ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

venerdì 26 luglio 2013

Modigliani e l’École de Paris: la Montparnasse bohémienne rivive a Milano e a Martigny

«Seguimi Jeanne, segui nella morte, così in paradiso avrò la mia modella preferita e potrò gustare con lei le gioie dell'eternità»: così, poco prima di spirare in un letto dell'Hôpital de la Charité di Parigi, per una grave forma di tubercolosi polmonare, Amedeo Modigliani (Livorno, 12 luglio 1884 – Parigi, 24 gennaio 1920) si rivolse alla compagna Jeanne Hébuterne. La sera successiva alla sua morte, il 25 gennaio 1920, la giovane donna, in procinto di partorire il loro secondo figlio, ripensò a quelle parole e si tolse la vita, gettandosi da una finestra della casa paterna, al quinto piano di un palazzo di rue Amyot. Finiva così, in tragedia, la vicenda di Modì, il «maudit», il «pittore maledetto del XX secolo», ammirato dai suoi contemporanei più per la propria aura bohémienne che per i ritratti femminili dai volti stilizzati, dai lunghi colli affusolati e dagli sguardi acquosi, assetati d’amore che sono la cifra stilistica più evidente della sua arte. Il pubblico era affascinato dall'esistenza avventurosa del livornese, trascorsa in un'altalena fra eros e droga, povertà e fervore creativo, passione e dolore. Mentre la maggior parte dei giornalisti e il mondo accademico snobbava la sua produzione, considerandola troppo «facile», priva di una reale dimensione innovatrice nella storia dell'arte del Novecento.
Come spesso accade ai grandi del passato, la fortuna critica di Amedeo Modigliani fu postuma: la retrospettiva alla Biennale di Venezia del 1930 ne decretò il definitivo riconoscimento tra i grandi protagonisti delle Avanguardie e dei primi decenni del XX secolo, accanto a Pablo Picasso, Henri Matisse e Georges Braque.
Da allora l’artista livornese è una vera e propria stella delle aste. Ai primi di luglio, un suo ritratto femminile è, per esempio, stato battuto da Matsar a 6,7 milioni di euro, risultando l'opera più costosa mai venduta in Israele fino ad oggi. Il record assoluto per un dipinto di Modigliani lo detiene, però, il quadro «Nu assis sur un divan» (conosciuto dagli esperti come «La belle romaine»), acquisito nel 2010 per una cifra di 61 milioni e 500 mila dollari.
Non meno fortuna hanno le iniziative espositive dedicate al pittore toscano. La classifica settimanale dell’agenzia Ansa sulle mostre più visitate in Italia posiziona, infatti, da settimane sui primi gradini del podio la rassegna «Modigliani, Soutine e gli artisti maledetti», curata da Marc Restellini, direttore della Pinacothèque de Paris, presso il Palazzo Reale di Milano.
Centoventi opere, mai esposte al pubblico negli ultimi settant’anni, ricostruiscono non solo il cammino artistico del pittore livornese negli ultimi anni di vita, ma anche la storia, poco conosciuta, della collezione di Jonas Netter (1867-1946), ebreo alsaziano, trapiantato a Parigi, che di mestiere era rappresentante commerciale per varie ditte e che aveva una passione per l’arte, soprattutto per quella degli impressionisti. Claude Manet e Edgar Degas non rientravano, però, nelle sue possibilità economiche. Nel 1915, l’incontro con il mercante e poeta polacco Léopold Zborowski segnò una svolta: il collezionista francese venne a contatto con gli artisti del quartiere di Montparnasse, un gruppo eterogeneo di giovani stranieri, in prevalenza ebrei, accomunati dalla ricerca di un nuovo linguaggio figurativo e dalla necessità di esprimere sulla tela i tormenti della propria anima, i sogni di un’esistenza quasi sempre difficile e dissoluta, spesa tra droghe, assenzio, donne, pennelli e tubetti di colore. Jonas Netter divenne, insieme con Léopold Zborowski, talent-scout di alcuni di questi pittori, pagando loro stipendi, affitti, forniture di materiali e altre varie spese. Il primo a legarsi contrattualmente con il collezionista fu Amedeo Modigliani per quindici franchi al giorno (più un rimborso) in cambio dell’intera produzione. Seguirono due amici, squattrinati, dell’artista: Chaïme Soutine (Smiloviči, 1894- Parigi, 1943), pittore lituano che visse da clochard gran parte della sua esistenza e del quale Marc Chagall diceva impietoso «fa veramente schifo», e Maurice Utrillo (Parigi, 1883 - Dax, 1955), alcolizzato cronico del quale si vociferava che la nonna contadina lo svezzasse con biberon pieni di vino.
