ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

lunedì 22 aprile 2013

«Ricreazioni», a Mirandola l’arte racconta il terremoto

L’immagine del Duomo di Mirandola, profondamente ferito dalle due scosse telluriche che lo scorso maggio hanno portato la devastazione e la morte in Emilia Romagna, ha fatto il giro del mondo. Ma l’elenco dei beni architettonici e storico-artistici della cittadina del Modenese, fiore all’occhiello del settore biomedicale italiano, che hanno subito gravi danni non si limita al solo complesso religioso quattrocentesco, al cui interno erano conservate opere di Paolo Bonelli e Sante Peranda, ma comprende anche il Palazzo comunale, il Teatro nuovo, il Castello dei Pico, varie chiese ed edifici scolastici, tra le quali l’Istituto di istruzione superiore «Giuseppe Luosi». E sono proprio gli alunni di questa scuola alcuni dei protagonisti del progetto artistico e didattico «Ricreazioni. Artisti per Mirandola» , realizzato dall’associazione culturale «Abaco», grazie al supporto della Fondazione Cassa di Risparmio di Mirandola e alla collaborazione dell’Amministrazione comunale.
Fino a domenica 16 giugno, il centro storico della cittadina rivivrà grazie alle installazioni di quattro artisti emiliani inviati da Elisabetta Modena e Valentina Rossi a interrogarsi sul tema della casa e del suo significato, dopo che il terremoto della scorsa primavera ha ferito, non solo edifici ed infrastrutture, ma anche le più profonde sicurezza di chi abita questo angolo d’Italia.
«La prima scossa, quella delle 4 del mattino di domenica 20 maggio 2012, ha colto tutti nel sonno e ha sconvolto per sempre l’idea di pace e inviolabilità dello spazio più intimo. La quotidianità e la comune riconoscibilità della differenza tra territorio privato e pubblico -raccontano le due curatrici- sono state messe in discussione nei mesi immediatamente successivi a favore di una condivisione o promiscuità che ha destabilizzato le comunità che abitano questi luoghi. Molti emiliani sono oggi abituati a ragionare ad un prima e un dopo: il terremoto ha cambiato tutto, anche la concreta dimensione di ricordi, valori, immagini, profumi, colori e riti connessi alla dimensione della casa, ormai spezzati da una ricostruzione che prevede inevitabilmente tempi lunghi».
Da queste considerazioni è nato il progetto «Ricreazioni», accompagnato da un articolato programma didattico dedicato ai bambini delle scuole primarie e secondarie di primo livello, curato da Giulia Marchetti e Chiara Baldassarri, il cui intento è di rimandare all’idea di creazione artistica e, contemporaneamente, a quella di ri-costruzione di un territorio, ma anche di una comunità e di una identità fortemente incrinate dal terremoto.
E’ stato così ideato un percorso di memoria e di speranza che vede in piazza della Costituente l’intervento di Davide Bertocchi, dal titolo «Volare» (2013): un insieme di cassette con quarantacinque giri posizionati davanti al foro di ingresso, omaggio alla celebre canzone «Nel blu dipinto di blu» di Domenico Modugno.
In via Roma (alle spalle del Duomo), il visitatore troverà, invece, la scritta «Campioni del mondo», disegnata da Flavio Fanelli in nero su sfondo giallo, prendendo spunto dal titolo della «Gazzetta dello Sport» del 12 luglio 1982, quella del giorno dopo la vittoria italiana ai Mondiali di Spagna. Mentre Chiara Pergolaha portato in piazza Garibaldi la sua «Girandola», lettere da calpestare alla ricerca di parole nuove per il futuro.
Altra reinterpretazione dello spazio pubblico, in vista della rinascita del centro storico, è quella di Claudia Losi che, con la sua installazione «Quando il suono delle campane scorreva tra le vie», medita sul fatto che il terremoto abbia distrutto anche tanti campanili. Su festoni colorati, agganciati a dei sonagli, sono state riportate le risposte dei mirandolesi alla domanda «Che cosa avete perso e che cosa avete trovato con il terremoto?» e quando soffia il vento sembra di risentire suonare la campane del vicino convento di San Francesco. Il progetto «Ricreazioni» coinvolge anche i container, dove oggi ha sede l’Istituto di istruzione superiore «Giuseppe Luosi». Qui, nei mesi scorsi, gli artisti Stefano Arienti, Cuoghi Corsello, Emilio Fantin, Eva Marisaldi e Il Prufesur, con gli allievi della scuola e sotto la supervisione di Anteo Radovan, hanno dato colore al grigio dei prefabbricati. I loro interventi, come quelli attuati nel centro storico, saranno pubblicati in un catalogo-libro d’artista, stampato da Fortino Editions in edizione limitata: una nuova guida della città di Mirandola su cui gli artisti interverranno con progetti, bozzetti e rielaborazioni creative, perché il futuro di una città può passare anche dall’arte.

