ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

giovedì 16 luglio 2015

«Alma Mater», Yuval Avital racconta la potenza creatrice delle donne

Ci sono anche due leggendarie ballerine del teatro alla Scala, Liliana Cosi e Oriella Dorella, tra le protagoniste della nuova opera che il talentuoso musicista e compositore israeliano Yuval Avital (Gerusalemme, 1977) presenta, fino al prossimo 29 agosto, alla Cattedrale della Fabbrica del Vapore di Milano.
«Alma Mater», questo il titolo del progetto proposto in occasione di Expo Milano 2015, è un'opera icono-sonora di forte impatto sensoriale, a metà strada tra l'installazione e la performance, che rende omaggio all'archetipo della madre nutrice, ovvero della donna come generatrice di vita.
In una cornice spettacolare, articolata su circa milleduecento metri quadrati, centoquaranta altoparlanti in pietra e terracotta diffondono un intreccio di voci di nonne e di suoni della natura: favole, nenie, canti tradizionali, sussurri e preghiere s’intessono a vibrazioni sismiche, boati di vulcani, suoni di abissi, gorgoglii di gocce d’acqua.
Il visitatore è come accolto in un enorme grembo materno nel quale parole e rumori si fondono con eccellenze creative come «Il terzo paradiso» di Michelangelo Pistoletto (i cui tre anelli congiunti, già presentati in luoghi come il Louvre e il Palazzo delle Nazioni Unite a New York, suggeriscono un legame tra passato, presente e futuro), un’installazione luminosa di Enzo Castellani e una serie di grandi tomboli utilizzati con sapiente manualità dalle merlettaie di Cantù per creare le loro opere di candido pizzo.
Liliana Cosi e Oriella Dorella sono, invece, le protagoniste di un video, per la regia dello stesso Yuval Avital, in cui la musica è interpretata da movimenti liberi e dove l’heritage classico del ballo si fonde con l’ancestrale memoria del gesto. La donna viene così celebrata come l’icona di una femminilità eterea e senza tempo: le vesti candide delle due danzatrici si stagliano sulla scenografia nera per esaltare la grazia dei corpi e la loro trasformazione in poesia.
«Questo lavoro è nato in un attimo, quando mi ha telefonato Yuval sono rimasta in un primo momento stupita. Non avevo mai vissuto questa esperienza, che per me era completamente nuova, ma io già vedevo la poesia del gesto» -ha dichiarato Oriella Dorella-. «Ho quindi colto l’invito con l’entusiasmo e tutta l’emozione che mi ha suscitato. È stato molto bello, mi piace dire che è una cosa rara e sono certa sarà una esperienza che non dimenticherò, e a questo punto della vita credo sia straordinario».
«Ho conosciuto la straordinaria opera musicale del maestro Avital e la grandiosa opera di Pistoletto lo scorso anno e ne ero rimasta subito affascinata. In particolare la musica mi ha colpito per le ricche sonorità che le voci femminili scelte da tutto il mondo evocavano. Mi è subito sembrata una cosa enorme e impossibile da interpretare solo con il corpo. Ma l’idea del maestro Avital è andata oltre il corpo e i gesti della ballerina, attraverso gli effetti fotografici e luminosi dei filmati» -ha, invece, dichiarato Liliana Cosi-. «Forse il segreto è la semplicità, una semplicità ricca di anima e l’anima ha sonorità e sfumature infinite nelle quali ognuno può ritrovarsi. Mi auguro che questa sia l’esperienza di ogni persona del pubblico».
«Alma Mater» è, inoltre, un catalizzatore di eventi: incontri, laboratori creativi e performance. Tra i primi appuntamenti organizzati si segnalano quello che vedrà protagonista nella serata del 22 luglio Gunnlaug Thorvaldsdottir, performer che darà voce e corpo alla mitica figura femminile islandese de «La signora delle montagne». È, poi, in agenda per il 15 e il 16 agosto una performance con cinquanta nonne filippine residenti in Italia e tre cantastorie indigene dell’isola di Mindanao – nonna, madre e figlia - diretta dallo stesso Avital.

