ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

mercoledì 22 dicembre 2021

«Admirabile signum», La Spezia fa da scenario a una mostra sul presepe tra arte antica e contemporanea

È il 1223 quando a Greccio San Francesco d’Assisi dà vita alla tradizione del presepe. Da allora, ogni anno a Natale, i paesi dell’Occidente ricreano la scena della natività «come incontro con il divino nella povertà, come momento di resistenza e di forza interiore nella rinascita spogliata dalla ricchezza, come miracoloso calato nella quotidianità». A questa storia guarda la mostra «Admirabile signum. Il presepe tra arte antica e contemporanea», allestita fino al 30 gennaio negli spazi della Fondazione Carispezia, per la curatela di Lara Conte e Alberto Salvadori che, per la parte relativa all’arte antica, hanno lavorato alla costruzione del percorso espositivo in dialogo con Simonetta Maione e Giulio Sommariva, con il contributo di Andrea Marmori.
La mostra mette in relazione importanti esemplari di presepe di produzione genovese e lombarda del XVIII secolo con un nucleo di opere e installazioni contemporanee, creando un ponte tra presente e passato, tra figurazione ed evocazione. Attraverso media e linguaggi diversi, nel corso del XX secolo e nella contemporaneità gli artisti hanno continuato a confrontarsi con uno dei temi maggiormente rappresentati nella storia dell’arte occidentale, fornendone interpretazioni che vanno oltre l’iconografia e la dimensione figurativa tradizionale.
Il viaggio attraverso l’arte presepiale parte da Genova, dove nel corso del XVII secolo si sviluppa un’attenzione minuziosa alla rappresentazione scultorea della nascita di Gesù quando la Compagnia del santo presepio di Santa Maria di Castello, appositamente costituita per celebrare la figurazione del Natale, commissiona a Matteo Castellino figurine lignee che risulteranno opere di straordinaria invenzione.
Nel corso del Settecento la cultura genovese dei presepi raggiunge il proprio apice: le statuine genovesi divengono veri oggetti d’arte, il cui impatto è accresciuto da apparati scenici di fragile e spesso effimera fattura. I presepi genovesi presto divengono uno dei segni distintivi della Superba, che così dimostra, anche grazie a tali produzioni, una qualità sopraffina di mezzi e di gusto.
Legno intagliato e policromato, pasta di vetro per gli occhi, per gli abiti stoffe di rara fattura impreziosite da pizzi e galloni in argento e oro filato, pietre dure, coralli e filigrana per i raffinati monili erano i materiali utilizzati nella produzione delle statuine, rese con irraggiungibile verità storica. La messa a disposizione da parte dei Musei civici genovesi di parte del proprio patrimonio di presepi è stata occasione per mettere in luce una tradizione artistica di cui la Liguria è stata officina primaria. Il Museo Luxoro, che custodisce alcuni tra i più straordinari esempi di quest’arte, ha tra l’altro concesso in prestito uno straordinario presepe settecentesco a sagome dipinte su carta di produzione lombarda.
La mostra focalizza, poi, l’attenzione sul contemporaneo. Una sala è dedicata ai presepi di Maria Lai (Ulassai, 1919 – Cardedu, 2013) ed è realizzata con la preziosa collaborazione dell’archivio a lei dedicato.
«Amo il presepe – raccontava l’artista – come esperienza di qualcosa che, più ne indago l’inesprimibile, più trovo verità, più divento infantile e ingenua, e più rinasco. Amo il presepe perché ci raccoglie intorno alla speranza di un mondo nuovo. Amo il presepe perché si propone a tutti i linguaggi del mondo e come l’arte anche il presepe ha la possibilità di infinite interpretazioni personali».
Durante la sua lunga vicenda creativa l’artista sarda ha fatto della Natività uno dei temi centrali della propria ricerca, reinterpretandola tra favola ed epica con stoffe, sabbia, pane, pietre e terracotta, istituendo una continua relazione tra terra e cielo. Ogni suo presepe, realizzato esplorando antiche tradizioni artigianali e utilizzando materiali poveri, è un momento di avvicinamento al sacro come manifestazione di rinascita e rigenerazione.
La mostra spezzina presenta alcuni tra i più significativi presepi realizzati dall’artista nel corso degli anni e altre opere come ad esempio alcune mappe stellari cucite, che concorrono a dar vita alla narrazione di un’ascesa cosmica.
Grazie al Museo internazionale del presepio «Vanni Scheiwiller» di Castronuovo Sant’Andrea è stato, poi, possibile includere nel percorso espositivo il «Presepe foresta» (2001) di Roberto Almagno (Aquino, 1954) e il «Presepe blu notte» (2007) di Guido Strazza (Santa Fiora, 1922), che accoglie il visitatore nel salone di ingresso della Fondazione Carispezia. Quest’ultima installazione, presentata negli ultimi anni in alcuni dei più prestigiosi musei italiani d’arte contemporanea, affronta la tematica del presepe rinunciando completamente all’approccio figurativo, utilizzando al posto delle tradizionali statuette forme geometriche collocate sul profondo blu di un grande cielo circolare.
Partendo dal legno, materiale al centro della sua ricerca scultorea, Roberto Almagno costruisce, invece, una narrazione intensamente spirituale. La sua scultura nasce in continuità con la spiritualità della natura. Nei boschi l’artista sceglie i rami di legno che, poi, lavora con il fuoco e l’acqua, levigandoli e incurvandoli sino a ottenere forme essenziali e sinuose, che, come un disegno, ritmano lo spazio danzando nell’aria.
Il percorso espositivo si completa con due nomi cruciali dell’arte contemporanea italiana: Fausto Melotti (Rovereto, 1901 – Milano, 1986) e Michelangelo Pistoletto (Biella, 1933), artisti che a vario modo si sono relazionati con il tema della Natività e del presepe, ripensando la dimensione fisica e concettuale del linguaggio scultoreo e dell’iconografia sacra. Nell’allestimento della mostra, le filiformi creazioni metalliche di Fausto Melotti, prive di ogni monumentalità e retorica, attivano un dialogo intenso con il «Paesaggio» (1965) di Michelangelo Pistoletto, facente parte della serie degli «Oggetti in meno»: una piccola opera di cartone, carta colorata e figure di gesso, in cui manca l’immagine di Gesù Bambino.
Ad accogliere il visitatore in questo viaggio tra antico e contemporaneo alla scoperta del presepe è un’opera di Marco Lodola (Dorno, Pavia, 1955), concepita appositamente per l’occasione, che rallegrerà l’atmosfera della città proponendo un immaginario ludico e pop. «La condizione di sofferenza che viviamo oggi - racconta l’artista - è stata l’ispirazione da cui sono partito per rappresentare una rinascita luminosa, un senso di speranza, la fiducia in un cambiamento». Natale è anche questo, un tempo per andare oltre la paura del futuro.