Didascalie delle immagini

[Fig. 1] Claudia Losi, «Quando il suono delle campane scorreva tra le vie», 2013. Fettucce di cotone, sonagli, inchiostro indelebile; [fig. 2] Flavio Fanelli, «1982. Campioni del mondo», 2013 [fig. 3] Chiara Pergola, progetto per «Girandola», 2013 ; [fig. 4 e 5] Davide Bertocchi, «Volare», 2013. Modello dell’installazione 

 Informazioni utili
«Ricreazioni. Artisti per Mirandola». Centro storico e Istituto di istruzione superiore «Giuseppe Luosi» (container di via 29 maggio) – Mirandola (Modena). Catalogo: «Ricreazioni. Nuova guida per Mirandola», Fortino Editions 2013. Fino a domenica 16 giugno 2013

venerdì 19 aprile 2013

L’isola Bella ritrova i grandi arazzi del cardinale Mazzarino

L’isola Bella, gioiello paesaggistico del lago Maggiore, ritrova i grandi arazzi fiamminghi del cardinale Mazzarino. Dopo due anni di intervento conservativo, affidato ai tecnici della Royal Manufacturers De Wit di Mechelen in Belgio, i delicatissimi tessuti rinascimentali, considerati tra i più belli di quell’epoca in tutta Europa, ritornano ad ornare Palazzo Borromeo.
Eseguiti, con ogni probabilità, intorno al 1565 a Bruxelles nella bottega di Pieter Coecke, sulla base di cartoni elaborati da Michael Coxie (1499-1592) per le figure e da Wiliem Tons (o Tonis, Thonis, Thoens) per i paesaggi e gli animali, queste opere entrarono a far parte della collezione Borromeo nel 1787, quale dono del cardinale Vitaliano VII al nipote Gilberto V. La provenienza anteriore non è sicura, ma secondo un'ipotesi molto verosimile gli arazzi possono aver fatto parte della collezione del cardinale Mazzarino, nel cui inventario, datato 1661, compare una serie di «panni» identica a quella oggi esposta all’isola Bella per formato, soggetti e temi delle bordure. Il potente ministro di Luigi XIII avrebbe acquistato questi arazzi nel 1654 dalla famiglia de Guise ed è probabile che sia stato il il cardinale Charles de Guise (1525-1574) ad ordinarne l'esecuzione. Un personaggio di spicco quale fu il prelato francese, con un ruolo eminente tanto sul piano politico quanto su quello religioso (fu protagonista della lotta contro i protestanti francesi e della fase finale del Concilio di Trento), può spiegare in parte non solo l'eccezionale qualità artistica della serie, ma anche la scelta dei soggetti che, sotto il velo dell'allegoria, illustrano il tema del «peccato» e quello della «redenzione», resa possibile dalla grazia e dalla provvidenza divina. L'uomo e la sua opera sono assenti dalle immagini, ma i titoli rimandano continuamente alla morale cristiana e al tema della colpa e a quello del riscatto; il male assume in questa serie l'aspetto di animali selvaggi o mitici come il liocorno, secondo una chiave di interpretazione simbolica suggerita da fonti antiche e cristiane.
I panni, restaurati grazie al finanziamento dei principi Borromeo, hanno altezze simili (412 centimetri) ma larghezze diverse (da 502 a 650 centimetri) e appartengono tutti al medesimo insieme come dimostrano, oltre ai dati dello stile, il disegno delle bordure identico in ognuno dei pezzi (ad eccezione dei cartigli con i testi e dei medaglioni che variano in ogni esemplare) e la coerenza della tecnica di esecuzione: una trama di lana e seta con fili d'oro e d'argento con una densità dell'ordito di nove fili per centimetro, e una gamma cromatica di grande varietà, con toni sfumati ed effetti pittorici di grande raffinatezza.
Tutti gli elementi della serie hanno bordure identiche. Esse includono, tra il fogliame e la vegetazione, dieci gruppi di figure rivolte verso il centro, che rappresentano personaggi mitologici contraddistinti da un rapporto significativo con un animale, il cui nome evoca quello di una costellazione. Si vedono, tra gli altri, Ercole e il leone, Diana e il cane, Promoteo e l'aquila, Annuite e il delfino, Romolo e Remo con la lupa, Europa e il toro, Leda e il cigno, Igea incoronata con il serpente. All'interno di questo sistema decorativo comune che costituisce una sorta di cosmografia illustrata, ogni panno include tre medaglioni circolati e un grande cartiglio con testi e soggetti in rapporto alla figurazione principale.
Non c’è animale, vegetale o motto che non risponda a precisi dettami e significati religiosi. Le opere rappresentano, infatti, delle scene che hanno un aspetto apparente, cui sottende una lettura per codici e conoscenze, lettura finalizzata a trasmette precisi messaggi che potremmo definire come catechistici, nel senso che si rifanno a precisi insegnamenti biblici.
«Siate prudenti come i serpenti e semplici come le colombe» (Matteo, 10, 16), «Osserva la formica, pigro, prendi esempio dal suo comportamento» (Proverbi, 6, 6), « Salvami dalle fauci del leone e dal corno del liocorno, difendi la mia fragile esistenza» (Salmi, 22, 22) o «Lo struzzo abbandona in terra le sue uova e le lascia scaldare nella polvere; dimentica che un piede le può calpestare, un animale selvatico le può schiacciare »(Giobbe, 39, 14-15): sono alcune delle espressioni bibliche che si leggono nei cartigli dei sei arazzi esposti (ne manca uno all’appello), tradotte in seta, oro e argento da un laboratorio tra i migliori del Continente, a esplicitare i dettami di un Concilio, quello di Trento chiuso nel 1563, che diede all’arte la funzione di trasmettere i dettami di una religione che impregnava la società.

