ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

martedì 23 giugno 2015

Ugo Ojetti, la Grande guerra e le ferite dell’arte. A Venezia una mostra sul patrimonio storico-artistico italiano sotto le bombe

«L'ira degli eserciti d’Austria contro i monumenti e le opere d'arte italiane non è cominciata nel 1915 con questa guerra, quando i cannoni della flotta imperiale hanno colpito San Ciriaco d'Ancona e gli idrovolanti hanno bombardato Sant'Apollinare Nuovo a Ravenna e gli Scalzi a Venezia. È un'ira tenace che dura da secoli, fatta d’invidia e di viltà: invidia di quello che i nemici non hanno, che non potranno mai avere e che è il segno dovunque e sempre riconoscibile della nostra nobiltà, così che ferir l'Italia nei suoi monumenti e nella sua bellezza dà a costoro quasi l’illusione di colpirla sul volto; viltà perché sanno che questa nostra singolare bellezza è fragile e non si può difendere, e percuoterla e ferirla è come percuotere davanti alla madre il suo bambino. Quest'ira dura da secoli, immutabile, come immutabili sono rimaste, sotto il velo del progresso, le razze e le loro affinità e i loro istinti. Pure non è necessario risalire ad Attila e a Genserico, per ritrovarla. Basta ricordare ai troppi immemori la storia di ieri, e le guerre del nostro ultimo risorgimento». È il luglio 1917 quando Ugo Ojetti (1871 - 1946), vivace protagonista del panorama culturale italiano del Novecento, giornalista eclettico e critico d’arte dalla penna raffinata, sfoga tutto il suo furore per i danni inferti al patrimonio artistico italiano durante il primo conflitto bellico, al quale sta partecipando come volontario in qualità di sottotenente dell’Esercito Regio con l’incarico di tutelare i monumenti delle Terre Redente.
A questo periodo storico risale la formazione del fondo fotografico donato nel novembre 1957 dalla moglie dell’intellettuale romano di nascita e fiorentino d’adozione, che fu anche direttore del «Corriere della Sera» tra il 1925 e il 1927, all’Istituto di Storia dell’arte della Fondazione Cini di Venezia, oggi comprendente oltre cinquecento immagini, tra gelatine e albumine, realizzate tra il 1915 e il 1919, che documentano i danni causati dai bombardamenti nemici nell’area del Friuli Venezia Giulia, del Veneto e del Trentino e le opere realizzate a tutela del patrimonio storico-artistico nazionale.
Una selezione di queste fotografie è attualmente esposta nella mostra «La salvaguardia dei monumenti durante la Grande guerra», allestita fino al prossimo 31 luglio nella Biblioteca della nuova Manica lunga della Fondazione Giorgio Cini, splendido complesso monumentale sull’isola di San Giorgio, proprio davanti alla basilica di San Marco, noto per il Chiostro, il Cenacolo Palladiano, la Biblioteca del Longhena e altri interventi di grandi architetti del passato.
L’esposizione, promossa in occasione del centenario del primo conflitto bellico, è accompagnata e integrata da una rassegna on-line, che propone sulle pagine della fototeca dell’ente veneto un album di fotografie ojettiane. Un’occasione in più, questa, per ricostruire la fitta rete di rapporti costruita dal giornalista durante il conflitto bellico, che lo vide rivestire il ruolo di presidente della Commissione istituita presso il Comando supremo per la protezione dei monumenti e delle opere d’arte.
Ugo Ojetti è una figura complessa e difficile da delineare. Eterno amante del bello con la sua penna e il suo forte carattere, il giornalista è stato in grado di descrivere la complessità dei cambiamenti culturali e politici che si sono susseguiti nell’intricato periodo storico tra la fine dell’Ottocento e la seconda guerra mondiale. Durante il primo conflitto bellico, lo scrittore lavora senza sosta. Vara anche un piano in quattro punti a tutela del patrimonio artistico che prevede catalogazioni, ammassamento delle opere trasportabili in stazioni ferroviarie, vagoni a disposizione per il trasferimento e una classificazione delle opere stesse, nel caso si dovesse forzatamente scegliere quelle da salvare ad ogni costo. Ma nonostante queste attenzioni, i danni al patrimonio saranno molti: la volta dipinta dal Tiepolo per la chiesa degli Scalzi a Venezia viene, per esempio, distrutta; il teatro Verdi a Padova crolla parzialmente sotto le bombe; alcuni calchi in gesso della Gipsoteca di Canova a Possagno vanno a pezzi.
Per Ugo Ojetti, in quegli anni, la fotografia non è solo strumento di documentazione, ma anche mezzo usato per esortare i cittadini alla difesa del proprio Paese. L’immagine stampata trasmette, infatti, con forza ed efficace la volontà distruttiva del nemico più delle colonne scritte dei giornali: «la propaganda più efficace -scrive il giornalista, con lo pseudonimo di Salio- è quella per gli occhi: fotografie, cinematografie, disegni, manifesti. Essa sola raggiunge gli analfabeti, i pigri, i distratti: cioè il pubblico».
Da Rovereto a Trieste, da Gorizia a Jesolo, tante sono le fotografie che raccontano il Nord-Est martoriato dalla guerra, entrate a far parte della collezione privata di Ojetti. Di questa attività di raccolta ne parla la moglie Fernanda, in una lettera datata 26 marzo 1957 inviata al professor Giuseppe Fiocco, allora direttore dell’Istituto di storia dell’arte della Cini: «[…] ho molte centinaia di fotografie sia della Venezia Giulia che del Trentino e del Veneto raccolte da mio marito durante la grande guerra. Bellissime intatte fotografie e documentazione completa ad esempio della Basilica e del Museo di Aquileja ecc. ecc. Ho anche moltissime fotografie che riguardano i danni di guerra, la protezione dei monumenti ecc. Tutte fotografie ordinate e benissimo conservate […]». Queste immagini, che all’inizio erano oltre mille e che in parte furono rovinate dall’alluvione veneziana del 1966, scorrono in questi giorni sotto gli occhi di chi entra nella Biblioteca della Fondazione Cini, raccontando di monumenti «impacchettati», di chiese blindate, di sacchi di sabbia davanti a statue e frontoni, di tele sigillate e spedite nell’Italia centrale, al riparo. Raccontando l’arte sotto le bombe, a cento anni di distanza dallo scoppio della Grande guerra.

Didascalie delle immagini
[Fig.1 ]L’interno della chiesa di Rubbia a Savogna d’Isonzo danneggiato dai bombardamenti. [Comando Supremo, Direzione del Servizio Fotografico.]Credits: Fototeca dell’Istituto di Storia dell’Arte di Venezia/Fondo Ugo Ojetti; [fig. 2] La protezione del monumento Valier danneggiata dal bombardamento del 12 ottobre 1916. Credits: Fondo Ugo Ojetti; [fig. 3] Tomaso Filippi, Un cavallo imbragato. Credits: Fondo Ugo Ojetti; [fig. 4] Danni alla chiesa di Sant’Andrea a Gorizia. [Sezione Cinematografica del Regio Esercito Italiano]. Credits: Fototeca dell’Istituto di Storia dell’Arte di Venezia/Fondo Ugo Ojetti

Informazioni utili
Fondazione Giorgio Cini onlus – Biblioteca Nuova Manica Lunga – Isola di San Giorgio Maggiore (Venezia). Orari: dal lunedì al venerdì, dalle ore 9.00 alle ore 18.00; sabato e domenica, dalle ore 10.00 alle ore 16.00, solo tramite il servizio di visite guidate. Informazioni: tel. 041.2201215 o segreteria@civitatrevenezie.it; tel. 041.2710440 o fototeca.digitale@cini.it. Fino al 31 luglio 2015.

venerdì 12 giugno 2015

«Musica in castello», in Emilia venticinque spettacoli alla ricerca della felicità

