ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

giovedì 11 aprile 2019

«Il grande sacrifico», Puglisi e l’«Ultima Cena» di Leonardo da Vinci

La Sacrestia del Bramante a Milano, normalmente non accessibile al pubblico, apre in via straordinaria le proprie porte per una mostra personale di Lorenzo Puglisi (Biella, 1971), artista piemontese, da anni residente a Bologna, la cui ricerca artistica si è focalizzata principalmente, negli ultimi sette anni, su grandi tele che interpretano capolavori del passato.
L’esposizione, a cura di Giovanni Gazzaneo, è un omaggio a Leonardo da Vinci, nell’anno del cinquecentenario della morte, e alla sua opera più celebre: l’«Ultima Cena».
Accanto a due opere dedicate al tema della Passione di Cristo, «Crocifissione» del 2018 e «Nell’orto degli ulivi» del 2017, è esposto l’inedito dipinto a olio su tavola di pioppo «Il grande sacrifico», realizzato dall’artista biellese nel 2019.
Si tratta, con i suoi sei metri di lunghezza e due di altezza, dell’opera più grande realizzata dall’artista: nell’abisso del nero emergono, nella purezza del bianco, le teste e le mani di Cristo e degli apostoli, in una sequenza ritmica e fluttuante.
«La storia dell’arte -scrive Giovanni Gazzaneo nel catalogo pubblico per l’occasione da Manfredi edizioni-, Puglisi l’accoglie nella sua opera non attraverso la perfezione della compiutezza formale, ma offrendoci un’immagine aperta, libera di giocare nelle polarità del bianco e del nero, in un dinamismo che non conosce fine. Dove il nero non è solo orizzonte, tanto meno cornice: è sostanza stessa dell’opera. Dal buio emerge la presenza, una presenza che da quel buio è sostenuta e in quel buio prende vita: bagliori di luce, scaglie di pittura densa e fremente, come in movimento. Il nero invoca la luce e accoglie il generarsi della forma. E nella generazione della forma possiamo cogliere il senso del contemplare l’arte del passato da parte di Puglisi: l’opera non è morta, l’opera è viva, è feconda e il suo splendore attraversa i secoli e continua a illuminare gli uomini e il tempo. Uno splendore che si fa abbagliante per un’icona come l’«Ultima Cena» di Leonardo. Gli apostoli, ritratti di uomini veri colti in un turbine di emozioni e pensieri per l’annuncio inaspettato del tradimento -che si accompagna al miracolo più grande, l’offerta d’amore e di vita di Cristo nella consacrazione del pane e del vino- nella visione di Puglisi si fanno volti e mani di luce, quasi a formare una partitura ideale o forse una costellazione di stelle».
Nel discorso pittorico di Puglisi spazio, luce e figura si risolvono nell’antitesi drammatica della bicromia, con la conseguente sospensione del tempo e dello spazio, in un processo di semplificazione visiva che riduce la composizione dell’opera ai suoi elementi minimali e più profondi, in cui si concentra lo sguardo di chi contempla.
«Nell’«Ultima Cena» –spiega l’artista– Leonardo ha lavorato su quello che più gli interessava, ossia il moto interiore dell’essere umano, la relazione tra gestualità, emozione e pensiero che poi vedremo espressi anche in opere come «La Gioconda» e «La Vergine delle Rocce». È da qui che parte il mio tentativo di riguardare all’opera del Cenacolo, che credo rappresenti una summa di tutti i capolavori della storia della pittura occidentale. Nel 2016 ho presentato a Parigi il primo «Grande Sacrificio» (un metro e mezzo per cinque), cui hanno fatto seguito altri lavori di piccolo e grande formato su carta, tela, tavola e altri materiali incluso il metallo, con l’ambizione e la speranza che a ogni nuova realizzazione dello stesso soggetto il mio lavoro acquisisca maggiore intensità ed energia».