La morte di Modì e quella di Léopold Zborowski (avvenuta nel 1929) non spensero il fervore collezionistico di Jonas Netter. Alla quarantina di opere del suo pupillo e a quelle dei due amici del pittore toscano, il collezionista francese aggiunse, negli anni, lavori di Suzanne Valadon (Bessines,1865-Parigi, 1938), ex modella dai facili costumi contesa da Pierre-Auguste Renoir e Pierre Puvis de Chavannes, di Moïse Kisling (Cracovia, 1891-Sanay-sur-Mer, 1953), di André Derain (Chatou, 1880-Garches, 1954) e di molti altri, pur incontrando la diffidenza del suo entourage che gli rimproverava di acquistare «simili orrori», vere e proprie «porcherie».
La raccolta di Jonas Netter, che rivive ora nelle sale di Palazzo Reale, tratteggia, dunque, il ritratto di una generazione d’artisti passata alla storia come l’École de Paris (definizione, questa, coniata, nel 1925, da André Warnod, giornalista del quotidiano «Le Figaro»).
Sala dopo sala, accompagnati dalla voce di Corrado Augias in audio-guida (disponibile all’ingresso e compresa nel costo del biglietto), i visitatori potranno ammirare i luminosi paesaggi metropolitani del «periodo bianco» di Maurice Utrillo, i sontuosi nudi femminili di Suzanne Valadon, la violenza cromatica e il crudo realismo di opere come «La folle» (1919) o «Le bouef» (1924) di Chaïme Soutine, l’unico ritratto conosciuto del collezionista Jonas Netter a firma di Moïse Kisling e André Derain con la sua «Grandes baigneuses» (1908) di ispirazione cezanniana. Non mancano nel percorso espositivo opere di molti altri pittori minori come Léon Solà, Henry Hayden, Eugene Ebiche, Gabriel Fournier ed Henry Epstein. Ma il vero protagonista della rassegna, aperta fino a domenica 8 settembre, è Amedeo Modigliani: del maestro toscano sono esposti i ritratti, ariosi ed essenziali, dell’amico Soutine, del mercante Zborowski, del corniciaio Lepoutre, della poetessa inglese Beatrice Hastings, ma anche capolavori poco noti come «Elvire au col blanc» (1917) o «Jeanne Hébuterne au henné» (1918), una tela che consegna a futura memoria il volto dell’ultima amante dell’artista, quella giovane donna che, appena diciannovenne, decise di gettarsi nel vuoto, annientata dal dolore, «devota compagna -come recita il suo epitaffio- fino all'estremo sacrificio».
All’esperienza dell’École de Paris guarda anche la nuova mostra della Fondation Pierre Giannada, in Svizzera, nata dalla collaborazione con il Centre Pompidou e con la sua direttrice, la curatrice Catherine Grenier. Un’ottantina di opere, delle quali quindici di Modì, ricostruiscono quel clima di vivacità culturale che fece della capitale francese un faro, una calamità per tanti artisti di talento. Non manca lungo il percorso espositivo, che presenta anche tele di Marc Chagall ed Henri Matisse, un omaggio al movimento cubista con lavori come «Le guitariste» (1910) di Pablo Picasso, la «Nature morte au livre» (1913) di Juan Gris, «Le mécanicien» (1918) e «Le pôt à tisane» (1919) di Fernand Léger. L’esposizione, visitabile fino a domenica 24 novembre, ricostruisce, poi, il rapporto d’amicizia tra il pittore toscano e Costantin Brancusi, del quale sono esposte le sculture «Princesse X» (1915-1916) e «Mle Pogany III» (1933) e al cui vocabolario figurativo guardò Amedeo Modigliani per la sua «Téte de femme» (1912), un volto di donna dal naso esageratamente allungato e dalla bocca inesistente, in ieratica contemplazione. Ma il meglio è ancora una volta espresso dai ritratti e dai nudi dell’artista toscano, da tele come «Maternitè» (1919), «Jeanne Hebuterne au chapeau» (1919) e «Nu couche le bras replie sous la tete» (1919), che, attraverso forme semplificate e una tavolozza ridotta a pochi colori, omaggiano l’arte del passato e scandagliano l’animo umano. Vengono in mente così le parole di Margherita Sarfatti che descrisse Modì come un «Botticelli moderno, tutto bruciato dal fuoco dello spirito, che rende esili, quasi immateriali le sue creature, per lasciarne meglio trasparire lo spirito meditativo e gentilmente malinconico».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Amedeo Modigliani, «Ritratto di Jeanne Hébuterne (Jeanne Hébuterne au henné)», 1918. Olio su tela, cm 100 x 65. Firmato in alto a destra. © Pinacothèque de Paris; [fig. 2] Amedeo Modigliani, «Elvire con colletto bianco (Elvire con collettino)», 1917 o 1918. Olio su tela, Firmato in alto a destra, cm 92 x 65. © Pinacothèque de Paris /Fabrice Gousset; [fig. 3] Amedeo Modigliani, «Ritratto di Soutine», 1916. Olio su tela, cm 100 x 65. Firmato in basso a destra. © Pinacothèque de Paris /Fabrice Gousset; [fig. 4] Amedeo Modigliani, «Ritratto di Zborowski», 1916. Olio su tela, cm 46 x 27. Firmato in alto a destra. © Pinacothèque de Paris /Fabrice Gousset; [fig. 5] [Fig. 1] Amedeo Modigliani, «Testa di donna», 1912. Scultura