Informazioni utili 
«Alma Mater» di Yuval Avital. Fabbrica del Vapore, Via Procaccini, 4 - Milano. Orari: tutti i giorni, ore 10.00-20.00; martedì fino alle ore 22.00. Ingresso: intero € 10,00,ridotto € 7,50. Informazioni: info@magaglobalarts.com. Sito internet: www.magaglobalarts.com/it/. Fino al 29 agosto 2015.  

mercoledì 15 luglio 2015

Da Ligabue a Piazzola: «Invito alla danza» compie venticinque anni

Sarà la Nueva Compañia de Tango Argentino ad aprire la venticinquesima edizione di «Invito alla danza», la più antica manifestazione romana dedicata all'arte coreutica che, quest'anno, riconquista il suo spazio storico: il teatro di Villa Pamphilj.
Giovedì 16 luglio, alle ore 21.30, i ballerini Neri Piliu e Yanina Quinoñes porteranno il pubblico alla scoperta delle atmosfere sensuali di una milonga argentina con lo spettacolo «El ultimo tango», dedicato alla musica di Astor Piazzolla nella mirabile esecuzione dall’Orquestra Minimal Flores del Alma, nata da alcuni componenti della compagnia che per oltre tredici anni si è esibita con Milva nel suo spettacolo sul musicista sudamericano.
L'intensità del ballo e le note struggenti del suo accompagnamento musicale porteranno il pubblico, attraverso un flusso costante di emozioni, alla scoperta del maestro di Mar del Plata nei vari momenti della sua vita: «come direttore di un’orchestra tipica, -si legge nella nota di presentazione- come compositore, come autore di colonne sonore da film e, infine, come autore di alcune fra le più belle pagine del secondo Novecento». Parallela si svilupperà, inoltre, una storia liberamente tratta dal film «L’ultimo tango a Parigi» di Bernardo Bertolucci.
Il viaggio tra danze folkoristiche-popolari e di carattere, stili che da sempre interagiscono nel cartellone della rassegna romana, proseguirà martedì 21 luglio, sempre alle ore 21.30, con una prima assoluta: lo spettacolo «L’ultimo rifugio», realizzato in collaborazione con la compagnia Egri Bianco Danza e il sito archeologico museale del Bunker del Soratte, nascondiglio dell’Alto comando tedesco nel 1943 e riparo antiatomico negli anni Settanta, nel periodo della Guerra fredda, per volere del Governo italiano.
Il progetto, per le coreografie di Raphael Bianco, unisce musica live, testo recitato, filmati d’epoca e un video multimediale del regista Stefano Rogliatti per raccontare la storia di un luogo, ancora poco conosciuto, che è stato testimone di sofferenza, strategie militari e scenari apocalittici, ma che ha anche “respirato” timori e speranze di persone lontane nel tempo, ma vicine nella loro incapacità di capire la violenza e il male.
Due giorni dopo, giovedì 23 luglio, i riflettori saranno, invece, puntati sulla compagnia Aterballetto che porterà in scena lo spettacolo «Certe notti», per la coreografia di Mauro Bigonzetti su musiche e poesia di Luciano Ligabue. Anche in questo caso la danza incontrerà la musica e la video-arte per proporre al pubblico «un cammino attraverso la notte -si legge nella nota di presentazione- intesa non come un’oscurità reale e mentale, ma come rigeneratrice di una realtà intima personale, come il buio che precede l’apertura di un sipario, momento magico che ci sospende e ci spinge entro il luogo in cui il reale e il consueto si trasformano».