È stata Rossana Casale, con il suo spettacolo «Il Signor G e l’amore», ad inaugurare la tredicesima edizione di «Musica in castello», rassegna estiva del territorio emiliano che si estende da Piacenza a Parma, da Cremona a Reggio Emilia attraversando le Terre verdiane. Fino al prossimo 20 agosto, scenari incantevoli come la Rocca Sanvitale di Fontanellato, le scuderie di villa Pallavicino a Busseto, il parco della Rocca dei Terzi nel Comune di Sissa-Trecasali o l’antica corte Pallavicina di Polesine si trasformeranno in inediti palcoscenici en plein air per ospitare artisti, attori, cantautori e maghi abituati a teatri di grandi città, palasport, stadi e salotti tv, che -per l’occasione- si racconteranno e si sveleranno senza copione, canteranno privi di scaletta. Venticinque gli spettacoli in agenda, tutti all’insegna del serendipity, ovvero delle «felici coincidenze». A caratterizzare, infatti, il cartellone è «l’arte di imbattersi in qualcosa per caso, -spiega il direttore artistico Marco Gerboni, che ha lavorato in collaborazione con Enrico Grignaffini e Giulia Massari-l'intuito di scoprire connessioni, di collegare fra loro fatti e aspetti apparentemente insignificanti o non scontati per una sintesi sorprendente, una conclusione che non ti aspetti accogliendo il desiderio di un artista se ha voglia di sperimentare, cercando contaminazioni originali, dando spazio ad “atti unici”».
«Scorrendo i titoli degli spettacoli –si legge nella nota stampa- sarà l'amore nell'aria a favolare l'estate». Ecco così l’omaggio a Fabrizio De Andrè da parte dei suoi musicisti storici o la presentazione del romanzo sentimentale «La macchina della felicità» di Flavio Insinna, ma anche la chiacchierata in musica «...Siamo così dolcemente complicate... » con Fiorella Mannoia. C’è, poi, grande attesa per la voce («in stato di calma apparente») di Paola Turci, per Syria che canta «bellissime donne in musica, voci femminili, racconti di canzoni», per Mariella Nava che fa del viaggio-musica un percorso d'altissime parole d'autrice e per il recital-concerto di Eugenio Finardi. Il prossimo appuntamento in calendario, previsto per questa sera, vedrà in scena Pacifico, spazio poi anche a Luca Carboni e ad Alessandro Begonzoni con il suo «Sax Appeal». Il pubblico potrà, quindi, ascoltare la voce di un «soldato semplice» interpretato da Paolo Cevoli e viaggiare «walking the line» con Marco Baldini & The Climbers. A «Musica in Castello» si racconteranno anche Nino Frassica in «La mia autobiografia, vera al 70%, falsa all’80%», Max Cavallari in «Ricomincio da me», Leonardo Manera, Baz e il Mago Forest. Spazio, inoltre, alla danza con gli straordinari «Imperfect Dancers», su coreografie di Walter Matteini, e alla musica con l’Orchestra sinfonica regionale dell’Emilia Romagna, gli Alti e Bassi, il Trio Med, un concerto di Marco Gerboni (direttore artistico del cartellone) e Paolo Bondi e, per finire, l’incontro in note Di Gregorio, Manzi e Dominici.
«Musica in castello», i cui spettacoli sono tutti a ingresso gratuito, è anche solidarietà. Quest’anno verranno raccolti fondi a favore degli atleti parmensi che potrebbero partecipare alle Olimpiadi. E l’ultimo appuntamento del festival sarà tutto dedicato a loro: il giornalista Sandro Piovani della testata Gazzetta di Parma intervisterà, alternando domande a sonate dei musicisti Scaffardi, Caliguri, Marzi e Ferrarese, il campione olimpico di canoa Antonio Rossi. Un programma, dunque, vario quello delfestival emiliano che, complici le calde notti di estate, permetterà di assaporare spettacoli di alto livello sotto la volta stellata, davanti a luoghi storico-artistici del nostro Paese di grande bellezza.

Informazioni utili 
«Musica in castello».Calendario completo: www.musicaincastello.it/styled/index.html. Ingresso gratuito. Informazioni sulla rassegna: Piccola Orchestra Italiana, cell. 380.3340574 o info@piccolaorchestraitaliana.it. Informazioni turistiche: Iatr – Terre di Verdi c/o Fidenza Village, tel. 0524.335556. Sito internet: www.musicaincastello.it. Fino al 20 agosto 2015.

giovedì 4 giugno 2015

Andersen Festival: con Celestini, Guzzanti e Fabi alla scoperta della felicità

Diventa maggiorenne l’Andersen Festival, manifestazione che da ormai diciotto anni trasforma Sestri Levante in un grande teatro all’aperto. Oltre cento eventi, tutti a ingresso gratuito, animeranno, infatti, piazze, vie, teatri e spiagge della cittadina ligure in questo primo week-end di giugno. La direzione artistica della kermesse, organizzata come consuetudine da Artificio 23 con l’amministrazione comunale, è di Leonardo Pischedda che, quest’anno, ha deciso di far riflettere artisti e spettatori su un tema attuale, ricco di positività e di speranza, quale la ricerca della felicità.
Ad aprire l’intensa quattro giorni di spettacoli, incontri, laboratori didattici, concerti ed esibizioni circensi, in programma da oggi (giovedì 4) a domenica 7 giugno, è stato un gioioso e colorato corteo di bambini -mille e più di mille!- che dalle prime ore del giorno si sono impossessati simbolicamente della città. Nel pomeriggio sono, invece, in programma le dimostrazioni dei laboratori con cui gli allievi delle scuole sestresi hanno iniziato, a febbraio, il loro percorso di avvicinamento al festival, sotto la guida degli artisti Lorenzo Capello, Enrico De Nicola, Alfredo Gioventù, Monica Marcenaro e Antonio Panella.
A dare il senso della festa, in un’invasione pacifica di vie e piazze, saranno anche gli artisti di circo e di teatro di strada invitati a Sestri Levante per la kermesse, le cui esibizioni prenderanno il via nel pomeriggio di venerdì 5 giugno. Dalla Svizzera arriva Samuelito, alla sua prima esibizione italiana, che con il suo «BeFree» trasforma la strada in palcoscenico insieme a ignari «volontari»: «il cane che gironzola nei dintorni, la famiglia che guarda dalla finestra, il bambino con il gelato in mano». L’argentino Mariano Guz presenterà, invece, a Sestri Levante il suo «Mate De Remate», personaggio stravagante, buffone, coraggioso e sincero che, nonostante le mille difficoltà che la vita gli ha messo sul cammino, riesce a portare a termine le sue imprese attraverso varie peripezie e quasi sempre con l'aiuto della sua immaginazione. Spazio, quindi, al Circo sottovuoto con il loro spettacolo «Che coppia», nel quale viene raccontata la relazione tra l’austera Rotty e il «tamarro» André. Dall’Italia arrivano anch La sbrindola, delirante e iper-energetico duo di musica e giocoleria, e Claudio Mutazzi che trasformerà il suo triciclo in bar ambulante per servire uno «Street Coffee». Da non perdere sono anche i due artisti della Compagnia autoportante che porterà in scena il suo «Fuori al naturale», racconto di una romantica storia d’amore, fuori da ogni tempo e da ogni luogo, che si svolge magicamente su di un filo sospeso in aria. Chiude la carrellata di circensi e artisti di strada presenti all’Andersen Festival Adrian Schvarzstein che, per l’occasione, si trasformerà in Greenman e nel timido e surreale Blishem.
Cuore della manifestazione sarà ovviamente la cerimonia di premiazione della quarantottesima edizione del «Premio H.C. Andersen - Baia delle favole», in programma nella mattinata di sabato 6 giugno. Testimonial della manifestazione sarà Ascanio Celestini, attore e regista, entrato nel cuore del grande pubblico per le sue qualità di narratore, per il suo caratteristico stile espressivo e antiretorico. Nel 2002, agli esordi, l’artista fu invitato a Sestri Levante e ora, da affermato autore sia teatrale che cinematografico, ritorna tra gli ospiti. Per i «Racconti della Baia del Silenzio», Ascanio Celestini presenterà -venerdì 5 giugno, alle ore 21.30- «Storie e contro storie. Racconti d’estate», uno spettacolo che raccoglie alcuni dei racconti pubblicati in «Io cammino in fila indiana», altri dalla versione francese «Discours à la Nation» e altri ancora più recenti.
L’apertura di questa sezione del festival spetta, però, a Sabina Guzzanti che, alle ore 19.30 di venerdì 5 giugno, si confronterà con il pubblico sul tema della felicità in un dialogo sospeso tra acqua e terra, che parte da una considerazione importante: «c’è una cosa molto semplice -racconta l’artista- che tutti possiamo fare: avere il coraggio delle nostre opinioni. Se solo avessimo il coraggio di dire quello che pensiamo, sempre, sereni e ad alta voce, questo paese già cambierebbe. Oggi sono pochissimi quelli che dicono pane al pane».
Sabato 6 giugno, alle ore 19, la Baia del Silenzio si animerà, invece, grazie a Rocco Tanica, dal 1982 musicista, autore e compositore del gruppo «Elio e Le Storie Tese», che si presenta a Sestri Levante nella veste inedita di narratore prendendo spunto da un suo libro, volutamente disconosciuto, dal titolo «Scritti scelti male», pieno di sorprese favolistiche esistenziali e surreali. Il sabato continua nel segno della musica: alle ore 21 sarà, infatti, in scena il Coro popolare della Maddalena di Genova, mentre alle ore 21.30 Beppe Covatta presenterà la sua personale rilettura del capolavoro dantesco «La Divina Commedia» in formato bambino.
Mentre la giornata di domenica 7 giugno, alla Baia del Silenzio, si aprirà con un evento pensato appositamente per l’Andersen Festival: la delicata narrazione che Ambra Angiolini svilupperà sul tema del «Potere alle favole», anche a partire da un cortometraggio curato con Max Croci per il la campagna nazionale «Nati per Leggere».
Dopo aver dato spazio al meraviglioso suono dell’arpa di Cecilia, giovane cantante musicista torinese, la manifestazione ligure si chiuderà, quindi, con un grande concerto di Niccolò Fabi che si esibirà in prima nazionale a Sestri Levante con lo Gnu Quartet, ensemble strumentale più innovativo degli ultimi anni. Brani come «Solo un uomo», «Oriente», «Rosso», «Costruire», «Il negozio di antiquariato» e molti altri diventeranno intimi, grazie ad arrangiamenti innovativi e sperimentali per archi, flauto e voce. Le canzoni di Niccolò Fabi cambieranno così pelle, senza mutare il significato e le intenzioni, ma svelando sensazioni diverse, grazie ad armonie eleganti e raffinate.
Come tutti gli anni il festival presenterà, poi, la sezione «Realtà del mondo». Per il 2015, in coincidenza con la visita del Papa nei Balcani, il Paese ospite sarà Sarajevo, capitale della Bosnia, luogo dove il «secolo breve», il Novecento, iniziò e terminò. A dialogare con Medici Senza Frontiere, nella serata di domenica 7 giugno, Enver Hadžiomerspahić, direttore del progetto Ars Aevi, museo d’arte contemporanea della città nato durante l’assedio e presentato nel 2014. Sempre per iniziativa di Coop Liguria si potrà anche assistere, nello stesso pomeriggio, all’anteprima di tre cortometraggi a disegni animati sul tema della pace, realizzati da gruppi di studenti provenienti da territori oggetto di conflitti -Israele e Palestina, Irlanda del Nord (cattolici e protestanti), Sarajevo (serbi-ortodossi, croati-cattolici, bosniaci-musulmani) che li hanno ideati e prodotti assieme a coetanei di scuole italiane, nell’ambito del progetto «Draw not war», del regista Matteo Valenti. I filmati si avvalgono, come colonna sonora, di tre famosissimi brani («Sunday Bloody Sunday», «Staring at the Sun» e «Insignificance»), concessi eccezionalmente in uso dagli autori (U2 e Pearl Jam) dato l’elevato contenuto valoriale del progetto, che ha il patrocinio del Comune e della Provincia di Genova, della Regione Liguria, del Ministero degli Affari esteri e di quello dell’Istruzione.
Non mancherà al festival l’atteso teatro per i bambini, con spettacoli e laboratori che avranno per cornice il seicentesco Convento dell’Annunziata. Il Teatro della Tosse sarà in scena con al «Lupo al Lupo! La vera storia dei tre porcellini», per la regia di Antonio Tancredi, la Fondazione Theodora presenterà il «Circo bambino» e il Teatrino dei Fondi la favola «Chicco di grano». Ad incantare il pubblico raccolto sotto il fico nella meravigliosa terrazza affacciata sul mare del convento dell’Annunziata saranno anche Ilaria Gelmi con «Nina la postina», Andrea Satta con «Ci sarà una volta» e, infine, Il té delle donne del mondo con «La strada della felicità». Un programma, dunque, vario quello di Sestri per riflettere sulla felicità, quel sentimento che Aristotele definiva «lo scopo ultimo della vita umana».