Informazioni utili 
«Modigliani, Soutine e gli artisti maledetti». Palazzo Reale, piazza del Duomo, 12 - Milano. Orari: lunedì, ore 14-30-19.30, martedì-domenica, ore 9.30-19.30; giovedì e sabato, ore 9.30-22.30 (il servizio di biglietteria chiude un'ora prima). Ingresso: intero € 11,00, ridotto da € 9,50 a € 4,50 (per dettagli sulle riduzioni e le gratuità: www.mostramodigliani.it/?page_id=18). Catalogo: Il Sole 24 Ore Cultura, Milano. Informazioni: tel. 02.88465230/88445181. Sito internet: www.mostramodigliani.it. Fino a domenica 8 settembre 2013. 


«Modigliani e l’École de Paris». Fondation Pierre Giannada,Rue du Forum, 59 - 1920 Martigny (Svizzera). orari: tutti i giorni, ore 9.00-19.00. Ingresso: adulti ChF 20 /€ 17,00; terza età: ChF 18/€ 15,00, famiglie ChF 42/€ 35,00, bambini oltre 10 anni e studenti ChF 12/€ 10,00 gruppi: ChF 18/€ 15,00. Catalogo: disponibile in mostra. Informazioni: tel.(+41)277223978. Informazioni in Italia: tel. 031.269393. Sito internet: www.gianadda.ch. Fino a domenica 24 novembre 2013. 

mercoledì 24 luglio 2013

Festival della mente, Toni Servillo e Ferdinando Scianna tra gli ospiti della decima edizione