Quest'anno «Invito alla danza» incontrerà anche un nuovo genere teatrale: momenti di clownerie, cabaret, street-dance, mimo e proiezioni video si mescoleranno, infatti, nello spettacolo «Scotch im-BALLATI vivi», in programma a Villa Pamphilj martedì 28 e mercoledì 29 luglio. I Bandits, una crew di breakdance fra le più affermate a livello nazionale ed europeo, e i Falappa Project coinvolgeranno il pubblico in un vero e proprio happening comico surreale: «in un mondo dove tutto ormai sta andando in pezzi, tre uomini visionari -si legge nella presentazione dello spettacolo- cercheranno di trovare una risposta al problema testando le soluzioni più disparate, ma alla fine scopriranno e cercheranno di far capire che basta poco per aggiustare le cose: pezzi di scotch comico al posto giusto e un po’ di fantasia possono tenere unito il mondo e a far tornare il sorriso».
La rassegna romana guarda anche alla tradizione. Venerdì 31 luglio andrà in scena la serata di gala «Giuseppe Picone e i grandi della danza» che vedrà sul palco l’étoile partenopea con colleghi del calibro di Liudmilla Konovalova dell’Opera di Vienna, Nicolai Gorodiskii del teatro Colon di Buenos Aires, Ana Sophia Scheller del New York City Ballet, Sara Renda del Balletto di Bordeaux, Kateryna Kukhar e Alexander Stoyanov del teatro dell’Opera di Kiev, Avetik Karapetyan del Balletto di Toulouse.
Chiude il cartellone della rassegna, proposta nell’ambito dell’«Estate romana», la Spellbound Contemporary Ballet che, nella serata di lunedì 3 agosto, proporrà tre creazioni del suo coreografo Mauro Astolfi: «Small Crime», un duetto che evidenzia la conflittualità che spesso emerge nella coppia; «She is on the ground», performance ironica ed inconsueta per le corde del coreografo che sottolinea, divertito, il gran lavoro che gli uomini a volte devono fare per conquistare le donne; la seconda parte dello spettacolo «Dare», novità del 2015.
Nel frattempo, è già in fase di studio il cartellone autunnale, con date ancora da definire. Due i progetti in agenda, realizzati in collaborazione con l’Accademia nazionale di danza. Il primo, «Formidabili quegli anni», ricostruisce le performance dei grandi coreografi che hanno introdotto in Italia, e a Roma in particolare, la modern dance americana (Elsa Piperno, Joseph Fontano e Nicoletta Giavotto), diventando riferimento per la conoscenza e la diffusione di linguaggi fondamentali come la tecnica Graham, Limòn e Cunningham. Il secondo, «Trenta è bello», si propone, invece, di promuovere i giovani coreografi e di rinverdire la danza degli anni a venire.
Dunque, un giro di boa, questo venticinquesimo di «Invito alla danza», che conferma la passione, la determinazione e la qualità di una proposta articolata e sempre attenta ai nuovi linguaggi della contemporaneità. Marina Michetti, direttrice artistica della rassegna, così ricorda il passato di una manifestazione che ha sempre guardato al futuro: «la freschezza, l’entusiasmo, l’ingenuità degli esordi hanno negli anni ceduto il passo ad una volontà ferrea e ad una professionalità a volte esasperata, grazie alla quale però siamo cresciuti e andati avanti. Grandi però le soddisfazioni, il piacere insostituibile di aver realizzato nella maggioranza dei casi qualcosa di bello o di unico, confortante l’accoglienza e la richiesta del pubblico. In tutti questi anni di lavoro non ci siamo mai allontanati dai nostri obiettivi: dare pari dignità ai diversi stili di danza, presentare nuove proposte, artisti e compagnie esordienti nel nostro Paese, senza dimenticare i grandi eventi. In altre parole creare una cultura della danza».
Didascalie delle immagini 
[Fig. 1] Una scena dello spettacolo «Certe notti» con la Compagnia Aterballetto; [fig. 2] Una scena di uno spettacolo della Compagnia Egri Bianco Danza; [fig. 3] Vista del Bunker del Soratte (S. Oreste); [fig. 4] Una scena di uno spettacolo del trio Falappa Project; [fig. 5] Ana Sophia Scheller del New York City Ballet, tra i protagonisti della serata di Gala del 31 luglio 2015; [fig. 6] La crew dei Bandits 

