ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

mercoledì 9 giugno 2021

Il «Bestiario infernale»: Dante Alighieri e gli animali della «Divina Commedia» nelle xilografie di Gianni Verna

Dalle «tre fiere» del primo Canto dell’«Inferno» - la lonza, il leone e la lupa – alle api citate nel Canto XXXI del «Paradiso», paragonate agli angeli dell’Empireo: la presenza degli animali nella «Divina Commedia» è inaspettatamente ampia e variegata. Si spazia dai mosconi, dalle vespe, dai serpenti, dai cani e da altre bestie che tormentano le anime dei dannati, incontrate ‘realmente’ da Dante e Virgilio nel loro viaggio ultraterreno, ad animali chiamati alla ribalta attraverso metafore, similitudini, allusioni e perifrasi. È il caso, per esempio, degli «stornei», delle gru e delle colombe, a cui il «Sommo poeta» paragona le anime dei lussuriosi nel Canto V dell’«Inferno», o del grifone cristologico e dell’aquila imperiale, citati nel «Paradiso». Agli animali della «Commedia» dantesca è stato dedicato recentemente, nel 2019, il libro «Il bestiario dell’aldilà» di Giuseppe Ledda, docente all’Università degli studi di Bologna, che ha scritto anche altri volumi sullo scrittore toscano: «La guerra della lingua. Ineffabilità, retorica e narrativa nella Commedia di Dante» (2002), «Dante» (2008), «La Bibbia di Dante» (2015) e «Leggere la Commedia» (2016).
In occasione dei settecento anni dalla morte del poeta toscano, gli animali danteschi tornano alla ribalta con Gianni Verna (Torino, 1942), instancabile artista, allievo di Francesco Casorati e Francesco Franco, che da anni si dedica alla xilografia e che, nel 1987, ha dato vita con Gianfranco Schialvino a un «operativo cenacolo a due», per usare un’espressione di Angelo Dragone, dal quale è nata anche «Smens», unica rivista stampata ancora con caratteri di piombo e direttamente dai legni originali appositamente incisi a cui collaborano importanti studiosi, scrittori poeti e artisti.
In questi giorni, il «Bestiario infernale» dell’artista torinese conclude il percorso espositivo della mostra «Omaggio a Dante 1321 - 2021», in programma al Forte di Bard, in Valle d’Aosta. Cuore dell’esposizione è un prezioso incunabolo dell’opera dantesca, «La Comedia del Divino Poeta Fiorentino Dante Aleghieri», stampato a Brescia nel 1487 da uno dei primi editori che in Italia utilizzò la stampa a caratteri mobili, appena inventata da Gutenberg. Si tratta di Bonino de Boninis, al quale si deve anche l’aver scelto di illustrare l’opera dantesca con una sessantina di xilografie di artisti a lui contemporanei. 
In attesa di poter vedere la mostra in presenza, sul Web è presente, dallo scorso Dantedì, un’anteprima video, in cui l’attore Andrea Damarco legge alcune terzine del celebre poema introdotto dalla direttrice del Forte di Bard, Maria Cristina Ronc.