Informazioni utili 
Andersen Festival. Sedi varie – Sestri Levante (Genova). Programma: www.andersenfestival.com. Informazioni: tel. 0187.257213 o info@artificio23.it. Da giovedì 4 a domenica 7 giugno 2015.

giovedì 28 maggio 2015

«Gli imperatori dell’età dell’angoscia», quattro lezioni-spettacolo ai Musei capitolini

La megalomania di Commodo, il dispotismo di Caracalla, la dissolutezza di Elagabalo: tanti caratteri forti e, a volte, semplicemente etichette per descrivere grandi protagonisti della Roma antica. Eppure alcune di queste figure rimangono poco note nella loro personalità e gestione del potere, pur approfondite sui libri e manuali di scuola.
Un’occasione per avvicinare i visitatori a personaggi e storie della romanità in modo più immediato e coinvolgente è offerto dal progetto «Gli imperatori dell’età dell’angoscia…..o meglio: se li conosci li eviti!», una serie di lezioni-spettacolo in programma da giugno a settembre.
Dopo il successo riscosso come proposta educativa per le scuole superiori di secondo grado, il progetto verrà, infatti, proposto al pubblico attraverso quattro appuntamenti in programma venerdì 26 giugno, domenica 5 luglio, domenica 6 settembre, venerdì 18 settembre.
L’Esedra del Marco Aurelio ai Musei capitolini sarà palcoscenico d’eccezione per la rappresentazione del testo teatrale preparato da Antonietta Bello, affermata giovane attrice e qui anche autrice, per le biografie degli imperatori al centro della mostra «L’età dell’angoscia. Da Commodo a Diocleziano (180-305 d.C.) », in esposizione fino al 4 ottobre 2015.
Il testo utilizza fonti antiche, soprattutto Plutarco e l’«Historia augusta», con i suoi coloriti e spietati ritratti dei protagonisti del III secolo d.C., riprodotti in marmo nella prima sezione dell’esposizione capitolina: una comunicazione emotiva, questa, della drammatizzazione che, attraverso la voce recitante, rende «presente» il passato e «vivi» i suoi personaggi.
Cosi, si ripercorreranno con la mente i consigli dati ai politici da Plutarco all’inizio di questa epoca tardo-imperiale e le passioni per eroi quale Alessandro Magno, attraversando le lande lontane sulle quali si gioca la vera battaglia per il potere.
Con Antonietta Bello si potrà scoprire se realmente quest’età fu «d’angoscia», o connotata piuttosto da grandi cambiamenti sociali e nuove aspirazioni. E se davvero valeva per ogni imperatore la regola «Se li conosci li eviti!».
Con una varietà infinita di toni, in un crescendo incessante di comandanti eletti e poco dopo uccisi dal loro stesso esercito, si ripercorreranno voli e cadute di Commodo, l’Ercole romano, con i suoi travestimenti, la passione sfrenata per gli spettacoli dei gladiatori e la sua frenesia di ribattezzare ogni cosa con il proprio nome. Si scoprirà anche l’efferatezza di Caracalla che, con l’uccisione del fratello Geta, aprì una lunga scia di omicidi e che concesse la cittadinanza romana a tutti gli abitanti dell’Impero, pur di aumentare le entrate di un erario sempre più messo a rischio dalle spese militari.
Nel corso dello spettacolo verrà raccontata, poi, la bellezza efebica del siriano Elagabalo, ucciso appena adolescente e crudelmente profanato nel corpo per la sua condotta lasciva, ma soprattutto per aver voluto sostituire i culti tradizionali cari al Senato con quello orientale del Dio Sole, del quale era sacerdote; fino a ricordare gli imperatori venuti da lontano, durante l’anarchia militare, come Massimino il Trace e Filippo l’Arabo.
La lezione terminerà con Diocleziano, con la suddivisione dell’immenso territorio romano, ormai ingestibile, fra due Cesari ed altrettanti Augusti.
Il progetto, promosso dall’assessorato alla Cultura e al Turismo di Roma - Sovrintendenza ai Beni culturali, con i servizi museali di Zètema Progetto Cultura, conferma la scelta formativa adottata dai Musei capitolini: utilizzando le moderne teorie di didattica museale, il museo propone da alcuni anni al pubblico, scolastico innanzitutto, una serie di spettacoli abbinati alle mostre in programma, per avvicinare in modo multimediale i visitatori alla storia e all’arte antica, non sempre note o di facile approccio.
L’iniziativa è stata avviata grazie alla consolidata collaborazione con il Teatro di Roma, che ha generosamente contribuito con mezzi economici e attori di alto profilo, condividendo con i Musei capitolini la convinzione che l’arte, in ogni sua forma, sia il mezzo migliore per formare le giovani coscienze e stimolare la sensibilità del pubblico.

Informazioni utili 
«Gli imperatori dell’età dell’angoscia…..o meglio: se li conosci li eviti!». Musei capitolini, Esedra del Marco Aurelio, piazza del Campidoglio, 1 – Roma. Orari: venerdì 26 giugno, ore 17.30; domenica 5 luglio, ore 10.30; domenica 6 settembre, ore 10.30; venerdì 18 settembre, ore 17.30. Ingresso: domenica gratuito, venerdì con il biglietto del museo. Informazioni e prenotazioni: tel. 060608 (tutti i giorni dalle ore 9.00 alle ore 21.00). Siti internet: www.sovrintendenzaroma.it; www.zetema.it e www.museiincomuneroma.it

mercoledì 27 maggio 2015

Sant’Anna di Stazzema ad Expo con i suoi «Colori per la pace»

Oltre tremila disegni provenienti da ottantadue scuole e da più di cinquanta nazioni di tutto il mondo: Nuova Zelanda, Giappone, Iraq, Israele, Bangladesh, Colombia, India, Palestina, Russia, Myanmar e tanti altri. Sono questi i numeri che raccontano il progetto «Colori per la pace», nel quale sono raccolti i disegni dei bambini di tutto il mondo per il Parco nazionale della pace di Sant’Anna di Stazzema, con cui la Regione Toscana ha deciso di chiudere la sua presenza ad Expo Milano 2015.
Fino a giovedì 28 maggio, nello stand istituzionale toscano alcuni dei disegni giunti in questi mesi all’associazione «Colori per la pace» (che ha come mission quella di promuovere l’arte infantile a livello internazionale per ridurre le distanze culturali, sociali ed economiche fra i Paesi ricchi e quelli poveri) dai bambini, con un’età compresa tra i 4 e i 10 anni, delle scuole di tutti e cinque i continenti, anche da quei Paesi che oggi sono purtroppo teatro di violenti guerre.
La Regione Toscana ha, dunque, voluto dedicare il suo ultimo evento all’interno di Expo ai bambini e alla pace presentando un’anteprima della mostra che si svolgerà in agosto, da sabato 8 a venerdì 14 agosto, a Sant’Anna di Stazzema, in occasione dell’anniversario del tragico eccidio nazifascista alla fine della seconda guerra mondiale in cui persero la vita 560 persone di cui 130 bambini e tanti altri rimasero orfani.
La città, infatti, attraverso il Parco nazionale della pace di Sant’Anna di Stazzema e sempre in collaborazione con l’associazione «Colori per la pace», organizzerà una grande esposizione internazionale in cui gli oltre 3000 disegni saranno in mostra in tutto il suo territorio.
In ogni guerra, i bambini sono le vittime più indifese. Brutalmente trasportati da un mondo familiare e rassicurante a un mondo sconosciuto, fatto di privazioni, esclusione, paura, fame e violenza, sono spesso costretti a seguire il destino degli adulti senza avere né gli strumenti per resistere e difendersi, né la capacità e maturità per comprendere la situazione che stanno vivendo. Attraverso i loro disegni raccontano tutto questo, ma anche il loro desiderio di vivere la pace attraverso i simboli che per loro più la rappresentano, comunicando un messaggio di speranza.