Informazioni utili 
«Invito alla danza». Teatro villa Pamphilj, via di San Pancrazio, 10 – Roma. Il calendario in sintesi: 16/07/15: Nueva compania de tango argentino, «El ultimo tango»; 21/07/15: Compagnia Egri Bianco Danza, «L’ultimo rifugio» - Prima assoluta; 23/07/15: Compagnia Aterballetto, «Certe notti»; 26/07/15: Compagnia Egri Bianco Danza, «L’ultimo rifugio» presso Bunker del Soratte (S. Oreste); 28/07/15 e 29/07/15: Falappa Project e Bandits Crew, «Scotch Im-Ballati vivi» - Prima assoluta; 31/07/15: Gala internazionale «Giuseppe Picone e i grandi della danza»; 03/08/15: Spellbound Contemporary Ballet, «Serata Spellbound». Orari: inizio spettacoli, ore 21.30. Ingresso: da € 15,00 a € 23,00 (posti numerati). Informazioni: tel. 06.39738323 o info@invitoalladanza.it. Sito internet: www.invitoalladanza.it. Dal 16 luglio al 3 agosto 2015.

martedì 14 luglio 2015

«Leonardo non era vegetariano». Con Maschietto editore alla tavola del maestro toscano

«Verrà il tempo in cui l'uomo non dovrà più uccidere per mangiare, ed anche l'uccisione di un solo animale sarà considerato un grave delitto»: è stata questa affermazione a far inserire, per lungo tempo, Leonardo da Vinci tra i vegetariani convinti. In occasione di Expo Milano 2015, il mito, uno dei tanti legati alla figura del genio toscano, viene sfatato grazie a una ricerca di Alessandro Vezzosi e Agnese Sabato pubblicata dalla casa editrice fiorentina Maschietto in una duplice edizione, inglese e italiana, la cui prefazione porta la firma di Oscar Farinetti, fondatore e ideatore di Eataly.
Il volume, intitolato «Leonardo non era vegetariano», non solo smentisce una leggenda tramandata mal interpretando le fonti antiche, a partire dal libro «Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori» di Giorgio Vasari nel quale si parlava dell’amore del maestro per gli animali, ma offre anche una rilettura, in chiave contemporanea, della cucina leonardesca attraverso quindici ricette ideate dallo chef Enrico Panero a partire dalle liste della spesa redatte dall’artista di suo pugno in occasione di cerimonie e banchetti, momenti conviviali nei quali abbondavano carne e pesce.
Ecco così nascere manicaretti come le sfere di gamberi rossi con burrata, albicocche e menta, il risotto alla lattuga con crudo di pesce e il petto di piccione con le more raccontati nel volume, in libreria dallo scorso 8 luglio, grazie alla presentazione di Annamaria Tossani e alle fotografie di Yari Marcelli. Il libro tratteggia, dunque, un ritratto inedito del maestro toscano -illustrato da opere, disegni e documenti, compresi materiali inediti o poco noti- e, allo stesso tempo, si configura come un vero e proprio manuale di cucina contemporanea, con ricette sfiziose alla portata di tutti, illustrate fotograficamente in ogni fase di preparazione.
Le due anime del libro -storico/artistica e culinaria- sono armonizzate grazie agli interventi del gastronauta Davide Paolini, che introduce le tappe di un viaggio tra i luoghi, le opere e i sapori delle terre vinciane, soffermandosi sulle nuove invenzioni culinarie di Enrico Panero. Ad arricchire il volume, che presenta anche un glossario con gli ingredienti usati e una cronologia leonardesca, c’è, inoltre, un saggio sul Cenacolo milanese di Cristina Acidini, tra le massime studiose al mondo dell’opera leonardesca.
«Leonardo non era vegetariano» getta così nuova luce su uno dei miti più grandi di tutti i tempi, mostrando come la passione e il genio dell’artista toscano si siano dedicati anche ai temi del cibo, della cucina, dell’alimentazione, tanto da poter ravvisare in contributi di varia natura riferimenti importanti per la definizione della moderna cultura gastronomica e culinaria. Non mancano, per esempio, studi di strani marchingegni per il girarrosto e degli effetti del calore sulle pietanze.
«Maestro di feste, cerimonie e banchetti a Firenze, Milano e Amboise, Leonardo –si legge nella presentazione di Maschietto editore- studiò le materie prime, inventò macchine e utensili, ragionò sulle caratteristiche dei territori di produzione, codificò disciplinari di prodotti come l’olio, il pane e il vino, esplorò le proprietà degli alimenti in relazione alla salute del corpo, scrisse favole, ‘profezie’, indovinelli e rebus ispirati al tema del cibo, realizzò straordinari disegni di macchine innovative per la produzione. E ovviamente il cibo è rappresentato in alcuni suoi dipinti, a partire dal Cenacolo milanese, che senza dubbio è la mensa più famosa del mondo».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Cover del libro «Leonardo non era vegetariano. Dalla lista della spesa di Leonardo alle ricette di Enrico Panero»; [fig. 2] Una ricetta di Enrico Panero ispirata a Leonardo da Vinci; [fig. 3] Alessandro Vezzosi del Museo ideale Leonardo da Vinci, tra gli autori del libro  «Leonardo non era vegetariano. Dalla lista della spesa di Leonardo alle ricette di Enrico Panero»; [fig. 4] Lo chef Enrico Panero

