ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

mercoledì 12 novembre 2014

«Morandi e l’antico» in mostra a Bologna

Federico Barocci, Giuseppe Maria Crespi, Rembrandt van Rijn e Vitale da Bologna: sono questi gli artisti selezionati per la mostra «Morandi e l’antico» che, in occasione dei cinquant’anni dalla morte del maestro bolognese, focalizza l’attenzione sul suo rapporto con l’arte del passato, scegliendo di introdurre nel percorso espositivo del Museo Morandi di Bologna alcuni capolavori di autori che hanno operato tra il Trecento e il Settecento.
Il rinnovato allestimento, visitabile fino al 17 maggio, va di pari passo con gli importanti prestiti legati all'imminente apertura al National Museum of Modern and Contemporary Art di Deoksugung della mostra su Giorgio Morandi promossa in occasione delle celebrazioni per i centotrent'anni delle relazioni diplomatiche tra Italia e Corea e che, dal 19 novembre al 25 febbraio, vedrà protagonista il «pittore delle bottiglie» della prima personale a lui dedicata nel Paese asiatico.
Per Giorgio Morandi l’osservazione degli antichi non era solo studio accademico e parte integrante della pratica che accompagna ogni formazione artistica. Si trattava soprattutto di una traiettoria per collegarsi a quella linea ideale che congiungeva Piero della Francesca a Paul Cézanne attraverso Chardin e Camille Corot. L'artista era assiduo visitatore della Pinacoteca cittadina, dove non si stancava di osservare le tele di Guido Reni e del Guercino o i dipinti di Giuseppe Maria Crespi, di cui possedeva alcune opere nella sua collezione privata. Ma amava anche le tavole dei Primitivi ed era un fine conoscitore della pittura bolognese delle origini fino a conservare per sé tre frammenti attribuiti da Roberto Longhi allo Pseudo Jacopino di Francesco.
Quando non entrava in una chiesa della sua città per ammirare le pale d’altare, il maestro emiliano era a Firenze, Padova, Roma, Venezia o a mostre e biennali, dove aveva occasione di confrontarsi con i francesi Renoir, Monet e Courbet.
Ma l’occhio del grande artista e la sua eccezionale capacità percettiva si manifestavano ancor prima nella conoscenza e nella profonda comprensione degli artisti attraverso le sole riproduzioni in bianco e nero. Oltre a Cézanne, Giorgio Morandi scoprì la pennellata lenta di Chardin, la nitidezza dell’immagine di Vermeer, i paesaggi immensi di Corot, cui si aggiungono i fondamentali esempi di Seurat e Rousseau.
L'artista non ebbe meno interesse nei confronti di Rembrandt, considerato un maestro assoluto dell'arte incisoria. È, infatti, a lui che il pittore bolognese si ispirò per diventare uno fra i più grandi incisori all’acquaforte di tutti i tempi, tecnica che insegnò ininterrottamente all'Accademia di Belle Arti di Bologna dal 1930 al 1956.
Il progetto espositivo rilegge il percorso di Giorgio Morandi, analizzandone i temi e le stagioni che hanno caratterizzato la sua attività artistica. Una prima area tematica, denominata «Oltre il genere», evidenzia come nature morte e paesaggi, ovvero i motivi frequentati assiduamente dal maestro bolognese, costituiscano la via privilegiata per superare i temi della rappresentazione a favore di una concentrazione sulla pratica pittorica. A seguire, la sezione «Tempo e composizione» esemplifica come nell'approccio agli oggetti comuni, allo spazio dei paesaggi, ai fiori di stoffa, l’artista individui composizioni di geometrie elementari come cubi, cilindri, sfere e triangoli, in cui si esprime l’essenza delle rispettive qualità visibili. Sulla tela il pittore spoglia l'oggetto di ogni elemento superfluo per restituire, limpido, il sentimento del visibile. Il rigore formale delle nature morte morandiane si accompagna a un'atmosfera silenziosa e contemplativa, che ben si sposa con le due opere di arte antica scelte per il nuovo allestimento, studiato dall’Istituzione