In tutte le opere di Puglisi, incentrate sul bianco e nero, emerge un forte simbolismo cromatico, che vede nel nero non l’assenza bensì la forza del colore, raggiunta attraverso continue stratificazioni, e la rappresentazione della condizione di preesistenza delle cose.
Senza buio non c’è luce, o come sostiene Mark Gisbourne «è dal vuoto più estremo o dall’oscurità che la visione può emergere»: infatti dal nero misterioso, dal buio assoluto dello sfondo che occupa tutta la tavola appaiono, abbaglianti e improvvise, figure composte da pennellate dense, bianche, con soli accenni, talvolta, di rosso e di blu.
Si tratta di tocchi di luce capaci di definire i volumi, i volti, le mani, i piedi, come presenze catturate in un’espressione o in un gesto, frutto di un lungo percorso verso l’essenzialità della rappresentazione. Ispirato dai grandi maestri come Leonardo, Caravaggio, Rembrandt e Goya, Lorenzo Puglisi illumina solo ciò che vuole evidenziare, frammenti che emergono dal buio per cercare la luce.
Scrive, a tal proposito, Alessandro Beltrami nel testo in catalogo: «Puglisi lavora per una completa rimozione del dettaglio. Da una parte con un nero che satura lo spazio, elimina qualsiasi contesto possibile e rende illecito ogni particolare. In un certo senso scarnifica il discorso di qualsiasi aggettivo, di inciso e di struttura complementare, per ridurlo alla proposizione base: soggetto-verbo. Dall’altra opera una ulteriore scarnificazione degli elementi sopravvissuti, tracciati con colpi e velature di colore bianco solo screziate di rosso o giallo: le teste e ciò che noi riconosciamo come parti anatomiche sono in realtà gesti pittorici compendiari che non “dettagliano” nulla o quasi di un volto o di un arto».

Informazioni utili 
«Il grande sacrifico». Basilica di Santa Maria delle Grazie, Sacrestia del Bramante, via Caradosso 1, Milano. Orari: da martedì a domenica, ore 15-19.30. Ingresso libero. Catalogo: Manfredi Edizioni. Informazioni: tel. 392.8139491, fondazionecrocevia@gmail.com. Sito internet www.fondazionecrocevia.it. Fino al 28 aprile 2019

martedì 9 aprile 2019

Milano Design Week 2019, milleduecento eventi per tutti i gusti

Erano i primi anni Ottanta, quelli della Milano da bere e da guardare, quando dalla volontà di aziende attive nel settore dell'arredamento e del design industriale, come Alchimia e Memphis, veniva posato il primo mattone di quello che sarebbe stato il Fuorisalone: non un salon des refusés, ma uno spazio alternativo, slegato dalle regole tipiche di un evento commerciale come era il Salone del mobile, nato nel 1961 al quartiere fieristico.
Negli anni Novanta, grazie alla felice intuizione di Gilda Bojardi, direttore della rivista «Interni», il Fuorisalone aveva il suo battesimo ufficiale con la creazione di un logo e la pubblicazione di una guida.
Da allora sono passati più di vent’anni e Milano sta vivendo una nuova edizione di quella che è diventata, anno dopo anno, una manifestazione dalle dimensioni tentacolari, una vera e propria festa, con i suoi oltre milleduecento eventi tra mostre, installazioni, party, percorsi culinari, concerti e appuntamenti culturali distribuiti in tutta la città.
La manifestazione clou del Fuorisalone, oggi chiamato anche Milano Design Week, è ancora firmata da «Interni». Quest’anno si intitola «Human Spaces» e propone in quattro sedi cittadine -l’Università degli Studi, l’Arco della pace, l’Orto botanico di Brera e la Torre Velasca- una selezione di progetti di architettura e design che mettono al centro l’uomo e le sue esigenze di vita.
Cuore pulsante della manifestazione, in programma fino a domenica 14 aprile, sono, poi, i distretti. Quelli storici sono Tortona, Brera e Lambrate; quelli più recenti Isola, Porta Venezia, Porta Romana, Sant’Ambrogio e le cosiddette 5Vie, una zona ricca di vestigia romane nei dintorni di piazza Missori.
