ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

lunedì 15 marzo 2021

Una nuova sede in Salento per la Red Lab Gallery. In estate una mostra di Ulderico Tramacere

Raddoppia i suoi spazi la Red Lab Gallery, realtà attiva a Milano, in via Salari, dal 2018. Mentre all’ombra della Madonnina ci si stava preparando all'allestimento della mostra «Nebulosa 11. Beside Walden» di Dacia Manto (attualmente la Lombardia è in zona rossa), Lucia Pezzulla ha deciso di aprire una nuova sede nel cuore del Salento, a Lecce, sua città di origine.
«Credo che in questo momento storico, dove le restrizioni imposte per contenere la diffusione del Covid-19 hanno impedito l’accesso a luoghi tradizionali pensati per l’arte e la cultura, sia necessario - racconta la gallerista - cambiare nuovamente le regole del gioco, sparigliare idee e convenzioni e proporre format espositivi innovativi, in grado di arrivare e sensibilizzare un pubblico sempre più vasto».
Da questa considerazione è nata l’idea di implementare l'offerta espositiva, accostando alla sede di Milano uno spazio-laboratorio a Lecce, in via Bonaventura Mazzarella 18, in cui, di volta in volta, autori differenti trascorreranno un periodo di residenza, al termine del quale organizzeranno una mostra che sarà presentata come risultato del lavoro svolto sul territorio.
Il primo progetto, per la curatela artistica di Giovanna Gammarota, avrà per protagonista il fotografo Ulderico Tramacere (Lecce, 1975), artista intimamente legato al Salento, che in passato, nella primavera del 2019, ha proposto nella sede milanese di Red Lab Gallery la mostra fotografica «Nylon», presentata nel gennaio dello scorso anno anche alla Bocconi, negli spazi di via Sarfatti 25, per iniziativa di Mia Photo Fair, in collaborazione con la A100 Gallery di Galatina, diretta da Nunzia Perrone.
Con questo progetto, che nel 2018 si è aggiudicato il Premio Ram Sarteano, il fotografo salentino ha presentato una selezione di scatti in bianco e nero che documentano, rinunciando però al mero taglio reportagistico, le operazioni di espianto degli ulivi in Salento, nell’agro di Melendugno, a causa del progetto Tap, il gasdotto trans Adriatico che si snoda per trentatré chilometri nel territorio italiano e che ha suscitato grandi polemiche (anche a livello politico).
Ulderico Tramacere ha, dunque, liberato le immagini dalla propria contingenza e le ha inserite in una visione lirica, metafora di una natura svilita e manipolata, raccontando il momento in cui gli ulivi, con chiome coperte da teli di plastica e radici avvolte in sacchi di juta, lasciano la terra, apparendo enormi arti recisi.
Il risultato del progetto è ben descritto da Gigliola Foschi, parte del comitato di Mia Photo Fair: queste fotografie – ha raccontato la storica e critica della fotografia - «compongono una sorta di inquietante e affascinante danza macabra; ci fanno avvertire il grido di dolore di una natura sempre più dominata dall’uomo ma, al contempo, ne fanno emergere la forza arcaica».
«Nylon» concludeva la trilogia «Film plastici», nata con precisi obiettivi etici e con l’intento di riflettere sull’opacità dell’informazione, che nel 2016 ha dato vita ai progetti «Cellophane», sul dramma dei migranti alla frontiera greco-macedone, e «Pluriball», sulle devastazioni del terremoto nell’Italia centrale.
Ulderico Tramacere, che per sua stessa ammissione impiega nella fotografia la stessa dedizione che avrebbe avuto nel fare il pilota, il pompiere, il palombaro, l'inventore, il poeta o il pittore, precisa: «faccio fotografie e non voglio informare. Mi piace invece pensare che le mie immagini creino, stimolando il desiderio dell'informazione».
Nell’ambito della residenza, che si chiuderà con una mostra programmata per l'inizio dell'estate, l'artista intende porsi all’ascolto della terra che lo circonda ritrovando le inquietudini e i nessi che legano indissolubilmente territori e individui, i quali si amalgamano in un coagulo di umori e respiri troppo spesso rassegnati dinanzi al destino.
«La pietas che Tramacere prova - afferma la curatrice Giovanna Gammarota - per il proprio territorio flagellato, come un novello Cristo, e i corpi di coloro che si addensano lungo i confini di un’Europa sempre meno propensa ad accoglierli, è la base dalla quale egli parte per creare un corale di immagini cantato da più voci che solo apparentemente sembrano contrastare tra loro ma che, invece, si completano».
Il cellophan, il nylon o il pluriball, materiali sui quali Tramacere lavora da tempo, proprio attraverso la nuova residenza creata da Red Lab Gallery, troveranno la loro piena realizzazione divenendo, come sottolinea lo stesso artista, «drammatici Sudari che avvolgono la storia di un intero Paese […] sipari interposti tra lo sguardo e il mondo […] paesaggi surreali irrimediabilmente mutati», per dare, infine, vita a quelle immagini che «stimolano il desiderio di informazione».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Red Lab Gallery, Lecce. Interno; [fig. 2] Red Lab Gallery, Lecce. Esterno; [fig. 3] Ulderico Tramacere, serie Nylon, 2017; [fig. 4]  Ulderico Tramacere, serie Cellophan, 2016