Informazioni utili 
Parco nazionale della pace di Sant'Anna di Stazzema, tel./fax 0584.772025 o santannamuseo@comune.stazzema.lu.it. Sito internet: www.santannadistazzema.org.

martedì 26 maggio 2015

Venezia, «La giovinezza di Tintoretto» in un convegno di studi

Cinque realtà unite nel nome di un pittore. Il 28 e il 29 maggio, l’Istituto di storia dell’arte della Fondazione Giorgio Cini, assieme all’Università Ca' Foscari di Venezia, all’École Pratique des Hautes Études, all’Université Charles-de-Gaulle - Lille 3 e all’Université Lumière Lyon 2, organizza sull’isola di San Giorgio Maggiore il convegno «La giovinezza di Tintoretto», dedicato all’analisi critica e storiografica delle prime opere di Jacopo Robusti, pittore noto come il Tintoretto (Venezia, 1519–1594), uno dei più grandi esponenti della scuola veneziana e del Cinquecento italiano, e al fenomeno del ‘manierismo’ a Venezia intorno alla metà del secolo.
L’appuntamento di studio, che vede coinvolti docenti universitari, studiosi e rappresentanti di alcuni tra i più importanti musei italiani ed europei, prende le mosse dalle ricerche fondatrici di Rodolfo Pallucchini sulla giovinezza dell’artista e intende associare prospettiva storiografica e analisi critica.
Il periodo della formazione del Robusti (1538 ca. – 1550 ca.) è ancora poco chiaro e la mancanza di una messa a fuoco puntuale non aiuta, né sostiene, la costituzione del primo catalogo dell’artista che dovrebbe contribuire a rinnovare la percezione che abbiamo del pittore.
La prima parte del convegno intende interessarsi alla definizione di uno «stile di giovinezza» e all’identificazione delle influenze, più o meno manifeste, nelle prime opere attribuite a Tintoretto. In questa sessione ci si concentrerà in particolare su questioni di attribuzione, senza limitarsi a considerazioni di carattere stilistico, ma indagando più ampiamente la storia del contesto artistico veneziano del decennio 1530-1540.
La seconda parte del convegno si interesserà a questioni più iconografiche e storiografiche, a partire dall’analisi di opere precise. Tra gli altri, si segnala la presenza di Alessandro Gatti che parlerà della «Crocifissione» di Padova, restaurata al Centro conservazione e restauro della Venaria di Torino.
I dipinti del giovane Tintoretto propongono un linguaggio figurativo originale, attraverso cui è possibile percepire riferimenti culturali, filosofici e poetici singolari – si pensi ad esempio alla pittura a soggetto mitologico – punto di partenza per indagare più approfonditamente l’educazione intellettuale del giovane artista.
Infine la giovinezza di Tintoretto è anche quella di altri pittori e scultori di formazione tosco-romana che, intorno alla metà del Cinquecento, giocano un ruolo fondamentale nell’arte veneziana, tema a cui sarà dedicata l’ultima parte del convegno. A questi artisti, che fanno la loro apparizione sulla scena locale intorno al 1535-1550, è stata riservata in passato scarsa attenzione proprio per la loro educazione centro italiana difforme dal gusto veneziano. Lavorare sulla giovinezza del Tintoretto significa perciò riaprire il «caso» del manierismo a Venezia (o manierismo veneziano) e quello del dialogo fecondo intrattenuto dai veneziani con gli artisti fiorentini, romani o mantovani.
Tra i relatori si segnala la presenza di Miguel Falomir e González Mozo del Museo del Prado di Madrid, di Stefania Mason dell’Universita degli studi di Udine, di Michele di Monte della Galleria nazionale d’arte antica di Palazzo Barberini a Roma e di Roland Krischel del Wallraf-Richartz Museum di Colonia.

Didascalie delle immagini
[Fig.1 ] Tintoretto, «Crocifissione», 1545 ca. Padova, Musei civici; [fig. 2] Tintoretto, «Crocifissione», 1545 ca. Padova, Musei civici. Particolare del quadro ripreso durante il lavoro di pulitura al Centro conservazione e restauro della Venaria di Torino; [fig. 3] Tintoretto (attribuito), «Disputa di Gesù con i dottori del tempio», post 1520 - ante 1594. Milano, Veneranda Fabbrica del Duomo. Museo del Duomo

Informazioni utili 
«La giovinezza di Tintoretto». Fondazione Giorgio Cini Onlus - Istituto di storia dell'arte, Isola di San Giorgio Maggiore – Venezia. Quando: giovedì 28 e venerdì 29 maggio 2015. Ingresso libero. Informazioni utili: Rossella Patrizio, tel. 041. 2710230 o arte@cini.it. Sito internet: www.cini.it.

lunedì 25 maggio 2015

«Art Hub Carrara», nasce in Toscana il primo incubatore italiano delle professioni dell’arte

Al gotico le fabbriche delle cattedrali, al Rinascimento le botteghe dei maestri, al pop la Factory del marketing: di fatto in arte l’unione ha fatto la forza lavoro. Giotto o Warhol che fossero, ingegni e mani si sono nei secoli incrociati (tra loro) nella -e per la- creazione, attraversando figurativismi e concetto, fondi oro e arti povere, ma sempre e comunque nel segno della collaborazione, disponendo di eccellenza e virtù di ciascuno. Oggi il co-working si chiama hub, ma il principio basale rimane lo stesso. Da questo pensiero è nato a Carrara, per iniziativa dell’associazione BlitzArt, il primo incubatore delle professioni dell’arte, che si avvale del partenariato dell’Amministrazione comunale carrarese e della collaborazione del Centro per l’arte contemporanea «Luigi Pecci», nell’ambito del progetto regionale «Cantiere Toscana contemporanea».
L'iniziativa -che verrà presentata alla stampa e al pubblico con una tre giorni di conferenze e incontri, in programma dal 28 al 30 maggio- nasce da un’idea di Giorgia Passavanti e Christian Marinari, con il critico Cinzia Compalati, lo storico dell’arte Sebastiano Collu, l’artista Andrea Ferrari e Andrea Pugliese, esperto in politiche del lavoro.
L’obiettivo di questo nuovo incubatore di professioni, denominato «Art Hub Carrara», è quello di colmare un gap, quello che vede la città toscana votata per tradizione millenaria, con le sue cave di marmo e il loro indotto, all’arte, ma non del tutto capace di mettere in relazione tradizione e contemporaneità, manifatturiero e digitale in una logica di arricchimento e di accrescimento reciproco. In sostanza, a Carrara sculture e scultori ci sono: mancano i contatti tra loro e i mestieri nuovi. Eppure sono indispensabili, in un mondo come quello della creazione artistica sempre più gestito da registrar di collezioni e collezionisti, social media strategist, web editor, curatori e specialisti di bandi europei, figure professionali che muovono oggi globalmente l’arte a servizio del manufatto facendo dell’opera un’esperienza totale che scavalca la sola percezione estetica e concettuale.
Con «Art Hub Carrara» si costruisce, dunque, un ponte tra lab (inteso come laboratorio) e hub, creando uno spazio di co-working e di socialità professionale, in cui profili diversi, ma complementari –spesso così insoliti e nuovi da non figurare nei percorsi formativi ufficiali- si relazionino e collaborino alla creazione e progettazione di iniziative culturali contemplandone la produzione e l'esito a 360°: dal manufatto all'hashtag, per dirla con un tweet.
Ad aprire le attività di questo progetto pilota in Italia, che avrà luogo al Cap - Centro arti plastiche di Carrara, convento secentesco riconvertito in museo dal 2006, saranno una serie di conferenze con esperti del settore, tra i quali si segnalano Fabio Cavallucci (direttore del Centro «Luigi Pecci» di Prato), Francesca Alix Nicoli (producer, tra gli altri, di Vanessa Beecroft), Salvatore Filippini La Rosa (avvocato, esperto in legislazione sui beni e le attività culturali), la crowdfunder Chiara Spinelli, Sara Dolfi Agostini (contributor del dorso «Art Economy» del quotidiano «Il Sole 24 Ore»), lo scultore Filippo Tincolini di Torart (l’innovatore che realizza sculture con robot 3D per Gormley, Zaha Hadid e altri ancora), l’addetto stampa Rosi Fontana e la gallerista Renata Bianconi. In tutto saranno quindici gli esperti che racconteranno riti e virtù del loro lavoro e lo presenteranno a un pubblico vario per il quale probabilmente certe professioni sono ancora inusuali, quando non ignote.
Fase attuativa di «Art Hub Carrara» sarà il «Summer CAmP» , un corso di progettazione culturale, in programma dall’8 al 12 settembre, in cui studenti e giovani lavoratori saranno affiancati da tutor e professionisti del circuito del contemporaneo nell'ideazione di progetti ed eventi da proporre a istituzioni pubbliche e private.
Prima, però, si terrà, dal 10 luglio al 4 ottobre, l'«Hub exhibition», in cui le opere della collezione permanente del Cap – Centro arti plastiche saranno rilette in chiave lavorativa, evidenziando quanti e quali braccia e menti -oltre a quelle dello scultore- abbiano lavorato su uno stesso lavoro. Kounellis, Aldo Mondino, Nunzio, Perino e Vele, Vangi, Aldo Mangiarotti, Guadagnucci, Kenneth Armitage, Viani e altri sono gli autori al centro del progetto, che sarà arricchito dalle video-testimonianza di Whatchado, web tv svizzero/tedesca alla quale è stato affidato il compito di fare la cronaca di quanto succederà dal 28 al 30 maggio a Carrara.
Ad affiancare la fase preliminare del progetto -che si propone come incubatore vivo e attivo nel quale maestri e maestranze possano misurarsi in concreto e nell’immediato, passando a strettissimo giro dalla formazione al lavoro vero, dal contatto al contratto- ci sarà, inoltre, una campagna di affissioni giocata sul paradosso lessicale.