Compie dieci anni il Festival della mente, progetto di approfondimento e di condivisione culturale che si propone come crocevia tra sapere umanistico e scientifico attraverso riflessioni intellettuali e artistiche sul tema dei processi creativi. Da venerdì 30 agosto a domenica 1° settembre, Sarzana, affascinante centro storico della Lunigiana, aprirà le porte di alcuni dei suoi gioielli architettonici, come il Chiostro di San Francesco, il Teatro degli Impavidi e la Fortezza Firmafede, ad una novantina di eventi fra conferenze, spettacoli e workshop animati da alcuni dei più apprezzati pensatori italiani e stranieri.
Ad aprire la rassegna –diretta artisticamente da Giulia Cogoli e promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio della Spezia, con il Comune di Sarzana- sarà una lectio magistralis di Guido Rossi, dal titolo «La responsabilità delle idee nel bene e nel male» (venerdì 30 agosto, ore 17.45), nella quale il giurista rifletterà sul pensiero quale vero responsabile, nella storia dell’umanità, delle vicende positive o negative, felici o tragiche, della vita dell’uomo e delle comunità.
Tanti gli argomenti che faranno da filo conduttore a questa nuova edizione della manifestazione ligure, che dalla sua nascita, avvenuta nel 2004, ha proposto seicentocinquanta incontri e ha coinvolto complessivamente cinquecento relatori e oltre quattromila ragazzi volontari, con un successo di pubblico sempre maggiore, quantificabile in circa trecentomila presenze complessive.
Conoscenza, crescita e futuro saranno gli argomenti approfonditi dallo scrittore Paolo Giordano (venerdì 30, ore 19), dai saggisti Emanuele Trevi (sabato 31, ore 15.30) e Gabriella Caramore (sabato 31, ore 19), dal mass-mediologo Carlo Freccero (sabato 31, ore 11.30) e dal politologo Ilvo Diamanti (sabato 31, ore 21), docente di comunicazione politica all’università di Urbino, che traccerà il ritratto un Paese, l’Italia, schiacciato dal tempo che abbiamo fermato e che fa sentire giovani anche i sessantenni, mentre ai ragazzi di oggi sembra sia stato rubato il domani.
A parlare di filosofia e psicoanalisi si succederanno, al tavolo dei relatori, Alessandra Lemma con la conferenza «Il corpo come una tela» (venerdì 30, ore 19.15), Umberto Curi con l’appuntamento «A proposito della bellezza» (domenica 1°, ore 17.30), il saggista Stefano Bartezzaghi e lo psicoanalista Massimo Recalcati con una chiacchierata sulle relazioni tra tradizione e innovazione (sabato 31, ore 18.30). Il farmacologo Silvio Garattini (domenica 1°, ore 10.30), il matematico e logico Piergiorgio Odifreddi (venerdì 30, ore 19.30), il neuroscienziato Gianvito Martino (sabato 31, ore 19.30) e il genetista Edoardo Boncinelli (domenica 1°, ore 19.30) parleranno, invece, di scienza e futuro, trattando argomenti come l’invecchiamento cerebrale o la robotica.
Il Festival della mente dedicherà approfondimenti anche i temi dell’ironia, dell’empatia e della paura con incontri che vedranno protagonisti l’attrice Lella Costa (domenica 1°, ore 12), lo scrittore inglese Jonathan Coe (sabato 31, ore 10.30), lo psicologo Massimo Cirri (sabato 31, ore 10.30 e ore 17), la filosofa Laura Boella (domenica 1°, ore 15.30) e il criminologo Adolfo Ceretti (sabato 31, ore 17.00). Tra gli appuntamenti da non perdere ci sono, poi, senz’altro la chiacchierata di Massimo Cacciari con Enzo Bianchi (domenica 1°, ore 19), il priore della Comunità monastica di Bose, sul rapporto tra creatività e amore, e quella tra il neuroscienziato Stefano Cappa e Ferdinando Scianna (1° settembre, ore 10) sulle relazioni tra memoria e fotografia.
