ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

lunedì 2 dicembre 2013

Buon compleanno, Mole! Una mostra e un libro festeggiano i 150 anni del monumento simbolo di Torino

Era Il 1863 quando l’architetto novarese Alessandro Antonelli iniziava la costruzione di quello che sarebbe diventato, nei decenni a venire, il simbolo di Torino: la Mole Antonelliana.
Da allora sono passati centocinquanta anni e per festeggiare questo importante compleanno, Caterina Fossati e Valentina Laganà, con la collaborazione di Leandro Agostini e della Neos Edizioni, hanno ideato un progetto espositivo per l’atelier «La fucina» interamente dedicato allo storico edificio piemontese, oggi sede del Museo del cinema.
«Una Mole così grande», questo il titolo della rassegna aperta da mercoledì 4 dicembre a venerdì 31 gennaio, raccoglie i lavori di una dozzina di artisti che si sono confrontati con la storia e la valenza simbolica del monumento torinese, scelto come logo della XX Olimpiade invernale 2006 e raffigurato sul verso della moneta da due centesimi di euro coniata dalla Repubblica italiana.
Commissionata dalla comunità ebraica come sinagoga e, in seguito, acquisita dal Comune di Torino, la Mole ha, infatti, tante vicissitudini, spesso curiose, da raccontare. È stata, per esempio, la costruzione dei primati: per lungo tempo ha primeggiato nella classifica degli edifici in muratura più alti del mondo e può vantare il fatto di essere stato uno dei primi luoghi a venire illuminato, sul finire del XIX secolo, mediante piccole fiammelle di gas.
La Mole ha subito anche varie traversie: nel 1904 la statua del genio alato, collocata sulla punta, venne abbattuta da un nubifragio e sostituita da una stella a cinque punte; nel 1953, un altro nubifragio fece spezzare e precipitare ben quarantasette metri della guglia.
Gli appassionati di esoterismo, poi, sono affascinati dalla forma dell’edificio: una base piramidale e un pinnacolo altissimo che «come una sorta di antenna catalizza l’energia che capta dal cielo e aspira dalla terra». Lo stesso Friedrich Nietzsche, che vide nella Mole l’immagine di Zarathustra, scrisse in una sua lettera da Torino di averla «battezzata Ecce homo» e di averla «circondata nello spirito con un immenso spazio».
Tante suggestioni, dunque, quelle che il monumento illuminato da Mario Merz con la serie di Fibonacci è in grado di evocare in chi si occupa di arte e di design. Valentina Laganà, siciliana di origine e creatrice di sculture e monili, ha invitato così alcuni amici artisti, «tutti accomunati dall’adozione da e di Torino», a confrontarsi con il soggetto Mole. Ne è nato un progetto in progress, nel quale sono esposti non pezzi unici, ma «oggetti -si legge nella nota stampa- che sono o possono divenire gadget riproducibili, che possano avere vita e circolazione oltre la classica mostra d’arte». Qualche opera esposta strappa il sorriso: è il caso della «Moletazza» (2010) di Matilde Domestico (Torino, 1964), del progetto di Mattia Fossati (Torino, 1988) con quattro pelapatate colorati a forma di Mole o della scultura «Molle» (2013) di Alessandro Berardi (Torino, 1971), con due copie del momento torinese, una rosa e l’altra bianca, le cui guglie sono intrecciate.
Luca Cassine (Bra, 1975) regala, invece, un momento di poesia con la sua sequenza di farfalle per l’opera «150°»; mentre Alessandro Ciffo (Biella, 1968) sperimenta le potenzialità del silicone realizzando una lumaca gialla e viola con le fattezze del monumento torinese. Leandro Agostini (Torino, 1960) espone, poi, un inchiostro di china con la Mole stilizzata e nel percorso espositivo non mancano nemmeno immagini fotografiche come quella, elegantemente evocativa, di Moisi Guga (Shkoder - Albania, 1988).
Valentina Laganà ha voluto realizzare anche un piccolo libro legato alla mostra. Accanto alle opere esposte in questo volumetto, edito da Neos Edizioni, sono raccolti pensieri, storie, rime e giochi di parole scritti da autori la cui storia è legata a doppio filo al capoluogo piemontese. Bruno Gambarotta, Luciana Littizzetto, Margherita Oggero, Diego De Silva, Stefania Bertola e Luca Beatrice sono solo alcuni degli scrittori che si sono prestati a raccontare, anche con ironia, la Mole quale simbolo di «torinesità».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Mattia Fossati, Progetti per «Una mole così grande», 2013. Elaborazioni al computer. Courtesy l'artista; [fig. 2] Matilde Domestico, «Moletazza», 2010. Matita su carta, cm 21 x 29,7. Courtesy l'artista; [fig. 3] Alessandro Berardi, La «Molle», 2013. Silicone, cm 26 x 6.Courtesy l'artista; [fig. 4] Alessandro Ciffo, «La saggezza della chiocciola per la Mole», 2013. Silicone, cm 10 x 5 x 2.Courtesy l'artista; [fig. 5] Luca Cassine, «150º», 2013. Tecnica mista, cm 11 x 11 (ogni soggetto).Courtesy l'artista
[Si ringrazia Roberta Canevari per le immagini fotografiche]