Nel Medioevo i «Bestiari», particolari volumi a tema letterario e figurato che raccontavano le curiosità del mondo animale accompagnate da spiegazioni moralizzanti o da riferimenti tratti dalla Bibbia, allo scopo di stupire ed erudire il volgo, erano molto in voga. Dante Alighieri si dimostra, dunque, figlio del suo tempo. I «Bestiari» sono anche per lui strumenti spirituali utili nel cammino di conversione ed espiazione dell’uomo, «fondendo nella componente semantica del loro nome -ricorda Gianfranco Schialvino in catalogo - i contenuti dei miti pagani, delle fonti bibliche e teologiche, e delle «Naturales historiae» d’età classica ed ellenistica».
Gianni Verna, artista «che non conosce soste», di ottima fama e consolidato mestiere, propone un percorso non solo tra gli animali reali raccontati da Dante Alighieri, ma anche tra creature mitologiche dai tratti insieme umani e ferini: Caronte, Minosse, Cerbero, Gerione, le Furie, le Arpie, Lucifero, Malacoda, il Minotauro, i Centauri, i Giganti, le Arpie, Proserpina, Medusa, Belzebù e i Draghi. 
Tra gli animali raffigurati ci sono il veltro, il destriero, le vespe, l’aquila, le gru che «van cantando lor lai, / faccendo in aere di sé lunga riga», le colombe, i «porci in brago», la «scrofa azzurra e grossa», «la falsa vacca», il toro «che gir non sa, ma qua e là saltella», i mosconi e i serpenti, «le rane innanzi a la nimica biscia», «i ranocchi pur col muso fuori», «i dalfini, quando fanno segno a’ marinar’ con l’arco de la schiena», l’anitra, il cane «ch’abbaiando agogna, / e si racqueta poi che ’l pasto morde», e le «nere cagne, bramose e correnti», il leone e l’oca, l’orsa e il falcone e lo sparviero, i «lupicini» e il «vipistrello». Questi animali son raccontati da Gianni Verna con precisi tratti di bulino e sempre più spesso con vigorosi colpi di sgorbia, dai quali emerge lo spirito di osservazione dell’artista e il suo pregevole sforzo di interpretazione delle cantiche dantesche, lette ora con devozione e riconoscenza, ora con ironia e dissacrazione.
«La sovrabbondanza di immagini animali nei canti dell’Inferno – che l’artista ha scolpito in due lunghe lastre di noce, conducendo in processione come Noè sull’arca e Mosè attraverso il mare, decine e decine di figure ora morfologicamente inappuntabili, ora elaborate con raffinata sensibilità, ora riducendole all’essenzialità di un segno –, può essere interpretata – racconta Gianfranco Schialvino in catalogo - come un allegorico panorama della degradazione dei dannati, privati d’ogni aspetto umano a causa del peccato e della dannazione. Ma la similitudine animalesca non intende assolutamente svolgere questa generica funzione, essendo anzi numerose le analogie animali che Dante ha usato per gli spiriti del Purgatorio e del Paradiso e perfino per gli angeli: si tratta quindi di una grande varietà di riferimenti che non possono essere ridotti univocamente alla funzione generica di segni della degradazione bestiale dei dannati».
Gianni Verna ci restituisce, dunque, un suo personalissimo «Bestiario infernale», che svolge non soltanto una funzione ornamentale, di commento e di esposizione, ma contribuisce anche,  «attraverso l’attivazione della propria autonomia iconica, - per usare ancora le parole di Gianfranco Schialvino -  a ricostruire la rilevanza culturale di una personalissima epopea dantesca».