Grande spazio avranno, inoltre, nella manifestazione ligure l’arte, il teatro e la musica. Il filosofo Bernard-Henri Lévy (sabato 31, ore 17) analizzerà, per esempio, rivalità e alleanze tra pittura e filosofia, partendo dalla mostra « Les aventures de la vérité», da lui stesso curata presso la Fondation Maeght di Sant Paul, in Francia, e che fino al prossimo 11 novembre permetterà di vedere opere di Marina Abramovic, Miquel Barceló, Olafur Eliasson, Maurizio Cattelan, Enrico Castellani e di molti altri. Gli storici dell’arte Giovanni Agosti e Jacopo Stoppa (domenica 1°, ore 15.30) condurranno, per contro, una riflessione sulle convenzioni che regolano la produzione culturale nell’ampio mondo dei musei e delle mostre nell’Italia della crisi economica, tra eccessi ed euforie. Mentre Cristina Baldacci e Andrea Pinotti (sabato 31, ore 10) dialogheranno sulla «archiviomania», il bisogno individuale e collettivo di accumulare e collezionare nell’arte contemporanea.
Durante la tre giorni del festival si parlerà anche di calligrafia con Luca Barcellona (domenica 1°, ore 10) e di moda con Antonio Marras e Francesca Alfano Miglietti, protagonisti dell’incontro «Nulla dies sine linea» (domenica 1°, ore 17), in pratica -per usare le parole dello stesso stilista- «Nessun giorno senza prendere la matita in mano e tracciare una linea».
Tra gli spettacoli in cartellone, c’è grande attesa per «Cantami una poesia», un appuntamento speciale per i dieci anni della rassegna ligure, che vedrà in scena i fratelli Toni e Peppe Servillo, con i Solis String Quartet (sabato 31, ore 21.30). Il pianista Ramin Bahrami proporrà, invece, «Viaggio in Italia» (venerdì 30, ore 21.30), un grand tour sotto forma di concerto attraverso le sorprese e le meraviglie del Settecento musicale italiano visto con gli occhi del più illustre compositore di tutti i tempi, Johann Sebastian Bach, e quelli del suo bizzarro, geniale ed estroverso collega napoletano, Domenico Scarlatti. Mentre il coreografo e danzatore Virgilio Sieni metterà in scena «Di fronte agli occhi degli altri» (domenica 1°, ore 21), una riflessione sulla Resistenza che avrà tra gli interpreti anche alcuni ex partigiani.
A Sarzana si esibiranno, inoltre, Sandro Lombardi (venerdì 30, ore 21.30), con un omaggio al libro «À la Recherche du temps perdu - Alla ricerca del tempo perduto» di Proust, e Alessandro Bergonzoni (domenica 1°, ore 21.15) con «No al geniocidio! (Dall’estro al creame)». A chiude le tre serate della rassegna sarà, invece, lo storico Alessandro Barbero, docente presso l’università di Vercelli, con la trilogia «Medioevo da non credere»: la paura dell’anno Mille (venerdì 30, ore 23.15), lo ius primae noctis (sabato 31, ore 23.15) e la terra piatta (domenica 1°, ore 23.15).
Tanti appuntamenti, dunque, di alto profilo e capaci di catalizzare l'attenzione di un pubblico eterogeneo animeranno il piccolo centro di Sarzana per tre giorni, confermando la fortunata formula di uno dei festival più intelligenti e ben congeniati dell'estate italiana. Un festival che ci parla -si legge nell'introduzione al programma- di «un’Italia 'altra' e diversa, non urlata, non esibita, ma alacre e volenterosa. Un’Italia che crede che la cultura sia il nutrimento migliore».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Logo per l'edizione dei dieci anni del Festival della mente, in programma a Sarzana dal 30 agosto al 1° settembre 2013; [fig. 2] Veduta della Fortezza Firmafede a Sarzana, tra le location del Festival della mente. Foto: Giuliano Benacci; [fig, 3] L'attore Toni Servillo; [fig. 4] Enzo Bianchi, priore della Comunità monastica di Bose; [fig. 5] Il pianista Ramin Bahrami 