Informazioni utili 
Palazzo Borromeo – Galleria degli Arazzi, Isola Bella – Lago Maggiore (Verbania). Orari di ingresso: ore 9.00-17.30. Ingresso: Palazzo + giardino – intero € 13,00, ragazzi € 5,50, gruppi adulti € 9,50, gruppi ragazzi € 5,00; Isola Bella + Isola Madre – intero € 18,00, ragazzi € 8,00, gruppi adulti € 14,00, gruppi ragazzi € 7,50; Isola Bella + Isola Madre + Rocca d’Angera, intero € 21,50, ragazzi € 11,00, gruppi adulti € 16,50, gruppi ragazzi € 9,50. Informazioni: tel.0323.30556, info@borromeoturismo.it. Sito web: www.isoleborromee.it. Da sabato 16 marzo a domenica 20 ottobre 2013.

mercoledì 17 aprile 2013

Dalle maioliche di Nicola da Urbino alle tele di Vittore Carpaccio: ecco la «Wunderkammer» del museo Correr di Venezia

Maioliche, cammei e gemme preziose di epoca rinascimentale, smalti romanico-gotici di Limoges, oreficerie provenienti da Costantinopoli, manufatti veneziani in avorio e cristallo, ma anche lussuosi metalli ageminati islamici, arazzi delle Fiandre, preziosi codici miniati e capolavori inediti, recentemente attribuiti a Vittore Carpaccio e Lorenzo Lotto: sono oltre trecento le opere delle ricchissime collezioni civiche veneziane inserite nel nuovo percorso espositivo del Museo Correr di Venezia, curato da Andrea Bellieni. Di queste, ben duecentosessanta escono direttamente dai depositi, esposte e portate all’attenzione e al godimento del pubblico quasi tutte per la prima volta, dopo un secolo di «nascondimento museale», così da svelare ai visitatori anche i risultati della silenziosa e continua opera di catalogazione, studio e restauro delle raccolte condotta dai suoi conservatori e responsabili, in sinergia con le Soprintendenze, ma anche da studiosi internazionali.