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martedì 8 giugno 2021

Venezia, Palazzo Cini riapre al pubblico con il dipinto «San Giorgio e il drago» di Paolo Uccello

Sono finalmente visitabili a Venezia tutti gli spazi del Dorsoduro Museum Mile, l’area tra il Canal Grande e il canale della Giudecca, che vanta quattro musei, le cui collezioni consentono un viaggio lungo otto secoli nella storia dell’arte mondiale, dalla pittura medioevale e rinascimentale al contemporaneo. Ha, infatti, riaperto da pochi giorni le porte, per rimanere visitabile fino al prossimo 31 ottobre, Palazzo Cini a San Vio, raffinata casa-museo sorta nel 1984, che, con le sue opere di Beato Angelico, Filippo Lippi, Sandro Botticelli, Piero di Cosimo e Pontormo, va ad arricchire l’offerta culturale della città, o meglio della zona intorno alla Basilica di Santa Maria della Salute, dove si trovano anche le Gallerie dell’Accademia, Punta Dogana e la Collezione Peggy Guggenheim.
Per il settantennale della Fondazione Giorgio Cini (1951-2021), è arrivata a Venezia, nell’ambito dell’iniziativa «L’ospite a palazzo», una delle opere più singolari di Paolo Uccello (Pratovecchio, 15 giugno 1397 – Firenze, 10 dicembre 1475): la tavola con «San Giorgio e il drago», generosamente concessa dal Musée Jacquemart-André di Parigi, in occasione del prestito da parte della Collezione Cini del «Giudizio di Paride» per la mostra «Botticelli. Un laboratoire de la Renaissance» (11 settembre 2020 – 25 gennaio 2021).
L’opera, che ritrae il cavaliere San Giorgio mentre dall'alto del suo cavallo sta trafiggendo il drago, arricchisce di un importante tassello il nucleo del Quattrocento fiorentino della collezione permanente conservata all’interno del palazzo di campo San Vio, generando inedite risonanze, ed evoca simbolicamente il miles christianus che caratterizza il logo della stessa fondazione veneziana, sorta sull’isola di San Giorgio Maggiore nel 1951, per volere di Vittorio Cini in memoria del figlio Giorgio.
La tavola fu acquistata da Nélie Jacquemart alla vendita londinese Stevens del 1899, già nella collezione dell’antiquario fiorentino Stefano Bardini; il recente restauro ha fugato ogni dubbio in merito al ricco dibattito sull’autografia, mettendo in luce la brillante cromia della tempera, il raffinato dosaggio timbrico negli accostamenti delle tinte, le preziose stesure in lacca, i minuti dettagli in punta di pennello, con i profili picchiettati dalla biacca, riscontrabili nelle sue prove sicure. Più controversa la datazione, oggi perlopiù attestata tra anni Trenta e Quaranta, in anticipo di un ventennio circa rispetto all’altra celebre versione del «San Giorgio e il drago» (1455-1469), conservata alla National Gallery di Londra, di più virtuosistico concepimento ed evoluta spazialità. A ribadirne la precocità cronologica sono proprio quegli elementi compositivi e stilistici che rimandano alla matrice tardogotica della formazione dell’artista e ne marcano l’adesione alle atmosfere di Gentile da Fabriano e Ghiberti.
Come per il Botticelli della Cini, anche per il dipinto di Paolo Uccello si è ipotizzata una destinazione profana e una funzione iconica legata alla spalliera di un letto o ad una boiserie per una camera da letto; il tema del resto, popolare nella Firenze del Quattrocento grazie ai ludi, ai tornei, agli spettacoli dedicatigli per le celebrazioni della festa liturgica, era di sovente impiegato nei fronti dei cassoni nuziali, evocando da un lato la dimensione cortese del cavaliere che salva la fanciulla indifesa e assumendo, dall’altro, valore apotropaico nella figura del milite cristiano che trionfa sul demonio. 
Per l’arrivo di «San Giorgio e il drago» di Paolo Uccello, la Sala del Rinascimento della galleria è stata riallestita e il pubblico può ammirare nel nuovo layout i due capolavori di Piero di Cosimo: la «Madonna con il Bambino e angeli musicanti» e la tavola della «Sacra Famiglia con San Giovannino». In particolare quest’ultima opera dell’artista fiorentino è stata restaurata nel 2019 grazie al finanziamento di Save Venice Inc ed è ora apprezzabile in tutto il suo splendore.
Rinnovata con nuove opere, di cui undici stampe di Giambattista Piranesi (Venezia 1720 – Roma 1778) e altrettante fotografie di Gabriele Basilico, al secondo piano del palazzo ha aperto al pubblico anche la mostra «Piranesi Roma Basilico», a cura di Luca Massimo Barbero, che riprende la figura di Piranesi vedutista proposta dalla mostra «Le arti di Piranesi», ideata dalla Fondazione Cini nel 2010, con una lettura originale delle sue vedute di Roma, messe a confronto con il lavoro del grande fotografo. Un primo capitolo dell’esposizione era già stato inaugurato nel 2020, ma, a causa delle restrizioni dovute alla pandemia, la mostra aveva dovuto chiudere anticipatamente.
Il corpus Piranesi della Fondazione Giorgio Cini, acquisito nel 1961, costituisce uno dei fondi di grafica più rilevanti conservati da un’istituzione privata. La sua conservazione è stata garantita dalla lungimirante e generosa decisione di Vittorio Cini, che negli anni settanta del secolo scorso lo acquistò e lo destinò integralmente all’Istituto di Storia dell’arte della fondazione, dove ancora oggi è oggetto di studio.
Con questa esposizione, archi, piazze, obelischi diventano la sintassi di un discorso a due voci che racconta la magnificenza della Roma antica e moderna, mettendo in dialogo il passato con la contemporaneità.