Informazioni utili

venerdì 12 marzo 2021

Tre mostre, un convegno internazionale e un’estate di eventi performativi: Mantova riparte da «Venere divina»

È «la dea delle dee». Di tutte le divinità dell’Olimpo pagano nessuna è venerata e ammirata quanto lei. Il suo nome viene associato all’amore, alla bellezza, all’eros, alla fertilità, al mare scintillante e alla primavera quale simbolo di rinascita. Venere, Afrodite per i greci, è una delle figure che più hanno attratto scrittori e pittori. Esiodo, Omero, Lucrezio e Ovidio sono solo alcuni degli autori che ci hanno tramandato storie sul suo mito, come la nascita dalla bianca schiuma del mare o il suo amore infelice per Adone. Anche la storia dell’arte ci ha lasciato una carrellata incredibile di raffigurazioni, realizzate dai più grandi artisti di tutti i tempi: Sandro Botticelli, Giorgione, Tiziano, Lorenzo Lotto, ma anche Andy Warhol, Michelangelo Pistoletto e molti altri ancora.
Al mito della «dea della bellezza», una figura ben radicata nella tradizione greca, che ha attraversato il mondo romano e rinascimentale, per giungere fino a noi, è dedicato il progetto espositivo promosso per il 2021 dal Comune di Mantova a Palazzo Te, con il patrocinio del Ministero per i beni culturali e con il contributo della Fondazione Banca agricola mantovana
«Venere divina. Armonia sulla terra» è il titolo dell’iniziativa, che si avvale di un comitato scientifico composto da Stefano Baia Curioni, Francesca Cappelletti, Claudia Cieri Via e Stefano L’Occaso.
Il progetto, che completa la riflessione sul femminile avviata nel 2018 con la mostra «Tiziano/Gerhard Richter. Il cielo sulla terra» e proseguita nel 2019 con «Giulio Romano: arte e desiderio», si sviluppa in tre momenti espositivi.
La prima tappa, la cui inaugurazione si sarebbe dovuta tenere il 21 marzo, ma che a causa della pandemia è stata posticipata al 26 aprile,  è «Il mito di Venere a Palazzo Te», un percorso tra le oltre venticinque raffigurazioni dedicate alla dea che ornano l’edificio costruito tra il 1524 e il 1534 su commissione di Federico II Gonzaga, un luogo di otia che vide Giulio Romano artefice di una rivoluzione estetica in grado di mutare il corso dell’architettura e della pittura stessa, diventando punto supremo di sintesi tra gli ideali della Grecia classica, della Roma antica e della nuova Roma di Raffaello.
L’immagine di Venere esaltata nel percorso museale, soprattutto nella Camera del Sole e della Luna e in quella di Amore e Psiche, è illustrata a fondo in una guida cartacea, a cura di Claudia Cieri Via, e in una app multimediale scaricabile gratuitamente
Tra affreschi e stucchi, tra sculture e decorazioni, Palazzo Te, già definito il «sacrario di Venere», mette a confronto il visitatore con varie tipologie di raffigurazione della dea, spaziando dalla Venere pudica alla Venere velata, dalla Venere vincitrice a quella narrata nelle favole mitologiche, che la vedono coinvolta in un matrimonio con l’anziano Vulcano, in una passione erotica con Marte, in un coinvolgimento amoroso fino alla morte con Adone.
Il percorso è arricchito dall’esposizione di due opere legate alla produzione di Giulio Romano, entrambi provenienti dalla collezioni mantovane: la scultura di «Venere velata», appartenuta all’artista, fonte di ispirazione della Venere in stucco sul soffitto della Camera del Sole e della Luna, e l’arazzo «Venere nel giardino con putti», eseguito da tessitori fiamminghi su disegno dello stesso Giulio Romano, di recente ritornato a Mantova grazie a una complessa operazione d’acquisto condotta dalla reggia gonzaghesca e dalla Direzione generale musei del Mibact.
Durante il periodo primaverile, nella giornata del 16 aprile, sarà, inoltre, organizzato un convegno digitale dedicato al tema di Venere con studiosi internazionali, tra i quali, per esempio, Georges Didi-Huberman, Philippe Morel, Emilio Russo e Giuseppe Capriotti.
Il secondo momento espositivo, in programma dal 22 giugno al 5 settembre, prevede l’esposizione di un capolavoro assoluto di Tiziano, di solito conservato alla Galleria Borghese di Roma, tra i vertici della rappresentazione della divinità nel Cinquecento: «Venere che benda Amore». La tela del maestro cadorino, che verrà presentata con un corredo di note e informazioni predisposto da Francesca Cappelletti, raffigura la dea nell’atto di bendare il piccolo Eros appoggiato sul suo grembo, mentre un altro putto, probabilmente Anteros, osserva la scena con aria assorta.