A cominciare dal ritratto di colui che diede vita alle raccolte civiche veneziane, quel Teodoro Correr che riempì di opere e documenti il suo palazzetto a San Zandegolà, si dipana una sorta di «collezione delle meraviglie», che mostra il volto della Venezia settecentesca quale città cosmopolita, crocevia di popoli, culture e religioni che potevano dialogare e confrontarsi, straordinario ponte tra Oriente e Occidente.
Tra le tantissime curiosità, in una sala interamente dedicata a oggetti d’arte sacra troviamo, oltre a uno straordinario dente di narvalo figurato, due dei quattro arazzi provenienti da Santa Maria degli Angeli a Murano, probabilmente realizzati ad Arras agli inizi del Cinquecento su commissione veneziana come dimostrerebbero i tanti stemmi patrizi. Nella stessa sala, sono esposti anche una «Madonna con il Bambino in trono e Angeli», che vide probabilmente l’intervento di Gentile da Fabriano, e un grande leggio metallico, prodotto nelle Fiandre per un monastero dell’Egeo e salvato dalla distruzione mussulmana da Francesco Morosini, che lo condusse in patria affidandolo al convento domenicano dei Santi Giovanni e Paolo.
I gusti e le mode veneziane, alimentate dai racconti e dalle merci preziose di mondi lontani, rivivono nelle case dei mercanti e in oggetti singolari, come i brucia-profumi islamici a forma di sfera rotolabile sui tappeti, gli scacchi scandinavi, gli avori gotici francesi o della bottega veneziana trequattrocentesca degli Embriachi, superbi e raffinati per gli intagli.
La mostra al Correr pone, poi, l’accento su dipinti finora trascurati, il cui studio e lavoro di restauro ha riservato verifiche interessanti e scoperte clamorose. Tra questi lavori sono esposti, per la prima volta, un piccolo e inedito «Dio padre» di Lorenzo Lotto, uno struggente disegno con Sant’Anna del Dürer, uno straordinario quanto problematico «Ritratto di Ferrante d’Avalos» (dipinto secondo la tradizione addirittura a Leonardo) e, soprattutto, tre recenti attribuzioni a Vittore Carpaccio, opere fondamentali per chiarire la sua fase giovanile e i suoi riferimenti pittorici: una «Madonna con il Bambino» (1487 ca.), una «Pietà» (1487-’90 ca.) di straordinaria intensità emotiva e poetica e l’eccezionale «Ritratto del doge Leonardo Loredan» (1505 ca.).
Ci sono poi, nel percorso di questa sorprendente wunderkammer, dipinti su tavola di provenienza nordica, come il pregevole «Salvator Mundi» assegnato a Quentin Metsys e bottega (1495 ca.) o la tavola con scene della passione di Cristo su verso e recto, riconducibile a un pittore renano dell’ambiente di Martin Schongauer, o quadri singolari ancora da approfondire, quali il «Ritratto di Marco Pasqualigo», realizzato da Domenico Tintoretto. Non mancano rarità come il bracciale porta-sali fatto con semi d’albicocca o un cammeo del II secolo a.C., raffigurante una civetta e altri animali, adattato a fermaglio di bracciale e spilla, che si dice sia appartenuto a Maria Antonietta di Francia.
I magistrali metalli realizzati da Orazio Fortezza, le posate in cristallo di rocca e argento, lo spettacolare «Stipo Venier» di provenienza tedesca, realizzato nella prima metà del XVII secolo, si affiancano in mostra a nuclei espositivi d’eccezionale importanza e valore artistico come il Servizio Correr, realizzato intorno al 1520 da Nicola da Urbino, capolavoro della maiolica rinascimentale tra i più noti e importanti in assoluto. Notevole anche la selezione di bronzetti e placchette, che mostra opere delle officine di Padova e Venezia dalla seconda metà del Quattrocento al primo Seicento, con i grandi nomi della produzione bronzistica e le loro botteghe: Andrea Briosco detto il Riccio, Savero Calzetta da Ravenna, Alessandro Vittoria, Girolamo Campagna, Tiziano Aspetti. Tra le medaglie spiccano noti esemplari di rara qualità dovuti a Pisanello, Matteo de’ Pasti e Gentile Bellini.
Prima di lasciare le sale, lo sguardo corre su alcune immagini della città: l’«Arrivo a Venezia di Ercole I d’Este duca di Ferrara, 1487», attribuito a Lazzaro Bastiani, la grande xilografia di Tiziano Vecellio che rievoca la sommersione del Faraone nelle acque di un Mar Rosso dalla chiara dimensione lagunare, e quella che è forse la più nota veduta prospettica a volo d’uccello di Venezia, «Venetie MD», l’opera di Jacopo de Barbari degli inizi del XVI secolo, composta da sei fogli di carta giuntati, esposta in questa occasione accanto alle corrispondenti matrici su tavole in legno di pero, straordinariamente acquisite e conservate proprio da Teodoro Correr.