Informazioni utili
Art Hub Carrara. Cap - Centro arti plastiche, via Canal del Rio - Carrara. Case History: giovedì 28 – venerdì 29 – sabato 30 maggio 2015. Hub Exhibition: dal 10 luglio al 4 ottobre 2015. Summer Camp: dall’8 al 12 settembre 2015. Informazioni: arthubcarrara@gmail.com o cell. 331.7671163. Sito internet: arthubcarrara.wordpress.com. Facebook: Art Hub Carrara. Twitter: @arthubcarrara

venerdì 22 maggio 2015

«Mended Cups» e «Unbroken Cup»: una nuova illy Art Collection per Yoko Ono

La tensione verso la perfezione, la passione per il bello e il ben fatto hanno spinto illy ad amplificare il piacere sensoriale dato dal caffè coinvolgendo anche la vista e l’intelletto, attraverso l’arte. Sono nate così nel 1992 le illy Art Collection, celebri tazzine d’artista che hanno trasformato un oggetto quotidiano in una tela bianca su cui, negli anni, si sono cimentati oltre settanta noti e apprezzati artisti di fama internazionale: da Michelangelo Pistoletto a Marina Abramović, da Anish Kapoor a Daniel Buren, da Robert Rauschenberg a Jeff Koons, da Jan Fabre a James Rosenquist, da Jannis Kounellis a Julian Shnabel, da Louise Bourgeois a William Kentridge.
Quest’anno a disegnare le celebri tazze nate, più di venti anni fa, da un’idea di Francesco Illy è Yoko Ono. In occasione della grande mostra in corso fino al 7 settembre al MoMa di New York l’artista presenta, infatti, la serie «Mended Cups», sei tazzine che mostrano delle crepe aggiustate con l’oro, accompagnate da altrettanti piattini, tutti diversi tra loro, che raccontano sei eventi catastrofici che hanno colpito la terra: Nanchino, Guernica, Dresda, Hiroshima, Mai Lai e l'8 dicembre 1980, sotto il Dakota. Alcuni hanno avuto un impatto diretto sulla vita di Yoko Ono, altri solo indiretto, portando la morte a milioni di persone. Ogni piattino riporta la data e il luogo del tragico evento e chiude con le parole «... riparato nel 2015».
La settima tazzina della collezione, denominata «Unbroken Cup», è intatta, senza crepe né riparazioni ed esprime pace e speranza con le parole di Ono scritte sul piattino: «This cup will never be broken as it will be under your protection» («Questa tazza non si romperà mai finché sarà sotto la tua protezione»). Per questa nuova serie, l’artista ha fatto propria la metafora dell’antica arte giapponese del Kintsugi, una tecnica di riparazione delle ceramiche rotte o incrinate che usa l’oro come collante: una filosofia, questa, che concepisce la rottura e la riparazione come parti integranti della storia di un oggetto, un dettaglio prezioso, importante e non un elemento da nascondere.
Lo spirito di questo progetto è stato compreso pienamente da Carlo Bach, direttore creativo di illycaffè, che ha dichiarato ai giornalisti: «Quando ho visto per la prima volta il progetto che Yoko Ono aveva ideato ho sentito un brivido lungo la schiena. Basta avere questa illy Art Collection davanti agli occhi per pensare subito alla fragilità del mondo, alla possibilità del perdono e alla speranza in un futuro migliore che dipende in buona parte dalle nostre azioni».
Il set completo della serie «Mended Cups», in vendita da settembre on-line e nei negozi illycaffè, è composto da sette tazzine da espresso con i relativi piattini, firmate dall’artista e numerate, oltre che da un booklet sulla collezione. Ma già da questa estate la nuova illy Art Collection sarà in vendita nei Design Store del MoMa agli indirizzi 11 e 44 West 53rd Street, e 81 Spring Street. Un’occasione, questa, in più per visitare la mostra americana di Yoko Ono, unone woman show in bilico tra poesia e guerrilla art.


Informazioni utili 
«Yoko Ono: Mended Cups – illy Art Collection». Set completo: € 120,00; sola tazzina «Unbroken Cup» € 25.00. In vendita da settembre 2015. Sito internet: www.illy.com.

giovedì 21 maggio 2015

Milano, al Museo dei Cappuccini una mostra su nutrimento e conservazione

Nutrimento e mantenimento sono i due temi al centro del progetto A.R.T. (Advanced Refrigeration Technology), promosso da Andrea B. Del Guercio, docente dell’Accademia di Belle arti di Brera, con l’intento di focalizzare l’attenzione sulla questione dell'alimentazione e dell'importanza del cibo, concentrandosi sul tema della sua conservazione, condivisione e consumo. Figura iconica centrale della proposta espositiva, che si articola tra Milano e Venezia, è il frigorifero, raccontato attraverso le idee creative di trentasei artisti, tra cui dodici giovani emergenti, coinvolti nell’iniziativa da Banca Sistema, che ha lavorato in collaborazione con Lops ritratti d'arredo e Meson's, leader rispettivamente nel settore dell'arredamento e delle cucine.
In occasione di Expo Milano 2015, il progetto trova casa anche al Museo dei cappuccini, dove martedì 26 maggio, alle ore 18.30, verranno inaugurate due opere, alla presenza di padre Maurizio Annoni, presidente dell’Opera San Francesco per i poveri di Milano, dell’architetto Carlo Capponi, dell’ufficio Beni culturali della Diocesi di Milano, di don Marco Scarpa, del Patriarcato di Venezia, di don Cesare Pagazzi, della Facoltà teologica di Milano e del professor Andrea B. Del Guercio.
Si tratta di «Sant'Acqua» di Luca Ovani (Pesaro, 1995) e di «3 Piani» di Gianmaria Milani (Savigliano – Cuneo, 1995), due frigoriferi che, grazie alla loro singolare realizzazione, fungeranno da conduttori della relazione tra il concetto di cibo materiale e cibo spirituale, connesso con l’attività dei frati cappuccini e con la vicina mensa dell’Opera San Francesco per i poveri.
L’opera di Luca Ovani è rappresentata da un monolite bianco pieno di bottiglie d'acqua sigillate con l’etichetta del brand «Sant'Acqua», creato dall’artista per l'occasione. «Il suo frigorifero –si legge nella presentazione- è una metafora della Chiesa. Come il fedele, desideroso di conforto, apre le porte della Casa del Signore, così l’assetato apre lo sportello del frigorifero e trova bottiglie di Sant’Acqua (ironico rimando a quella benedetta), per dissetarsi e sopravvivere».
«3 Piani» di Gianmaria Milani racconta, invece, come l’elemento tecnologico rappresenti l’evoluzione del genere umano, la sua voglia di governare la natura e riprodurla. Nello specifico, oltre alla conservazione del cibo, funzione principale, di fatto l’elettrodomestico riproduce un elemento climatico naturale: il freddo.
Da qui muove lo studio dell’opera, in cui coesistono tre aree: la sezione inferiore (il congelatore), dipinta di giallo, rappresenta l’energia solare, la luce, fonte di vita. C’è, poi, un frigorifero, un paesaggio martoriato e modificato per mano dell’uomo; il terzo elemento è la scala che unisce le due precedenti sezioni e simboleggia il passaggio da una vita spirituale ad una vita terrena e, contestualmente, l’indomabile voglia dell’uomo di raggiungere vette sempre più alte, fino a voler governare la natura.
Il progetto A.R.T. (Advanced Refrigeration Technology) si va ad affiancare ad un’altra iniziativa in corso in questi giorni al museo: «l’arte nutre lo spirito e il corpo», che permette al pubblico di unirsi ai frati cappuccini nell’impresa di dare nutrimento alle persone più disagiate attraverso una donazione facoltativa di 3,50 euro che sarà devoluta alla mensa di Opera San Francesco per i poveri come offerta per un pasto ai più bisogni.

Didascalie delle immagini 
[Fig. 1] «Sant'Acqua» di Luca Ovani - Ph Andrea Sartori. Courtesy Banca Sistema; [Fig. 2] «3 Piani» di Gianmaria Milani - Ph Andrea Sartori. Courtesy Banca Sistema 

Informazioni utili 
Progetto A.R.T. (Advanced Refrigeration Technology). Museo dei Cappuccini, via Kramer, 5 - Milano. Quando: martedì 26 maggio 2015, dalle ore 17.00. Informazioni: tel. 02.77122580. Sito web: www.museodeicappuccini.it.

mercoledì 20 maggio 2015

«Amore Amaro», Francesca Selva al Find Festival con i suoi Romeo e Giulietta

Debutta al Find Festival di Cagliari il nuovo allestimento di «Amore Amaro», spettacolo della compagnia Francesca Selva/Con.Cor.D.A., co-prodotto con il Theatre du Centre-AvignonOFF 2014. L’appuntamento, che reinterpreta in chiave contemporanea e con un inatteso finale la storia di Romeo e Giulietta, è fissato per domenica 24 maggio, alle ore 21, al teatro Auditorium Comunale.
Nella coreografia di Francesca Selva il ruolo dei due sfortunati amanti di Verona è interpretato dai danzatori Andrea Rampazzo e Silvia Bastianelli, che si ritrovano finalmente sposati e costretti a vivere la quotidianità di un amore forte, intenso, a volte feroce, tormentato dalla solitudine interiore e dall'incomunicabilità, attraversato dalla paura della fine che diventa essa stessa già fine.
Nel soggetto ideato da Marcello Valassina, che cura anche la regia dello spettacolo, il cuore degli amanti si spezza all'improvviso. Cade. Precipita in un silenzio assordante. È pesante, ingombrante, eppure non fa rumore. Tace al mondo il suo dolore che si dimena come una bestia in trappola per poi scoppiare in un riso amaro che lo salverà.
Reduce da Avignon Off 2014, dove è stato applaudito e apprezzato dalla critica francese di settore, «Amore Amaro» è una delle produzioni più intense di Francesca Selva, che sintetizza al meglio la sua ricerca coreografica lunga vent’anni.
Dopo aver collaborato con grandi interpreti come Sylvie Guillem e Rudolph Nureyev, l'Operà du Nord di Lille e il Balletto europeo Sab, l’artista ha iniziato a lavorare da sola e ha  portato i suoi lavori nei teatri di New York, l'Havana, Tokyo, Kyoto, Shanghai, Taipei, Budapest, Tirana, Sofia, Nairobi, Istanbul, Limassol, Yerevan, Edimburgo e Avignone. Il suo personalissimo linguaggio, che affonda le radici nella ricchezza del vocabolario classico, viene declinato in chiave contemporanea rivolgendo la propria attenzione agli aspetti più intimi della quotidianità. Ad ispirare Francesca Selva è la vita: la lettura di un testo, la visione di un film, un incontro fortuito in metropolitana, la rottura di una tazzina che cade, una notizia di cronaca locale, da cui nascono spettacoli come «Oppio», «Sulle labbra tue dolcissime», «Le scarpe di Anita», «La vertigine» e «Ferita» che rievocano e mettono in scena stati d'animo e sentimenti appena accennati sublimando emozioni che attraverso il linguaggio del corpo toccano l'animo dello spettatore.