Didascalie delle immagini
1. Anonimo artista lombardo, Complesso di figure da Presepe, seconda metà del secolo XVIII. Carta dipinta a tempera grassa incollata su cartone, scontornato e rinforzato da anime di ferro. Museo Giannettino Luxoro, Genova; 2. Presepe genovese, secolo XVIII. Museo Giannettino Luxoro, Genova; 3.Michelangelo Pistoletto, Paesaggio, 1965 (Oggetti in meno, 1965-1966), Cartone, veline, figurine da presepe, stracci, 70 x 40 x 20 cm. Cittadellarte – Fondazione Pistoletto, Biella. Foto: Archivio Pistoletto; 4. Una stanza della mostra spezzina; 5. In primo piano: Guido Strazza, Presepe blu notte, 2007 Legno, vetro, acciaio, Ø 300 cm. Museo Internazionale del Presepio Vanni Scheiwiller, Castronuovo Sant’Andrea (PZ); 6. Stanza dedicata a Maria Lai

Informazioni utili
Admirabile signum. Il presepe tra arte antica e contemporanea. Fondazione Carispezia, via Domenico Chiodo, 36 – La Spezia. Orari di apertura: tutti i giorni, escluso il lunedì, ore 11.00 - 20.00 (25 dicembre chiuso). Ingresso gratuito. Informazioni: www.fondazionecarispezia.it. Fino a domenica 30 gennaio 2022

martedì 21 dicembre 2021

Bologna, un viaggio in 3D tra i tesori del Museo medievale

Chi varca le porte del quattrocentesco Palazzo Ghisilardi – Fava, uno dei più pregevoli edifici rinascimentali di Bologna con la grandiosità dei suoi ambienti e la bellezza dei suoi affreschi, che nel Cinquecento videro al lavoro i tre Carracci, i fratelli Annibale (1560-1609) e Agostino (1557-1602) e il loro cugino Ludovico (1555-1619), si trova immerso in un’atmosfera di altri tempi. Raffinati manufatti, preziosi capolavori di Jacopo della Quercia, Francesco del Cossa, Vincenzo Onofri e altri ancora, oggetti unici – tra statuaria, manufatti lapidei, codici miniati, bronzi, armi, avori e vetri – offrono la possibilità di compiere un affascinante viaggio a ritroso nel tempo, regalando ai visitatori una visione di quello che era la città felsinea tra l’VIII e il XVI secolo.
Da qualche settimana, le porte di Palazzo Ghisilardi – Fava, dal 1985 sede del Museo civico medievale, possono essere varcate anche on-line, entrando nella versione tridimensionale, immersiva e interattiva dell’edificio di via Manzoni 4, nel centro storico della città, attraverso il collegamento presente al sito web https://museocivicomedievalebologna.publicsicc.com.
Dalla partnership tecnica tra l'Istituzione Bologna Musei e Publics ICC, start-up attiva nell’ambito della ideazione e realizzazione di software e soluzioni innovative volte alla fruizione del patrimonio artistico-culturale, è nato, infatti, 3D Art Xp, un nuovo percorso virtuale a libera accessibilità in grado di trasportare il visitatore direttamente all’interno degli spazi del museo, riprodotto fedelmente nella sua configurazione architettonica e nell’ordinamento del suo patrimonio, per un’esperienza di visita completa e dinamica grazie all'integrazione tra innovative tecnologie digitali 3D e contenuti audiovisivi. Si amplia così l'offerta informativa sul patrimonio storico-artistico del capoluogo emiliano con l’intento di rendere il pubblico più consapevole e desideroso di avvicinarsi per la prima volta alle collezioni del Museo civico medievale o di tornare a visitarle da un diverso punto di vista.
L’utilizzo di tecnologia laser a luce strutturata ha permesso di realizzare scansioni reali in alta risoluzione di tutti gli ambienti espositivi nella loro interezza, liberamente percorribili su qualsiasi tipo di device. Muovendosi all'interno dei quattro piani in cui si articola la planimetria virtuale, l’utente può esplorare lo space 3D ruotando il modello con qualsiasi angolazione a 360° per apprezzare il layout e il modo in cui ogni ambiente è correlato rispetto all'intero spazio. L’inserimento di punti di interesse dinamici tridimensionali (hotspot) consente, inoltre, un accesso veloce ad approfondimenti di carattere tecnico, storico e artistico attraverso contenuti audiovisivi di storytelling, realizzati con la consulenza scientifica dello staff del museo.
A dare il benvenuto, accogliendo idealmente il visitatore nel cortile di Palazzo Ghisilardi, è il direttore Massimo Medica, che ne ripercorre la complessa stratificazione storica, definendolo «un museo nel museo», per il radicamento nel tessuto urbano e il sedimento di accumulo plurisecolare di cui porta testimonianza. L’edificio accoglie, per esempio, una delle venti torri gentilizie di epoca medioevale, quella «dei Conoscenti», e ingloba anche reperti di epoca romana e notevoli resti murari in selenìte della Rocca imperiale che i Bolognesi distrussero nel 1115 all'indomani della morte di Matilde di Canossa, durante il processo di affermazione dell’autonomia comunale.
L'esperienza di visita si articola in sette percorsi tematici introdotti da brevi contrappunti narrativi in forma di clip, visibili anche sul canale YouTube di Publics Icc, che illuminano alcuni dei principali aspetti storici e storico-artistici di Bologna durante il Medioevo. «Una bussola giuridica per l’Europa: la Scuola bolognese dei Glossatori», «Bonifacio VIII e la lotta eterna tra Bologna e Ferrara», «Fondere l’immaginazione: l’arte del bronzo», «Un marchio per leggere la storia: i sigilli», «La società dei tornei: l’aristocrazia che guerreggia», «La micro scultura in avorio: lavori certosini e dettagli preziosi», «La ceramica artistica nel Medioevo» sono i capitoli che il visitatore può percorrere come in un avvincente romanzo storico, immergendosi nell’atmosfera di una cultura artistica di eccezionale vitalità espressiva, quella della Bologna medievale, tra la sua cospicua popolazione di glossatori e di studenti provenienti da ogni parte della Cristianità latina per frequentare l'eccellente Studium, patria medievale del diritto, e dentro le botteghe artistiche e librarie, che affermarono la città come centro preminente della produzione di manoscritti a sud delle Alpi.
Ai percorsi tematici è collegato un catalogo tridimensionale di quarantacinque manufatti artistici che permette di apprezzare dettagli e caratteristiche non visibili a occhio nudo, grazie a un processo di scansione con scanner mobili a luce strutturata, in grado di acquisire contemporaneamente forme e texture, e la riproduzione 3D con software di modellazione di ultima generazione. I pezzi selezionati sono rappresentativi della varietà delle collezioni del museo, tra i più iconici e prestigiosi che ne identificano il patrimonio ma anche tra i meno noti. La procedura di consultazione del modello prevede le principali modalità di interazione: movimento lineare, rotazione, variazione del punto di vista e la consultazione di una scheda descrittiva con le caratteristiche specifiche di ogni oggetto.
A ideale completamento del percorso virtuale 3D Art Xp, rimane consultabile sul portale www.storiaememoriadibologna.it lo scenario tematico dedicato al Lapidario, che consente una passeggiata virtuale nella raccolta di quarantuno manufatti lapidei, «fogli di pietra» in cui sono incise vicende pubbliche e private sullo sfondo della vita quotidiana bolognese tra Alto Medioevo e XVII secolo.