Gli ultimi nati sono il DOS Design Open' Spaces, distretto diffuso promosso da Re.Rurban Studio ed Emilio Lonardo Design che riapre spazi recentemente riqualificati, e il Parenti District, progetto nato da un’idea di Andrée Ruth Shammah, anima del teatro Franco Parenti, che interesserà il quartiere compreso tra piazza Medaglie d’Oro e corso di Porta Vittoria.
Vedere tutti gli eventi in cartellone è praticamente impossibile. Raccontare dove andare, proponendo una selezione del meglio in programma, è altrettanto difficile. Ognuno ha i propri gusti. C’è chi ama gli allestimenti volutamente teatrali e molto chiacchierati, come la «Maestà sofferente» di Gaetano Pesce in piazza Duomo, metafora della violenza sulle donne ispirata alla storica poltrona «Up 5&6» o il vicino bosco di ulivi secolari a «La Rinascente» o, ancora, il «Pratofiorito» di Davide Fabio Colaci per Eataly Milano Smeraldo in piazza XXV aprile.
C’è chi è goloso e non vede l’ora che a CityLife, il nuovo salotto buono della città, Bosch Elettrodomestici inauguri «MuffinLove», un’installazione a forma di mega muffin che sprigionerà un profumo inebriante di dolci appena sfornati e che permetterà a tutti i visitatori di dare sfogo alla propria fantasia e creatività, realizzando la ricetta del proprio muffin perfetto su totem interattivi e con il supporto virtuale dei forni della Serie 6.
C’è, poi, chi non vuole perdersi i progetti più nuovi e sarà, per esempio, incuriosito da «Rent is More», la «casa del lifestyle in affitto» nel centralissimo corso di Porta Ticinese, in cui è possibile scoprire come il fenomeno dell’affitto abbia cambiato le abitudini e lo stile di vita delle persone, coinvolgendo anche i mobili di design per la casa, l’abbigliamento delle grandi firme e le opere d'arte.
C’è, ancora, chi, stanco dalla maratona infinita di opening e di presentazioni, cercherà uno spazio dove riposarsi e lo troverà, forse, in Zona Tortona, al NYX hotel Milan, che accoglie un’installazione di maxi-sedute, realizzate da Kubiko by Skygreen in polietilene, rivestite di erba fucsia e turchese, sulle quali arrampicarsi, magari schiacciando un sonnellino in una Lilliput formato design.
A Milano, nei giorni concitati del Salone del mobile, arriva anche chi ama la moda e non potrà non rimanere incuriosito dall’installazione dei fratelli Campana, Fernando e Humberto, per Melissa e per la presentazione della sua nuova collezione «Crochet», composta da tre inediti prodotti in plastica, dalla caratteristica trama a uncinetto, tra cui un'iconica ballerina in sette differenti colori.
L’appuntamento per gli amanti del genere è in via Palermo, nel cuore pulsante del Brera Design District, zona in cui merita una visita anche «Home Sweet Home», un environment di Alessandra Roveda per il Missoni Showroom di via Solferino, che, con i fili di lana colorati lavorati ancora una volta a uncinetto, riveste oggetti e arredi della memoria.
Non molto distante, alla Galleria Moshe Tabibnia, è possibile, invece, confrontarsi con «Mīror», un progetto del collettivo di design «The Ladies’ Room», formato da Ilaria Bianchi, Agustina Bottoni, Astrid Luglio e Sara Ricciardi.
Si tratta -racconta il gruppo- di «un’installazione di tre sculture riflettenti che nasce dall’esplorazione dell’immagine in un gioco di illusioni ottiche e di alterazione della percezione, alla ricerca di un preciso istante, quello in cui stupirsi scoprendo una forma, un dettaglio, un vuoto, un riflesso o se stessi».