Bologna Musei, in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni storici, artistici ed etnoantropologici per le Province di Bologna, Ferrara, Forlì/Cesena, Ravenna e Rimini e la Pinacoteca nazionale.Lungo il percorso si trova così la tela «Giocatori di dadi» di Giuseppe Maria Crespi (Bologna, 1665 - 1747),un’opera del 1740 conservata al Museo Davia Bargelini e comparsa per la prima volta nelle fonti nel 1920 grazie all’interessamento del critico Matteo Marangoni, la cui essenzialità della fattura e il vibrare dei chiari sui toni fondi, ma colorati la rendeva degna dell’ammirazione di Giorgio Morandi.
Nella stessa sezione sono, poi, visibili due lavori di Vitale da Bologna (notizie dal 1330 al 1359): le tempere su tavola «Sant'Antonio Abate e San Giacomo Maggiore» (1345-50 ca.) e «San Pietro benedicente un donatore con veste da pellegrino» (1345-50 ca.), per lungo tempo credute parti di un polittico al cui centro avrebbe dovuto trovarsi la «Madonna col Bambino», detta «Madonna dei Denti», ora al museo Davia Bargellini, che il pittore bolognese celebrò in una lettera all'amico Cesare Brandi del marzo 1939: «[...]Oggi sono stato in Municipio a vedere i due laterali del trittico di Vitale. Sono veramente stupendi; molto più belli, almeno per me, della parte centrale della Galleria Bargellini...».
Il percorso espositivo dedica, quindi, una bella sezione all'incisione, nella quale sono accostate diciannove acqueforti morandiane, tra le quali «Natura morta con pane e limone» (1921) e «Il giardino di via Fondazza» (1924), a due opere di Rembrandt (Leiden, 1606 – Amsterdam, 1669) e Federico Barocci (Urbino, 1535 – 1612). Del primo artista è esposto «Nudo femminile disteso (La negra sdraiata)», un'opera grafica appartenuta all'artista bolognese, nella quale il maestro olandese riuscì a far emergere la figura scura dalla penombra dello sfondo, modulando con cura i diversi volumi del corpo in toni e semitoni. Di Barocci  è, invece, esposta un'«Annunciazione» (1584–1588), nella quale il maestro urbinate sperimenta per la prima volta il nuovo processo delle morsure replicate, caratterizzato da una copertura a cera, mezzo fondamentale per creare profondità prospettica e diverse intensità di chiaroscuro.
L’utilizzo sulla stessa lastra di tecniche diverse quali il tratteggio, il reticolo e il puntinato consente all’artista di raggiungere esiti altissimi, e di risolvere il problema del rapporto forma – luce – spazio, graduando l’intensità del segno e ottenendo così inediti valori tonali. Nell'area tematica successiva, «La poetica dell'oggetto», le nature morte della maturità, con le loro forme, i lori colori e i loro giochi di luci ed ombre, divengono poco più che suggestioni. Le sagome sfumano una dentro l'altra in una fusione di luci e colori ma l'oggetto rimane nella memoria dell'artista e sulla tela come forma stabile e primaria, elemento fondante di una poetica che non prescinde mai dalla realtà. È qui visibile l'ultima natura morta dipinta e firmata da Morandi nel 1964, che rimase sul cavalletto come epilogo o possibile apertura di una nuova stagione.
l tema dell'oggetto sempre presente e visibile seppur nella sua dissolvenza emerge con forza nel lavoro qui esposto di Tony Cragg, «Eroded Landscape» (1999), in cui i bicchieri, le bottiglie e i vasi che lo compongono trascendono la propria funzione, manifestandosi in una fisicità effimera, ma durevole.
Chiude il percorso espositivo una sezione di approfondimento sulla figura e l'opera di Giorgio Morandi, nella quale sono presentati una serie di dieci immagini fotografiche dello studio e degli oggetti dell'artista, realizzate da Jean-Michel Folon. Trova, inoltre, collocazione in questa parte conclusiva l'opera «Not Morandi (natura morta), 1943» (1985) dell'artista americano Mike Bidlo, recentemente entrata a far parte della collezione permanente del Mambo.