«L’immagine, sgretolata e sognante, è costruita – si legge nella presentazione della mostra - con grande maestria: al centro del quadro non c’è nessuno dei protagonisti della scena, ma un’apertura verso un paesaggio al tramonto. In un accordo cromatico sofisticato, il rosa e l’azzurro si ritrovano sulle piccole ali del Cupido bendato, e da un lato nel blu del panneggio di Venere, opposto al rosso cremisi dell’ancella con le frecce. I bianchi delle vesti e gli incarnati sono percorsi dalla luce e i delicati passaggi alle ombre colorate contribuiscono a rendere meno definiti i contorni delle figure, affidati all’occhio dello spettatore e alle sue capacità di afferrarle».
In occasione di questa esposizione, nel corso del periodo estivo, l’esedra di Palazzo Te verrà ripensata per ospitare momenti performativi e artistici, parte del public program dedicato al tema del mito di Venere.
Il progetto espositivo, il cui allestimento è curato da Lissoni Associati, terminerà con la mostra la mostra «Venere. Natura, ombra e bellezza», a cura di Claudia Cieri Via, che dal 12 settembre al 12 dicembre 2021 indagherà le origini del mito e la sua creazione, grazie al recupero cinquecentesco di leggende e di iconografie antiche. L’esposizione dedica parte del percorso alla diffusione del mito nelle corti europee, al legame della divinità con le acque, i giardini e i parchi, e con la bellezza delle donne dell’epoca. Una sezione, infine, viene dedicata anche ai «pericoli» di Venere e al legame di maghe e streghe con il culto della dea.
In attesa di poter aprire la prima tappa del progetto «Venere divina. Armonia sulla terra», la Fondazione Palazzo Te presenta al pubblico – nella sezione Mnemosyne del suo sito – un programma di approfondimenti video sul mito di Venere. Stefano Baia Curioni introduce le ragioni dell'iniziativa e il valore che può avere per il territorio e la comunità; mentre Francesca Cappelletti, componente del comitato scientifico e direttrice della Galleria Borghese di Roma, racconta in due video la storia del dipinto di «Tiziano Venere che benda amore», che sarà in prestito dal museo romano nel mese di giugno, e le motivazioni scientifiche della mostra di settembre «Venere. Natura, ombra e bellezza». Si prosegue con altri due video con la storica dell'arte e curatrice Claudia Cieri Via: nel primo viene ricordato «Il mito di Venere a Palazzo Te» attraverso l'arazzo di Nicolas Karcher su disegno di Giulio Romano e la scultura «Afrodite velata», entrambi in prestito dal Palazzo Ducale di Mantova; nel secondo la studiosa illustra alcune delle oltre venticinque Veneri presenti negli affreschi e nelle decorazioni murali che Giulio Romano e i suoi allievi hanno realizzato per ornare la dimora estiva di Federico II Gonzaga. Conclude il ciclo il contributo di Stefano L'Occaso, componente del comitato scientifico del progetto «Venere Divina» e direttore di Palazzo Ducale, in cui saluta l'arrivo a Mantova dell'arazzo «Venere spiata da un satiro», con i puttini, capolavoro del Rinascimento, a seguito di una trattativa d'acquisto condotta da Palazzo Ducale con il generoso contributo della Direzione generale musei del Mic. La prima puntata della nuova serie dedicata al percorso delle Veneri a Palazzo Tesi apre nella camera di Ovidio, il primo dei tre ambienti dell’appartamento delle Metamorfosi. Nella decorazione pittorica Venere è allegoricamente presente nella polarità fra la Venere Pandemos, l’amore terreno generativo ed erotico, e la Venere Urania, l’amore divino, sublimato. Insieme ai sei video racconti, le altre puntate della serie saranno pubblicate con due uscite settimanali sul sito di Palazzo Te, sempre nella sezione Mnemosyne.
Un programma, dunque, composito quello ideato dalla città di Mantova per celebrare «la dea della dee», una figura mitologica che affascinò anche Lucrezio come si legge nella frase del «De Rerum Natura», da cui è tratto il titolo del progetto ideato da Palazzo Te: «O genitrice degli Eneadi, godimento degli uomini e degli dei, divina Venere, che sotto i segni mutevoli del cielo il mare che sostiene le navi e le terre che producono i raccolti vivifichi, perché grazie a te ogni genere di viventi viene concepito e giunge a visitare, una volta nato, i lumi del sole».