Informazioni utili 
«Una Mole così grande». Laboratorio atelier «La fucina« di Valentina Laganà , via delle Rosine, 1 bis – Torino. Orari di apertura: martedì-venerdì, ore 11.00-19.30; sabato, ore 10.30-13.00 e ore 16.00-19.30; domenica e lunedì chiuso. Ingresso libero. Catalogo: Neos edizioni. Informazioni: tel. 011.882723. Sito web: www.valentinalagana.it. Inaugurazione: martedì 3 dicembre, ore 18.00. Da mercoledì 4 dicembre a venerdì 31 gennaio 2014. 

venerdì 29 novembre 2013

«Etica, DNA dell’arte»: il neo-umanesimo culturale trova casa alla Florence Biennale

Si intitola «Etica, DNA dell’arte» la nona edizione di Florence Biennale, mostra interamente dedicata al contemporaneo che, dal 1997 ad oggi, è stata in grado di richiamare nella città di Firenze centinaia di artisti provenienti da ogni parte del mondo, tra i quali Josè Luis Cuevas, Agatha Ruiz de la Prada, Marina Abramovic, Gilbert & George, Christo & Jeanne-Claude.
Quest’anno la manifestazione, in programma da sabato 30 novembre a domenica 8 dicembre alla Fortezza di Basso (all’interno del Padiglione Spadolini), vede alla direzione artistica il professor Rolando Bellini, docente all’Accademia di Brera e all’Università internazionale dell’arte di Firenze, curatore del Map-Museo d’arte platica di Castiglione Olona (Varese) e autore, con Maria Luisa Stringa e altri studiosi dello staff della Florence Biennale, della Carta etica dell’artista del nuovo millennio, presentata lo scorso marzo al XXXIII Convegno mondiale dei centri Unesco.
Questo documento programmatico esprime l’intima essenza della nuova edizione della manifestazione fiorentina, alla quale parteciperanno quattrocentocinquanta artisti (trecentosettanta iscritti più ottanta ospiti), dei quali sessantacinque under 30 e quarantacinque veterani.
La nazione più rappresentata alla Biennale -che vanta come tradizione l’Alto patronato del presidente della Repubblica italiana e i patrocini del Ministero per i beni e le attività culturali, della Regione Toscana, della Provincia e del Comune di Firenze- sarà l’Italia con ottantacinque partecipanti, seguita dalla Cina, dalla Spagna, dagli Usa e dal Messico.
Obiettivo dell’iniziativa, che nel 2001 è stata riconosciuta dall’Onu come partner ufficiale nel programma «Dialogo tra le civiltà», è quello di «scannerizzare» il codice genetico dell’arte, fino a metterne a nudo una delle matrici base: l’etica. La «culla del Rinascimento», Firenze, si trasforma così in patria di un neo-umanesimo artistico, in cui la creatività diviene forza vitale che anima ogni processo relativo alla conoscenza.
Da questo assunto è nata l’idea di cambiare il nome della manifestazione, chiamandola «The New Florence Biennale», e, contestualmente, di modificare il logo. Stessi colori, arancio e nero, ma look decisamente più contemporaneo per il nuovo marchio della rassegna fiorentina, dunque, nel quale il graphic designer Alessandro Mannocchi, sotto la supervisione di Rolando Bellini e François Zille, ha scelto di raffigurare una porta su Palazzo Vecchio, simbolico dialogo tra l’antico e il contemporaneo. Mantra propiziatorio di questa edizione sarà, invece, una frase di Paul Klee: «Nelle mie vene scorre il sangue di un tempo migliore».