Informazioni utili 
AA.VV., «Leonardo non era vegetariano. Dalla lista della spesa di Leonardo alle ricette di Enrico Panero». Maschietto editore, Firenze 2015. Dati tecnici: formato cm 20x24, pagine 192, copertina brossura con bandelle, doppia edizione italiano e inglese - ISBN italiano: 978-88-6394-100-5; ISBN inglese: 978-88-6394-101-2. Prezzo di copertina: € 19,00. Informazioni utili: Maschietto editore, via del Rosso Fiorentino, 2 D - 50142 Firenze, tel./fax 055.701111. Sito internet: www.maschiettoeditore.com





lunedì 29 giugno 2015

Cristina Morganti su Rai5 con il suo «Jessica and me»

È un anno di grandi soddisfazioni per Cristina Morganti, storica danzatrice del Tanztheater Wuppertal Pina Bausch, che ha preso parte, con la compagnia tedesca, anche ai film «Parla con lei» (2001) di Pedro Almodovar e «Pina» (2011) di Wim Wenders.
Giovedì 9 luglio, alle ore 22.20, il nuovo spettacolo della danzatrice toscana, intitolato «Jessica and me», sarà trasmesso su Rai5, per la regia televisiva di Felice Cappa, prima di partire per una lunga tournée che toccherà alcune tra le più importanti città del territorio italiano, da Catania a Cagliari, da Venezia a Vicenza, senza dimenticare Genova, dove Cristina Morganti sarà in scena giovedì 22 e venerdì 23 ottobre all’Archivolto.
«Jessica and me», secondo solo dell’artista dopo «Moving with Pina» del 2010, è stato presentato in anteprima alla passata edizione del «Festival Aperto» della Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, per poi toccare le piazze di Rimini, Modena, Perugia, Roma, Piacenza, Civitanova Marche e Torino, registrando sempre un grande successo di pubblico e stampa, coronato lo scorso gennaio anche dalla vittoria del premio «Danza&Danza 2014» che ha visto Maria Luisa Buzzi, Rossella Battisti, Valentina Bonelli, Elisabetta Ceron, Francesca Pedroni, Silvia Poletti, Ermanno Romanelli e Sergio Trombetta assegnare a Cristina Morganti il riconoscimento per la migliore interprete/coreografa.
In attesa di rivedere lo spettacolo dal vivo, Rai5 offrirà più di un’occasione per godere della visione di «Jessica and me». Dopo la prima televisiva del 9 luglio, sono, infatti, previste repliche l’11 luglio, alle ore 12.45, il 12 luglio, alle ore 19, e il 16 luglio, alle 15.30.
L’evento vede il coinvolgimento di numerose persone: Felice Cappa firma la regia televisiva, Luciano Cricelli la direzione della fotografia, Claudio Barca il montaggio, Flavio Renna la direzione di produzione, Elena Beccalli la produzione esecutiva Rai5, Edoardo Fioravanti la produzione esecutiva Rai Com, Giovanna Facciuto l’assistenza alla regia.
