ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

martedì 19 febbraio 2013

L’arte al servizio della vita: un concorso Unesco per fotografi ed artisti

«Create un’immagine, illustrate amore, compassione e cura». È questo l’invito che lancia la seconda edizione del «Concorso di bioetica e arte», promosso dalla cattedra Unesco in Bioetica e diritti umani, istituita presso il Pontificio ateneo Regina apostolorum e l’Università europea di Roma.
Tre le categorie previste dalla competizione: artisti professionisti, fotografi e giovani (dai 13 ai 17 anni). Per realizzare la propria opera i partecipanti dovranno ispirarsi a un passaggio della Dichiarazione universale di bioetica e diritti umani dell’Unesco, nella quale si sottolinea il «rispetto per tutte le culture e le religioni» e «l’impatto delle scienze della vita per le generazioni presenti e future».
La data ultima di consegna degli elaborati per fotografi e artisti professionisti è fissata al 1° aprile 2013; mentre quella per i giovani al 1° luglio.
Le opere saranno, quindi, valutate da una commissione internazionale che, a fine settembre, eleggerà cinque finalisti per ogni categoria. Tra di essi verranno scelti i tre vincitori; tutte e quindici i lavori selezionati, oltre a ricevere un premio in denaro, saranno esposti in una mostra, che toccherà le città di New York, Honk Kong e Roma.
«Lo scopo dell’iniziativa –spiega il professor Alberto Garcia, direttore della cattedra Unesco di Bioetica e diritti umani e membro dello staff degli organizzatori – è diffondere la cultura e il rispetto della vita in ogni sua forma. La novità di quest’anno è l’apertura del bando di concorso alle giovani generazioni alle quali speriamo di trasmettere in modo durevole il senso del valore della vita. L’arte può avvicinare la società a certi temi in modo molto più efficace che convegni e generiche campagne di sensibilizzazione».

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Andrea Mariconti, «Una repubblica democratica fondata sul lavoro», tecnica mista (opera vincitrice della prima edizione del «Concorso di bioetica e arte»)

Informazioni utili
«Concorso di bioetica e arte». Data ultima di consegna: 1° aprile 2013 per artisti professionisti e fotografi, 1° luglio 2013 per giovani. Informazioni e consegna materiali: www.bioethicsart.org.
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venerdì 15 febbraio 2013