Informazioni utili

sabato 18 dicembre 2021

#notizieinpillole, cronache d'arte della settimana dal 13 al 19 dicembre 2021

«Gioielli», una nuova sezione per il «Catalogue Raisonné» di Arnaldo Pomodoro
«Collane, bracciali, anelli, spille, gemelli, eseguiti con il metodo della fusione su osso di seppia e con l’aggiunta di fili martellinati, grumi di materia, pietre fini o pietre grezze, e ancora scatole, portasigarette, piccole medaglie»: il «Catalogue Raisonné» on-line di Arnaldo Pomodoro si arricchisce di una nuova sezione dedicata ai «Gioielli». Sul sito sono visibili circa ottocento opere, realizzate per lo più in un’unica copia, insieme ai disegni su carta realizzati in fase di progettazione, che testimoniano le esperienze dell’artista nel campo dell’oreficeria a partire dagli anni Cinquanta.
«Vedere oggi le immagini in sequenza di tutti i gioielli presenti nel «Catalogue Raisonné» – scrive Arnaldo Pomodoro - mi emoziona profondamente; anzitutto perché si tratta di opere in gran parte sconosciute, non esposte nelle mostre o illustrate nei libri e nelle riviste. Questi piccoli oggetti preziosi, che durano a lungo inalterati e sembrano contraddire l’incessante e inesorabile trascorrere del tempo, racchiudono tante idee, riferimenti, esperienze e presentano, per così dire, un repertorio di elementi espressivi del mio proprio linguaggio».
Il «Catalogue Raisonné» - https://www.arnaldopomodoro.it/catalogue_raisonne/artworks/?lang=it - è uno strumento di consultazione immediato, gratuito, sempre aggiornato e preciso. È gestito dalla Fondazione Arnaldo Pomodoro, che si occupa anche dell’Archivio on-line - https://www.arnaldopomodoro.it/archive/sections/ -, nel quale dal 22 dicembre saranno presenti nuovi materiali utili a documentare e approfondire la vita e l'opera dell’artista. Nello specifico, nella sezione «Audiovisivi» saranno diffusi circa cinquanta filmati dal 1964 a oggi, tra film d'artista, documentari, interviste, riprese di inaugurazione di opere e mostre. «Fotografie» proporrà, invece, circa duecento immagini realizzate da artisti dello scatto quali Paolo Monti, Ugo Mulas, Maria Mulas e Carlo Orsi; mentre in «Materiali diversi» sarà possibile visionare l'intero nucleo di circa centocinquanta manifesti di mostre e di spettacoli teatrali, ma anche calendari, agende e cartoline.

Nelle immagini: 1. Arnaldo Pomodoro, Bracciale, 1966. Foto Aurelio Barbareschi; 2. Arnaldo Pomodoro, Spilla, 1958. Foto Dario Tettamanzi  

A Ravenna la mostra «Dante e Faruffini: il fascino del poeta su un pittore dell'Ottocento»
«Era un raggio di luce elettrica in una sala illuminata dall’olio»: così Carlo Dossi, nelle sue «Note azzurre», fissava il ricordo di Federico Faruffini (Sesto San Giovanni 1833 – Perugia 1869), pittore, incisore e fotografo, vicino alla Scapigliatura, le cui opere sono conservate alla Gam di Roma, alla Pinacoteca di Brera e ai Musei civici di Pavia.
All’artista, vincitore della medaglia d'oro al Salon de Paris del 1866 e del terzo premio all'Exposition Universelle dell'anno seguente, è dedicata la nuova mostra della biblioteca Classense di Ravenna, che inaugura nella serata di sabato 18 dicembre per rimanere aperta fino al 26 febbraio. L’esposizione, curata da Benedetto Gugliotta e Anna Finocchi, vuole essere anche un omaggio a Dante Alighieri, a settecento anni dalla morte.
Pochi dipinti, incisioni e volumi d'epoca formano un itinerario raccolto e prezioso, allestito negli spazi della Manica Lunga. Il visitatore può vedere, tra l’altro, il celebre olio su tela «La porta di casa degli Alighieri. Reminiscenze a Firenze» (1859), recentemente esposto nell’importante mostra dantesca tenutasi ai Musei di San Domenico a Forlì, accostato per la prima volta al delizioso bozzetto preparatorio e a un’incisione sul medesimo tema, sempre firmata da Federico Faruffini, quest'ultima concessa in prestito dai Musei civici del Castello visconteo di Pavia.
Il percorso espositivo presenta, inoltre, l'opera incisoria intrapresa dall’artista scapigliato per l'edizione Pagnoni della «Commedia» (1865) e l'albo di firme della tomba di Dante - ms. Classense n. 626 (1863-1897) -, con all’interno un disegno dantesco, recentemente riscoperto, tracciato dall’artista lombardo nella giornata del 27 ottobre 1863, in occasione di un suo, finora sconosciuto, viaggio in Romagna.
Si riannodano così i fili di un antico rapporto tra Ravenna, Dante e i viaggiatori che, lungo il dipanarsi dei secoli e ciascuno con la propria sensibilità, hanno reso omaggio al sepolcro del poeta, considerato da molti «il padre della Patria». Nel pantheon dei visitatori e delle visitatrici illustri dell'età moderna e contemporanea l’artista scapigliato si aggiunge, infatti, a Vittorio Alfieri, Lord Byron, Pio IX, Vittorio Emanuele II, Eleonora Duse, Nazario Sauro, Gino Bartali e molti altri ancora.
Per maggiori informazioni è possibile consultare la pagina www.classense.ra.it/faruffini.