Evento clou della manifestazione, fondata da Pasquale e Piero Celona, sarà la consegna del premio «Lorenzo il Magnifico», in programma sabato 7 dicembre nel Salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio. Per la cultura sarà premiato  Franco Mussida, membro acclamato del celebre gruppo progressive rock Premiata Forneria Marconi e «autore –si legge nella presentazione della Florence Biennale- capace di ‘scolpire la musica’, ovvero di coniugare arti visive e performative in una sinestesia etico-estetica fondata su un linguaggio che, sotto l’egida di una istanza timbrica, trascende i confini di luce, forma, colore e suono per dar vita a una sintesi della dimensione visiva e materiale della scultura con quella invisibile e impalpabile della musica. In questa sorta di insight estetico l’esperienza sensoriale delle opere di Mussida attiva la percezione interiore e il pensiero in un processo creativo che è anche etico perché indissolubilmente legato sia alla coscienza sia alla conoscenza».
Premio alla carriera per la cultura anche a Henryk Jurkowski, che nella sua vita ha contribuito significativamente alla comprensione, all’apprezzamento e allo sviluppo del teatro di figura. Mentre nel campo dell’arte sarà premiato Anish Kapoor, autore che ha contribuito in maniera straordinaria alla definizione di un nuovo paradigma della creatività artistica nell’età contemporanea, con opere come gli «Sky Mirror», il «Cloud Gate» al Millennium Park di Chicago e il «Tall Tree and the Eye» al Museo Guggenheim di Bilbao.
Più che mai ricco il carnet di eventi collaterali che coinvolgeranno in maniera capillare l’intera città di Firenze con mostre temporanee, performance, installazioni, presentazioni di libri, eventi per i più piccoli, in un proficuo dialogo tra passato e presente. L’artista Ornella Piluso porterà, per esempio, in alcuni ristoranti fiorentini, come il «Luci della città» e l’«Outside Bistrot», la sua iniziativa «Arte da mangiare, Mangiare per l’arte», che vedrà gli artisti Diego Pasqualin, Daniela Dente e Gianfranco Maggio ‘dialogare’, tra ricette e colori, con gli chef Renato Pellizzari, Domenico Portolano, Oliver Betancourt e Daniele Raddi. Lo spazio Linea, base stabile della Florence Biennale, ospiterà, invece, la mostra «Bestiario fantastico», a cura di Erica Tamborini e Diego Pasqualin; mentre Palazzo Vecchio sarà la sede, martedì 3 dicembre, di un convegno sul Neo-umanesimo culturale.
Eventi e artisti presenti alla Fortezza di Basso rimarranno documentati in un catalogo pubblicato da Fausto Lupetti Editore e distribuito da Messaggerie, del quale sarà disponibile anche una versione digitale acquistabile su I-Tunes e su altre piattaforme. Uno strumento utile, questo, per conservare il ricordo di un’edizione pioniera della Florence Biennale, manifestazione che, nei prossimi anni, valorizzerà tutti quegli artisti che contribuiscono a «delineare una visione olistica per lo sviluppo di un futuro sostenibile».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] «Nelle mie vene scorre il sangue di un tempo migliore», frase-mantra di Paul Klee interpretata da Pasquale Celona per «Etica, DNA dell’arte» - IX Biennale di Firenze; [figg. 2 e 3] Veduta di insieme della Florence Biennale; [fig. 4] Opera esposta allo spazio Linea di Firenze nella mostra «Bestiario fantastico», a cura di Erica Tamborini e Diego Pasqualin: [fig. 5] Opera di Maurizio Gabbana per la mostra «Illustrating Florence» alla Biblioteca delle Oblate di Firenze.