«I luoghi del cuore», un milione di voti per l’Italia

«Migliaia di luoghi, un milione di voti, un solo cuore, l’Italia»: così il Fai (Fondo per l'ambiente italiano) ha presentato, nella giornata di San Valentino, i risultati della sesta edizione del censimento «I luoghi del cuore», promosso dal Fai (Fondo per l'ambiente italiano), in collaborazione con Intesa San Paolo e sotto l’Alto patronato del Presidente della Repubblica, al fine di far conoscere e proteggere siti importanti non solo per la geografia e la storia del nostro Paese, ma anche per la memoria e la sfera emotiva dei propri abitanti.
La consultazione, lanciata lo scorso maggio e rimasta aperta fino alla fine di novembre, ha visto attestarsi al primo posto, con 53.953 segnalazioni, la Cittadella di Alessandria, costruita per volere di Vittorio Amedeo II di Savoia tra il 1726 e il 1728, e considerata, per i suoi settantaquattro ettari di superficie, uno dei più grandiosi esempi di fortificazione settecentesca in Europa. Il complesso piemontese, che durante il Risorgimento fu luogo simbolo dei moti rivoluzionari per la Costituzione (qui sventolò per la prima volta il tricolore a opera di Santorre di Santarosa) è, oggi, consumato dalla vegetazione per la proliferazione dell’ailanto, pianta infestante fortemente invasiva, che cresce sui tetti, sui bastioni, sulle rampe. Necessita, quindi, di interventi di manutenzione urgenti che possano far ritornare l’intera struttura, tra le cui mura soggiornarono, tra gli altri, l’imperatore d’Austria Giuseppe II, Giuseppe Garibaldi e Giovanni Guareschi, all’antico splendore.
Al secondo posto si è, invece, classificata la Chiesa di San Nicola a San Paolo di Civitate, in provincia di Foggia, chiusa al culto dal 1999, in seguito ai danni subiti dal susseguirsi di fenomeni tellurici che hanno interessato il territorio pugliese. Sempre in provincia di Foggia, a Mattinata sul Gargano, si trova il terzo bene classificato: l’Abbazia Benedettina della SS. Trinità di Monte Sacro. Mentre ad aggiudicarsi il quarto posto è stato il Rione Santità-Museo di Totò a Napoli, che sogna di inaugurare un percorso o un edificio museale in ricordo del principe Antonio De Curtis.
Restando in Campania, non bisogna viaggiare molto per incontrare il bene in quinta posizione: il Real Sito di Carditello a San Tammaro, in provincia di Caserta, gioiello dell’architettura settecentesca, oggi vittima dell’abbandono ed esposta ad azioni vandaliche, al punto che ignoti ne hanno portato via gradini, parti della balaustre, degli affreschi, persino delle mattonelle. Nessuna sorveglianza permette di tutelare quella che sarebbe una reggia di invidiabile bellezza, oppressa da una discarica di immondizie collocata a meno di un chilometro di distanza. Nelle prime posizioni, si trovano, poi, il Faro del Monte della Guardia a Ponza, il borgo di Finale Emilia, devastato dal terremoto, l’ottocentesca Villa Taranto di Verbania, il cui giardino è stato funestato la scorsa estate da una violenta tromba d’aria, il Colle dell’Infinito a Recanati, il Castello di Miramare e la stupenda Cattolica di Stilo, chiesa bizantina tanto importante, anche se poco conosciuta, da comparire nella filigrana del passaporto italiano.
I luoghi segnalati sono in tutto 10.451. Puglia (straordinario il risultato della provincia di Foggia che ha raccolto oltre 173.000 voti), Campania, Piemonte, Lombardia e Toscana sono state le regioni più sensibili al censimento. I votanti, di età media intorno ai 45 anni, sono stati al 52,8% donne al 47,2% uomini. La tipologia dei beni più votati è quella delle chiese, seguita da abbazie e ville. Le risposte sono arrivate da 123 Paesi: dal Canada all’Olanda, dal Malawi alla Cina, dalle Isole Cook agli Stati Uniti, a dimostrazione che i nostri beni e il nostro paesaggio che stanno negli occhi e nella memoria di tutto il mondo.
Tra i «luoghi del cuore» segnalati alla sesta edizione del censimento, si procederà, nei prossimi mesi, a un monitoraggio, in modo da poter intervenire concretamente per il salvataggio di alcuni; a giugno, in accordo con le Direzioni regionali del Ministero per i beni e le attività culturali, è previsto l’annuncio degli interventi che verranno effettuati. Il Fai (Fondo per l’ambiente italiano) promette, inoltre, di farsi portavoce delle segnalazioni ricevute da italiani e stranieri e di sollecitare, anche attraverso l’azione capillare delle sue oltre cento delegazioni provinciali, le istituzioni preposte affinché tengano in considerazione i luoghi più amati dai cittadini, sensibilizzando sindaci, soprintendenze e presidenti di regione. Nell’attesa, si può continuare a seguire il censimento sul blog «Italia del Cuore»: un’occasione, questa, per conoscere tanti luoghi, da ripristinare o da riscoprire, che compongono la geografia di un amore, sempre più forte, per il nostro patrimonio culturale.


Didascalie delle immagini 
[fig. 1] Cittadella di Alessandria, © Archivio CAST, Università del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro; [fig.2] Cattolica di Stilo, Stilo, Reggio Calabria; [fig. 3] Verbania,Villa Taranto e Giardini © Ente Giardini Botanici Villa Taranto

