ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

lunedì 22 settembre 2014

«Dormiente», una Contemporary art map per scoprire i tesori contemporanei della Valdelsa

Una mappa a fumetti per conoscere il territorio della Valdelsa e le sue installazioni di arte contemporanea: si potrebbe descrivere così «Dormiente», l’inedita guida turistica nata nell’ambito del progetto «Fenice Contemporanea 2014» da un’idea di Comincon, Arte continua e Culture Attive, che è stata inserita nel cartellone delle iniziative in programma per la candidatura di Siena a Capitale europea della cultura 2019.
La curiosa Contemporary art map, la cui presentazione ufficiale è prevista per giovedì 30 ottobre, è un’antologia di storie a fumetti che interpreta dal punto di vista narrativo e grafico, attraverso dodici brevi suggestioni, altrettante opere di grandi artisti contemporanei -da Antony Gormley a Cai Guo Qiang e Jospeh Kosuth- sparse tra i comuni di Poggibonsi, Colle di Val d’Elsa e San Gimignano, riflettendo non solo sui concetti alla base dei loro interventi, ma anche sul rapporto tra le opere e il contesto cittadino.
Il volume, pubblicato a colori da Comicon edizioni, avrà un formato atipico pensato per un pubblico trasversale, dal lettore del fumetto di ricerca fino al semplice visitatore.
La copertina sarà realizzata da Bianca Bagnarelli; mentre la veste grafica sarà curata da Delebile, un gruppo di artisti formato, tra gli altri, da Ugo Schiesaro, Andrea Settimo, Paolo Cattane e dallo sceneggiatore Lorenzo Ghetti.
Oltre cento pagine comporranno la pubblicazione, arricchita da una cartina allegata e staccabile, con testi e schede sulle opere e testimonianze delle altre attività realizzate dagli artisti Maria Pecchioli e Massimo Ricciardo.
Il libro, che sarà in distribuzione nei siti turistici del Senese e in tutte le fumetterie italiane, ha preso forma da un progetto di residenze d’artista promosso dalle Amministrazioni comunali di Poggibonsi, San Gimignano e Colle di Val d’Elsa, con la collaborazione della Fondazione Monte dei Paschi di Siena, di Vernice Progetti Culturali e della Fondazione Elsa e con il contributo economico della Regione Toscana nell’ambito di ToscaninContemporanea2013. Obiettivo dell’iniziativa era far rivivere il patrimonio d’arte contemporanea presente in Valdelsa grazie al lavoro di artisti quali Maria Pecchioli, Massimo Ricciardo, il Collettivo Delebile e Kiki Smith.
«Fenice Contemporanea» ha così idealmente ripercorso gli ultimi venti anni di arte contemporanea in Valdelsa, teatro di performance che hanno visto protagonisti nomi eccellenti della scena artistica internazionale coinvolti dalla Galleria «Arte Continua» di San Gimignano nel progetto «Arte all’Arte», che ha lasciato traccia in installazioni artistiche tutt’oggi disseminate sul territorio, ma spesso sconosciute ai cittadini e ai visitatori.

Didascalie delle immagini 
[Fig.1 ] Cover della Contemporary art map «Dormiente»; [fig. 2] Mimmo Paladino, «I dormienti», 2000. Poggibonsi (Siena), Fontana delle fate; [fig. 3] Antony Gormley, «Fai spazio, Prendi posto» , 2004. Poggibonsi (Siena), sedi varie 