L’arte tessile va in scena anche a Palazzo Reale, nella Sala degli arazzi, con la mostra «De/Coding» (fino al 12 maggio), per la curatela di Domitilla Dardi e Angela Rui, attraverso la quale si esplorano le qualità dell’alcantara come materiale per l’arte e il design. Quattro artisti contemporanei - Constance Guisset, Qu Lei Lei, Sabine Marcelis e il duo Space Popular, formato da Lara Lesmes e Fredrik Hellberg- si confrontano attraverso installazioni site specific, che richiedono l’interazione del pubblico, con il tema del mito, dalle pluriformi dimensioni di Medea all’incarnazione di Scilla, per poi sperimentare la compagnia virtuale degli Argonauti, a partire dalle «Metamorfosi» di Ovidio.
Mentre in un altro spazio istituzionale della città, il Mudec – Museo delle culture, va in scena la rassegna «Moka Alessi. Design e Re-Design», che racconta l’evoluzione delle caffettiere dell’azienda, da Richard Sapper (1979) fino all'ultima, nuovissima, di David Chipperfield (2019). In mostra ci sono anche due opere del cineasta Virgilio Villoresi: un film e un’installazione che è una sorta di «fiaba in movimento», evocativa degli esperimenti pre-cinema. Infine, il bistrot si trasforma in Mokeria, un bar dall’anima super pop e coloratissima per una pausa all’insegna dell’allegria.
In Triennale, invece, c’è da visitare, tra l’altro, il nuovo Museo del design, uno spazio che ripercorre la storia del mondo dal 1946 al 1981 attraverso gli oggetti iconici creati in quegli anni: dal telefono Grillo alla radio Brionvega, dalla poltrona «Proust» di Alessandro Mendini ai Moon Boot, dalla sedia «Superleggera» di Giò Ponti alla mitica «Valentine» di Ettore Sottsass Junior e Terry King per Olivetti.
Alla storia della progettazione guarda anche Knoll, che, nel suo showroom di piazza Bertarelli, omaggia il Bauhaus, scuola tedesca che ebbe un’influenza unica sul progetto della modernità, di cui ricorrono quest’anno i cent’anni dalla nascita.
Il progetto espositivo -curato da Oma, studio co-fondato dall’architetto olandese Rem Koolhaas, con la collaborazione di Domitilla Dardi- «si articola in quattro ambienti/cluster -racconta Ippolito Pestellini Laparelli- che agiscono come scenari di un teatro che invita lo spettatore alla partecipazione, seguendo il più noto degli insegnamenti della scuola tedesca, il celebre «Learning by Doing».
Entrando nei quattro ambienti è possibile toccare con mano oggetti e arredi che sono gli attori principali della scena, creando partiture del racconto che mutano seguendo l’esperienza di ogni partecipante».
Al centro del percorso ci saranno alcuni prodotti iconici di Marcel Breuer, Mies Van Der Rohe e Florence Knoll.
Storia e contemporaneità si incontrano anche a Palazzo Dugnani, dove per pochi giorni sarà visibile la mostra «Ipervisualità. Rendere visibile l'invisibile» (fino al 14 aprile), a cura di Philipp Bollmann, che presenta per la prima volta in Italia, e in generale fuori dalla Germania, una selezione di opere della Wemhöner Collection, una delle più importanti collezioni tedesche d’arte contemporanea. Sei videoinstallazioni di formato museale di alcuni tra i massimi protagonisti della scena artistica internazionale – Isaac Julien, Masbedo, Julian Rosefeldt e Yang Fudong – entrano in dialogo con gli spazi affascinanti e monumentali del palazzo milanesi, edificio storico normalmente chiuso al pubblico che conserva un magnifico affresco del Tiepolo oltre a opere di Ferdinando Porta e della scuola veneta del Settecento.
Il debutto del Parenti Distrect al Fuorisalone vivrà, invece, uno dei suoi eventi più interessanti con la mostra «Immersione libera» (fino al 18 maggio), a cura di Giovanni Paolin, che porterà negli spazi della Palazzina dei Bagni Misteriosi, recentemente riscoperta e resa accessibile al pubblico, i lavori site-specific di dodici giovani artisti italiani. Interazione, libertà e ricerca sono le parole chiave del progetto espositivo, voluto e sostenuto dall’imprenditrice e collezionista Marina Nissim.