Per saperne di più
Un Carpaccio inedito nel nuovo numero del Bollettino dei Musei civici veneziani
Venezia, restaurati gli appartamenti della principessa Sissi 

Didascalie delle immagini
[Figg. 1 e 2] Veduta dell’allestimento del percorso espositivo «Wunderkammer. Studi, scoperte, restauri per il ‘Grande Correr’»; [fig. 3] Vittore Carpaccio, «Madonna con il Bambino», 1487 ca.. Venezia, Museo Correr;  [fig. 4] Lorento Lotto, «Dio Padre», 1527 ca.. Venezia, Museo Correr; [fig. 5] Nicola da Urbino, «Servizio Correr» – «Orfeo incanta gli animali suonando», 1520 ca.. Venezia, Museo Correr

Informazioni utili
Wunderkammer. Studi, scoperte, restauri per il ‘Grande Correr’. Museo Correr, piazza San Marco – Venezia. Orari: dal 1° aprile al 31 ottobre, ore 10.00 - 19.00 (biglietteria, ore 10.00 - 18.00); dal 1° novembre al 31 marzo, ore 10.00 -17.00 (biglietteria, ore 10.00 -16.00). Biglietto (valido per Palazzo ducale, Museo Correr, Museo archeologico nazionale e Sale monumentali della Biblioteca nazionale marciana): intero € 16,00, ridotto (ragazzi da 6 a 14 anni, studenti dai 15 ai 25 anni; accompagnatori di gruppi di ragazzi o studenti, cittadini ultrasessantacinquenni; personale del Ministero per i beni e le attività culturali, titolari di Carta Rolling Venice, soci Fai) € 8,00; gratuito per residenti e nati nel Comune di Venezia e membri Icom, bambini da 0 a 5 anni, portatori di handicap con accompagnatore, guide autorizzate; interpreti turistici che accompagnino gruppi (una gratuità ogni quindici biglietti previa prenotazione), possessori Muve Friend Card; Offerta scuole € 5,50 a persona  (valida nel periodo 1° settembre – 15 marzo). Informazioni: call center 848082000 (dall’Italia) o  +39.(0)4142730892 (dall’estero); info@fmcvenezia.it. Sito web: correr.visitmuve.it. Da mercoledì 17 aprile 2013. 