(aggiornato il 26 aprile 2021, alle ore 17.00)

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Giulio Romano e allievi, Il bagno di Marte e Venere nella Camera di Amore e Psiche, 1527-1528. Affresco. Mantova, Palazzo Te Foto: Gian Maria Pontiroli © Fondazione Palazzo Te, [fig. 2] Tiziano, Venere benda Amore, 1560-1565?. Olio su tela, 118x185 cm. Roma, Galleria Borghese © Galleria Borghese; [fig. 3] Dosso Dossi, Il risveglio di Venere, 1524-1525 circa. Olio su tela, 120x157 cm. Bologna/Milano, Collezione Magnani, pro- prietà Unicredit Milano © Collezione UniCredit Milano; [fig. 4] Nicolas Karcher (Bruxelles? - Mantova 1562), da un disegno di Giulio Romano, Venere, un satiro e putti che giocano (parti- colare), 1539-1540. Arazzo di lana e seta, 410x450 cm. Mantova, Palazzo Ducale Foto: Gian Maria Pontiroli © Fondazione Palazzo Te Su concessione del MiBACT, Palazzo Ducale di Mantova; [fig. 5] Afrodite velata, II secolo a. C., Marmo pario con patina giallastra, 133x50x45 cm circa. Mantova, Comune di Mantova in deposito presso Palazzo Ducale (Galleria dei Mesi) Foto: Gian Maria Pontiroli © Fondazione Palazzo Te Su concessione del MiBACT, Palazzo Ducale di Mantova; [fig. 6] Giulio Romano e allievi, Venere allo specchio e Amore. Volta del Camerino di Venere, 1527. Affresco. Mantova, Palazzo Te.  Foto: Gian Maria Pontiroli © Fondazione Palazzo Te; [fig 7] Giulio Romano e allievi, Marte insegue Adone trattenuto da Venere che viene punta dalla spina di una rosa, Camera d'Amore e Psiche, 1527-28. Affresco.Foto: Gian Maria Pontiroli © Fondazione Palazzo Te  [fig. 8] Giulio Romano e allievi, Venere con Marte e Cupido nell’Olimpo sotto il trono di Giove. Volta della Camera dei Giganti, 1530-1534. Affresco. Mantova, Palazzo Te Foto: Gian Maria Pontiroli © Fondazione Palazzo Te 

Informazioni utili 

giovedì 11 marzo 2021

«Dante. La visione dell’arte», una mostra a Forlì per i settecento anni dalla morte del «sommo poeta»


Presentazione video della mostra «Dante. La visione dell'arte», a cura di Eike Schmidt, direttore delle Gallerie degli Uffizi