Tra gli appuntamenti più attesi di questa edizione della Milano Design Week c’è, infine, la grande installazione sull’acqua di Marco Balich che rende omaggio, alla Conca dell’Incoronata, al genio di Leonardo da Vinci, raccontando, tra ragione e incanto, un piccolo frammento del Rinascimento e del futuro di Milano. Sempre nel segno del maestro toscano, di cui ricorrono quest’anno i cinquecento anni dalla morte, è la mostra all’Ippodromo di San Siro, ideata da Snaitech e curata da Cristina Morozzi, nella quale sono presentate tredici reinterpretazione in chiave pop e avveniristica della celebre statua bronzea del cavallo leonardesco.
Per tutta la settimana saranno visibili anche le mostre inaugurate in occasione della Milano Art Week, l’altra grande manifestazione che, in occasione della fiera internazionale Miart, ha colorato di arte e creatività ogni angolo di Milano e che ora lascia il testimone al mondo del design con i suoi più di mille eventi.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Alessandro Mendini, Poltrona di Proust, 1978. Uno degli oggetti iconici esposti al nuovo Museo del design di Milano;  [fig. 2] La ballerina  della nuova collezione «Crochet» di Melissa, presentata in via Palermo a Palazzo Reale di Milano; [figg. 4 e 5] «Home Sweet Home», environment di Alessandra Roveda per il Missoni Showroom di via Solferino, a Milano; [fig. 6] Frame del video «A new moka is blooming» di Virgilio Villoresi per Alessi; [fig.7] Progetto dell'installazione  «Aqua» di Marco Balich per la Conca dell'Incoronata a Milano; [fig. 8] Progetto per la mostra sul Bauhaus  da Knoll, nello showroom di piazza Bertarelli, a Milano;  [figg. 9 e 10]Vista della mostra  «Ipervisualità. Rendere visibile l'invisibile» a Palazzo Dugnani di Milano 

Informazioni utili 
Orari, luoghi ed eventi del Fuorisalone 2019 sono consultabili sul sito https://fuorisalone.it/

domenica 7 aprile 2019

«La foresta dei violini» protagonista a «Human Spaces», la mostra di «Interni» per la Milano Design Week

Ci sono storie che sembrano uscite da un libro di favole. Quella del liutaio cremonese Antonio Stradivari che, tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento, se ne va in val di Fiemme a cercare, tra mille sfumature di verde, i legni perfetti per i suoi violini, quelli dell’abete rosso, è una di queste. Quando tra il 29 e il 30 ottobre scorsi un'ondata di maltempo, con venti a duecento chilometri orari, ha sconvolto l’equilibrio secolare di quella parte delle Dolomiti, la notizia dei danni alla foresta di Paneveggio, detta anche «il bosco che suona», ha fatto il giro del mondo, perché è ancora lì, dove la natura si fa musica, che i maestri liutai di Cremona trovano la materia ideale per la costruzione della casse armoniche dei loro violini, violoncelli, clavicembali e arpe.
A questa storia ha rivolto la propria attenzione Piuarch -lo studio milanese di architettura fondato nel 1996 da Francesco Fresa, Germán Fuenmayor, Gino Garbellini e Monica Tricario- per la propria partecipazione alla Milano Design Week, il calendario di mostre, installazioni, party, percorsi culinari ed eventi culturali (in tutto 1256 appuntamenti), in programma da lunedì 8 a domenica 14 aprile, in occasione della 58esima edizione del Salone del mobile.
Ne è nata un’installazione evocativa, intitolata «La foresta dei violini», in mostra all’Università Statale di Milano, su concept progettuale di Nemo Monti, consulente nei processi di comunicazione per le imprese, specializzato nel racconto dell’architettura e del design, e grazie alla sponsorizzazione del progetto CityLife.