Nelle fotografie: 1. Albo di firme della tomba di Dante, BCRa, ms. 626; 2. 1. La porta della casa degli Alighieri. Reminiscenze di Firenze, 1859, olio su tela (collezione privata)

Progetto Visea, ai Musei capitolini un’applicazione multimediale per scoprire la storia di un affresco

Come è stato realizzato da Tomaso Laureti il ciclo pittorico murale che orna a Roma la Sala dei Capitani nel Palazzo dei Conservatori ai Musei capitolini? Risponde a questa domanda il progetto Visea, un’applicazione multimediale innovativa, nata nell’ambito del bando Por/Fesr 2014-2020 della Regione Lazio «L’impresa fa cultura 2019», che racconta, in lingua italiana e inglese, l’arte del dipingere ad affresco.
Il ciclo pittorico, realizzato tra il 1587 e il 1594, raffigura alcuni dei più celebri episodi della storia di Roma antica tratti dall’opera «Ab Urbe Condita» di Tito Livio, intesi come exempla virtutis del popolo romano.
Dal 15 dicembre i visitatori potranno navigare all’interno delle scene sulle quattro pareti: «Giustizia di Bruto», «Orazio Coclite al ponte Sublicio», «Muzio Scevola davanti a Porsenna» e «Battaglia presso il lago Regillo». Potranno, inoltre, scoprire la sequenza temporale di esecuzione degli affreschi, ripercorrere le giornate di lavoro, cogliere i metodi tecnici usati dall’artista per passare da un disegno su carta all’intonaco, ma anche i suoi procedimenti nel dipingere e i suoi ripensamenti.
Attraverso un’applicazione avanzata su natural user interface, con lo storytelling di tipo multimediale (immagini e testo), i visitatori potranno ricevere anche informazioni sui personaggi principali raffigurati e su come nel tempo la Sala, già nota come Salotto degli imperatori, si sia arricchita di monumenti, statue e iscrizioni.
Alla proposta innovativa dei contenuti, il progetto associa una tecnologia all’avanguardia che tiene conto dell’emergenza epidemiologica da Covid 19. Il progetto Visea è, infatti, installato su un totem che funziona in modalità touch-less, ovvero senza contatto, informazioni con il solo movimento del dito indice.
Per maggiori informazioni è possibile consultare i siti www.museicapitolini.org, www.museiincomune.it e www.visea.it/

A Firenze la mostra immersiva «Inside Dalì» rende omaggio a Dante
Si intitola «Inside Dalì» la nuova mostra digitale e immersiva che Crossmedia Group presenta, fino al prossimo 16 gennaio, a Firenze, negli spazi del complesso di Santo Stefano al Ponte. La Galleria dell’immagine esplora l’universo onirico del maestro catalano, vera e propria icona del Surrealismo, attraverso un’esperienza multisensoriale della durata di circa trentacinque minuti, che anima un’area di oltre quattrocento metri quadrati con la proiezione continua di immagini e suggestioni dell’universo daliniano.
Lo spazio immersivo è preceduto da un’ampia area museale dove il pubblico può accostarsi ad alcune delle produzioni meno conosciute del maestro spagnolo come i dischi, i libri e una campagna pubblicitaria per le ferrovie francesi.
In occasione del settecentenario della nascita di Dante Alighieri, la mostra presenta anche l'intero ciclo di illustrazioni che l’artista catalano dedicò alla «Divina Commedia». Nel 1950 l’Istituto poligrafico dello Stato commissionò a Salvador Dalí un ciclo di illustrazioni per l’opera dantesca. L'artista vi lavorò per quasi nove anni, dando vita a cento acquerelli che, nel 1960, furono esposti al Musée Galliera di Parigi. Purtroppo, l’opera così come era stata inizialmente pensata non vide mai la luce a causa di una polemica sollevata da alcuni settori dell’opinione pubblica italiana contrari al fatto che una simile impresa fosse affidata a un artista straniero. Nel 1962 fu l’editore fiorentino Mario Salani a riproporre l’idea, progettando in sinergia con la casa editrice Arti e Scienza di Roma, un'edizione della «Commedia» in sei libri, due per ogni cantica, corredati dalle tavole di Dalí e con la supervisione scientifica di Giovanni Nencioni.
La «Commedia» di Dalì racchiude le principali espressioni del metodo pittorico paranoico-critico. Gli orologi molli, i cassetti che si aprono in ogni parte del corpo, le immagini mostruose e oniriche che hanno reso il maestro catalano famoso in tutto il mondo rivivono, infatti, nella rilettura daliniana delle tre cantiche dantesche.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.insidedali.it

Nella foto: Salvador Dalí, Divina Commedia, Paradiso, tav. VII, Dante dubbioso, fotoincisione a rilievo su legno, 1963, Firenze, Archivio Crossmedia Group 

«Passi», un’installazione di Alfredo Pirri per il Castello Maniace di Siracusa
Le hanno fatto da scenario edifici storici come la Certosa di Padula e l’Abbazia di Novalesa, spazi culturali quali il Centro arti visive Pescheria di Pesaro e la Cinemateca jugoslava di Belgrado, ma anche il Foro di Cesare a Roma, il Museo Novecento di Firenze, l’ex Centrale termoelettrica di Daste e Spalenga a Bergamo e l’ex bunker antiatomico voluto da Tito a Konjic, in Bosnia. L’installazione «Passi», avviata nel 2003 da Alfredo Pirri (Cosenza, 1957), sarà visibile fino al 31 dicembre a Siracusa, negli spazi del Castello Maniace, edificio costruito per volontà di Federico II fra il 1232 e il 1240, restituito alla città nel 2018 dopo un importante intervento di restauro.
Ottocento metri quadrati ricoperti di specchi calpestabili ridisegnano la Sala Ipostila, la ci architettura normanna, con le sue volte a crociera e le colonne in pietra, viene moltiplicata a dismisura. Il pubblico, inconsapevole protagonista di una performance collettiva, cammina sugli specchi frantumandoli, senza però romperli, e producendo immagini sempre nuove.
Sul pavimento in frantumi «galleggiano», come testimonianze emerse dagli abissi, alcuni reperti provenienti dal Museo archeologico «Paolo Orsi» di Siracusa, in dialogo con leggerissime sfere colorate realizzate dall’artista: «sono – si legge nella nota stampa - pesanti «proiettili» in pietra di antiche catapulte, divenuti qui oggetti misteriosi, metafisici, dal forte valore simbolico e formale».
In una seconda sala, dedicata all’aspetto grafico e progettuale del lavoro, sono esposti dei frammenti di capitelli ritrovati in loco, memorie storico-architettoniche accostate ad altre opere di Pirri: due nuovi disegni e una maquette di specchi dedicati al Maniace, insieme a una serie di acquerelli recenti.
Il Castello, macchina scenica luminosa e insieme macchina da guerra, mette così insieme – si legge ancora nella nota stampa - «la potenza dell’arte e del paesaggio con l’epica della morte e del potere propria del suo passato di fortezza militare e dimora reale».
Per maggiori informazioni e per l’acquisto dei biglietti è possibile consultare la pagina https://aditusculture.com/biglietti/sicilia/siracusa/castello-maniace-siracusa#