Informazioni utili
www.iluoghidelcuore.it 
www.italiadelcuore.it

mercoledì 13 febbraio 2013

L’arte del bottone, un viaggio tra storia e moda

«Il dettaglio è importante quanto l'essenziale. Quando è infelice distrugge tutto l'insieme». Così lo stilista francese Christian Dior, responsabile del rilancio internazionale della moda parigina nel secondo dopoguerra, sottolineava l’importanza del bottone per determinare lo stile di un abito.
A questo piccolo oggetto del nostro vivere quotidiano, che la maison Prada ha recentemente scelto come vezzoso accessorio per scarpe e borsette e che il couturier spagnolo Cristobal Balenciaga riteneva perfetto solo se più piccolo dell’occhio femminile, guarda la nuova mostra dei Musei Mazzucchelli di Ciliverghe di Mazzano, nel Bresciano. Fino al prossimo 20 aprile, le sale espositive gestite dalla Fondazione Giacomini Meo Fiorotti accolgono, infatti, la rassegna «Il bottone. Arte e moda», curata dal collezionista Franco Jacassi e promossa grazie al sostegno di Bomisa, Gritti Group, Sandra B. e Secondo Stefano Pavese.
Dalle raffinate e romantiche miniature in avorio o underglass del Settecento alle creazioni surrealiste di Elsa Schiaparelli e a quelle fantasiose di Moschino, oltre diecimila bottoni, prodotti tra il XVIII secolo e gli anni Novanta del Novecento, focalizzano l’attenzione sulla ricca collezione dello stesso Franco Jacassi, signore del vintage, che, dopo esperienze come gallerista d’arte e bibliofilo, ha aperto, in un suggestivo cortile della vecchia Milano, uno showroom di capi, tessuti e ricami d’alta moda datati tra l'Ottocento e gli anni Ottanta, ai quali si aggiungono abiti anni Venti e Trenta firmati da Vionnet e Chanel, indumenti anni Cinquanta e Sessanta targati Emilio Pucci, Christian Dior, Pierre Cardin e Balenciaga, ma anche borse d'antan di Roberta di Camerino, Gucci ed Hermès.
Tra raffinatezze e preziosità, nella mostra bresciana il bottone smette gli abiti di semplice oggetto del vivere quotidiano e diventa, come è giusto che sia, un piccolo pezzo d'arte, nonché un mezzo per leggere la storia e i mutamenti della cultura attraverso l’evoluzione della moda. Il visitatore potrà così farsi incantare dalla preziosità dei materiali e dalla ricercatezza del design di pezzi, molti dei quali mai esposti prima, come preziose lavorazioni cut steel, picture buttons vittoriani in metallo stampato, madreperle finemente cesellate, smalti francesi dell’Ottocento e del periodo Liberty. Tra le scatole e i campionari esposti, si nascondono, poi, pezzi unici di Eva Sabbatini, le storiche palline da golf dorate di Hermés, le tartarughe di Valentino, i bottoni logati di Lanvin e di Ken Scott e, per finire, quelli intrecciati con fili di seta colorata, oro e argento da Paul Poiret nei primi del Novecento. Tante piccole meraviglie in smalto, madreperla, avorio, oro e cristallo, raffiguranti fiori, animali, paesaggi e ritratti, che raccontano come un particolare possa fare la differenza.

Didascalie delle immagini 
[fig.1 ] Bottone della maison Moschino; [fig. 2] Henry Hamm, bottone in galalite del 1930; [fig. 3] Hermes, bottone in madreperla e corozo inciso a laser

Informazioni utili
«Il Bottone. Arte e moda». Musei Mazzucchelli, via Mazzucchelli, 2 - Ciliverghe di Mazzano (Brescia). Orari: lunedì-venerdì, ore 9.00-18.00; sabato e domenica 10.00-18.30. Ingresso: intero € 8,00, ridotto € 6,00; scolaresche € 3,50. Catalogo: disponibile in mostra. Informazioni: tel. 030.212421. Sito web: www.museimazzucchelli.it. Fino al 20 aprile 2013.

venerdì 8 febbraio 2013

Biennale di Venezia: quattordici artisti e un progetto di crowdfunding per il Padiglione Italia