Due grandi tronchi di abete rosso emergono dal loggiato del Cortile d’onore: le radici sospese nel vuoto si affacciano a sbalzo dalla balaustra sulla corte, sorrette da un cavalletto architettonico realizzato anch’esso in abete rosso, ma lavorato.
Quelli utilizzati per questa installazione sono alberi della secolare foresta di Paneveggio, spezzati e sradicati dal vento lo scorso autunno, perdendo così il loro legame forte e intimo con la madre terra e diventando, per mano dell’uomo, frammenti di una memoria da preservare.
«Le radici esposte -racconta, a tal proposito, Giuseppe Pino Scaglione, professore di Progettazione urbana e del paesaggio all’Università di Trento (ente patrocinatore dell’evento)- gridano il dolore, il trauma, la ferita, la loro -così come la nostra- provvisorietà; mostrano come una vita lunga possa essere recisa, improvvisamente, in una notte buia e tempestosa da colpi di vento violenti e imprevedibili. Urlano, allo stesso tempo, una denuncia: il nostro pianeta è in pericolo».
Quei due abeti rossi messi davanti agli occhi dei visitatori della Milano Design Week, simbolo degli oltre dodici milioni di alberi distrutti lo scorso ottobre lungo l’arco alpino, sono, dunque, un invito a riflettere sulla natura violata e su ciò che noi possiamo fare per l’ambiente.
Questo è uno dei temi guida di «Human Spaces» (dall’8 al 19 aprile), la mostra diffusa promossa dalla rivista «Interni», dentro la quale si trova appunto «La foresta dei violini» di Piuarch, in cui una serie di installazioni sperimentali e interattive, frutto della collaborazione tra architetti di fama internazionale e aziende di riferimento, oltre che istituzioni e start-up, raccontano come il mondo della progettazione e il design possano e debbano essere a servizio dell’uomo e delle sue esigenze, perché -come diceva Oscar Niemeyer- «la vita è più importante dell’architettura».
I progetti esposti estendono il concetto di «Human Spaces» all’ambiente e alla sostenibilità, a partire da emergenze come l'inquinamento dei mari, il cambiamento climatico o l'esaurimento delle risorse, per raccontare come nell’ambito della progettazione, dalla produzione alla ricerca dei materiali, si possa ancora correre ai ripari grazie ad azioni virtuose.
Ideale punto di partenza della mostra è, nel cortile d’onore dell’Università degli Studi, il lavoro di Maria Cristina Finucci: quattro gigantesche lettere, fatte con circa due tonnellate di tappi di plastica, posizionate sul prato a comporre la lapidaria scritta «Help», che la sera si illuminerà trasformandosi -raccontano gli organizzatori- in «una ferita sanguinaria di magma incandescente», come fosse «un grido dell'umanità al fine di frenare il disastro ambientale dell'inquinamento dei mari, attualmente in corso».
Al mondo marittimo si ispira anche «From shipyard to courtyard», il lavoro ideato da Piero Lissoni per il Cortile del 700: un’imponente costruzione lunga 33 metri, dipinta di rosso, che reinterpreta, astraendolo, lo scafo di uno yacht e che richiama alla mente le strutture in legno costruite, in passato, dai maestri d’ascia, figure di spicco dei cantieri navali.
Di grande impatto scenografico è anche «Sleeping Piles», il progetto dei fratelli Fernando e Humberto Campana per il Cortile della farmacia: sette torri di cinque metri rivestite d'erba che riprendono, rovesciandole, le curve architettoniche delle arcate e dei pilastri del colonnato, invitando i visitatori a vedere quello spazio come un luogo deputato al riposo nei giorni caotici del Salone del mobile.
A dialogare con la storia del Cortile dei bagni e delle sue vasche centrali, costruite a partire dal XVIII secolo, sarà, invece, Piscine Laghetto con «Miraggi», progetto di Luigi Spedini, per il landscape design di Bearesi Giardini.