Didascalie delle immagini
1. Palazzo Cini a San Vio, Venezia.  Vista dell'installazione. Mostra Roma, Piranesi, Basilico. Foto: Massimo Pistore; 2.  Palazzo Cini a San Vio, Venezia.  Vista dell'installazione. Sala del Rinascimento. Foto: Massimo Pistore; 3. Palazzo Cini a San Vio, Venezia.  Vista dell'installazione. Mostra San Giorgio e il drago. Foto: Massimo Pistore; 4. Paolo Uccello, San Giorgio e il drago. Musée Jacquemart-André di Parigi; 5. Palazzo Cini a San Vio, Venezia.  Vista dell'installazione. San Giorgio e il drago di Paolo Uccello con Luca Massimo Barbero. Foto: Massimo Pistore

Informazioni utili 
Palazzo Cini, Campo San Vio, Dorsoduro 864 – Venezia. Orari: venerdì, sabato e domenica, ore 12.00 – 20.00 (ultimo ingresso ore 19.15). Ingresso: intero 10,00€, ridotto € 8,00 (gruppi superiori a 8 persone/ragazzi 15–25 anni/over 65/Soci Touring Club Italiano/Soci Coop/Soci ALI), ridotto Voucher Guggenheim: 7,00€ (per possessori di voucher Peggy Guggenheim Collection/Assicurazioni Generali), ridotto: 5,00€ (Residenti Comune di Venezia/Soci Guggenheim/studenti e docenti universitari U.E. delle facoltà di architettura, conservazione dei beni culturali, scienze della formazione, iscritti ai corsi di laurea in lettere o materie letterarie con indirizzo archeologico, storico artistico delle facoltà di lettere e filosofia, iscritti alle Accademie delle Belle Arti), gratuito minori di 15 anni (i minori devono essere accompagnati)/ membri Icom (International Council of Museums)/diversamente abili accompagnati da un familiare o da un assistente socio-sanitario/giornalisti accreditati con tesserino/dipendenti Assicurazioni Generali/guide turistiche accreditate. Guida breve: € 4,00. Informazioni: palazzocini@cini.it. Web: www.palazzocini.it, www.cini.it. Facebook: @Palazzo Cini. Instagram: @palazzo_cini. Twitter: @palazzo_cini. Apertura stagionale dal 28 maggio al 31 ottobre 2021

lunedì 7 giugno 2021

Spazi rinnovati e due ricche rassegne estive per la ripartenza del teatro Menotti di Milano