Quattordici artisti per sette stanze, distribuiti su una superficie di circa milleottocento metri quadrati: sono questi i numeri di «vice versa», il progetto espositivo che Bartolomeo Pietromarchi ha ideato per il Padiglione Italia, promosso dal Ministero per i beni e le attività culturali, attraverso la Direzione generale per il paesaggio, le belle arti, l’architettura e l’arte contemporanee, nell’ambito della cinquantacinquesima Esposizione internazionale d’arte della Biennale di Venezia.
Dal 1° giugno al 24 novembre, alle Tese delle Vergini, all’Arsenale, sarà possibile compiere un viaggio ideale nell’arte italiana di ieri e di oggi, nel quale maestri riconosciuti, come Giulio Paolini e Luigi Ghirri, dialogheranno con artisti delle generazioni successive, da Elisabetta Benassi a Piero Golia, per raccontare la complessità e le contraddizioni del nostro Paese.
A fare da filo rosso tra le opere esposte, il 90% delle quali inedite, sarà il tema del doppio, uno degli aspetti più profondamente caratterizzanti l’arte contemporanea italiana come provano le ricerche di Alighiero Boetti, Giulio Paolini, Michelangelo Pistoletto, Luigi Ontani e Gino De Dominicis, basate su figure dicotomiche quali ordine e disordine, immagine e riflesso, visibile e invisibile, realtà e finzione, originale e copia.
«Vice versa» racconterà, dunque, la natura antitetica della nostra arte contemporanea, trovando spunto ideativo nel volume «Categorie italiane. Studi di poetica» (1996) del filosofo Giorgio Agamben, nel quale si sostiene che per interpretare la cultura italiana sia necessario individuare «una serie di concetti polarmente coniugati», capaci di descriverne le caratteristiche di fondo.
Installazioni, sculture, dipinti, performance, interventi sonori e ambientali, all’interno e all’esterno del Padiglione Italia (la rassegna occuperà anche i mille metri quadrati del giardino che circonda le Tese delle Vergini), porteranno, dunque, il pubblico a riflettere su binomi quali tragedia e commedia o suono e silenzio. Ecco così che il paesaggio, tra visione e memoria, sarà al centro del dialogo tra Luigi Ghirri (1943-1992) e Luca Vitone (1964). Il rapporto sofferto e contraddittorio con la storia, declinato tra dimensione personale e collettiva, si manifesterà nei lavori di Fabio Mauri (1926-2009) e Francesco Arena (1978). Il gioco dialettico tra tragedia e commedia metterà, invece, in relazione Piero Golia (1974) e Sislej Xhafa (1970). Mentre Marcello Maloberti (1966) e Flavio Favelli (1967) si occuperanno degli sconfinamenti tra autobiografia e immaginario collettivo, attraverso riferimenti alla cultura e alle tradizioni popolari. E ancora, l’arte come illusione e sguardo prospettico vedrà confrontarsi Giulio Paolini (1940) e Marco Tirelli (1956); la contrapposizione tra suono e silenzio, tra libertà di parola e censura, sarà affrontata da Massimo Bartolini (1962) e Francesca Grilli (1978). A Gianfranco Baruchello (1924) ed Elisabetta Benassi (1966) toccherà, infine, raccontare -spiega Bartolomeo Pietromarchi- «la tensione tra frammento e sistema, in cui l’umana ambizione ad archiviare e a classificare si scontra con l’impossibilità e il fallimento».
L’ideazione e l’elaborazione delle opere esposte sarà documentata da un catalogo bilingue, in italiano e in inglese, a cura di Mousse Agency, agenzia che si occuperà anche dell’immagine coordinata della mostra, dal logo alla campagna di comunicazione, dagli inviti alla pannellistica.
Ma a quattro mesi dall’apertura della Biennale, e in tempi di crisi economica (è di solo seicento mila euro il finanziamento pubblico), a far parlare la stampa, in questi giorni, è soprattutto la scelta di Bartolomeo Pietromarchi di puntare sul crowdfunding per sostenere la mostra «vice versa» e tutte le iniziative correlate, dalla produzione degli artisti a un grande convegno sullo stato della cultura italiana. La raccolta fondi, che inizierà martedì 12 febbraio e che avrà la durata di novanta giorni, prevede eventi a Roma, Milano, Londra e New York, per poi proseguire sul web, sul sito ufficiale del padiglione. L’obiettivo è di raccogliere cinquantamila euro attraverso un finanziamento privato basato sul contributo diffuso, anche di piccola entità, simbolico. Un’idea, questa, figlia dei tempi come documentano le iniziative «Tous Mécènes» del Louvre di Parigi e, per restare nel nostro Paese, «Acquista con noi un pezzo di storia» del torinese Palazzo Madama.