Acqua e luce sono i due elementi su cui è giocata questa installazione onirica, formata da due aree benessere organizzate intorno a due mini piscine, Playa Living e Dolcevita Divina, che la sera si tingeranno di blu grazie al light design di Davide Groppi, per omaggiare -racconta il progettista- «i corsi d’acqua e il cielo di Milano che si uniscono in un grande sogno».
Tra i tanti progetti esposti non potranno, poi, sfuggire all’attenzione dei visitatori le due monumentali giraffe dall’aria trasognata che sostengono un lampadario classico in stile Maria Teresa, progettate dal designer Marcantonio per il brand Qeeboo, o, sempre nel Cortile d’onore, l’installazione «The Perfect Time», pensata da Ico Migliore con M+S lab per Whirlpool, una grande bolla trasparente nella quale viene presentato il forno W Collection che, grazie a tecnologie di ultima generazione, è in grado di essere programmato anche da remoto, restituendo così all’uomo il valore del proprio tempo.
M + S Architects, ovvero il duo Migliore e Servetto, firma anche il progetto dell’installazione «Abitare il paese» nella hall dell’Aula Magna, ideato con l'intento di promuovere l’adozione di politiche pubbliche per le città e un programma nazionale di rigenerazione urbana. Mentre, al Loggiato Ovest, Fabio Novembre ha ideato per il brand PerDormire, della storica azienda pistoiese Materassificio Montalese, l’installazione «One upon a time», in cui un letto rosso lungo ventuno metri invita i visitatori a fermarsi per condividere spazi, momenti e pensieri, allietati dalla musica classica.
Come ogni anno la mostra di «Interni» esce anche fuori dalle mura dell’Università degli Studi per animare altri luoghi della città. Quest’anno tocca all’Arco della Pace, dove si svolgerà la settima edizione di Audi City Lab, un hub di analisi e riflessione sulla mobilità del futuro, a partire, ovviamente, da quella elettrica. La Torre Velasca, edificio simbolo di Milano, sarà, invece, trasformata in un'icona di luce da Ingo Maurer e Axel Schmid, con un progetto che guarda al cielo, prodotto da Urban Up – Unipol Projects Cities del Gruppo Unipol, proprietario dello storico edificio. «La maestosa torre brillerà in una magia blu, mistica e profonda, -raccontano gli organizzatori- mentre fasci di luce bianca proietteranno la sua geometria nell’infinità del cielo», proiettando una scritta che recita «nel blu dipinto di blu».
Infine, all’Orto botanico di Brera, lo Studio Carlo Ratti Associati racconterà con Eni l’economia circolare, attraverso l’uso di un materiale da costruzione inaspettato: i funghi, la cui radice fibrosa –il micelio–è stata impiegata per creare delle strutture monolitiche ad arco, alte circa quattro metri, che, al termine della mostra, saranno smantellate e riutilizzate in qualità di fertilizzante. Un’installazione, questa, che spiega bene il senso di «Human Spaces», raccontare come l'unico futuro possibile sia in sintonia con la natura e rispettoso dell'ambiente.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1, 2 e 3] Courtesy of Piuarch; [Figg. 6, 7 e 8] Courtesy of Migliore+Servetto Architects

Informazioni utili 
Human Spaces. Sedi: Università degli Studi di Milano (Via Festa del Perdono, 7): dall'8 al 14 aprile 2019, ore 10.00-24.00; dal 15 al 18 aprile, ore. 10.00-22.00; 19 aprile, ore 10.00-18.00; Orto Botanico di Brera – CircularEni (via Fratelli Gabba, 10; via Brera, 28): dall'8 al 14 aprile, ore 10.00-23.00; dal 15 al 18 aprile, ore 10.00-22.00; 19 aprile, ore 10.00-18.00; Arco della Pace e Caselli Daziari - Audi City Lab (piazza Sempione): 8 aprile, ore 10.00-24.00; 9 aprile, ore 10.00-16.00; 10 aprile, ore 20.00-24.00; dall'11 al 14 aprile, ore 10.00-24.00; Torre Velasca: dall'8 al 14 aprile, ore 20.00-03.00. Sito internet: internimagazine.com.