Didascalie delle immagini 
 [Fig. 1] Rembrandt van Rijn (Leiden, 1606 – Amsterdam, 1669), «Nudo femminile disteso (La negra sdraiata)», 1658. Acquaforte, bulino e puntasecca su rame, 80 x 157 mm. Istituzione Bologna Musei - Casa Morandi; [fig. 2] Giorgio Morandi, «Natura morta con pane e limone», 1921 (V.inc.13). Acquaforte su rame. Istituzione Bologna Musei - Museo Morandi; [fig. 3]  Giuseppe Maria Crespi (Bologna, 1665 - 1747), «Giocatori di dadi», 1740 ca.. Olio su tela, 58 x 46,5 cm. Museo Davia Bargellini, Bologna; [fig. 4] Giorgio Morandi, «Natura morta», 1963 (V.1323). Olio su tela. Istituzione Bologna Musei | Museo Morandi; [fig. 5] Federico Barocci (Urbino, 1535–1612), «Annunciazione», 1584–1588. Acquaforte e bulino, 438 x 313 mm. Pinacoteca Nazionale, Bologna; [fig. 6] Giorgio Morandi,«Natura morta con panneggio a sinistra», 1927 (V.inc.31).Acquaforte su zinco. Collezione privata

Informazioni utili 
«Morandi e l’antico: Vitale da Bologna, Barocci, Rembrandt e Crespi». Museo Morandi @ Mambo, via Don Minzoni, 14 – Bologna. Orari: martedì, mercoledì e venerdì, ore 12.00-18.00, giovedì, sabato, domenica e festivi, ore 12.00-20.00. Ingresso: intero (comprensivo di accesso alle mostre temporanee) € 6,00, ridotto € 4,00. Informazioni: tel. 051.6496611, fax 051.6496637 o info@mambo-bologna.org. Sito internet: www.mambo-bologna.org. Fino al 17 maggio 2015.