Nelle fotografie: Alfredo Pirri, Passi – Castello Maniace, 2021. SaIa Ipostila, installation view. Ph. Iole Carollo. Courtesy Regione Siciliana/Aditus

«Umano fervore», a Ravenna una mostra su Tina Modotti
Bella, audace, libera, determinata e con una biografia dai passaggi romanzeschi, che la vide essere attrice di cinema muto con Rodolfo Valentino e amante del rivoluzionario cubano Julio Antonio Mella. Tina Modotti (Udine, 17 agosto 1896 – Città del Messico, 5 gennaio 1942) è un'altra di quelle tante intellettuali del Novecento, da Tamara de Lempicka a Peggy Guggenheim, attorno alla cui figura si è creato un alone di leggenda. Alla sua produzione artistica è dedicata la nuova mostra del progetto «Camera Work», con cui il Comune di Ravenna indaga la fotografia contemporanea tra giovane sperimentazione e racconto storicizzato.
«Umano fervore», questo il titolo dell’esposizione, porta negli spazi di Palazzo Rasponi un nucleo di circa cinquanta opere che documentano il percorso, breve ma intenso, della fotografa friulana. Si parte dalle celebri «Calle» (1924) e dalla produzione nata dal sodalizio con Edward Weston per arrivare all’ epos degli umili, attraversando le immagini raccolte nel Messico dolente e meraviglioso degli uomini, delle donne e dei bambini di Tehuantepec.
L'allestimento include anche documenti biografici, testimonianze, scritti autografi e riflessioni che restituiscono il profilo di un’artista totale, dal talento inconfondibile e dalla profonda puntualità di sguardo, animata dall’urgenza esistenziale di cambiare il mondo. Tina Modotti è stata, infatti, dentro la storia. Ha voluto essere protagonista dei momenti più drammatici del nostro passato: la Rivoluzione messicana, la Guerra di Spagna, la Russia di Stalin, l’Europa sulla quale si proiettava la lunga ombra nera della Seconda guerra mondiale. Ce li ha raccontati senza sovrastrutture e compiacimenti estetici, con un’urgenza etica e uno stile scevro da declinazioni romanzesche, che dovrebbero essere sempre propria di chi racconta i fatti mentre accadono.
La mostra, a cura di Silvia Camporesi, rimarrà aperta fino al 20 febbraio. L’opening, in programma nel pomeriggio del 17 dicembre (alle ore 17:30), sarà accompagnato dal reading dell’attrice Elena Bucci, che introdurrà alla visione delle opere attraverso una selezione di scritti di e su Tina Modotti. Mentre sabato 18 dicembre, alle ore 17, è in programma una lectio magistralis della curatrice della rassegna, con la partecipazione di Marì Domini. Il 5 gennaio, sempre alle ore 17, ci sarà, invece, un incontro con il professor Claudio Natoli in occasione dell’annullo filatelico emesso per la ricorrenza dei settanta anni dalla morte dell’artista.
Per maggiori informazioni è possibile consultare la pagina https://www.comune.ra.it/events/tina-modotti-lumano-fervore-mostra-fotografica/.

Didascalie delle immagini: 1.Donna con bandiera, Messico, 1928; 2. Calle, Messico, 1924

Ancona, al museo tattile «Omero» inaugura la Collezione design

Dalla Moka Bialetti alla radio Cubo della Brionvega, dalla sedia Ghost della Kartell alla macchina da scrivere Valentine della Olivetti, dai 16 animali di Danese alla Vespa Piaggio: sono tanti gli oggetti iconici, protagonisti del nostro quotidiano dagli anni Sessanta a oggi, che animano il nuovo progetto del Museo tattile statale «Omero» di Ancona.
Sabato 18 dicembre negli spazi della Mole Antonelliana, all’ingresso Mandracchio, inaugura la Collezione di design, con trentadue creazioni che hanno vinto il Compasso d’oro o che sono state selezionate per il premio, esposte in un percorso che le classifica attraverso cinque parole chiave: viaggiare, abitare, cucinare, lavorare, giocare.
La filosofia che sottende alla nuova creazione, che accoglie il pubblico con una grande opera scultorea in terracotta di Paolo Annibali dal titolo «Frontone», è la medesima che anima il Museo Omero: i pezzi esposti possono essere toccati, ascoltati, manipolati, sperimentati con tutti i sensi.
L’allestimento, che sfrutta un lungo bancone per gli oggetti più piccoli e isole espositive per quelli di maggiori dimensioni, nasce con l’intento di mostrarne il viaggio dai negozi alle nostre case: la scatola, la confezione diviene così un elemento scenografico e narrativo.
A completare il racconto degli oggetti e dei loro creatori ci sono le sonorità del sound designer Paolo Ferrario e le parole di Chiara Alessi. Per i non vedenti c’è anche un’audio-guida progettata da CPU I-Teach.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito https://www.museoomero.it/.