È pronto a ripartire anche il teatro Menotti di Milano, che ha sfruttato i lunghi mesi del lockdown per ristrutturare i suoi spazi con il riammodernamento del foyer, un suggestivo progetto illuminotecnico per l’area di accoglienza del pubblico, il rifacimento del palcoscenico, dei servizi e degli arredi, nonché la creazione di un secondo spazio polifunzionale al piano superiore.
Le caratteristiche e le funzionalità del «nuovo» teatro, che oggi è dedicato a Filippo Perego, verranno presentate lunedì 7 giugno, alle ore 19:00, con un evento di inaugurazione; mentre il giorno successivo, martedì 8, il sipario si riaprirà per la prima volta con la rassegna «Fragili come la terra», quattro appuntamenti tra parola e musica dedicati al pianeta blu e ai suoi abitanti, che vedranno anche la presenza di monsignor Mario Delpini, arcivescovo di Milano.
Il primo spettacolo, in agenda fino a domenica 13 giugno, è con «Possiamo salvare il mondo prima di cena», riduzione scenica a firma di Emilio Russo del libro «We Are the Weather» di Jonathan Safran Foer, nel quale viene raccontata, con straordinario impatto emotivo, la crisi climatica del nostro pianeta alternando, in modo originale, storie di famiglia, ricordi personali, episodi biblici, dati scientifici e suggestioni futuristiche.
Lo spettacolo vedrà salire sul palco il Collettivo Menotti, compagnia under 35 nata nei giorni tra il primo e il secondo lockdown dei teatri, che sarà protagonista anche di «Mattatoio n. 5», riduzione scenica dell’omonimo romanzo di fantascienza di Kurt Vonnegut, anche in questo caso a firma di Emilio Russo, in agenda da martedì 15 a domenica 20 giugno.
La programmazione del teatro Menotti proseguirà, quindi, con un omaggio a Ennio Flaiano: «Un marziano a Roma», spettacolo, con l’attrice Milvia Marigliano e il trombettista Raffaele Kohler, che anticipa l’idea, oggi molto attuale, di società effimera, omologata e in bilico, tra il reale e l’immaginario, alla vana ricerca di un senso al nulla virtuale che ci circonda. Il testo teatrale, in cartellone dal 22 al 24 giugno, racconta l’epopea tragicomica di Kunt, un marziano arrivato sulla terra, con l’idea di fare un viaggio in un pianeta accogliente, placido e blu. La sua storia si consuma in pochi giorni: dapprima c'è curiosità, poi indifferenza e derisione. All'extra-terrestre non resta altro che fare ritorno, in silenzio, nel suo mondo: la terra piena di intellettuali annoiati, giornalisti venditori di fumo, gente che dibatte sul nulla, con la sua superficialità e la sua vanità, non fa per lui.
A chiudere la rassegna sarà, sabato 26 giugno, lo spettacolo «Uomini con il fuoco dentro - La via del sale», a cura del coro interculturale Elikya, con due testi di monsignor Mario Delpini. Si tratta di racconti che stimolano a guardare dentro e fuori di sé, riscoprendo il gusto poetico della fiaba, alla ricerca di scintille che riaccendano l’animo di chi li ascolta.
Molto corposa e articolata sarà, poi, la Rassegna Teatro Menotti in Sormani, che prevede nel mese di luglio una sessantina di appuntamenti, a partire da quello in agenda giovedì 1° luglio, alle ore 19:30, con l’orchestra Mamu Ensemble che proporrà, nell’ambito del centenario della morte di Camille Saint-Saëns (1835-1921), l’esecuzione de «Il carnevale degli animali»; mentre a seguire, alle ore 21:30, ci sarà «Dog Days» con «Le canaglie».
Tra gli spettacoli musicali in agenda si segnalano anche «Storie di un impiegato» del Teatro del Simposio, con brani di Fabrizio De Andrè (venerdì 2 luglio, ore 19:30), «Milano negli occhi, Napoli nel cuore» con l’Orchestra a plettro Città di Milano (domenica 4 luglio, ore 19:30) e, ancora, «Sentimento popolare – Autrici» (giovedì 29 luglio, ore 19:30), un percorso che spazia dalle sonorità portoghesi di Dulce Pontes ai ritmi balcanici di Esma Redzepova, passando per le delicate melodie di Anna Identici, l’impegno della cantautrice cilena Violeta Parra, le parole di Lina Wertmuller musicate da Nino Rota, e, infine, le composizione di Edith Piaf e Rosa Balistreri.