«Jessica and me» è una riflessione danzata e finemente ironica sul particolare percorso artistico di Cristiana Morganti, dagli studi di danza classica al lavoro con Pina Bausch. Questo secondo solo di cui la danzatrice firma idea, coreografia e interpretazione -con la collaborazione artistica di Gloria Paris, il disegno luci di Laurent P. Berger, i video di Connie Prantera e la consulenza musicale di Kenji Takagi - è concepito dall’artista partendo da alcune domande cruciali, non solo in campo artistico e non solo per il suo percorso professionale, domande che affrontano il delicato tema della memoria, delle radici e delle eredità: «lei vuole che io danzi, oppure vuole che io parli?». Da questo primo quesito che Cristiana Morganti rivolge ad uno spettatore, se ne aprono a catena svariati altri. Come gestire l’influenza artistica di un grande maestro? Come non cedere alla consuetudine di una certa estetica? Come rielaborare un passato di studi di danza classica lavorando a Wuppertal? In «Jessica and me», Cristiana Morganti, giunta a un momento importante del suo percorso, si ferma anche a pensare al rapporto con il proprio corpo e con la danza, al significato dello stare in scena, al senso dell’«altro da sé» che implica il fare teatro. Ne risulta una sorta di autoritratto idealmente a due voci («Jessica and me», appunto) di efficace e spiazzante ironia, dove Cristiana rivela ciò che accade nel backstage del suo percorso professionale. Un puzzle di gesti, ombre, muscoli, tenacia, spavalderia e timidezza.
Tra i progetti che l’artista ha in cantiere in questi giorni si segnala, inoltre, un workshop per attori e danzatori dal titolo «Teatro per la danza/Danza per il teatro», in programma dal 2 al 5 luglio al Funaro di Pistoia. Nel corso dei quattro giorni, che vedrà anche la partecipazione di Kenji Takagi, danzatore della TW Pina Bausch e vincitore nel 2008 del prestigioso premio teatrale tedesco «Der Faust», verrà svolto un lavoro attento ed accurato sulle qualità del movimento, sulla presenza scenica, sul potere evocativo del gesto eseguito con precisione e giusta tensione emotiva. L’obiettivo è rivelare ai partecipanti qualità personali a loro sconosciute.

Vedi anche
Cristina Morganti debutta con «Jessica and me»

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] «Jessica and me». Foto di Claudia Kempf; [fig. 2] «Jessica and me». Foto di Virginia Khan

Informazioni utili 
 «Jessica and me». Creazione, direzione, coreografia e interpretazione Cristiana Morganti, collaborazione artistica Gloria Paris, disegno luci Laurent P. Berger, video Connie Prantera, consulenza musicale Kenji Takagi, editing musica Bernd Kirchhoefer, direttore tecnico Jacopo Pantani, suono Simone Mancini. Produzione il Funaro – Pistoia, in coproduzione con Fondazione I Teatri - Reggio Emilia. Durata: 70 minuti senza intervallo. Versione televisiva dello spettacolo: Una produzione Rai Cultura, regia di Felice Cappa, direttore della fotografia Luciano Cricelli, montaggio Claudio Barca, direzione di produzione Flavio Renna, produzione esecutiva RAI5 Elena Beccalli, produzione esecutiva Rai Com Edoardo Fioravanti, assistenza alla regia Giovanna Facciuto. Quando: in onda su Rai 5 il 9 luglio alle ore 22.20 e in replica l’11 luglio, alle ore 12.45, il 12 luglio, alle ore 19 e il 16 luglio, alle ore 15.30. Informazioni: Il Funaro centro culturale, via del Funaro, 16/18 – Pistoia, tel. 0573.976853, e-mail info@ilfunaro.org. Sito web: www.ilfunaro.org.