martedì 11 novembre 2014

AAA cinquanta mostre offronsi. Anonima Talenti mette on-line il suo catalogo

In tempi di crisi economica, arrivano le mostre «chiavi in mano». A proporle è Anonima talenti, società della Repubblica di San Marino che ha appena messo on-line il suo ricco catalogo di esposizioni. Va subito chiarito che quelle proposte dal gruppo fondato da Cesare Bernardi non sono mostre formate da pannelli fotografici o da riproduzioni, ma rassegne vere e proprie con opere d’arte originali realizzate da grandi maestri del passato o del contemporaneo storicizzato, curatori di fama e comitati scientifici di alto livello. Mostre serie e di qualità, dunque, capaci di attrarre anche un buon numero di visitatori, ma tutte disponibili a un costo limitato.
Ma come è nata l’idea di proporre questo nuovo servizio ad Anonima Talenti? «Ci siamo resi conto -spiega Cesare Bernardi- delle difficoltà da parte di molte amministrazioni a ideare e gestire, al proprio interno, eventi espositivi di richiamo, soprattutto se a cadenza annuale. Le strutture interne necessitano di tempi medi per pensare, finanziare e gestire una loro mostra. Mediamente almeno due anni. Mentre questi uffici stanno lavorando alla concretizzazione dei loro progetti, gli spazi espositivi non possono restare vuoti e non possono nemmeno accogliere esposizioni che comprometterebbero l’immagine che la sede si è conquistata». Da queste considerazioni -racconta ancora il patron di Anonima Talenti- «è nata la nostra proposta di ideare mostre di elevata qualità, personalizzabili rispetto ad esigenze e strategie territoriali, che richiedono l’impegno di direttori o funzionari soprattutto nella fase di condivisione e personalizzazione del progetto, sgravandoli però da tutto il resto».
«Altra caratteristica -prosegue Cesare Bernardi- è il costo molto contenuto dei nostri lavori, che possiamo garantire perché siamo attivi su diversi fronti contemporaneamente».
Dopo aver offerto servizi che spaziavano dalla segreteria organizzativa alla comunicazione, la società sanmarinese ufficializza, dunque, anche la fase propositiva, mettendo a disposizione progetti per grandi mostre e, se di interesse dell’acquirente, anche la loro gestione parziale o completa.
Centocinquanta eventi gestititi in venti anni di esperienza fanno di Anonima Talenti una garanzia di successo per chiunque voglia sperimentare questo nuovo servizio. Ma cosa offre il catalogo? Sfogliandolo si possono consultare più di quaranta proposte che, però, diventano almeno una cinquantina giocando su ulteriori mostre nate dal confronto tra due artisti qui proposti in monografiche. Dai massimi esponenti della storia dell’arte italiana tra Quattrocento e Settecento a grandi autori degli ultimi due secoli come Giorgio Morandi e Massimo Campigli, senza dimenticare contemporanei ancora viventi è, dunque, ampio l’offerta espositiva, realizzata a partire da collezione private come la Cavallini-Sgarbi e la Reverberi e dalle raccolte di un nucleo di pinacoteche e di musei italiani di rilievo. Tra le proposte, si segnalano l’intera collezione Brandi o i magnifici fiamminghi della collezione Spannocchi, entrambe patrimonio dei musei senesi, i capolavori della Pinacoteca dell’Accademia dei Concordi di Rovigo o monografiche raffinate e colte, come quelle sul Trecento senese e su artisti tutti da scoprire come Leonello Spada, detto la «Scimia del Caravaggio», il bavarese Ignazio Stern, maestro del barocco molto attivo in Italia, o ancora Marco Marchetti, che operò accanto a Giorgio Vasari in Palazzo Vecchio.
Sul fronte del Novecento, Anonima Talenti propone mostre con opere della collezione Venezia e importanti monografiche su maestri quali Guttuso, de Chirico, Mattia Moreni, Sebastian Matta, Agenore Fabbri e il raffinato futurista Mino delle Site, ma non solo. Varia è anche l’offerta di mostre di disegni, fotografia e grafica, tra le quali spiccano quelle dedicate a Le Courbousier e a Franco Fontana. Di notevole pregio si rivelano, poi, le mostra dedicate alle arti applicate: dalle opere di Gio Ponti per Richard Ginori a quelle che mette in raffronto ceramiche e vetri firmati da Giovanni Gariboldi e Paolo De Poli.
Tante, dunque, le mostre proposte da Anonima Talenti, «in grado di soddisfare –afferma, per finire, Cesare Bernardi- anche palati difficili e attenti, com’è giusto siano quelli di coloro che negli enti e nelle istituzioni hanno il compito di programmare le stagioni d’arte».