Didascalie delle immagini 
[Figg. 1 e 2] «Amore Amaro».Foto di Alessandro Bottigelli 

Informazioni utili 
 «Amore Amaro». Teatro Auditorium Comunale, piazza Dettori, 8 – Cagliari. Ingresso: intero € 8,00, ridotto € 5,00. Orari: ore 21.00. Informazioni utili 342/7838614 o festivalnuovadanza@gmail.com. Sito internet: www.festivalnuovadanza.it. Domenica 24 maggio 2015.

mercoledì 6 maggio 2015

Biennale, l’arte racconta la storia e «Tutti i futuri del mondo»

Guarda la storia con gli occhi dell’arte, raccontando i cambiamenti socio-politici del nostro pianeta in bilico tra crisi economica e flussi migratori che ridisegnano la geografia del mondo, la nuova edizione della Biennale di Venezia. In occasione del centoventiseiesimo anniversario della prima mostra ai Giardini, centotrentasei artisti provenienti da cinquantatré Paesi, ottantanove dei quali alla loro prima esperienza in Laguna, riflettono sull’attuale «stato delle cose», sullo scenario globale sempre più lacerato e incerto, anche in relazione ai simboli e ai ricordi che la storia ci consegna, e provano ad intravvedere nuovi scenari semantici.
Non a casa a fare da filo rosso tra le opere esposte nelle due sedi espositive, i Giardini di Castello e l’Arsenale, il giornalista e curatore nigeriano Okwui Enwezor, direttore della Haus der Kunst di Monaco di Baviera, ha scelto una frase del filosofo Walter Benjamin sull’«Angelus Novus» di Paul Klee, contenuta nel libro «Tesi di filosofia della storia»: «[…] ha il volto rivolto al passato. Dove a noi appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe che accumula senza tregua rovine su rovine […]. Egli vorrebbe ben trattenersi […]. Ma una tempesta spira […] e lo spinge irresistibilmente nel futuro».
Ecco così spiegato il titolo della 56. Esposizione internazionale d’arte: «All The World ‘s Futures (Tutti i futuri del mondo)» , un invito a guardare più lontano, oltre la prosaica apparenza delle cose, anche grazie al ritorno in Laguna, con un proprio Padiglione nazionale, di Ecuador, Filippine e Guatemala, e alla presenza di cinque nuovi Paesi quali Grenada, Mauritius, Mongolia, Repubblica del Mozambico e Repubblica delle Seychelles.
A completare il quadro di questa nuova Biennale veneziana, visitabile fino al 22 novembre, sono, poi, quarantaquattro eventi collaterali sparsi tra le calli e i campielli di Venezia, dalla mostra «Glasstress Gotika» a Palazzo Franchetti, con opere medioevali in vetro dell’Ermitage e lavori in vetro muranese di maestri contemporanei come Olafur Eliasson e Tony Cragg, alla rassegna di Grisha Bruskin negli spazi dell’ex chiesa di Santa Caterina, senza dimenticare il nuovo allestimento dell’opera «Norma» di Vincenzo Bellini al teatro La Fenice, firmato dall’artista americana Kara Walker.
Ad aprire il percorso espositivo della Biennale 2015 sono, ai Giardini di Castello, nove sculture della serie «Coronation Park», realizzate dal collettivo indiano Raqs Media Collective. Raffigurano eroi, re e potenti del passato che si ergono imponenti sui piedestalli, scrutando l'orizzonte; ma la loro monumentalità è solo apparente: queste figure appaiono prive di testa e braccia, o con il busto spezzato. Sembrano avere una valenza quasi simbolica così come le bandiere nere che Oscar Murillo ha posto a copertura della maestosa facciata neoclassica del Padiglione centrale, su cui è visibile anche una nuova opera in tubi fluorescenti di Glenn Ligon.
Gioca sul simbolismo pure la poetica installazione di Fabio Mauri, posta proprio sotto la cupola dipinta da Galileo Chini nel 1909: «Il muro occidentale o del pianto» (1993), un’alta parete di valigie che parla di identità incenerite nelle camere a gas dei lager nazisti, ma anche negli esodi di massa che stanno modificando la nostra mappa geopolitica.
L’arte scelta da Okwui Enwezor per questa Biennale spalanca così le porte su un mondo straziato da guerre, povertà, disuguaglianze sociali, sfruttamento del lavoro e razzismo. Cannoni, coltelli conficcati nel terreno, motoseghe, muri ricoperti da sacchi di iuta, sculture in procinto di decomporsi e volti, o per meglio dire, teschi che ricordano lo straziante urlo di Edvard Munch costellano l’intero percorso espositivo, suddiviso in due differenti progetti intitolati rispettivamente «Garden of disorder» e «Liveness: on epic Duration», rendendo così palpabile quel senso di precarietà, instabilità e disagio che è proprio dei nostri tempi.
Il cuore pulsante di questa Biennale è ai Giardini, dove è ancora in costruzione la coloratissima giostra a carosello di Carsten Holler che, nelle prossime settimane, permetterà al pubblico di prendersi una pausa durante la visita ai vari padiglioni nazionali, tra cui merita una particolare segnalazione quello del Giappone con una spettacolare installazione di Chiharu Shiota sul valore della memoria, formata da una barca che sembra venuta da lontana e da una pioggia di chiavi fissate su un velario rosso che scende dal soffitto.
Questo spazio di particolare importanza è l’Arena, un auditorium progettato dall'architetto ghanese-britannico David Adijane che fungerà, per tutti e sei i mesi di apertura, da luogo di raccolta della parola parlata, dell’arte del canto, del recital e delle proiezioni di film. Qui si terrà, sotto la regia del britannico Isaac Julien, la lettura dal vivo del libro «Il capitale», fondamentale e tuttora controverso testo di Karl Marx che parla di economia e società. Su quest’opera, o meglio sulla sua attualizzazione, lavorerà anche il collettivo «The Tomorrow».
Mentre Olaf Nicolai animerà gli spazi dell’Arena con l’interpretazione di una composizione di Luigi Nono, unita a versi di Cesare Pavese e suoni registrati durante le contestazioni politiche della Biennale del '68. Jason Moron proporrà, invece, una mappatura dei canti di lavoro nelle prigioni e nei campi dell’Angola, alla quale risponderà Charles Gaines con le partiture musicali della Guerra civile americana.
Anche l’Arsenale sarà palcoscenico di varie performance, a cominciare dal nuovo progetto di Jennifer Allora e Guillermo Calzadilla, che coinvolge un coro nell’esecuzione del lavoro «La creazione», composto da Joseph Haydn tra il 1796 e il 1798, a partire dai racconti della Genesi e del «Paradiso perduto» di Milton.
È, dunque, una Biennale che fa dell’oralità e del racconto la sua principale cifra stilistica quella di Okwui Enwezor, primo curatore africano nella storia dell’Esposizione internazionale d’arte di Venezia.
Voci, rumori, sibili, vibrazioni: i suoni del mondo chiedono attenzione al visitatore. Ed è per esempio seguendo il riecheggiare di rintocchi metallici che, all’Arsenale, si scopre l'opera «The Bell, 2014-15» dell’artista iracheno Hiwa K, in cui è visibile una grande campana realizzata facendo fondere materiale bellico proveniente da vari terreni devastati dalla guerra. L’installazione comprende due video, che ripercorrono tutte le fasi di realizzazione, dalla raccolta delle armi, fornite da tre Paesi, alla fusione dei metalli e alla creazione dell’opera. La campana è posta direttamente sul pavimento, sostenuta da una struttura di legno: tirando una fune legata al batacchio è possibile farla suonare, trasformando i simboli di distruzione in una creazione, in un suono di pace.
Fra le cose più interessanti che si fanno ricordare all'interno dell'Arsenale figura il Padiglione della Repubblica del Kosovo con l’installazione «Speculating on the Blue» di Flaka Haliti: una stanza col pavimento ricoperto di sabbia blu dalla quale si ergono frammenti di recinti e barriere inutili quasi a svelare l'assurdità di confini arbitrari in un mondo che non dovrebbe averne. Di grande impatto visivo è anche il Padiglione della Turchia con il progetto «Respiro» di Sarkis che tra arcobaleni, specchi e vetrate colorate crea uno spazio dove perdersi e ritrovarsi, accompagnati dalle note di Jacopo Baboni-Schilingi.
In città merita, infine, una visita il Padiglione dell’Armenia, collocato nel Monastero Mekhitarista sull’Isola di San Lazzaro degli Armeni: «Armenity» -questo il titolo del progetto- ruota intorno a concetti di identità, dislocamento, territorio, confini e geografia, che fanno parte del vissuto di questi artisti, eredi di un popolo che si è disperso per il mondo nel tentativo di non soccombere al tentativo di genocidio del 1915, il primo del XX secolo, attuato dal governo dei Giovani turchi nelle fasi finali dell’Impero ottomano.
Sarà questo Padiglione, così vicino al racconto di una storia antica che si fa presente, a vincere il Leone d’oro? La risposta l’avremo sabato 9 maggio, durante la cerimonia di apertura di questa edizione della Biennale. Una manifestazione, questa, che invita il visitatore a riflettere su un periodo storico di forte cambiamento a livello globale, proprio come quello che stiamo vivendo, guardando all’esempio dell’«angelo della storia» narrato da Walter Benjamin: «un angelo con gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese verso il futuro».