Informazioni utili
Festival della mente. Sedi varie - Sarzana (La Spezia). Ingresso: singolo incontro € 3,50, singolo spettacolo o «ApprofonditaMente» € 7,00. Biglietterie: Iat, piazza San Giorgio - Sarzana (La Spezia), tel. 0187.620419 o iatsarzana@orchestramassacarrara.it - da lunedì 22 luglio, lunedì-sabato, ore 9.00-12.30 e ore 16.00-19.30; Cittadella, piazza Firmafede - Sarzana (La Spezia) - dal 9 al 21 agosto,lunedì-domenica, ore 18.00-23.00; Urban Center - Teatro civico, piazza Mentana, 1 - La Spezia, tel. 0187.757075 - - dal 9 al 21 agosto,lunedì-sabato, ore 9.00-12.00, mercoledì anche ore 16.00-19.00; su www.vivaticket.it. Sito internet: www.festivaldellamente.it. Da venerdì 30 agosto a domenica 1° settembre 2013. 

lunedì 22 luglio 2013

«Il Gran Teatro dei Cartelami», a Genova una mostra sulle antiche scenografie della Passio Christi e delle Quarantore

C’è un «Sepolcro» rinascimentale del 1538, dipinto sulla tela con la quale oggi si fanno i a blue jeans e proveniente dall’abbazia di San Nicolò del Boschetto a Cornigliano, tra gli oltre cento pezzi che compongono il percorso espositivo della mostra «Il Gran Teatro dei Cartelami. Scenografie del sacro», allestita fino a domenica 25 agosto a Genova, presso lo scenografico appartamento del Doge di Palazzo ducale, per iniziativa della Soprintendenza per i beni storici, artistici ed etno-antropologici della Liguria.
L’evento espositivo, curato da Franco Boggero e Alfonso Sista, è frutto di quasi trent’anni di ricerche d’archivio, di ricognizioni sul territorio e di campagne di restauro, alcune realizzate con fondi ministeriali, altre grazie al prezioso contributo della Fondazione Carige e di altre realtà locali come la Coop Liguria, alla quale si deve l’intervento conservativo su sette sagome in latta, dipinte ad olio nell’Ottocento, per i «Sepolcri» dell'Oratorio dei Bianchi di Nostra Signora dell'Assunta a Castelnuovo Magra, nello Spezzino.
I cartelami, detti anche décors o monumentos in altre regioni dell’Europa mediterranea, sono apparati scenografici effimeri, per lo più di gusto popolare, allestiti nel presbiterio o nelle cappelle delle chiese parrocchiali o degli oratori confraternali per particolari momenti del rito cristiano, quali la Settimana Santa e l'adorazione eucaristica delle Quarantore, o per eventi eccezionali, come, per esempio, la cerimonia di beatificazione della mistica santa Caterina Fieschi, avvenuta il 6 aprile del 1735. La loro produzione, datata tra la fine del XVI e i primi decenni del XIX secolo, ha diffusione in un’area geografica che comprende, oltre alla Liguria, anche territori vicini come la Toscana, la Sardegna, il Piemonte meridionale, la Corsica settentrionale, i Pirenei orientali, il Nizzardo, le Alpi Marittime e la Catalogna.
Costruiti prevalentemente in cartone, ma anche in altri materiali poveri come il legno di castagno, la latta, la cartapesta e la tela, i cartelami rappresentano un patrimonio particolare, e ancora poco conosciuto, dell’arte sacra, che spazia da libere composizioni formate da sagome raffiguranti personaggi della Passio Christi a veri e propri teatri, con tanto di boccascena, quinte e fondale, pensati per ambientarsi senza sforzo nello spazio architettonico di una chiesa. Emblematico è il caso dell’apparato di Ligo, nelle vicinanze di Albenga, o anche l’imponente scenario delle Quarantore per la parrocchiale di Ceriana, nell’Imperiese, scampato fortunosamente al terremoto del 1887, con epicentro a Bussana, che fece cadere la volta della chiesa.