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Ritratto di Bartolomeo Pietromarchi, curatore del Padiglione Italia alla 55. Esposizione internazionale d'arte della Biennale di Venezia; [fig. 2] Ritratto di Giulio Paolini, uno degli artisti del Padiglione Italia alla 55. Esposizione internazionale d'arte della Biennale di Venezia;  [fig. 3] Ritratto di Fabio Mauri, uno degli artisti del Padiglione Italia alla 55. Esposizione internazionale d'arte della Biennale di Venezia.

Informazioni utili
«vice versa» . Padiglione Italia alla 55. Esposizione internazionale d'arte della Biennale di Venezia. Curatore: Bartolomeo Pietromarchi. Commissario: Maddalena Ragni. Arsenale – Tese delle Vergini, Calle della Tana, 2169/S - Venezia. Sito web: www.viceversa2013.org. Dal 1° giugno al 24 novembre 2013. Inaugurazione: giovedì 30 maggio 2013, ore 11.30. 

giovedì 7 febbraio 2013

Torino, Palazzo Madama punta sul crowdfunding per riportare a casa il servizio da tè di Massimo d’Azeglio

«Acquista con noi un pezzo di storia»: Palazzo Madama chiama a raccolta la cittadinanza di Torino e lancia una sottoscrizione pubblica per acquistare un importante servizio di porcellana di Meissen, appartenuto alla famiglia Taparelli d'Azeglio. Sul modello di alcuni dei più rinomati musei internazionali, dalla National Gallery di Londra al Louvre di Parigi, l’istituzione museale piemontese punta, dunque, per la prima volta nella sua storia, e con il sostegno della Consulta per la valorizzazione dei beni artistici e culturali di Torino, sul crowdfunding (da crowd, folla e funding, finanziamento) per arricchire la propria collezione.
La cifra da raccogliere entro la fine di marzo, necessaria per acquisire il prezioso servizio di porcellana di Meissen della famiglia Tapparelli d’Azeglio ed evitare così che questo venga battuto all’asta il prossimo maggio dalla londinese Bonhams, è pari a 66.000 sterline (80mila euro circa). Le donazioni dei cittadini e dei turisti in occasione della mostra natalizia su Pisanello, oltre alla grande generosità di Franco Coppo, che ha lasciato a Palazzo Madama parte dei suoi beni in eredità, hanno già permesso di raccogliere il 40% dei fondi necessari. Mancano ancora circa 50mila euro. La palla passa, dunque, in mano ai torinesi e non solo, che possono diventare mecenati e autori di questo progetto di restauro della memoria facendo una donazione nelle urne disponibili in museo, sul sito www.palazzomadamatorino/crowdfunding o attraverso bonifico bancario (CC Fondazione Torino Musei, Banca Unicredit, filiale via Garibaldi, 14 – Torino; codice IBAN IT27F0200801152000008716483).
La storia del servizio di porcellana appartenuto famiglia Tapparelli d’Azeglio, realizzato nel 1730 e composto da una quarantina di elementi che si sono conservati integralmente fino ad oggi, ha il sapore della favola.
E’ il primo decennio del Settecento quando a Dresda, alla corte di Augusto II il Forte, re di Polonia ed elettore di Sassonia, nasce, grazie al genio del chimico Johann Friederich Bottger, la prima porcellana di Meissen. L’«oro bianco» diventa il dono diplomatico per eccellenza: costoso, raffinato, prestigioso. Gli uomini della corte e gli ambasciatori stranieri fanno a gara per ricevere un servizio da caffè, vettovaglie varie o anche una semplice statuina. Nel museo di Palazzo Madama si conservano, per esempio, alcuni preziosi esemplari, frammenti di più grandi servizi dispersi in vari musei del mondo: una tazzina con piattino dipinti da Johann Gregorius Hoerold, con stemma e cifre di Vittorio Amedeo II di Savoia; un piatto con l'arme del marchese d'Ormea, Carlo Francesco Ferrero, ministro di Carlo Emanuele III di Savoia; un piatto dello straordinario servizio creato per l'imperatrice Elisabetta di Russia.