Informazioni utili
«Etica, DNA dell’arte» - IX Biennale di Firenze. Firenze, Fortezza di Basso e sedi varie. Orari: ore 10.00-20.00. Ingresso: intero € 10,00, ridotto € 8,00/ € 5,00, ingresso gratuito per disabili e i loro accompagnatori, scuola primaria, guide di gruppi di almeno 12 persone. Informazioni: Arte Studio, via delle Porte Nuove, 10 - Firenze, tel. 055.3249173, fax.055.333540, info@florencebiennale.org. Sito internet: www.florencebiennale.org. Da sabato 30 novembre a domenica 8 dicembre 2013. 


mercoledì 27 novembre 2013

Bergamo, alla scoperta dei pittori veneziani delle «Sette Maniere»

È un pregevole progetto espositivo che accende i riflettori su un raro pittore veneziano quale Pase Pace, documentato in attività tra il 1594 e il 1617, quello promosso dalla Parrocchia e dal Comune di Nembro, in collaborazione con l’Accademia Carrara di Bergamo e per iniziativa di Amalia Pacia della Soprintendenza per i beni storici e artistici di Milano, attorno alla pala d’altare «Madonna con il Bambino in gloria tra san Giovanni Battista e santa Caterina con due devoti», custodita presso la chiesa della Santissima Trinità di Trevasco.
Due i luoghi della provincia bergamasca coinvolti nell’esposizione: da sabato 30 novembre a lunedì 6 gennaio la mostra sarà allestita al Palazzo della Ragione di Bergamo Alta; da sabato 11 gennaio a venerdì 14 febbraio farà tappa a Nembro, negli spazi della Biblioteca centro cultura.
La rassegna, intitolata «Un dipinto come un rebus: la scoperta di Pase Pace (doc. 1594-1617) e i pittori veneziani delle ‘Sette Maniere’», prende spunto dal lavoro di Amalia Pacia e di Giorgio Fossaluzza dell’università di Verona, che sono riusciti a ricondurre la pala bergamasca, la cui attribuzione da tempo costituiva una sfida per gli studi, alla firma di Pase Pace. L’opera, di realizzazione giovanile, diventa così un punto di riferimento importante nel ristretto catalogo di un artista ancora poco indagato, composto da esempi pittorici distribuiti tra Venezia, il territorio bresciano e di Bergamo, a conferma del costante flusso di opere, idee e uomini che nei secoli passati intercorrevano tra Venezia e i domini della Serenissima, specie nel versante occidentale.
I pochi documenti finora editi ci consegnano un Pase Pace quale pittore intimo della famiglia di Paolo Veronese. Probabilmente l’artista compì il suo apprendistato all’interno della bottega dei Veronese, attiva anche dopo la morte del grande maestro.
Alle opere già note, si aggiungono ora nuove attribuzioni, come il dipinto con la «Morte di san Benedetto» (Venezia, Gallerie dell’Accademia) e la pala della «Madonna in gloria e i santi Michele arcangelo, Lorenzo e Stefano» (Mestre, chiesa di San Lorenzo).
Restituita alla sua freschezza inventiva, forse di opera prima, dal complesso restauro eseguito da Antonio Zaccaria, che ha ‘liberato’ la policromia originale dalle numerose e diffuse ridipinture effettuate in passato, la pala di Trevasco conferma nella brillante materia pittorica, nel naturalismo delle forme e nell’intonazione cromatica giocata su toni freddi e note squillanti, la piena adesione di Pace al linguaggio di Paolo Veronese e del suo lascito. Si tratta di una costante quasi invariata anche nella successiva produzione, segnata da una raffinata e quasi meticolosa trascrizione di moduli desunti dalla grande pittura del Veronese, come formulata anche dal fratello Benedetto e dai figli Carletto e Gabriele.
