«Il musaico in piccolo è un industrioso e pazientissimo lavoro che ripete la sua origine dall’aver immaginato di filare que’ medesimi smalti di cui si eseguivano i quadri nella basilica di San Pietro». Così nel 1847 lo storico Gaetano Moroni ricostruiva la nascita del mosaico minuto in smalti filati, avvenuta durante la seconda metà del Settecento a Roma, forse per opera di Giacomo Raffaelli (1753-1836), discendente di una famiglia fornitrice di smalti per la Fabbrica di San Pietro, che operò nella sua vita per importanti committenti italiani e stranieri.
Il micro mosaico, riconosciuta come una tecnica artistica tipicamente romana, raggiunse il suo apice negli anni a venire, quando in città operavano decine di botteghe specializzate, la cui produzione era in massima parte destinata ai viaggiatori stranieri del Grand Tour. In questi studi d’arte e negozi di belle arti, per lo più situati tra piazza del Popolo e Piazza di Spagna, operavano numerosissimi artigiani, spesso sotto la guida di maestri affermati come Antonio Aguatti, Clemente Ciuli, Luigi Moglia, Gioacchino e Michelangelo Barberi, Guglielmo Chibel.
Allo sviluppo dell’arte del micromosaico tra Sette e Ottocento è dedicata la mostra «Minute visioni. Micromosaici romani del XVIII e XIX secolo dalla collezione Ars Antiqua Savelli», per la curatela di Maria Grazia Branchetti, Fabio Benedettucci e Marco Pupillo, allestita fino al 31 dicembre al Museo napoleonico di Roma.
L’esposizione allinea un centinaio di oggetti tra quadri, tavoli, tabacchiere, placchette, gioielli e fermacarte, che mostreranno l’evoluzione del mosaico minuto attraverso le tematiche più diffuse: vedute romane, paesaggi del Grand Tour, nature morte e raffigurazioni di animali.
Nei suoi primi anni di esistenza, il micromosaico trovò un naturale spazio nei campi già sperimentati dalla miniatura. Le opere di piccolo formato erano realizzate entro cassine di rame o di pasta vitrea, placchette da montare in gioielli e bottoni, in oggetti quali scatole, cofanetti e tabacchiere, in suppellettili da scrittoio o di arredo come fermacarte, calamai, orologi, vasi. Tra le opere di dimensioni più rilevanti troviamo quadri, fasce decorative per camini, piani di tavolo.
Grande spazio in mostra hanno le vedute dell’Urbe. Roma sacra e Roma profana, strettamente intrecciate nelle manifestazioni visibili della loro storia, rappresentarono la meta per eccellenza del Grand Tour, il viaggio in Italia che accomunò per generazioni l’aristocrazia europea in un’esperienza di studio e di vita. Le grandi campagne di scavo e gli straordinari risultati conseguiti nel corso del Settecento restituirono opere grandiose, e la cultura neoclassica propose un ideale di bellezza che trovò nell’antico il suo modello. Con l’affermarsi del Romanticismo, il fascino per la rovina e il paesaggio aggiunse nuova linfa all’interesse del viaggiatore per la sublime grandezza di antiche vestigia e della realtà che ne conservava le tracce. Contestualmente si sviluppò una vera e propria industria artistica finalizzata alla riproduzione, nelle più diverse tecniche, delle meraviglie dell’arte, del costume e del paesaggio italiano.
Per la prima volta i mosaici saranno presentati in diretta relazione con opere pittoriche e stampe, per lo più provenienti dalle collezioni del Museo di Roma, in un confronto che consentirà al pubblico di cogliere le affinità iconografiche e le identità formali che caratterizzarono la produzione musiva romana e i contemporanei raggiungimenti nel campo delle arti maggiori. Oltre ad evocare riferimenti o inquadrature, è possibile anche riconoscere il prototipo dal quale il mosaico fu tratto, come nel caso dell’acquaforte di Bartolomeo Pinelli raffigurante una coppia di danzatori di saltarello, alla base di una raffinata, minuscola placchetta. Per altre opere, il riferimento è meno diretto, ma ugualmente significativo: con un piccolo quadro in mosaico è messa in relazione una tempera raffigurante piazza San Pietro, datata 1824. Nel foglio, la scena è inquadrata all’interno di una cornice ovale, caratterizzata da tralci d’edera posti ai quattro angoli: il bordo della cornice, realizzato imitando piccole sfere dorate, suggerisce che l’opera possa essere servita da modello per una decorazione in mosaico minuto destinata al coperchio di una scatola o di una tabacchiera.
Tra le opere in mostra si segnalano in piccolo ma raffinatissimo nucleo di micromosaici appartenenti al Museo napoleonico, tra cui due tabacchiere, una parure con placchette in mosaico minuto montate in oro, opera di Antonio Aguatti, un fermacarte in marmo nero del Belgio e una rara serie di pendenti per monili con emblemi della Prima Repubblica Romana.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Antonio Aguatti, Parure con placchette in mosaico minuto; [fig. 2] Allegoria di Roma; [fig. 3] Tavolo con veduta del foro romano; [fig. 4] Scena popolare con stemma di papa Leone XIII
Informazioni utili
«Minute Visioni. Micromosaici romani del XVIII e XIX secolo dalla collezione Ars Antiqua Savelli». Museo napoleonico, piazza di Ponte Umberto I – Roma. Orari: da martedì a domenica, ore 10.00-18.00; 24 e 31 dicembre, ore 10.00-14.00 | la biglietteria chiude un’ora prima. Ingresso gratuito. Informazioni: 060608 (tutti i giorni, dalle ore 9.00 alle ore 21.00). Sito internet: www.museonapoleonico.it. Fino al 31 dicembre 2016.
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