Informazioni utili 
www.anonimatalenti.com

lunedì 10 novembre 2014

Restauro, il fondo Tefaf premia due progetti su Francisco Zurbarán

Sono due progetti legati alla figura di Francisco Zurbarán (Fuente de Cantos, 1598 – Madrid, 1664), pittore spagnolo che ha interpretato il fervore religioso dei suoi tempi con uno stile moderno, intimo e grandioso nello stesso tempo, ad essere stati premiati quest’anno dall’Executive Committee della Tefaf (The European Fine Art Foundation), fiera di arte e antiquariato famosa in tutto il mondo per il suo impegno nell’eccellenza e nell’eleganza, che sta già lavorando alacremente alla sua prossima edizione in programma dal 13 al 22 marzo 2015 al Meec di Maastricht.
Henk van Os, Kenson Kwok, Rachel Kaminsky e David Bull, i quattro esperti che compongono la commissione del Museum Restoration Fund, hanno, infatti, deciso di premiare con una donazione di cinquantamila euro le candidature avanzate dal Museo Kunstpalast di Düsseldorf per il restauro del «San Francesco d’Assisi in meditazione»(circa 1630-1635) e dal Wadsworth Atheneum Museum of Art di Hartford per il recupero del «San Serapio»(1628).
Il comitato che gestisce il fondo per i restauri della Tefaf, nato nel 2012 per celebrare i venticinque anni della fiera, si è detto piacevolmente colpito per l’elevata qualità e diversità dei progetti presentati, grazie ai quali è stata offerta una rara occasione per stimolare lo scambio di expertise tra i musei, a seguito dei quali sono stati premiati due lavori di Francisco Zurbarán, definito dalla critica il «Caravaggio spagnolo» per la sua capacità di disegnare i volumi attraverso sapienti pennellate di luce.
Il «San Francesco d’Assisi in meditazione», realizzato tra il 1630 e il 1635, ha un valore straordinario per la Germania dal momento che è uno degli unici cinque dipinti autentici di Francisco Zurbarán che si trovano in collezioni pubbliche tedesche. L’opera, esposta nella galleria Rubens del Kunstpalast di Düsseldorf, sarà al centro di un’ampia mostra sull’artista spagnolo che il museo ha in programma per l’autunno del 2015, ragion per cui un intervento immediato di conservazione e di restauro della tela (di cui il museo intende creare un film-documentario) è condizione indispensabile.
Il «San Serapio» venne, invece, dipinto nel 1628 per il convento della Merced Calzada di Siviglia ed è uno degli esiti più alti del primo periodo dell’artista. L’opera è giunta al Wadsworth Atheneum nel 1951 ed è oggi una delle tele principali della sua collezione di dipinti barocchi, tra i più grandi depositi di opere del XVII secolo presente negli Stati Uniti, ed è destinata a diventare il cuore pulsante del nuovo allestimento la cui inaugurazione si terrà il prossimo anno.
Attualmente, entrambe le opere versano in condizioni seriamente compresse strutturalmente ed esteticamente. Sebbene ciascun dipinto necessiti di un trattamento specifico e ad hoc, entrambi richiedono un’ampia azione di conservazione. Quindi, per riportare i due capolavori alla gloria di un tempo, si prevede la rimozione di un precedente e mediocre tentativo di restauro, della vecchia vernice e delle parti che si stanno disgregando e il riempimento delle aree di caduta del colore e delle vecchie abrasioni.
Per l'intervento sul «San Serapio» del Wadsworth Atheneum si prevede, nello specifico, un consolidamento e una trasformazione estetica. Non solo il valore dell’opera ne verrà aumentato ma questa sarà anche messa in una nuova luce nell’ambito della storia dell’arte, permettendo al visitatore di apprezzare a pieno l’intento originale dell’artista. Il lavoro di restyling sul «San Francesco d’Assisi in meditazione» servirà, invece, a creare una superficie più omogenea, migliorandone l’apparenza estetica così che possa, ancora una volta, trasmettere il suo potente messaggio.
Entrambi i lavori saranno raccontati, passo dopo passo, sul sito web di Tefaf e sui social media, mentre il video relativo a ciascun progetto scorrerà sugli schermi posti nella hall di ingresso del Meec di Maastricht, in occasione della prossima edizione della fiera.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Francisco Zurbarán, «San Serapio», 1628. Usa, Wadsworth Atheneum Museum of Art di Hartford; [fig. 2] Francisco Zurbarán, «San Francesco d’Assisi in meditazione», 1630-1635. Germania, Museo Kunstpalast di Düsseldorf