«Abolite gli Armadi, gli Amanti non esistono piú!», Maurizio Costanzo torna a teatro con una nuova commedia
«Nel 1973, o giù di lì, insieme a Marcello Marchesi, per la regìa di Garinei e Giovannini, scrissi «Cielo Mio marito!», l’antica storia del tradimento. A distanza di 47 anni ho cercato di fotografare la situazione attuale. Mi sono reso conto che gli armadi a muro non servono più perché apparentemente gli amanti sono finiti. Ma poi, ho anche pensato che ci sono dei nuovi armadi a muro: i cellulari». Con questa dichiarazione di intenti Maurizio Costanzo torna a teatro, a dieci anni dalla sua ultima opera per il palcoscenico, con la commedia inedita «Abolite gli Armadi, gli Amanti non esistono più!», in scena all’Off/Off Theatre di Roma da martedì 21 dicembre a giovedì 6 gennaio.
Sul palco, sotto la regia di Pino Strabioli, saliranno Sveva Tedeschi, Veronica Rega, Luca Ferrini, Alberto Melone e David Nenci. Il disegno luci è di Umberto Fiori; le realizzazioni video di Silvia De Benedettis.
Con questo nuovo testo, leggero e scanzonato, Maurizio Costanzo racconta il tradimento via etere tra chat, siti on-line dedicati e WhatsApp. «Oggi – ci spiega la nuova commedia del giornalista romano - l'armadio ce lo portiamo in tasca» ed è il cellulare, dove «nascondiamo il meglio o il peggio della nostra intimità», senza il rischio che il partner venga a scoprirlo piombando nella stanza all'improvviso. L’eterno triangolo marito-moglie-amante, dunque, non si estingue, ma si rinnova.
«Abolite gli Armadi, gli Amanti non esistono più!» è, a detta del regista Pino Strabioli, «una conferenza, un convegno, una prolusione sull'adulterio di ieri e di oggi. […] una giostra teatrale su una delle istituzioni del mondo occidentale: le corna!».
Il copione è «stracolmo di situazioni e parole, riferimenti e allusioni. Dall'intramontabile grido «Cielo mio marito» alle tentazioni virtuali, il testo racconta, dunque, la coppia, quella ufficiale e quella segreta, con una vena di ironia, lasciando il sorriso sulle labbra.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito: http://off-offtheatre.com/.

Fotografie di Silvia Enriotti

A Milano le immagini vincitrici del Wildlife Photographer of the Year 2020
È lo scatto di una tigre siberiana, specie in via d’estinzione, che abbraccia un antico abete della Manciuria per marcare il territorio l’immagine che ha vinto la cinquantaseiesima edizione del «Wildlife Photographer of the Year», concorso di fotografia indetto dal Natural History Museum di Londra, nel quale sono stati visionati 45.000 scatti provenienti da 95 Paesi, realizzati da fotografi professionisti e dilettanti.
Questa immagine intitolata «The Embrace» e firmata da Sergey Gorshkov, è in mostra fino al fino al 31 dicembre a Milano, negli spazi di Palazzo Francesco Turati (ex spazio Forma), per iniziativa dell’associazione culturale Radicediunopercento, insieme a un altro centinaio di scatti. Tra questi c’è «The Fox That Got the Goose» della giovane finlandese Liina Heikkinen, vincitrice del «Young Wildlife Photographer of the Year 2020», che ha immortalato, in una delle isole di Helsinki, una volpe rossa che difende ferocemente i resti di un’oca dai suoi cinque fratelli rivali.
Tra i protagonisti dell’esposizione, per la quale sono state ideate delle visite guidate su Zoom (il venerdì, dalle ore 20:30, al costo di 7,00 euro), ci sono anche il giovane Alberto Fantoni, vincitore del «Rising Star Portfolio Award» con immagini che documentano la vita degli uccelli nel Mediterraneo, e altri sei italiani, ovvero Luciano Gaudenzio, Domenico Tripodi, Alessandro Gruzza, Andrea Pozzi, Andrea Zampatti e Lorenzo Shoubridge.
Il percorso espositivo illustra, nello specifico, tutte le immagini vincitrici e finaliste divise in categorie: anfibi e rettili, uccelli, Invertebrati, mammiferi, animali nel loro ambiente, piante e funghi, ambienti della terra, mondo subacqueo, natura urbana, ritratti animali, bianco e nero, visioni creative e giovani (fotografi fino a 10 anni, da 11 a 14 anni e da 15 a 17 anni).
Le visite guidate su Zoom sono introdotte dal video «People's Choice Award» con le venticinque foto premiate dalla giuria popolare e da un intervento di Paolo Russ che spiega il valore del Wildlife Photographer of the Year nell’ambito delle strategie del Natural History Museum di Londra. Per i visitatori on-line è disponibile anche un contenuto multimediale legato alla foto di Sergey Gorshkov. 
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito internet: www.radicediunopercento.it.

Nelle fotografie:  1. © Sergey Gorshkov, Wildlife Photographer of the Year 2020; 2. © Songda Cai, Wildlife Photographer of the Year 2020

«Corpi sul palco», arte e teatro si incontrano a Milano
L’arte sale sul palco. Venerdì 17 e sabato 18 dicembre al teatro Linguaggicreativi di Milano va in scena «Corpi sul palco», rassegna di performance curata da Andrea Contin con artisti visivi di livello internazionale, emergenti ed esordienti che usciranno dai contesti espositivi abituali per esibirsi nel campo della rappresentazione.
La prima serata saranno protagonisti Superteste con «Alfredino», Chiara Gambirasio con «When I was a fish», Marcella Vanzo con «Versi», Manuel Esposito e Aronne Pleuteri con «Freddo è l’oracolo», Lorenzo Ambiveri con «Cerimonia per l'abdicazione di Apollo» e Goldschmied & Chiari con «If I die I’m a legend». Mentre sabato 18 dicembre si succederanno sul palco Nicola Di Caprio con «Il bambino cosmico che risiede in me sorride beffardo», Sergio Racanati con «To futureless memory/possibilità di un memoriale», Matteo Coluccia con «Evidenze meteorologiche», Luigi Presicce con «La straordinaria caccia del capitone» e Teresa Antignani con «Terra ca nun senti».
Anche questa volta gli artisti invitati appartengono a generazioni diverse e hanno modi espressivi eterogenei, così che le serate di «Corpi sul palco» possano offrire una visione il più sintomatica possibile del mondo della performance nelle arti visive, all’interno di un contesto diverso, ma proprio per questo estremamente stimolante e denso di valenze simboliche e psicologiche.
Per maggiori informazioni, anche sui biglietti e sulle modalità di accesso, è possibile consultare la pagina www.corpisulpalco.com.

