo presso i rivenditori del territorio che hanno aderito all’iniziativa, i quali devolveranno all'organizzazione umanitaria una percentuale del ricavato.
Sullo sfondo della mostra, il genio di grandi maestri della moda e del design, da Bruno Munari a Philippe Starck, da Gianfranco Ferrè a Enzo Mari, da Aldo Rossi a Valentino, da Giorgio Armani a Vico Magistretti, soltanto per citarne alcuni.
Oggetti, dunque, dall’indiscusso valore estetico quelli esposti, ma anche oggetti particolarmente emblematici, poiché, dalla loro nascita a oggi, sono presenti nel mercato internazionale e continuano a fare scuola in tutto il mondo, come testi fondamentali e senza tempo di una cultura italiana aperta all’incessante evoluzione della contemporaneità. Dalla caffettiera La conica di Alessi alla radio TS 502 di Brionvega, dalla cravatta di Marinella alle sneakers di Superga, tutti i pezzi in mostra rappresentano, infatti, «soluzioni originali – si legge nella nota di presentazione - che la creatività e l’imprenditorialità italiana hanno saputo dare a problemi reali, e non gesti gratuiti del disegno; veri e propri bestseller, entrati nell’immaginario e nell’uso collettivo non solo come sinonimi di stile, ma anche come rappresentanti per antonomasia di alcune categorie di oggetti che fanno parte del vivere quotidiano di tutti».

Didascalie delle figure
(fig. 1) Ballerine, Eugenio Porselli / Porselli, 1919; (fig. 2) Abito rosso, Valentino Garavani, Valentino /1950; Camicia bianca, Gianfranco Ferrè, Ferrè /1978; (fig. 4) Moka, Renato Bialetti, Bialetti,1933-Ph. Ballo & Ballo
[Le immagini sono state fornite da Cosmo Comunicazione, ufficio stampa della mostra 99 Icone. Da segno a sogno]

Informazioni utili
99 icone. Da segno a sogno. Gamec, via S. Tomaso, 53 e Accademia Carrara, piazza Giacomo Carrara 82 – Bergamo. Orari: 10 - 13 e 14.30 - 17.30. Chiuso lunedì. Ingresso gratuito. Catalogo: Lubrina editore, Bergamo. Informazioni: tel. 035.215881. Fino al 24 febbraio 2008. La mostra è stata prorogata fino a domenica 30 marzo 2008: tutte le opere sono ora visibili all'Accademia Carrara.

Curiosando nel Web
Cesvi