Informazioni utili
«All The World ‘s Futures (Tutti i futuri del mondo)». 56. Esposizione internazionale d'Arte. Giardini e Arsenale - Venezia.Orari: 10.00-18.00; chiuso il lunedì, escluso lunedì 11 maggio, lunedì 1° giugno e lunedì 16 novembre 2015; ore 10.00-20.00 all’Arsenale tutti i venerdì e i sabato fino al 26 settembre 2015. Ingresso: intero € 25,00, ridotto € 22,00 o € 20,00, studenti/under 26 € 15,00, family formula € 42,00 (2 adulti + 2 under 14), altre agevolazioni sono consultabili sul sito ufficiale dell’evento. Catalogo ufficiale, catalogo breve e guida: Marsilio editore, Mestre. Informazioni: tel. 041.5218828. Sito internet: www.labiennale.org.Fino al 22 novembre 2015.

giovedì 16 aprile 2015

Un Educational Day per i musei Amaci

Laboratori, workshop, conferenze, visite guidate, ma anche performance, happening e flash mob: sarà una giornata ricca di eventi quella promossa dai dipartimenti educativi delle realtà riunite nella rete Amaci - Associazione dei musei d’arte contemporanea italiani per domenica 19 aprile.
A firmare l’immagine guida di questo primo Educational Day sono Botto & Bruno. Il loro lavoro, intitolato «Silent Walk», propone una riflessione sul rapporto uomo-paesaggio. Una figura di profilo occupa metà dello spazio visivo ed è intenta a compiere un’azione. Il volto è tagliato, non si distinguono né il sesso né l’età, l’attenzione è focalizzata sulle sue mani e sul gesto che sta compiendo: con una forbice ritaglia della carta, sta costruendo un proprio paesaggio, un luogo mentale attraverso il quale tracciare il proprio cammino. Sullo sfondo una distesa verde, il cui orizzonte si confonde con la nebbia e il cielo. Non ci sono case, non c’è architettura, non c’è altra presenza umana. C’è solo una rete metallica che divide la figura dal paesaggio, anche se in realtà si intravede un’apertura, un passaggio, che le dà la possibilità di non essere isolata, di mettersi in relazione con l’ambiente che la circonda. La figura rappresentata è, quindi, intenta a costruire; la sua gestualità, che indica partecipazione, è silenziosa, ma non passiva. Ed è proprio l’azione del creare dal nulla, in modo semplice, quasi come fosse un gioco, il proprio mondo e il proprio futuro il fulcro di «Silent Walk», che gli artisti hanno scelto di indicare come metafora della costruzione di una società migliore attraverso il ruolo, fondamentale, dell’educazione.
L’Educational Day rimette, infatti, al centro della scena la funzione educativa dei musei, in particolare d’arte contemporanea, e il loro imprescindibile legame con il territorio cui fanno riferimento, ribadendo che non sono asettici contenitori di oggetti, bensì luoghi vivi, aperti, inclusivi, che hanno un’importante responsabilità sociale nei confronti delle loro comunità di appartenenza. I musei sono, e possono diventare sempre di più, centri di formazione permanente, luoghi di scambio e di crescita, laboratori per lo sviluppo del pensiero critico, piattaforme educative per l’inclusione sociale e l’integrazione culturale.
E l’Educational Day serve a ribadire che per poter esercitare questa imprescindibile funzione sociale, che è sempre parte integrante della loro missione istituzionale e del loro progetto culturale, i musei devono sapersi porre in una posizione aperta, di ascolto, nei confronti delle loro comunità e del loro pubblico, anche potenziale, interrogandosi continuamente sul proprio ruolo e trovando modalità sempre nuove di interagire efficacemente con l’attualità, sempre più complessa e dinamica. In questa direzione i musei d’arte contemporanea per loro natura possono svolgere un ruolo sociale importante, e hanno il dovere di farlo, offrendosi come terreno di sperimentazione per nuove forme di cittadinanza culturale, promuovendo e sostenendo coesione sociale e appartenenze territoriali, rendendo il proprio pubblico motore di processi innovativi, dove le persone diventino protagoniste della creazione e diffusione di un nuovo modo di pensare, vivere e diffondere la cultura.
Moltissime le iniziative messe in cantiere per questa giornata, con il coinvolgimento, in alcuni casi, di Accademie di belle arti, università pubbliche e private, istituti di alta formazione. Laboratori, workshop, conferenze, visite guidate, incontri con gli artisti, ma anche performance, happening e flash mob, o ancora percorsi speciali per non vedenti e sordo-muti, seminari di approfondimento per operatori e insegnanti, corsi di educazione allo sguardo compongono il programma rivolto ad adulti, giovani e bambini con le famiglie.
Si spazia dagli incontri a sorpresa nelle strade di Prato con il Centro Pecci ai focus sulla collezione permanente del Castello di Rivoli, passando per i percorsi di avvicinamento all’Arte povera della veneziana Ca’ Pesaro o per il workshop su come raccontare il museo nell’epoca dei social network promosso dal Madre a Napoli.
Al Museion di Bolzano sono state, invece, organizzate visite a occhi bendati per imparare a guardare con gli altri sensi, mentre al Palazzo Fabroni di Pistoia ci saranno laboratori nella lingua dei segni. Ritratti e autoritratti saranno, poi, al centro delle iniziative promosse dal Museo Marino Marini di Firenze e dalla Gam di Torino; la musica sarà, invece, protagonista al Macro di Roma.
Iniziative per l’Educational Day, quasi tutte a ingresso gratuito con prenotazione, saranno organizzate anche da prestigiose realtà come il Mart di Rovereto, la Gnam di Roma, il Mambo di Bologna e il Pac di Milano.

Didascalie delle immagini 
[fig. 1] Botto & Bruno per l’Educational Day, «Silent walk», fotocollage, 2014; [fig. 2] Visite guidate con gli occhi bendati nella mostra di Rossella Biscotti al Museion di Bolzano. Foto: Luca Meneghel; [fig. 3] Visitatori al Madre di Napoli. 

Informazioni utili 
Educational Day - 19 aprile 2015. Italia, sedi varie. Programma: http://www.amaci.org/sites/default/files/attach/activity/amaci_programma_musei_ed00_27.03.2015.pdf. Informazioni: Amaci, via San Tomaso, 53 -  Bergamo, tel. 035.270272 o info@amaci.org. Sito internet: www.amaci.org.

mercoledì 15 aprile 2015

Brera, un restauro al gusto di miele per l'Atrio dei gesuiti

Sarà un restauro «dolce» quello dell'atrio dei Gesuiti all’interno del Palazzo di Brera. Toccherà, infatti, alla Rigoni, prestigiosa azienda familiare che sull’Altipiano di Asiago produce mieli e marmellate, riportare alla sua antica bellezza l’area di ingresso di uno dei simboli di Milano nel mondo.
L’intervento di recupero, su progetto degli architetti Alessandra Quarto e Angelo Rosi, sarà realizzato entro il prossimo settembre da Fondaco, società veneziana specializzata nella gestione di interventi di restauro di beni pubblici, che ha già curato una cinquantina di cantieri in dieci anni di attività.
L’atrio, che oggi versa in pessime condizioni di conservazione, è un’elegante aula a due navate separate da coppie di colonne binate in granito rosa di Baveno, coperta da volte a calotta con cornici grigie, che in passato aveva una funzione importante all’interno del complesso di Brera.
In passato, questo spazio fungeva, infatti, da area di accesso al complesso formato dal convento e dal collegio affidato ai gesuiti da San Carlo Borromeo, trasformato nel 1773, per volere di Maria Teresa Imperatrice d’Austria, in un vero e proprio polo culturale, in cui ancora oggi trovano sede l’Accademia, la Biblioteca braidense, l’Orto botanico e la celebre pinacoteca con i suoi tesori d’arte.
Qui si trovano, inoltre, importanti testimonianze storico-architettoniche come i monumenti in memoria di Ruggero Giuseppe Boscovich (fondatore dell’Osservatorio astronomico di Brera), di Giovanni Perego (restauratore e scenografo per il teatro alla Scala), di Giuseppe Sommaruga (architetto, autore del Palazzo Castiglioni a Milano,simbolo del liberty italiano), oltre al bassorilievo dell’incoronazione di Napoleone (realizzato da Gaetano Monti per l’Arco della pace di Milano) e al portale del Santo Sepolcro con il busto seicentesco in memoria di San Carlo Borromeo.
Quando a rovinare al suolo sono state porzioni più o meno estese degli intonaci originali, per sostituirli sono stati utilizzati nuovi intonaci in malta cementizia, che hanno impedito o limitato la fisiologica traspirazione dei muri. Gli elementi in pietra, marmo o granito hanno così, molto pesantemente, risentito di umidità e scarsa cura, con situazioni di sfarinamento o di sfaldamento. Non è andata meglio alle strutture lignee, ai ferri, ai bassorilievi, alle lapidi commemorative. Non solo l’architettura quindi, ma anche il prezioso complesso di memorie milanesi custodito nell’atrio appariva in pericolo. Di qui l’appello della Soprintendenza di Milano e dell’associazione Amici di Brera per trovare chi potesse farsi carico di un intervento la cui urgenza era davanti agli occhi di tutti. La risposta di Fondaco e di Rigoni è stata entusiasta. Ma non è tutto.
In occasione del restauro e dell’imminente Esposizione universale, l’azienda vicentina promuove una serie di iniziative intorno al cibo. La prima di queste, intitolata «Dal quadro al piatto», verrà realizzata in collaborazione con la pinacoteca e il Cnr – Consiglio nazionale delle ricerche di Roma e si sostanzierà in una serie di tavole rotonde, in programma dal 21 maggio al 15 ottobre, nel corso delle quali si potrà disquisire di arte ed enogastronomia, a partire da quadri come «La fruttivendola» di Vincenzo Campi, la «Cena in Emmaus» del Caravaggio o il «San Gerolamo» di Cima da Conegliano.
Per contribuire alla valorizzazione delle varie realtà che operano a Brera si sta, inoltre, avviando una collaborazione con la Biblioteca nazionale per la ricerca nei famosi archivi di documenti storici riguardanti il settore d'interesse della Rigoni: le confetture, il miele e le mele. L'auspicio è che si possa trovare qualche ricetta del passato da elaborare e magari proporre al mercato.