Informazioni utili
www.tefaf.com



venerdì 7 novembre 2014

«Musiche in mostra»: dodici concerti nei musei di Piemonte e Liguria

Tango e hypercello: sono queste le parole chiave dell’appuntamento che sabato 8 novembre inaugura a Genova, negli spazi di Palazzo Rosso, la ventinovesima edizione della rassegna «Musiche in mostra», promossa da Rive Gauche Concerti, con il sostegno della Compagnia di San Paolo e con i contributi della Regione Piemonte e di molte altre realtà, tra le quali l’Accademia Albertina di Belle arti di Torino e il Conservatorio Vivaldi di Alessandria, che animerà lezioni-concerto nei licei cittadini.
«Dodici tanghi in contemporanea» è il titolo dello spettacolo, in programma a partire dalle ore 17.30, che vedrà esibirsi interpreti di rilievo internazionale nel campo del pianismo, come il Duo Pianox2, e dell’hypercello, come il violoncellista Nicola Baroni.
A fare da filo conduttore a questo appuntamento, e a tutti gli altri incontri che animeranno varie sedi espositive del territorio nazionale fino al prossimo 6 dicembre, è il rapporto tra passato e presente. In questo caso, il dialogo tra antico e contemporaneo si connoterà come relazione tra una danza ultracentenaria, viva ancora oggi nel repertorio colto, e uno strumento di antiche tradizioni quale il violoncello, rimodulato nella sua versione elettronica.
La rassegna si sposterà, quindi, a Torino, dove domenica 9 novembre l’Accademia Albertina ospiterà il concerto «La voce e il soffio», nel quale il suono del trombone, uno degli strumenti a fiato più nobili e antichi, si unirà a interventi di pianoforte ed elettronica per un programma di raro fascino, che vedrà esibirsi il trombonista svedese Ivo Nilsson e il Duo Alterno, considerato uno dei più significativi punti di riferimento nel repertorio vocale-pianistico dal Novecento storico.
L’appuntamento successivo, in agenda il 15 novembre al Palazzo Tursi di Genova, sarà, invece, dedicato a uno dei padri della contemporaneità: il compositore ungherese Béla Bartók. La sua musica verrà messa a confronto con quella del giovane Ensemble De Rerum Mechanica, la cui anima è il compositore fiorentino Manzini, vincitore del Toru Takemitsu Composition Awards 2014, nel concerto «La Babele dei linguaggi».
Il confronto tra musica e arte proseguirà con due appuntamenti incentrati su un repertorio chitarristico novecentesco nei quali si esibiranno Bryan Johanson e Jesse McCann: «Toccata in blu», il 16 novembre all’Accademia Albertina di Torino, e «Magic Serenade», il 18 novembre al Conservatorio Vivaldi di Alessandria.
Nel nome di Nino Rota e delle sue indimenticabili colonne sonore da film verrà, invece, intessuto il programma dell’appuntamento successivo: «Musica dallo schermo», che il 22 novembre vedrà esibirsi all’Archivio di Stato di Asti il duo formato da Mario Carbotta e Carlo Balzaretti. In scena, quindi, l’Ensemble SpazioMusica di Cagliari, da decenni impegnato nella performatività contemporanea, che il 23 novembre proporrà all’Accademia Albertina di Torino «Fuga Libre. L’ultimo contrappunto», una versione, tra passato e presente, della fuga, notoriamente considerata la più alta espressione del contrappunto della tradizione occidentale.
La rassegna diretta da Riccardo Piacentini proseguirà, quindi, con un evento dedicato alla memoria di Nuto Revelli: «Il mondo dei vinti: foto-suoni per Paraloup», in scena il 29 novembre alla Sala San Giovanni di Cuneo. Il Duo Alterno eseguirà uno dei lavori più rappresentativi degli anni Sessanta, raramente presente nelle programmazioni concertistiche e pietra miliare della vocalità nel Novecento: «La fabbrica illuminata» di Luigi Nono, nata nel ’64 per denunciare la situazione di sfruttamento dei lavoratori della Italsider, accanto a «Il mondo dei vinti», foto-suoni della borgata partigiana di Paraloup, su materiali audio raccolti in quota da Piacentini, contrappuntati con i materiali fono-antropologici raccolti da Nuto Revelli.
Due capolavori delle avanguardie storiche, di Stockhausen e Cage, faranno, poi, da cornice al concerto «Formale Informale», in agenda il 30 novembre all’Accademia Albertina di Torino. Sul palco si esibiranno sei interpreti tra i più accreditati nel mondo della musica contemporanea uniti nella compagnia ImprovvisoFantasia: Gianni Trovalusci, Giuseppe Giuliano, Walter Prati, Sergio Armaroli e due giovani artisti di riconosciuta bravura come il clarinettista Michele Mazzini e il violoncellista Gabriele Battaglia.
Trae, invece, spunto da una delle opere più significative di Girolamo Frescobaldi il titolo del concerto «Cento passacaglie», in agenda il 6 dicembre all’Archivio di Stato di Asti, nel quale si esibiranno Mattia Laurella e Gian Luca Rovelli su antichi strumenti, come il flauto traversiere e il clavicembalo.
Nel programma di «Musiche in mostra» rientrano anche le due lezioni-concerto nate da un progetto innovativo ideato dai giovani musicisti del Conservatorio Vivaldi di Alessandra per gli studenti dei licei, in programma il 13 e il 20 novembre: «MDA - Musica degli Animali», nove prime esecuzioni assolute di autori under 35 eseguite dall’Ensemble Innesti di Cultura.
Un programma, dunque, vario quello proposto in questa edizione da Riccardo Piacentini, che coinvolgerà cinque città del Piemonte e della Liguria, dove saranno ospitati dodici concerti uniti dal tema «Tra passato e presente».