Nel suo pellegrinare da esule, costretto a lasciare Firenze per due sentenze del 1302 che lo condannavano al rogo e alla distruzione delle sue proprietà, Dante Alighieri fece tappa anche a Forlì. Ci arrivò nell’autunno del 1302, lasciata Arezzo, trovando rifugio presso gli Ordelaffi, signori ghibellini della città, e ci fece, occasionalmente, ritorno anche in seguito. La città romagnola e il territorio circostante finirono così per essere più volte citati nella «Divina Commedia». Nel Canto XXVII dell’«Inferno» viene, per esempio, ricordata la resistenza dei forlivesi all’assedio delle milizie francesi inviate nel 1282 da papa Martino IV per sottomettere la città ghibellina; mentre nel Canto XVI, sempre dell’«Inferno» la cascata dell’Acquacheta viene paragonata a quella del fiume infernale Flagetonte. Forlì non poteva, dunque, esimersi dal ricordare il poeta nel settecentesimo anniversario della morte.
Dal 30 aprile, dopo un rinvio di qualche settimana a causa delle restrizioni per la pandemia, la città ospiterà così, ai Musei di San Domenico, la mostra «Dante. La visione dell’arte», un viaggio nella storia dell’arte tra Medioevo ed età contemporanea, con circa trecento opere di artisti del calibro di Giotto, Beato Angelico, Filippino Lippi, Lorenzo Lotto, Michelangelo, Tintoretto, fino ad arrivare a Giulio Aristide Sartorio, Umberto Boccioni, Felice Casorati e altri maestri del contemporaneo.
Il progetto, parte di una strategia di valorizzazione di un luogo e di un territorio che è ponte naturale tra Toscana ed Emilia-Romagna, nasce da un’idea di Eike Schmidt, direttore delle Gallerie degli Uffizi, e di Gianfranco Brunelli, direttore delle grandi mostre della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì.
Curatori della mostra sono il professor Antonio Paolucci e il professor Fernando Mazzocca, coadiuvati da un prestigioso comitato scientifico.
L'esposizione, uno degli eventi più importanti del settecentesimo anniversario dantesco, affronta, per la prima volta, l’intimo rapporto tra Dante e l’arte, presentando una selezione di artisti che si sono cimentati nella grande sfida di rendere in immagini la potenza visionaria del «Sommo poeta», delle sue opere e in particolare della «Divina Commedia». Lungo il percorso espositivo ci sono anche lavori che hanno trattato tematiche simili a quelle dantesche o, ancora, che hanno tratto da lui episodi o personaggi singoli, sganciandoli dall’intera vicenda e facendoli vivere in sé.
Sono circa cinquanta, tra dipinti, sculture e disegni, le opere che le Gallerie degli Uffizi, ente co-organizzatore del grande evento espositivo, ha messo a disposizione della mostra. Tra queste, ci sono un corpus di opere grafiche a tema realizzate Michelangelo e da Federico Zuccari (attualmente al centro di una «Ipervisione» del museo fiorentino), i celebri ritratti del poeta firmati da Andrea del Castagno e di Cristofano dell’Altissimo, e, infine, una selezione di opere ottocentesche di Nicola Monti, Pio Fedi, Giuseppe Sabatelli, Raffaello Sorbi, oltre al capolavoro di Vogel von Volgestein, «Episodi della Divina Commedia».