Informazioni utili 
www.facebook.com/FeniceContemporanea

venerdì 19 settembre 2014

«Little Big Things», la storia del profumo attraverso la collezione Storp

La famiglia Storp, fondatrice nel 1911 a Monaco di Baviera della Drom fragrances, ha raccolto con competenza e passione, nell’arco di più generazioni, una collezione rara e importantissima di flaconi e contenitori per profumi che oggi conta oltre tremila pezzi e sei millenni di storia. Una significativa selezione di queste opere caratterizza ora, grazie a un prestito a lungo termine, l’inedita proposta espositiva del rinnovato Museo di Palazzo Mocenigo a Venezia – Centro studi di storia del tessuto e del costume.
Per approfondire e ampliare questo interessante tema museografico, la città lagunare propone, fino al prossimo 6 gennaio, nell’androne al piano terra del museo di San Stae una mostra di oltre un centinaio di pezzi -unici per rarità e bellezza- provenienti dalla collezione Storp.
L’esposizione, curata da Chiara Squarcina, con la direzione scientifica di Gabriella Belli, si realizza in collaborazione con il team di Drom fragrances e rappresenta un’opportunità inedita attraverso cui dar conto del virtuosismo e della creatività artigianale sviluppatisi nel campo della produzione di manufatti destinati a contenere il profumo, dall’antichità ai giorni nostri.
Opere d’arte vere e proprie questi piccoli ma preziosi contenitori, dalle soluzioni stilistiche originali ed esclusive, celebrano un’arte antichissima diffusasi in Medio Oriente e poi approdata in Grecia e a Roma.
Il termine «profumo», dal latino per fumum (letteralmente «attraverso il fumo») identifica originariamente una duplice funzione, religiosa e profana.
I primi profumi consistevano in aromi bruciati, come l’incenso, in offerta agli dei e agli antenati.
Quest’arte, che conquisterà anche l’Asia grazie alla mediazione dei mercanti arabi, ritornerà nuovamente in Europa al tempo delle Crociate per raggiungere Venezia.
Il ruolo fondamentale della città lagunare -nelle origini di questa tradizione estetica, cosmetica e imprenditoriale- è messo in luce proprio nella nuova sezione del museo dedicata al profumo, di cui questa mostra costituisce un prezioso corredo, valorizzando una produzione manifatturiera cosiddetta «minore» ma dall’alto significato storico.
I flaconi per profumi hanno saputo far evolvere l’arte della profumeria grazie all’ingegno e alla creatività dei loro ideatori. Esposti negli scrigni di luce nella magica cornice di Palazzo Mocenigo, si svelano nella loro più attuale e affascinante modernità.
La collezione spazia da rarissimi pezzi antichi, come un vaso portaolio in terracotta egiziano del III/II sec. a.C., a flaconi e scrigni in vetro, porcellana e biscuits datati tra il XVI e il XIX secolo, fino ad uno straordinario Flacone in vetro satinato realizzato su design di Salvador Dalì e alle più note creazioni delle maggiori case essenziere e di profumo moderne.
Suddivisa in quattro sezioni principali intitolate «Il divino», «L’amore», «La protezione» e «L’identità», rappresentative di tutte le epoche, la mostra evoca emozioni dimenticate, sconosciute o troppo spesso sepolte nella memoria collettiva.
Sarà così possibile vedere pezzi eccezionali dell’antichità e dell’era pre-classica, illustrati utilizzando note figure della mitologia, ma anche alcuni dei migliori esemplari della marca di profumi Worth e una vetrina dedicata a Elsa Schiapparelli. Nelle varie sale si potranno, invece, respirare le Drom fragrances che sette profumieri internazionali hanno realizzato per la mostra veneziana, le cui «testimonianze fragili della storia del costume» sapranno senz’altro affascinare il visitatore grazie alla loro evocativa forza d’ispirazione.

Didascalie delle immagini 
 [Fig. 1] Pomander o pomo d'ambra - argento dorato, riccamente inciso, catena in argento. Pomander costituito da sei segmenti apribili, decorato all'interno con animali e scene di caccia. Firmato sull'elemento centrale dall'alto al basso: zibetto 1 / ambra 2 / muschio su tre dei sei coperchi scorrevoli: «Limone BA 5 / Rosmarino B 3 / Angelica BA 6». Germania Meridionale, fine XVI sec., 6,5 cm. © drom fragances. [Fig. 2] Perfume Egg. Composizione porta profumi - due gusci con due flaconi in cristallo, montatura in ottone su basamento onice. Francia, 1870 ca., 16 cm. © drom fragances; [fig. 3] Vista di insieme di alcuni esemplari della collezione Storp. 

Informazioni utili
«Little Big Things». Palazzo Mocenigo - Centro studi di storia del tessuto e del costume, Santa Croce, 1992 – Venezia. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-17.00 (la biglietteria chiude mezz’ora prima); chiuso il lunedì. Ingresso: intero € 8,00, ridotto € 5,50, scuole € 4,00. Informazioni: info@fmcvenezia.it, call center 848082000 (dall’Italia), tel. + 3904142730892 (dall’estero). Sito internet: mocenigo.visitmuve.it.  Fino al 6 gennaio 2015. 