Didascalie delle immagini 
[Fig. 1] Ritrattro del Duo Pianox2; [fig. 2] Ritratto del Duo Alterno; [fig. 3] Ritratto di Bryan Johanson 

Informazioni utili 
Musiche in mostra - XXIX edizione. Informazioni: tel. 011.6614170 e rivegaucheconcerti@libero.it. Sito Web: rivegaucheconcerti.org. Facebook: MusicheInMostra. Dall’8 novembre al 6 dicembre 2014.

giovedì 6 novembre 2014

Roma, l’iconografia della fantascienza in mostra in quattro mercati rionali

Razzi celesti, astronavi, robot, dischi volanti e marziani tra i banchi di frutta e verdura: è quanto sta accadendo in questi giorni in quattro mercati rionali di Roma (Unità, in via Cola di Rienzo; Vittoria, in via Sabotino; Pinciano, in via Antonelli; e Savoia, in piazza Gimma). L’occasione è offerta dalla mostra «Fantascienza.1950-1970. L’iconografia degli anni d’oro», ideata e curata da Marco Panella, nella quale si racconta il mito della science fiction in Italia attraverso una selezione di duecentoottanta immagini provenienti da fumetti, libri, manifesti, rotocalchi, riviste, pubblicità, figurine e quaderni scolastici. Quattro i temi indagati dalla rassegna, prodotta da Artix e visibile fino al 23 novembre: invasione, frontiera, creazione robotica e viaggio.
È il 1952 quando nelle edicole del nostro Paese escono pubblicazioni come «Scienza fantastica», «Mondi nuovi» ed «Urania», sulle cui pagine Giorgio Monicelli conia il neologismo fantascienza. Seguono anni in cui il miglioramento delle condizioni sociali che darà origine al boom economico viene a coincidere con la corsa allo spazio che porterà alla conquista della Luna e con lo sdoganamento della fantascienza dall’ambito ristretto delle avventure per ragazzi dove, sino ad allora, era stata sostanzialmente confinata. Giungono così sulle riviste italiane autori come Isaac Asimov, Theodore Sturgeon, Arthur C. Clarke, Robert A.Heinlein, Ray Bradbury; mentre sulle copertine di queste pubblicazioni trovano spazio le illustrazione di maestri come Curt Caesar, Carlo Jacono, Guido Buzzelli, Benedettucci, Enzo Cassoni, Luigi Garonzi, Ed Emshwiller, Luigi Rapuzzi, Mario Todarello, Gianni Renna e Karel Thole.
Parte di questo materiale è in mostra a Roma così come la produzione fumettistica, che riprende quella importata già negli anni Trenta dagli Stati Uniti Flash Gordon, Buck Rogers e Brick Bradford, che in Italia avrà vita con nomi diversi come Giorgio Ventura, Antares, Bat Star, e trova anche una via tutta italiana. Ecco così la serie «Saturno contro la terra», sceneggiata da Cesare Zavattini con Federico Pedrocchi e disegnata da Scolari, o «Virus», ideato sempre da Pedrocchi e disegnato da Walter Molino. Non si devono dimenticare, poi, «Misterix» di Paul Campani, «Alex l’eroe dello spazio» e «Nolan il pioniere dello spazio» di Guido Buzzelli, «Raff pugno d’acciaio» di Mario Guerri e Vittorio Cossio, «Razzo» di Platania, ma anche le strisce «Dick Saetta», «Tony Comet» e poi, ancora, il primo «Alan Ford di Lorenzo Sechi (Max Bunker), che nasce nel 1963 come «Spaziale moderno» e, nel 1968, l’«Astronave pirata» di Guido Crepax.