La scoperta della pala giovanile di Pase Pace diventa occasione per compiere un affascinante excursus nel ricco patrimonio pittorico di Bergamo e del suo territorio tra la fine Cinquecento e l’inizio Seicento, con un’indagine a tutto campo sulle presenze di artisti veneti o di inclinazioni ‘veneteggianti’ che ha portato a sorprendenti ritrovamenti e a nuove attribuzioni, di cui dà conto Giorgio Fossaluzza nel suo importante contributo pubblicato nel catalogo di Silvana Editoriale.
La selezione dei dipinti in mostra, provenienti aelle collezioni dell’Accademia Carrara, restituisce la varietà di tendenze e di apporti stilistici di artisti veneti contemporanei di Pace, come Maffeo Verona («Nozze mistiche di santa Caterina») e Giovanni Contarini («Nascita di Eva»), affiancati da esempi di alcuni esponenti delle così dette «Sette Maniere», termine coniato dallo storico Marco Boschini, nel 1674, per definire la fase di transizione della pittura veneziana tra la fine del Cinquecento e i primi decenni del Seicento, caratterizzata da una comune ispirazione ai grandi protagonisti del secolo, Tiziano, Tintoretto e Veronese.
Così, del capofila dei sette pittori, Jacopo Palma il Giovane, si presentano in mostra due straordinari dipinti, la «Sacra Famiglia con santa Caterina da Siena e la Maddalena penitente». Si aggiunge Andrea Vicentino, al quale vengono oggi restituite due tele ancora dell’Accademia Carrara, raffiguranti «Il Compianto di Cristo», già assegnato alla bottega di Jacopo Bassano, e «Il Ritorno del figliol prodigo», esposta in mostra e fino ad oggi ritenuta di scuola veneto-fiamminga.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Pase Pace, «Madonna in gloria con san Giovanni Battista, santa Caterina e due devoti» . Trevasco di Nembro, Chiesa della Santissima Trinità. © Foto Antonio Zaccaria Restauro Beni Culturali, Bergamo; Pase Pace, «Madonna in gloria con san Giovanni Battista, santa Caterina e due devoti»  - Particolare del volto di San Giovanni Battista. Trevasco di Nembro, Chiesa della Santissima Trinità. © Foto Antonio Zaccaria Restauro Beni Culturali, Bergamo; [fig. 3] Palma il Giovane, «Sacra Famiglia con santa Caterina da Siena» . © Bergamo, Accademia Carrara

Informazioni utili
Un dipinto come un rebus: la scoperta di Pase Pace (doc. 1594-1617) e i pittori veneziani delle ‘Sette Maniere’». 
- Accademia Carrara – sede temporanea di Palazzo della Ragione, piazza Vecchia - Bergamo Alta. Orari: martedì-venerdì, ore 9.30-17.30; sabato e domenica, ore 10.00-18.00; chiuso il 25 dicembre e il 1° gennaio. Informazioni: tel. 035.399677, negli orari di apertura della mostra. Catalogo: Silvana editoriale, Cinisello Balsamo (Milano). Sito internet: www.accademiacarrara.bergamo.it. Dal 30 novembre 2013 al 6 gennaio 2014. 
- Biblioteca Centro Cultura,  piazza Italia - Nembro (Bergamo). Orari: martedì –sabato, ore 15.00-19.00; aperto la mattina su prenotazione per privati e scuole.Informazioni:  tel. 035.471370. Catalogo: Silvana editoriale, Cinisello Balsamo (Milano). Sito internet: www.nembro.net.  Dall’11 gennaio al 14 febbraio 2014.