Pezzo forte della mostra genovese, il cui allestimento è curato da Valerio Tunesi, è, senz’altro, il monumentale «Sepolcro» istoriato di Laigueglia, nel Savonese, donato da Giuseppe Musso nel 1835 al suo paese natale e considerato ad oggi il più grande e pregiato cartelame del Ponente ligure. Il manufatto, alto oltre quindici metri e totalmente smontabile, viene presentato al piano nobile del palazzo dei Dogi come se fosse in fase di montaggio; per vederlo nella sua interezza bisognerà, invece, attendere il 2014 quando verrà esposto nella sua sede abituale, la chiesa parrocchiale di san Matteo, in occasione dei cent’anni dall’ultimo utilizzo.
Dalla vicina Savona arriva un altro pezzo di notevole pregio, ma dimenticato per decenni in un deposito: la «Gloria d’angeli» della cattedrale dell’Assunta, un congegno neo-barocco dipinto sul principio dell’Ottocento da Paolo Girolamo Brusco, che sbalordì anche re Carlo Alberto di Savoia e che, dopo la mostra, troverà un’adeguata valorizzazione attraverso la sua esposizione permanente.
 Un discorso analogo si può fare per uno straordinario apparato settecentesco dipinto da Giovanni Agostino Ratti e riscoperto di recente ad Albissola Marina. Si tratta di una sorta di reliquiario gigante composto di diversi materiali (legno, tela e cartapesta), raffigurante una nuvola animata da figurine angeliche recanti i simboli della Passione, utilizzato in passato anche come cassa processionale per una reliquia della Vera Croce che si esponeva il venerdì santo.
A sottolineare il valore e il significato dei numerosi apparati  esposti sarà anche una colonna sonora creata ad hoc: una serie di suoni e rumori, ideati da Federico Bagnasco e Alessandro Paolini. In particolare, a Palazzo Ducale viene ricreata l'alta tensione emotiva legata a specifici riti pre-pasquali, come l'Ufficio delle Tenebre. Con strumenti originali come bàttole, raganelle, corni e trombe di corteccia viene, per esempio, riproposto lo strepito con cui le comunità chiamavano Barabba e allontanavano così antichissime paure ed angosce legate al buio e alla presenza del male.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Luigi Morgari (?), Angelo, 1909 (?). Metallo sagomato e dipinto. Cairo Montenotte (Savona), Cappella di San Rocco; [fig. 2] Pittore ligure, Cristo flagellato, secolo XVII. Olio su tela e cartone applicato su sagoma lignea. Villanova d'Albenga (Savona), chiesa di San Bernardo a Ligo di Villanova d'Albenga (Savona); [fig. 3]  Giuseppe Massa (?), Cristo umiliato, primo quarto del secolo XVIII. Tempera su cartone, Sanremo (Imperia), fraz. Coldirodi, chiesa di
San Sebastiano. 

Informazioni utili
«Il Gran Teatro dei Cartelami. Scenografie del sacro». Palazzo Ducale – Appartamento del Doge, piazza Giacomo Matteotti, 9 – Genova. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-19.00; lunedì chiuso. Ingresso: intero € 7,00, ridotto € 6,00, scuole € 4,00. Catalogo: Silvana editoriale, Cinisello Balsamo (Milano). Informazioni: tel. 010.5574065 o biglietteria@palazzoducale.genova.it. Sito internet: www.cartelami.it. Fino a domenica 25 agosto 2013.