Al culmine del successo personale, Pietro Roberto Taparelli, conte di Lagnasco 1659-1732), generale di cavalleria, cavaliere dell'Aquila bianca, ambasciatore all'Aia, a Roma e a Vienna, fidato ministro nella corte sassone, riceve dal re (o ottiene di far produrre a Meissen) uno specialissimo servizio da tè e da cioccolata. Il decoro è semplice ma potente: un bordo con i colori araldici blu, rosso e oro (unico per Meissen), fiori in stile kakiemon, sparsi a piccoli mazzi o singoli e, su tutto, dominante, lo stemma dei Taparelli (partito, controfasciato d'argento e di rosso).
Alla morte di Pietro Roberto, avvenuta in Slesia, il servizio passa nelle mani del nipote Carlo Francesco, ecclesiastico, anch'egli ministro plenipotenziario per il re sassone presso il papa a Roma. Nel palazzo in piazza San Carlo ai Catinari, un antico inventario rivela che le porcellane sono custodite in una credenza del guardaroba (43 pezzi, non uno in più di oggi). Nel 1779, alla sua morte, Carlo Francesco lascia in eredità al nipote Carlo Roberto i quadri di famiglia e le porcellane sassoni con lo stemma dei Taparelli. Le casse partono per Torino, e le porcellane vengono sistemante nel palazzo di famiglia in contrada d'Angennes (ora sede della Fondazione Einaudi), nella celebre «camera gialla», quella della marchesa madre, dove nascerà, anni dopo,
Massimo d'Azeglio.
Nell'aprile del 1843, Massimo, su consiglio della cognata Costanza Alfieri di Sostegno, ritrae una delle tazzine da cioccolata in un suo delizioso quadretto di fiori, ora conservato alla Galleria d’arte moderna di Torino. Dentro la tazzina, un tulipano, che suggerisce il nome dell'ultimo protagonista di questa storia: Emanuele d'Azeglio. Il fiore era, infatti, nato da un bulbo che dall'Olanda egli aveva spedito alla madre. Emanuele è diplomatico del Regno di Sardegna, poi ministro plenipotenziario del Regno d'Italia a Londra, è un collezionista, un amatore d'arte, e ha la passione per la storia. Ricostruisce negli anni le vicende della famiglia Taparelli e riconduce le porcellane all'avo divenuto sassone d'elezione. Il suo destino si incrocia e si sovrappone a quello del museo civico torinese, di cui diventa direttore negli ultimi dieci anni della sua vita e a cui dona le sue straordinarie raccolte di ceramiche e di vetri dipinti e dorati. Non donerà al museo le porcellane con l'arme dei Taparelli, che lascerà all'erede designato, Salvatore di Villamarina, ma l'idea di mantenere in seno alla famiglia quei cimeli si rivelerà perdente, perché il patrimonio sarà in realtà dismesso.
Il filo che lega i Taparelli d'Azeglio e Torino al servizio si spezza nel 1903 quando il marchese di Villamarina lo mette in vendita. Da quel momento se ne perdono le tracce. Del servizio di Maissen appartenuto alla famiglia Taparelli d'Azeglio, oggi nella collezione di Said e Roswitha Marouf, si torna a parlare recentemente, nel 2003. Nel frattempo, Palazzo Madama svela l’errata attribuzione dello stemma che, a partire dalla scritta sulla custodia di reimpiego, aveva assegnato il prezioso servizio alla famiglia ligure degli Spinola e non ai Taparelli.
Consapevole dell’importanza di questo servizio come testimone di un passato glorioso e illustre, il museo torinese si impegna, ora, nella difficile impresa di acquistarlo e di riportarlo nella città che ha visto la famiglia d'Azeglio farsi protagonista dell'età risorgimentale. Un gesto, questo, che impegna ciascuno di noi nei confronti della storia.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] [fig. 1] Servizio con armi Taparelli, Meissen, 1730 circa. © Christie's Images Limited; [fig. 2] Teiera del servizio Taparelli, 1730 circa. © Christie's Images Limited; [fig. 3] Servizio Taparelli, particolare del beccuccio della caffettiera, 1730 circa. © Bonhams; [fig. 4] Massimo d'Azeglio, Natura morta con fiori e oggetti (fiori e vasetto), 1843 ca. Torino, Galleria civica d’arte moderna e contemporanea.

Informazioni utili
«Acquista con noi un pezzo di storia». Campagna crowdfunding di Palazzo Madama, Torino. Informazioni: www.palazzomadamatorino.it/crowdfunding/index.html