Informazioni utili 
Fondaco S.r.l. - Palazzo Gradenigo, Santa Croce 764 - 30135 Venezia, tel. 041.5242851, fax 041.7792403. Sito internet: www.fondacovenezia.org. 

martedì 14 aprile 2015

Google Art Project, il Mao di Torino è anche in 3D

È il Mao di Torino il primo museo italiano ad aver aderito al progetto pilota del Google Cultural Institute, la celebre piattaforma digitale per la promozione e la tutela della cultura on-line, che da qualche giorno ha integrato il suo Art Project con una nuova funzione 3D.
Frutto di mesi di lavoro da parte degli ingegneri del colosso di Mountain View, il nuovo nato in caso Google permette di rendere ancora più coinvolgente la fruizione dell’arte in Rete. Gli utenti potranno, infatti, ammirare oltre duecento oggetti provenienti da tutto il mondo nella loro versione tridimensionale: dall’estesa collezione di teschi animali della California Academy of Sciences alle celebri maschere millenarie custodite nel Israel Museum a Gerusalemme e considerate le prime forme di ritratto realizzate dall’uomo.
Per attivare la visione tridimensionale è sufficiente selezionare le immagini che riportano la scritta «oggetto 3D» e utilizzare il mouse del computer per far ruotare i manufatti a 360° e ammirarne i dettagli più nascosti.
Non solo, dunque, visite virtuali ai musei per il “nuovo” Art Project, un vero e proprio catalogo di disegni, sculture, dipinti, fotografie e opere religiose presentato minuziosamente con informazioni dettagliate, una guida audio e la possibilità di zoomare la propria ricerca, ma anche visioni tridimensionali di manufatti preziosi.
Il tutto è stato reso possibile grazie al lavoro degli ingegneri del Google Cultural Institute che hanno lavorato a stretto contatto con i sei musei partner del progetto pilota e che hanno realizzato un’apposita apparecchiatura scanner in grado di elaborare oggetti delle dimensioni massime di 40cm.
In Italia il primo museo ad aver aderito è il Mao, il Museo d’arte orientale di Torino. Al momento venti opere delle sue raccolte sono visibili in 3D, con un alto livello di dettaglio e angolazione. I lavori presentati spaziano dalla collezione cinese con vasellame in terracotta bianca della cultura Dawenkou risalente al. 2900-2400 a.C. e statuine della dinastia degli Han datate III secolo d.C., ai bronzi provenienti della regione himalayana del XVII-XVII secolo d.C. Il numero degli oggetti visibili on-line in versione tridimensionale è, però, destinato a crescere in pochi giorni; a breve si potranno, infatti, apprezzare anche alcune opere d’arte islamica, di stili e materiali diversi, conservate al Mao.
Dopo il lancio della piattaforma che consentiva ai musei partner di realizzare gratuitamente una propria applicazione mobile, il Google Cultural Institute continua, dunque, il suo prezioso lavoro per promuovere l’arte, la storia e la cultura anche on-line, per consentire a studiosi o semplici appassionati di ammirare tutti i particolari di un’opera d’arte anche da casa o dalla panchina di un parco.

Per saperne di più
Dal Mart di Rovereto alla Fondazione Torino Musei, nuove gallery sulla piattaforma Google Art Project
Fondazione Torino Musei, tutta l'arte della Gam e di Palazzo Madama a portata di app 

Informazioni utili 
Google - Alessio Cimmino, tel. 02.36618598 o alessioc@google.com



lunedì 13 aprile 2015

Giuseppe Maggiolini, un designer ante litteram al Salone del mobile di Milano

Ha scritto pagine significative per le arti decorative italiane e può a ragione essere definito il primo designer ante litteram della storia del mobile per aver progettato e realizzato, in oltre cinquant’anni di attività, pezzi d’arredo -ricercatissimi fin dai suoi tempi- che furono appannaggio della corte asburgica alla fine del Settecento, di quella napoleonica all’inizio dell’Ottocento, nonché della più colta e ambiziosa società milanese dell’età dei Lumi. Stiamo parlando di Giuseppe Maggiolini (Parabiago 1738-1814), ebanista e intarsiatore d’eccezione a cui Milano rende omaggio, nei giorni della Design week, con una mostra che allinea una quindicina di opere provenienti da collezioni pubbliche e private, molte delle quali esposte per la prima volta, oltre a un corpus di progetti e disegni che rappresentano al meglio il suo straordinario percorso creativo tra metà Settecento e gli inizi dell’Ottocento.
La novità e la genialità dell’artista consistono nell’essere riuscito a coniugare un mestiere antichissimo come l’intarsio ligneo -di cui fu un autentico virtuoso- con criteri e schemi produttivi straordinariamente innovativi e ancora oggi attuali. Di fatto l’ebanista lombardo fu un precursore del moderno design industriale, perché con estrema lucidità intuì che la sua abilità artigianale aveva bisogno di invenzioni formali, di progetti, e che doveva ottenere questo materiale dai migliori artisti del suo tempo.
Nacque così, più di duecento anni fa, il Mobile Maggiolini: un brand da mostrare come segno di status sociale, economico e culturale, che anticipò di due secoli il piacere del possesso di un must del design industriale moderno e contemporaneo.
L’attività dell’ebanista lombardo è documentata non solo dalle sue opere, ma anche dallo sterminato Fondo Maggiolini dei disegni di Bottega, conservato al Castello Sforzesco di Milano: un unicum in tutta la storia del mobile europeo, che raccoglie oltre duemila disegni tra cui fogli di artisti del calibro di Andrea Appiani, Giocondo Albertolli, Agostino Gerli, Giuseppe Levati e Agostino Comerio, come hanno raccontato Giuseppe Beretti e Alvar González-Palacios nel volume «Maggiolini. Catalogo ragionato dei disegni», pubblicato nel 2014.
La ricchezza delle opere di Giuseppe Maggiolini, troppo spesso relegata nella categoria del mobile antico, è ancora attualissima. Non a caso in asta alcuni dei suoi capolavori hanno ampiamente superato come valore il milione di euro.
In occasione del Fuorisalone 2015, la Galleria San Fedele a Milano omaggia l’ebanista con una mostra a cura di Giuseppe Beretti, prodotta da Di Mano in Mano e organizzata dalla galleria CorsiArte, nella quale sono esposte una quindicina di opere che coprono tutto l’arco cronologico della sua produzione, dagli esordi rococò sino alle opere di epoca napoleonico. I lavori scelti dal curatore, di cui rimarrà documentazione in un catalogo di Inlimine edizioni, sono di assoluta rilevanza e comprendono rari capolavori per lo più inediti: una commode rococò che Maggiolini eseguì a vent’anni, le due commodes del 1777 per il banchiere Antonio Greppi su cartoni di Andrea Appiani –per la prima volta riunite in un’esposizione–, le due monumentali e famose commodes disegnate da Giocondo Albertolli nel 1789, e ancora una coppia di commodes del 1804, che uniscono lo stile dell’artista al gusto napoleonico del tempo.
Per l’occasione verrà esposto anche il tavolo scrittoio conservato per più di vent'anni nell'appartamento privato del sindaco a Palazzo Marino, per la prima volta accessibile al pubblico, dopo un importante intervento di restauro.
La mostra di Milano ha, dunque, tutti gli ingredienti per restare un punto fermo negli studi su Maggiolini e il suo laboratorio.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Giuseppe Maggiolini, Commode, 1800 ca. Collezione privata; [fig. 2] Giuseppe Maggiolini, su disegni di Giocondo Albertolli e Andrea Appiani, Commode (di una coppia), 1789. Collezione privata; [fig. 3] Giuseppe Levati. Tripode per la corte di San Pietroburgo (1783 ca.). Raccolte artistiche del Comune di Milano, Gabinetto dei disegni, Fondo Maggiolini

Informazioni utili
Maggiolini al Fuorisalone. Galleria San Fedele, via Ulrico Hoepli 3a-b (fermata MM 1-3 Duomo)  - Milano. Orari: 14 aprile, dalle ore 17.00 (inaugurazione), 15-18 aprile, ore 10.00-19.00; 19 aprile, ore 11.00-18.00. Ingresso libero. Catalogo: disponibile in mostra. Informazioni: Fedora Sinnone, tel. 02.36531594 o info@corsiarte.it. Sito internet: www.maggiolinifuorisalone.it. Dal 15 al 19 aprile 2015.