Numerosissimi sono anche i casi di contaminazione della materia fantascientifica su fumetti non di genere. È il caso della produzione disneyana, ad esempio, ma anche di personaggi come Zagor di Sergio Bonelli e Gallieno Ferri.
Alle illustrazioni di genere si affiancano con grande efficacia e forza persuasiva le copertine di rotocalchi come «Epoca», «Oggi», «La Domenica del Corriere» e «Tribuna illustrata», dove cronaca, scienza e fantascienza propongono ai lettori avvistamenti di dischi volanti, lanci di satelliti, razzi e primi uomini nello spazio che trovano la straordinaria sintesi ed interpretazione grafica di Walter Molino e Guido Bertoletti, sostituendo spesso, per attrazione, articoli e notizie. Interessante notare anche la portata iconografica di riviste di divulgazione tecnica e scientifica, come «Scienza popolare», «Scienza e vita», «Sistema pratico», «Scienza illustrata» che cavalcano il tema del futuro proponendo ai lettori scenari illustrati nei quali il confine tra scienza e fantascienza è quanto mai incerto.
Il cinema trova nel filone fantascientifico una grande fonte di ispirazione: negli anni Cinquanta le produzioni che arrivano nelle sale italiane sono soprattutto americane e inglesi, con effetti speciali che, visti oggi, non nascondono tutte le ingenuità del tempo, ma che allora affascinavano gli spettatori. Indimenticabili per la loro straordinaria efficacia iconografica, sono i manifesti e le locandine dei film, che facevano vivere anche a chi al cinema non sarebbe andato l’esperienza di viaggi interstellari, invasioni marziane e mostri atomici.
La rassegna romana si addentra anche nel tema delle ambientazioni spaziali nella pubblicità dell’epoca, linguaggio della comunicazione che, cogliendo e anticipando per vocazione lo spirito dei tempi, non poteva non trovare nelle suggestioni del futuro una sua leva di fascinazione.
Non mancano, poi, in mostra una selezione di quaderni scolastici resi attraenti da illustrazioni con basi lunari, astronavi e viaggi spaziali.
Una mostra da vedere con lentezza, quindi, quella ai mercati rionali di Roma per lasciarsi andare alla suggestione delle sue immagini e per godere di una narrazione iconografica a tutto tondo, che sovrappone media e linguaggi grafici diversi tra loro nel tentativo di ricreare l’atmosfera, il mood, che la genialità creativa di disegnatori ed illustratori del fantastico e dell’anticipazione ha fatto entrare nel quotidiano dell’Italia che cercava la via della modernità.

Informazioni utili 
 «Fantascienza.1950-1970. L’iconografia degli anni d’oro». Mercati rionali Unità, via Cola di Rienzo; Vittoria, in via Sabotino; Pinciano, in via Antonelli; e Savoia, in piazza Gimma – Roma. Ingresso libero. Informazioni: artix@artixcom.it. Sito internet: www.mostrafantascienza.it. Fino al 23 novembre 2014.