martedì 16 aprile 2013

«I Vangeli nelle chiese di Lombardia», un progetto tra arte, turismo e teatro

La difesa del più debole, la ricerca della pace, la cura della propria dimensione interiore: è l’insegnamento etico che Gesù Cristo lascia ai suoi discepoli e alla folla nel discorso delle Beatitudini, vera a propria «Magna Charta del cristianesimo», a chiudere lo spettacolo «Gesù, il ritorno», una riflessione sull’attualità del messaggio evangelico, su ciò che le parole dei santi Marco, Matteo, Luca e Giovanni hanno ancora da dire all’uomo di oggi.
 La rappresentazione, che debutterà nel pomeriggio di domenica 21 aprile a Gallarate, è il cuore pulsante del progetto itinerante «I Vangeli nelle chiese di Lombardia», promosso dall’associazione culturale «Educarte», con il patrocinio e il contributo economico della Fondazione Lambriana per attività religiose e caritative di Milano, in occasione dell’Anno della fede.
 L’iniziativa, nata da un’idea della regista bustese Delia Cajelli, intende rivisitare pagine significative dei quattro evangelisti attraverso l’uso del linguaggio teatrale e, contemporaneamente, si propone di valorizzare importanti testimonianze storico-artistiche e architettoniche della regione Lombardia, edifici che possano ospitare al proprio interno uno spettacolo teatrale e che vengano considerati mete per una gita fuori porta. Grazie alla disponibilità di monsignor Ivano Valagussa, prevosto della Comunità pastorale di San Cristoforo in Gallarate, il progetto debutterà nel pomeriggio di domenica 21 aprile, alle ore 16.30, presso la chiesa di San Pietro, gioiello di arte lombarda in stile romanico, con elementi gotici, dichiarato monumento nazionale nel 1844, al cui interno sono conservati un altare barocco in marmi policromi del secolo XVII, un capitello corinzio del III-IV secolo, adattato ad acquasantiera, e una raffigurazione a finto mosaico del Buon Pastore, databile agli inizio Novecento.
 In questi spazi, la cui costruzione è ad opera di maestri comacini, gli attori del teatro Sociale di Busto Arsizio (Ambra Greta Cajelli, Gerry Franceschini, Mario Piciollo e Anita Romano), insieme con una decina di allievi del progetto Officina della creatività» di «Educarte», faranno ‘incontrare’ al pubblico personaggi evangelici quali Giovanni Battista, Nicodemo, Maria Maddalena, la samaritana al pozzo, Lazzaro e il cieco nato, figure la cui vita è stata cambiata profondamente dall’incontro con Gesù Cristo e che testimoniano all’uomo di ieri e di oggi l’immensità della misericordia di Dio.
 Lo spettacolo, su testo e per la regia di Delia Cajelli, proporrà anche una riflessione su alcuni passi dell’«Apocalisse», l’ultimo libro della Bibbia con il racconto del giudizio finale e della Gerusalemme celeste, oltre a un focus sulla figura di san Francesco e sull’attualità del suo messaggio di pace, povertà e amore per il Creato, che prevede la drammatizzazione di alcune pagine del canto XI del «Paradiso» di Dante Alighieri e del «Cantico delle creature», del quale verranno proposti anche un intervento coreografico a firma di Elisa Vai e uno musicale a cura di Anita Romano.
 «Lo spettacolo -spiega Delia Cajelli- sarà recitato in mezzo al pubblico e gli attori saranno vestiti in abiti dei nostri tempi, a testimoniare come i valori evangelici siano portatori di una luce e di una speranza capace di orientare il cammino degli uomini di tutti i tempi. La parte di Gesù è stata affidata ad un extracomunitario, perché se Cristo nascesse oggi sarebbe uno straniero, schierato dalla parte dei più poveri e dei più deboli». Nel ruolo del Messia si cimenterà così Leonardo Gallina, giovane allievo argentino del corso «Chi è di scena? Il pubblico», originario di Buenos Aires, dove ha vissuto parte della sua infanzia e adolescenza.
 A fare da colonna sonora allo spettacolo, per la quale l’associazione culturale «Educarte» si è avvalsa della competente consulenza musicale di don Alessandro Casiraghi (già parroco dei Santi Magi di Legnano e oggi residente alla Casa del clero «Domus Mater» - ex Villa Aldè di Lecco), saranno musiche per organo di Johann Sebastian Bach, composizioni del gesuita e musicista barocco Domenico Zipoli, oltre a brani di Angelo Branduardi tratti dall’album «L’infinitamente piccolo», dedicato alla figura di San Francesco.
Luci e fonica vedranno all’opera Maurizio «Billo» Aspes. Complessivamente saranno sei le repliche della sacra rappresentazione «Gesù, il ritorno» in programma sull’intero territorio regionale, tre delle quali si terranno nel Varesotto (le altre saranno allestite in edifici sacri, ubicati nelle province di Bergamo, Lecco e Milano).
Dopo il debutto gallaratese, lo spettacolo farà tappa nella serata di venerdì 17 maggio, alle ore 20.30, a Lonate Pozzolo, negli spazi del monastero di san Michele (ingresso da via Cavour), complesso religioso fondato nel Quattrocento e ampliato durante il secolo successivo per volontà di san Carlo Borromeo, oggi di proprietà del Comune che lo ha trasformato in spazio polifunzionale con biblioteca, aula per conferenze e uffici, al cui interno sono conservati affreschi di soggetto sacro, datati tra il Cinquecento e il Settecento, raffiguranti, tra l’altro, una grande scena della Pentecoste e la traslazione della santa casa di Loreto.
Giovedì 23 maggio, alle ore 21, «Gesù, il ritorno» sarà, quindi, rappresentato a Busto Arsizio, presso il santuario di santa Maria di piazza, armoniosa costruzione rinascimentale di tipo bramantesco, all’interno della quale sono conservati dipinti di Bernardino Luini e Gaudenzio Ferrari, oltre alla statua della Madonna dell’Aiuto, che la tradizione popolare vuole abbia fermato, nel 1630, il contagio della peste di manzoniana memoria.L'associazione culturale «Educarte» propone, dunque, un appuntamento itinerante di teatro che è anche occasione per scoprire o riscoprire tante piccole perle architettoniche e storico-artistico del territorio lombardo.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Chiesa di San Pietro a Gallarate (Varese); [fig. 2] Santuario di Santa Maria di piazza a Busto Arsizio (Varese); [fig. 3] Monastero di San Michele a Lonate Pozzolo (Varese)