Nella corte della Biblioteca Sormani ci sarà spazio anche per la danza con «24 volte al secondo» (martedì 6 luglio, ore 19:30), spettacolo della compagnia Sanpapié selezionato nell’ambito di «Next – Laboratorio delle idee per la produzione e la distribuzione dello spettacolo dal vivo lombardo» – Edizione 2020, che si avvale delle coreografie di Lara Guidetti e delle musiche di Nino Rota ed Ennio Morricone.
Non mancheranno omaggi a Dante Alighieri, il padre della lingua italiana, in occasione dei settecento anni dalla morte. La rassegna milanese si chiuderà, infatti, con gli spettacoli «Dante. Più nobile è il volgare», un monologo di Roberto Mercadini (30 luglio, ore 19:30), e «Mio marito Dante – Monna Gemma Donati racconta», con Marina Marazza (1° agosto, ore 19:30).
Altri spettacoli in cartellone che sottolineano il rapporto con la letteratura sono «Variazioni furiose» (sabato 17 e domenica 19 luglio, ore 19:30), un progetto di Federica Fracassi sull’«Orlando furioso» di Ludovico Ariosto, «Il commissario Collura va in vacanza» (venerdì 16 luglio, ore 19:30), con «storie note e meno note di Andrea Camilleri» raccontate da Donatella Finocchiaro, e «Le opere complete di William Shakespeare in 90 minuti» (26 e 27 luglio, ore 19:30), una sfida teatrale e un’immersione leggera e stravagante nel mondo del grande drammaturgo elisabettiano, che vedrà in scena Roberto Andrioli, Fabrizio Checcacci, Lorenzo Degl’Innocenti.
Nel cartellone grande spazio ha anche il teatro civile con spettacoli come «Italiani cincali» (14 luglio, ore 19:30), diretto e interpretato da Mario Perrotta, che parla dell’emigrazione italiana nelle miniere di carbone del Belgio, o «Le olimpiadi del 1936» di Federico Buffa (22 luglio, ore 19:30), ma anche «Italianesi» (20 luglio, ore 19:30) e «O masculu e fìammina» (21 luglio, ore 19:30), entrambi di e con Saverio La Ruina, che raccontano l’uno delle migliaia di soldati e civili italiani rimasti intrappolati in Albania alla fine della Seconda guerra mondiale, l’altro dell’omosessualità in un piccolo paese del meridione. Si parla anche di personaggi storici famosi come Angelo Fausto Coppi (8 luglio, ore 19:30), «l’eroe nato contadino» che ha scritto pagine importanti nella storia del ciclismo, Marie Curie (23 e 24 luglio, ore 19:30), la scienziata vincitrice di due premi Nobel, o il militante politico Albino Calletti, la cui storia è al centro dello spettacolo «Le rotaie della memoria» (25 luglio, ore 19:30), vincitore del Premio Anpi cultura 2008 Ovest Ticino.
C’è, poi, in cartellone un testo teatrale di forte richiamo come «Ubu Re» (30 luglio, ore 19:30), crudele e dionisiaca rappresentazione del potere, che vedrà in scena Sergio Longo, Marika Pensa ed Enrico Ballardini. Non manca, infine, un omaggio all’attualità con «Panico, ma rosa» (11 luglio, ore 19:30), nel quale Alessandro Benvenuti racconta 59 giorni di lockdown tra sogni e bisogni, ricordi e crudeltà, fantasie e humor.
Il teatro Menotti prosegue anche la sua programmazione on-line sulla piattaforma ITsART, il nuovo sipario digitale per teatro, musica, cinema, danza e ogni forma d'arte, live e on-demand, con contenuti disponibili in Italia e all'estero. Per l’occasione sono stati selezionati quattro titoli: «Possiamo salvare il mondo prima di cena», «Mattatoio n°5», «Un marziano a Roma», «Le Olimpiadi del 1936».
La sala milanese compie, dunque, i primi passi verso una nuova normalità e invita a il suo pubblico non solo a divertirsi, ma anche a riflettere sul tempo presente attraverso le parole del teatro, «come se – racconta Emilio Russo -, sotto le macerie di questa guerra ancora da combattere e da soffrire, i costruttori di bellezza siano impegnati a creare il mondo che verrà».

Didascalie delle immagini
1. Compagnia Sanpapié;  2. Una scena dello spettacolo «Le opere complete di William Shakespeare in 90 minuti»; 3. Una scena di «Italiani cincali», diretto e interpretato da Mario Perrotta. Foto di Chicco Saponaro; 4.  Una scena di «O masculu e fìammina», di e con Saverio La Ruina; 5. Una scena di Ubu Re, con Skené Company di Milano; 6.  Una scena dello spettacolo  «Le rotaie della memoria» , vincitore del Premio Anpi cultura 2008 Ovest Ticino; 7.  Gabriella Greison in «Cara Maria Curie»

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