Nella foto: Chiara Gambirasio, still da Oggetto, complemento, via (Volo, Corsa, Nuoto), 2021

«Atelier des enfants», a Venezia tre giorni con la compagnia di circo contemporaneo Quattrox4
A Venezia c’è un luogo in cui i più piccoli possono apprendere il linguaggio dell’arte contemporanea direttamente dagli artisti. È Palazzo Grassi, dove da giovedì 16 a sabato 18 dicembre è in agenda un nuovo appuntamento di «Atelier des Enfants», il nuovo ciclo di incontri per bambine e bambini dai 6 agli 11 anni in compagnia di ospiti d’eccezione. Protagonista della tre giorni è la compagnia Quattrox4, nata a Milano nel 2011, che promuove la cultura del circo contemporaneo come linguaggio artistico ponendola in dialogo con altri linguaggi della sfera performativa.
Il laboratorio si ripeterà per tre sessioni: giovedì 16 e venerdì 17, dalle ore 16:30 alle ore 18, e sabato 18 dicembre, dalle ore 10:30 alle ore 12. A conclusione della residenza gli artisti Piergiorgio Milano, Pietro Selva Bonino, Clara Storti si esibiranno in uno spettacolo gratuito aperto a tutto il pubblico in scena nell’atrio di Palazzo Grassi (sabato 18 dicembre, alle ore 17).
Le attività presentate da Quattrox4 saranno liberamente ispirate al «contrapposto» - figura retorica della composizione scultorea classica al centro della mostra in corso a Punta della Dogana «Bruce Nauman: Contrapposto Studies» – declinato in una riflessione tra equilibrio, imitazione, fragilità e resistenza.
I bambini potranno sperimentare con il proprio corpo una nuova espressività, lavorando sul potenziamento delle proprie capacità motorie e sulla relazione con l’altro. Queste pratiche trovano origine nella cultura del circo contemporaneo, nato in Francia negli anni Settanta del Novecento da una commistione di generi: teatro, danza contemporanea e discipline circensi.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.palazzograssi.it

«Geronimo Stilton. Brescia Musei Adventures»: con una app-game alla scoperta della Pinacoteca Tosio Martinengo e del complesso di Santa Giulia
Il topo giornalista più amato dai bambini di tutto il mondo arriva ai musei di Brescia con un’anteprima mondiale. Geronimo Stilton è protagonista di una innovativa app-game dedicata ai bambini dai 6 anni in su che coinvolge quattro sedi museali della città: il Museo di Santa Giulia, la Pinacoteca Tosio Martinengo, Brixia. Parco archeologico di Brescia romana e il Museo «Luigi Marzoli».
Per l’occasione sono stati ideati tre percorsi unici e originali, redatti in collaborazione tra i Servizi educativi della Fondazione Brescia Musei e Atlantyca Entertainment, sperimentabili con smartphone o tablet (anche noleggiabile nelle varie sedi museali) e resi ancora più coinvolgenti dall’utilizzo della realtà aumentata. Alcuni pezzi del museo sono, infatti, trasformati in immagini 3D da osservare, rigirare e ingrandire per carpirne fino al più piccolo dettaglio. La app è disponibile gratuitamente su AppStore e PlayStore, offrendo anche una versione in lingua inglese e strumenti per la scuola.
Per Santa Giulia è stata ideata la visita «Geronimo Stilton alla ricerca del medaglione perduto». Per aiutare il direttore dell’«Eco del roditore» a trovare un prezioso reperto conservato nel museo, i bambini dovranno recuperare diversi oggetti sparsi lungo il percorso espositivo, rispondendo a domande e indovinelli. Al termine della visita, il topo nato da un’idea di Elisabetta Dami inviterà i più piccoli a spostarsi nel Parco archeologico per concludere l’esperienza davanti alla meravigliosa Vittoria Alata.
In «Geronimo Stilton, un’avventura a colpi di pennello» protagonista è, invece, la Pinacoteca Tosio Martinengo. Con l’espediente di ridisegnare un quadro conservato nell’ufficio del topo-giornalista, i bambini si muoveranno tra le sale del museo e ammireranno i preziosi dipinti lì custoditi: da «San Giorgio e il drago» alla «Cena in Emmaus», dalla «Pala Rovelli» del Moretto ai «Pitocchi» di Giacomo Ceruti, passando per il «Ritratto di gentiluomo» di Moroni e straordinarie sculture come «La notte» di Thorvaldsen e il «Laocoonte» di Ferrari.
In «Geronimo Stilton una giornata da cavaliere», infine, i più piccoli faranno un tuffo nel mondo medievale e, attraversando le sale del Museo «Luigi Marzoli», scopriranno quali erano le parti che componevano un’armatura e come era decorata, quali erano le prove che un giovane doveva superare per diventare cavaliere e tantissime altre curiosità.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.bresciamusei.com.
 
«In Dante Veritas. Sins Artguide»: un art book digitale di Vasily Klyukin per il settecentenario dell’Alighieri
È un viaggio immaginario attraverso l’«Inferno» dantesco quello che propone l’artista e scultore russo Vasily Klyukin con il suo «In Dante Veritas. Sins Artguide», un progetto che è insieme un e-book con uno speciale video e un’audioguida disponibile in undici lingue. La piattaforma digitale, ideata durante i mesi del primo lockdown in occasione dei settecento anni dalla morte del Sommo poeta, comprende opere di artisti classici e contemporanei che hanno riflettuto sul tema dei vizi, raccolte in capitoli tematici.
L’art book è completato da foto e video tratti dalla mostra «In Dante Veritas», presentata dall’artista nel 2019 al Museo di stato di San Pietroburgo e a Venezia, nei giorni dell’ultima Biennale d’arte. Il libro, disponibile al link https://book.vklyukin.com, consta di ventisette capitoli e ha un tempo di visualizzazione totale di venticinque minuti.
Sfogliando le pagine, i lettori entrano in uno spettacolo immersivo privato, che è anche – nelle intenzioni dello stesso artista - «un viaggio personale di introspezione», durante il quale si ha la possibilità di trovarsi faccia a faccia con tutti i vizi umani e di incontrare «i moderni Cavalieri dell'Apocalisse»: la sovrappopolazione, la disinformazione, lo sterminio, l’inquinamento. L’eterna dicotomia tra bene e male viene raccontata attraverso opere di Leonardo, Pablo Picasso, Vincent Van Gogh, Rodin, David, Koons e molti altri ancora.
 