In questo periodo, - racconta a proposito della mostra Eike Schmidt, direttore degli Uffizi - è importante ritrovare in Dante non solo un simbolo di unità nazionale, ma anche un conforto spirituale e un riferimento culturale comune. La mostra sarà un’occasione per ripensare al padre della lingua italiana e offrirà materia per riflettere sull’importanza che l’opera dantesca – i suoi versi, i personaggi e gli eventi da lui narrati – riveste ancora nei nostri tempi».
Non solo gli Uffizi, però, hanno aperto i loro «scrigni danteschi» per la mostra. Arriveranno, infatti, prestiti da altre importanti istituzioni internazionali come l’Ermitage di San Pietroburgo, la Walker Art Gallery di Liverpool, dalla National Gallery di Sofia, la Staatliche Kunstsammlungen di Dresda, il Museum of Art di Toledo, i Musei Vaticani. Non mancheranno, lungo il percorso espositivo, opere provenienti dal territorio italiano e più precisamente dalla Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma, dalla Galleria Borghese, dal Museo di Capodimonte, ma non solo.
Con uno stile magniloquente e antologico, l’esposizione, aperta fino all’11 luglio, condurrà il visitatore alla scoperta della crescente leggenda di Dante attraverso i secoli. 
L’iniziale fortuna critica del poeta verrà mostrata attraverso le prime edizioni della «Commedia» e alcuni dei più importanti codici miniati del XIV e XV secolo. Apposite sezioni saranno, quindi, dedicate alla fama del poeta nella stagione rinascimentale, alla sua riscoperta in epoca neoclassica e preromantica, alle interpretazioni romantiche e novecentesche della sua opera ed eredità. Capitoli a parte verranno dedicati all’ampia e fortunata ritrattistica dedicata di Dante nella storia dell’arte, ma anche al tema del rapporto tra il poeta e la cultura classica. Non mancherà, poi, un focus sulla figura di Beatrice, che lo scrittore eleva ad emblema del rinnovamento dell’arte e delle sue stesse positive passioni.
Protagonisti della mostra saranno anche le molteplici raffigurazioni che alcuni tra i più grandi artisti hanno offerto nel corso della storia della narrazione dantesca del Giudizio universale, dell’«Inferno», del «Purgatorio» e del «Paradiso». Il percorso si concluderà con capolavori ispirati, nella loro composizione, al XXXIII canto del «Paradiso». 
Un evento da non perdere, dunque, quello di Forlì, la cui importanza appare palpabile nelle parole di Gianfranco Brunelli, direttore delle Grandi mostre della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì: «Penso di poter dire che se c’è un’esposizione davvero completa e davvero nazionale, nell’anno centenario di Dante, quella forlivese si iscrive ad esserlo. Non solo la «Commedia» viene ricondotta lungo i rispecchiamenti che l’arte ne ha tratto, ma tutto Dante. Un viaggio dell’arte e un viaggio nell’arte che ci consente di rivedere Dante, il suo tempo e il nostro».