martedì 23 giugno 2015

Ugo Ojetti, la Grande guerra e le ferite dell’arte. A Venezia una mostra sul patrimonio storico-artistico italiano sotto le bombe

«L'ira degli eserciti d’Austria contro i monumenti e le opere d'arte italiane non è cominciata nel 1915 con questa guerra, quando i cannoni della flotta imperiale hanno colpito San Ciriaco d'Ancona e gli idrovolanti hanno bombardato Sant'Apollinare Nuovo a Ravenna e gli Scalzi a Venezia. È un'ira tenace che dura da secoli, fatta d’invidia e di viltà: invidia di quello che i nemici non hanno, che non potranno mai avere e che è il segno dovunque e sempre riconoscibile della nostra nobiltà, così che ferir l'Italia nei suoi monumenti e nella sua bellezza dà a costoro quasi l’illusione di colpirla sul volto; viltà perché sanno che questa nostra singolare bellezza è fragile e non si può difendere, e percuoterla e ferirla è come percuotere davanti alla madre il suo bambino. Quest'ira dura da secoli, immutabile, come immutabili sono rimaste, sotto il velo del progresso, le razze e le loro affinità e i loro istinti. Pure non è necessario risalire ad Attila e a Genserico, per ritrovarla. Basta ricordare ai troppi immemori la storia di ieri, e le guerre del nostro ultimo risorgimento». È il luglio 1917 quando Ugo Ojetti (1871 - 1946), vivace protagonista del panorama culturale italiano del Novecento, giornalista eclettico e critico d’arte dalla penna raffinata, sfoga tutto il suo furore per i danni inferti al patrimonio artistico italiano durante il primo conflitto bellico, al quale sta partecipando come volontario in qualità di sottotenente dell’Esercito Regio con l’incarico di tutelare i monumenti delle Terre Redente.
A questo periodo storico risale la formazione del fondo fotografico donato nel novembre 1957 dalla moglie dell’intellettuale romano di nascita e fiorentino d’adozione, che fu anche direttore del «Corriere della Sera» tra il 1925 e il 1927, all’Istituto di Storia dell’arte della Fondazione Cini di Venezia, oggi comprendente oltre cinquecento immagini, tra gelatine e albumine, realizzate tra il 1915 e il 1919, che documentano i danni causati dai bombardamenti nemici nell’area del Friuli Venezia Giulia, del Veneto e del Trentino e le opere realizzate a tutela del patrimonio storico-artistico nazionale.
Una selezione di queste fotografie è attualmente esposta nella mostra «La salvaguardia dei monumenti durante la Grande guerra», allestita fino al prossimo 31 luglio nella Biblioteca della nuova Manica lunga della Fondazione Giorgio Cini, splendido complesso monumentale sull’isola di San Giorgio, proprio davanti alla basilica di San Marco, noto per il Chiostro, il Cenacolo Palladiano, la Biblioteca del Longhena e altri interventi di grandi architetti del passato.
L’esposizione, promossa in occasione del centenario del primo conflitto bellico, è accompagnata e integrata da una rassegna on-line, che propone sulle pagine della fototeca dell’ente veneto un album di fotografie ojettiane. Un’occasione in più, questa, per ricostruire la fitta rete di rapporti costruita dal giornalista durante il conflitto bellico, che lo vide rivestire il ruolo di presidente della Commissione istituita presso il Comando supremo per la protezione dei monumenti e delle opere d’arte.
Ugo Ojetti è una figura complessa e difficile da delineare. Eterno amante del bello con la sua penna e il suo forte carattere, il giornalista è stato in grado di descrivere la complessità dei cambiamenti culturali e politici che si sono susseguiti nell’intricato periodo storico tra la fine dell’Ottocento e la seconda guerra mondiale. Durante il primo conflitto bellico, lo scrittore lavora senza sosta. Vara anche un piano in quattro punti a tutela del patrimonio artistico che prevede catalogazioni, ammassamento delle opere trasportabili in stazioni ferroviarie, vagoni a disposizione per il trasferimento e una classificazione delle opere stesse, nel caso si dovesse forzatamente scegliere quelle da salvare ad ogni costo. Ma nonostante queste attenzioni, i danni al patrimonio saranno molti: la volta dipinta dal Tiepolo per la chiesa degli Scalzi a Venezia viene, per esempio, distrutta; il teatro Verdi a Padova crolla parzialmente sotto le bombe; alcuni calchi in gesso della Gipsoteca di Canova a Possagno vanno a pezzi.
Per Ugo Ojetti, in quegli anni, la fotografia non è solo strumento di documentazione, ma anche mezzo usato per esortare i cittadini alla difesa del proprio Paese. L’immagine stampata trasmette, infatti, con forza ed efficace la volontà distruttiva del nemico più delle colonne scritte dei giornali: «la propaganda più efficace -scrive il giornalista, con lo pseudonimo di Salio- è quella per gli occhi: fotografie, cinematografie, disegni, manifesti. Essa sola raggiunge gli analfabeti, i pigri, i distratti: cioè il pubblico».
Da Rovereto a Trieste, da Gorizia a Jesolo, tante sono le fotografie che raccontano il Nord-Est martoriato dalla guerra, entrate a far parte della collezione privata di Ojetti. Di questa attività di raccolta ne parla la moglie Fernanda, in una lettera datata 26 marzo 1957 inviata al professor Giuseppe Fiocco, allora direttore dell’Istituto di storia dell’arte della Cini: «[…] ho molte centinaia di fotografie sia della Venezia Giulia che del Trentino e del Veneto raccolte da mio marito durante la grande guerra. Bellissime intatte fotografie e documentazione completa ad esempio della Basilica e del Museo di Aquileja ecc. ecc. Ho anche moltissime fotografie che riguardano i danni di guerra, la protezione dei monumenti ecc. Tutte fotografie ordinate e benissimo conservate […]». Queste immagini, che all’inizio erano oltre mille e che in parte furono rovinate dall’alluvione veneziana del 1966, scorrono in questi giorni sotto gli occhi di chi entra nella Biblioteca della Fondazione Cini, raccontando di monumenti «impacchettati», di chiese blindate, di sacchi di sabbia davanti a statue e frontoni, di tele sigillate e spedite nell’Italia centrale, al riparo. Raccontando l’arte sotto le bombe, a cento anni di distanza dallo scoppio della Grande guerra.