«Chatta col David», un nuovo progetto della Galleria dell’Accademia di Firenze

Il David entra nel terzo millennio e «chatta» con i suoi ammiratori. Dal 15 dicembre, attraverso il sito web della Galleria dell’Accademia di Firenze, sarà possibile interagire con la celebre scultura di Michelangelo e scoprire, battuta dopo battuta, informazioni di tipo storico, artistico, religioso ma anche con aneddoti e curiosità.
A rendere possibile questa esperienza è un chatbot - un software automatizzato in grado di interagire con gli utenti in forma di chat - sviluppato a partire da un'idea di Cecilie Hollberg, direttore del museo toscano, ricorrendo agli strumenti sviluppati da Querlo, società di New York specializzata nella produzione di applicazioni tecnologiche tramite l'intelligenza artificiale.
Alla produzione dei contenuti ha, invece, collaborato l'Accademia di Belle Arti di Firenze. Gli studenti del corso di «Didattica per i musei», sotto la guida della professoressa Federica Chezzi, hanno elaborato le prime domande, un centinaio in tutto, al quale il David dà risposta. «Perché sei considerato un simbolo? Cosa hai provato a sconfiggere Golia? Ti piace la musica? Che tipo era Michelangelo? Ti piace Firenze? Che lingua parli? Perché sei nudo?» sono alcuni dei quesiti ai quali la statua, capolavoro della scultura mondiale e ideale di bellezza maschile nell'arte, ma anche nella sua umanità, sa dare risposta.
Quella attualmente pubblicata è la versione Beta; il chatbot è, infatti, stato sviluppato attraverso il sistema del Deep Learning, che prevede un accrescimento progressivo nel corso del tempo della sua capacità di comprensione e risposta, in accordo alle richieste poste dagli utenti.
«L'idea - afferma Cecilie Hollberg, direttore della Galleria dell’Accademia di Firenze - nasce dalla volontà di portare il museo nella modernità e per essere aggiornati bisogna rivolgersi ai giovani. Questa esperienza con l'intelligenza artificiale può essere considerata un primo approccio oltre che un modo giocoso per attirare l'attenzione di chi non è solito avvicinarsi all'arte».
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.galleriaaccademiafirenze.it.

Firenze, a Palazzo Medici Riccardi una mostra su Benozzo Gozzoli e la sua Cappella dei Magi
Fu la dimora di Cosimo il Vecchio e Lorenzo il Magnifico. Ospitò artisti quali Donatello, Michelangelo, Paolo Uccello, Benozzo Gozzoli e Botticelli. È per tutti la casa del Rinascimento. Stiamo parlando di Palazzo Medici Riccardi a Firenze, che per una sera, quella di mercoledì 15 dicembre, ha aperto gratuitamente le porte al pubblico. Dalle ore 17:30 alle ore 19:30, esclusivamente previa prenotazione, è stato possibile visitare il museo e vedere in anteprima la mostra «Benozzo Gozzoli e la Cappella dei Magi», con la guida delle due curatrici, Serena Nocentini e Valentina Zucchi.
In questi giorni, lungo il percorso tradizionale del palazzo, a partire dall’elegante Cortile di Michelozzo per giungere alla splendida Galleria degli Specchi, affrescata da Luca Giordano con l’«Apoteosi dei Medici», i visitatori possono ammirare ammirare anche l’altra mostra attualmente in corso: «Il Fiorentino. Il Gran Diamante di Toscana», dedicata a uno dei più preziosi e rari gioielli dei Medici, oggi perduto, la cui storia viene raccontata attraverso testimonianze documentarie quali disegni, inventari medicei e altri documenti d’archivio.
La nuova esposizione su Benozzo Gozzoli, che rimarrà aperta fino al 10 marzo, è, invece, intimamente legata alla storia del palazzo mediceo, che proprio al suo interno custodisce la meravigliosa Cappella dei Magi, uno dei più alti capolavori dell’artista, affrescata su commissione medicea alla fine degli anni Cinquanta del Quattrocento. L'esposizione racconta i legami del pittore con la famiglia Medici e con la città di Firenze in un suggestivo intreccio fra opere originali e creazioni multimediali.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito http://www.palazzomediciriccardi.it/.

Fotografia di Simone Lampredi 

Freschi di stampa, Electaarchitettura pubblica la monografia «Spazio Lavoro Architettura» sull’Headquarters del gruppo Chiesi a Parma
Innovazione, persone e sostenibilità: sono queste tre parole chiave ad aver guidato Efa studio di architettura nella configurazione dell’edificio direzionale di Chiesi, gruppo farmaceutico internazionale orientato alla ricerca con base a Parma.
Costruito su una superficie di 46.300 metri quadrati, riqualificando un’area industriale dismessa senza alcun consumo di suolo agricolo, il nuovo Headquarters - abitato già dal 2020 e ora, con il graduale ritorno alla normalità, sempre più vivo - ospita circa cinquecentoquaranta persone, tra cui il top management del gruppo, attualmente presente con proprie filiali in trenta Paesi nel mondo.
Va, inoltre, sottolineato che il quartier generale di Chiesi si trova all’interno del più ampio progetto «KilometroVerdeParma», un corridoio alberato lungo l’autostrada A1 nato per riqualificare l’ambiente di uno dei tratti autostradali più trafficati d’Europa, in continuità con lo spirito dell’azienda. A testimonianza di tali scelte, l’Headquarters è il primo edificio nel suo genere ad aver ottenuto la certificazione Leed Platinum (Leadership in Energy and Environmental Design) in Italia ed è tra i primi trentacinque edifici al mondo.
Il progetto sorto prossimità del Centro ricerche, inaugurato nel 2011, è il protagonista della monografia «Spazio Lavoro Architettura» (pp. 144, illustrato, rilegato, ISBN 9788892820548, € 40,00), appena edita da Electaarchitettura in edizione bilingue, italiano e inglese. Il volume, a cura di Emilio Faroldi e Maria Pilar Vettori, contiene otto brevi saggi (gli autori sono Marco Biagi, Stefano Capolongo, Dario Cea, Pietro Chierici, Alberto Chiesi, Alessandro Chiesi, Emilio Faroldi, Giorgia Fochi, Francesca Pesci, Laura Piazza, Maria Pilar Vettori) ed è corredato da un ricco apparato iconografico di disegni tecnici e di foto d’autore a firma di Marco Introini, Pietro Savorelli, Kai-Uwe Schulte-Bunert.
Pagina dopo pagina, si scopre la filosofia che ha animato l’ideazione e la costruzione del nuovo spazio, composto da un padiglione polifunzionale, un auditorium e un ristorante aziendale. Socialità, inclusività e welfare complessivo dei dipendenti sono, infatti, alla base delle scelte progettuali, tese a valorizzare non solo la produttività aziendale, ma anche le relazioni umane secondo un nuovo tipo di fruizione più flessibile, attento anche allo svago extra-lavorativo.
Per ulteriori informazioni: www.chiesi.com.

Foto di Marco Introini