Vedi anche


Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Cristofano dell'Altissimo (Firenze, 1525 – 1605), «Ritratto di Dante Alighieri», 1552-1568; [fig. 2] Andrea del Castagno (Castagno, 1421 – Firenze, 1457), «Dante Alighieri», 1448-1449. Affresco strappato e applicato su tela, 250 x 150 cm. Firenze, Gallerie degli Uffizi; [fig. 3] Henry James Holiday (Londra, 1839 – 1927), «Dante Alighieri», 1875 circa. Matita, acquerello e gomma arabica su carta, 63,5 x 49,5 cm. Collezione privata c/o Christie’s; [fig. 4] Jean-Auguste-Dominique Ingres (Montauban, 1780 – Paris, 1867), «Paolo e Francesca sorpresi da Gianciotto», 1819. Olio su tela, 50,3 x 40,7 cm. Angers, Musée des Beaux-Arts; [fig. 5] Dante Gabriel Rossetti (Londra, 1828 – Kent, 1882), «Il saluto di Beatrice», 1880-1882. Olio su tela, 154,3 x 91,4 cm. Toledo (Ohio), Museum of Art

Informazioni utili
Dante. La visione dell'arte. Musei di san Domenico, piazza Giudo da Montefeltro, 12 - Forlì. Orari: da lunedì a venerdì, dalle ore 9.30 alle ore 19.00; sabato, domenica, giorni festivi, dalle ore 9.30 alle ore 20.00 (compatibilmente con le indicazioni contenute nel Dpcm in corso); la biglietteria chiude un’ora prima. Ingresso: intero € 13,00, ridotto € 11,00, ridotto speciale (scolaresche) € 5,00, biglietto speciale famiglia € 26,00, altre tipologie di tagliandi (compreso quello integrato con gli eventi in programma a Ravenna) sono reperibili sul sito della mostra. Informazioni: tel. 199.151134; tel. 0543.36217; mostraforli@civita.it (orario call center: dal lunedì al venerdì, ore 9.00-13.00 e ore 14.30-17.30; sabato e domenica chiuso). Normativa anti-Covid: La visita è regolamentata da un sistema di fasce orarie. La prenotazione o l’acquisto on-line del biglietto sono fortemente consigliati nei giorni feriali e obbligatori nei week end e nei festivi. La visita è consentita solo adottando le seguenti misure di sicurezza: - accertamento della temperatura corporea di tutti i visitatori attraverso sistemi certificati di misurazione istantanea. Non potranno entrare i visitatori con una temperatura corporea superiore ai 37,5°C. , - obbligo di indossare la mascherina e procedere alla sanificazione delle mani con apposito disinfettante, - accesso alla biglietteria di un solo visitatore alla volta, anche per i nuclei famigliari. Gli altri visitatori attenderanno in coda mantenendo la distanza di sicurezza di 2 metri e seguendo le indicazioni fornite dagli operatori, - obbligo di mantenere sempre la distanza di sicurezza di almeno 2 mt. tra un visitatore e l’altro all’interno delle sale espositive e in tutti gli ambienti condivisi, - la durata massima di visita è fissata in 2 ore, - l’utilizzo dell’ascensore è consentito esclusivamente a persone con disabilità e relativo accompagnatore, - l’accesso al bookshop è consentito ad un massimo di due visitatori alla volta, - in tutti gli ambienti si consiglia di limitare all’indispensabile il contatto con le superfici comuni (tavoli, ringhiere, maniglie) ed evitare il contatto con gli oggetti in esposizione, - informare prontamente il personale museale in caso di malessere. Sito internet: www.mostradante.it. Da 30 aprile all'11 luglio 2021