Didascalie delle immagini
[Fig.1 ]L’interno della chiesa di Rubbia a Savogna d’Isonzo danneggiato dai bombardamenti. [Comando Supremo, Direzione del Servizio Fotografico.]Credits: Fototeca dell’Istituto di Storia dell’Arte di Venezia/Fondo Ugo Ojetti; [fig. 2] La protezione del monumento Valier danneggiata dal bombardamento del 12 ottobre 1916. Credits: Fondo Ugo Ojetti; [fig. 3] Tomaso Filippi, Un cavallo imbragato. Credits: Fondo Ugo Ojetti; [fig. 4] Danni alla chiesa di Sant’Andrea a Gorizia. [Sezione Cinematografica del Regio Esercito Italiano]. Credits: Fototeca dell’Istituto di Storia dell’Arte di Venezia/Fondo Ugo Ojetti

Informazioni utili
Fondazione Giorgio Cini onlus – Biblioteca Nuova Manica Lunga – Isola di San Giorgio Maggiore (Venezia). Orari: dal lunedì al venerdì, dalle ore 9.00 alle ore 18.00; sabato e domenica, dalle ore 10.00 alle ore 16.00, solo tramite il servizio di visite guidate. Informazioni: tel. 041.2201215 o segreteria@civitatrevenezie.it; tel. 041.2710440 o fototeca.digitale@cini.it. Fino al 31 luglio 2015.