mercoledì 17 settembre 2014

Manzù versus Marino Marini, scultori a confronto nel Parmense

La Villa dei capolavori di Mamiano di Traversetolo apre per la prima volta le porte alla scultura contemporanea. Nella dimora parmense, oggi sede della Fondazione Magnani Rocca, è, infatti, in corso la mostra «Manzù – Marino. Gli ultimi moderni», per la curatela di Laura D’Angelo e Stefano Roffi.
Un’ampia selezione di sculture, dipinti e lavori grafici realizzati dai due artisti negli anni compresi tra il 1950 e il 1970 documenta la loro fiduciosa apertura verso le molteplici lingue della modernità e la capacità dimostrata da entrambi nell’incontrare il gusto di un colto e sofisticato mercato internazionale.
Le opere esposte, visibili fino al prossimo 8 dicembre, provengono dalla Fondazione Marino Marini di Pistoia, dal Museo Marini di Firenze, dalla Fondazione e Museo Giacomo Manzù di Ardea (Roma) e da altre importanti collezioni private e pubbliche. Si tratta di lavori visibili molto di raro al di fuori dei loro consueti contesti museali, dei quali rimarrà documentazione in un ricco catalogo di Silvana editoriale. Grazie a questa mostra è, inoltre, possibile sperimentare un inedito confronto diretto -visivo e critico- tra Giacomo Manzù (Bergamo, 22 dicembre 1908 – Roma, 17 gennaio 1991) e Marino Marini (Pistoia, 27 febbraio 1901 – Viareggio, 6 agosto 1980), artisti che hanno offerto un’interpretazione della scultura figurativa classica in una chiave stilistica del tutto personale, i cui esiti affascinanti e sorprendenti dimostrano come la loro produzione fosse ben lontana dall’obsolescenza e dalla chiusura alla storia, bensì perfettamente in grado di esprimere il dramma e il senso dell’uomo dopo le dissoluzioni del conflitto planetario.
Il percorso espositivo si apre con due opere emblematiche, il «Grande ritratto di signora» di Manzù e il «Cavaliere» di Marino -la prima del 1946, la seconda del 1945- provenienti da prestigiose collezioni private. Si tratta di due sculture in grado di spiegare gli aspetti più importanti delle ricerche figurative compiute dai due artisti, dal riferimento a Medardo Rosso per il bergamasco, alla questione della serialità per il maestro toscano. Seguono grandi bronzi, rilievi, dipinti e lavori grafici, in una successione che tiene conto dei temi maggiormente praticati da entrambi nei decenni presi in esame, a partire dalla danza. Si trovano anche i celeberrimi «Cardinali» di Manzù e i «Giocolieri» di Marini. Una speciale attenzione viene, poi, dedicata ai ritratti; non soltanto per sottolineare l’interesse che entrambi nutrirono nei confronti di questo genere artistico, ma anche per fornire una chiave di lettura della loro personalità attraverso i nomi di artisti, galleristi, collezionisti e che ne sostennero e ne accompagnarono l’attività lungo gli anni Cinquanta e Sessanta, tra i quali si ricordano papa Giovanni XXIII, Igor Stravinskij, Marc Chagall, Jean Arp, Mies van der Rohe, John Huston, Kokoschka, oltre alle mogli, Inge Manzù e Marina Marini.
Differenti i percorsi di studio. Mentre Marino Marini si iscrive nel 1917 all’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove frequenta i corsi di pittura e di scultura; Manzù non può vantare un’educazione accademica e, figlio di un calzolaio, si forma all’interno delle botteghe bergamasche specializzate nell’intaglio e nella doratura.
Tra la fine degli anni Venti e l’inizio dei Trenta, entrambi si trasferiscono a Milano, dove ha inizio una stagione di riflessione e di ricerca che li condurrà, nel giro di pochi anni, a imporsi nel contesto artistico nazionale, portando i primi prestigiosi riconoscimenti internazionali.
Nel 1935 Marino Marini si aggiudica, per esempio, il premio di scultura alla seconda Quadriennale d’arte nazionale di Roma; mentre all’edizione successiva dell’esposizione, nel 1939, lo stesso premio viene assegnato a Manzù. La carriera dei due artisti prosegue con intensità lungo gli anni Quaranta e alle mostre si succedono nuovi successi. Nel 1948 Manzù allestisce una sala personale alla Biennale di Venezia e si aggiudica il premio per uno scultore italiano assegnato dal Comune di Venezia; nel 1952 il medesimo riconoscimento è assegnato a Marino Marini. È all’indomani di questi premi che per i due scultori si inaugura la fase di maggior impegno sul fronte internazionale: le loro opere figurano nelle più importanti esposizioni allestite in Gran Bretagna, Francia, Germania e Stati Uniti e, mentre, dagli anni Cinquanta, l’attività di Marino Marini si sposta principalmente all’estero, Manzù inizia a lavorare alla realizzazione della Porta della Morte per la Basilica di San Pietro, la cui inaugurazione, nel 1964, segna il punto di massima popolarità raggiunto dall’artista.
L’esposizione parmense permette, dunque, una riflessione ad ampio raggio sull’attività dei due artisti con approfondimenti tematici sul genere del ritratto, sul significato della serialità in scultura, sulle fonti visive delle due produzioni e sul dialogo di entrambi gli artisti con il contesto internazionale.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Giacomo Manzù, «Bambina sulla sedia», 1955; [fig. 2] Giacomo Manzù, «Cardinale seduto», 1957; [fig. 3] Marino Marini, «Danzatrice», 1952-53; [fig. 4] Marino Marini, «Cavallo e Cavaliere», 1950

Informazioni utili 
«Manzù – Marino. Gli ultimi moderni». Fondazione Magnani Rocca, via Fondazione Magnani Rocca, 4 - Mamiano di Traversetolo (Parma). Orari: martedì-venerdì, ore 10.00-18.00 (la biglietteria chiude alle ore 17.00); sabato, domenica e festivi continuato, ore 10.00-19.00 (la biglietteria chiude alle ore 18.00); lunedì chiuso, ma aperto lunedì 8 dicembre. Ingresso: intero € 9,00; scuole € 5,00. Catalogo: Silvana editoriale, Cinisello Balsamo (Milano). Informazioni e prenotazioni gruppi: tel. 0521.848327/848148, fax 0521.848337, info@magnanirocca.it. Sito internet: www.magnanirocca.it. Fino all’8 dicembre 2014.