Informazioni utili
Teatro Sociale, piazza Plebiscito 8, 21052 Busto Arsizio (Varese), tel. 0331.679000, fax. 0331.637289, info@teatrosociale.it, www.teatrosociale.it.

lunedì 15 aprile 2013

«Kids Creative Lab», a casa di Peggy le creazioni di migliaia di piccoli designers

Ago, filo e tanta fantasia: sono questi gli ingredienti di «Kids Creative Lab», progetto ideato dalla collezione Peggy Guggenheim di Venezia, insieme con la catena di abbigliamento Ovs, il più noto retailer di fast fashion italiano di proprietà del gruppo Coin.
L’iniziativa, lanciata su scala nazionale lo scorso novembre, ha coinvolto 1.200 scuole primarie, 7.000 classi e oltre 160.000 bambini. Il risultato del lavoro di tutti questi piccoli ‘artisti in erba’, e dei loro insegnanti e genitori, sarà in mostra a partire da mercoledì 24 aprile nel noto museo lagunare, ubicato nelle sale di Palazzo Venier dei Leoni, al cui interno è conservata una ricca collezione con opere di Picasso, Kandinsky, Magritte, Pollock e Miró, ossia il meglio dell’arte europea e americana del primo Novecento.
Per circa due settimane, e cioè fino a lunedì 6 maggio, i visitatori potranno ammirare -accanto alle opere di Afro, Arp, Fontana e Warhol della raccolta Hannelore e Rudolph Schulhof (appena acquisita dal museo)- una stravagante e imponente installazione composta da migliaia di coloratissime creazioni in feltro, dalle forme più disparate, realizzate con passione e creatività dai bambini di tutta Italia nell’ambito dei quattro laboratori creativi, presentati lo scorso novembre con lo scopo di avvicinare i più piccoli all’arte e alla moda attraverso la creatività, quale strumento di maturazione intellettuale ed emotiva.
Oltre ai singoli laboratori ‘fai da te’, che i partecipanti hanno potuto seguire e realizzare grazie a un manuale con tutte le istruzioni e a una serie di divertenti video tutorial, i bambini, in questi mesi, hanno avuto l’opportunità di lavorare anche con il «Kit d’artista», che ha permesso loro un approccio accattivante e originale alle tematiche e ai materiali del fare artistico.
L’istituto che ha partecipato alla mostra con il maggior numero di studenti riceverà in premio dieci tablet Asus VivoTab Smart di ultima generazione, completi di custodia e tastiera, messi in palio da Asus, sponsor tecnico del progetto. Il nome della scuola vincitrice verrà comunicato in occasione della vernice della rassegna, alla quale ogni bambino che ha preso parte all’iniziativa potrà accedere gratuitamente, insieme a due adulti accompagnatori, di poter accedere al museo.
Tra soggetti mitologici, figure geometriche, animali di tessuto, mosaici di bottone e feltro, si chiude, dunque, la prima edizione di un interessante progetto formativo che ha insegnato ai più piccoli a coniugare moda, design e nuovi media, in dialogo tra scuola, famiglia e museo.

Informazioni utili 
«Kids Creative Lab». Collezione Peggy Geggenheim - Palazzo Venier dei Leoni, Dorsoduro 701 - Venezia. Orari: tutti i giorni, ore 10.00-18.00. Ingresso: intero € 14,00, ridotto € 12,00/€8,00, senior over 65, € 11,00, bambini fino ai 10 anni e soci gratuito. Informazioni: tel. 041.2405411, fax 041.5206885, e-mail: info@guggenheim-venice.it. Sito web: Da mercoledì 24 aprile a lunedì 6 maggio 2013.