ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

mercoledì 10 aprile 2013

Roma, un viaggio tra giochi e ricordi in compagnia del Teatro della Tosse

E’ la grossa pancia rossa di Ubu, resa con segno grafico da Lele Luzzati, ad accogliere il visitatore negli spazi della Casa dei Teatri di Villa Doria Pamphilj di Roma, dove è allestita fino a domenica 21 aprile la mostra «Viaggio teatrale tra gioco e ricordo», promossa dall’Assessorato alle politiche culturali e centro storico di Roma Capitale, grazie alla preziosa collaborazione di Zètema Progetto Cultura e di Fondazione Luzzati-Teatro della Tosse, oltre che degli archivi fotografici di Giorgio Bergami, Tommaso LePera, Alberto Rizzerio e Beppe Veruggio.
La rassegna, a cura di Danièle Sulewic e di Gianni Masella, si configura con itinerario fantastico e surreale tra personaggi e materiali che hanno fatto la storia del Teatro della Tosse di Genova, realtà fondata nel 1975 da personalità del calibro di Tonino Conte, Emanuele Luzzati, Aldo Trionfo, Rita Cirio, Giannino Galloni e Pietro Favari.
Collage, parole, costumi, arazzi istoriati, oggetti, manichini e foto di scena si rincorrono lungo le pareti e nelle sale per raccontare l’avventura quasi quarantennale di un piccolo e raffinato teatro ligure (la prima sede della compagnia fu una sala di appena cento posti in una stradina genovese detta Salita della Tosse) che, a cominciare dall’allestimento dello spettacolo «Ubu Re» di Alfred Jarry, è stato considerato come una vera e propria «macchina del fantastico» e che ha innovato la scena italiana scommettendo sulla possibilità di coniugare divertimento e approfondimento culturale.
In compagnia di Tonino Conte, regista, scrittore e fondatore del Teatro della Tosse, e di Danièle Sulewic, scenografa, costumista e ceramista, la mostra romana apre il sipario su creazioni fantastiche, ironiche e colorate per spettacoli come «Gargantua» di François Rabelais, l’«Ubu» di Alfred Jarry e l’«Inferno» di Dante Alighieri, ma anche per omaggi ad Aristofane o Shakespeare. Ed è proprio una frase di François Rabelais, uno dei numi tutelari della prima attività del Teatro della Tosse, a tessere il filo rosso della rassegna a Villa Doria Pamphilj (una rassegna, questa, adatta anche ad un pubblico di bambini per quella sua alchemica capacità di stimolare la fantasia e di condurci in un mondo dove tutti appare più magico della realtà). «Meglio è di risa che di pianti scrivere, ché rider soprattutto è cosa umana» è, infatti, la frase scritta a caratteri cubitali sulle pareti del museo, dove il pubblico può sedersi sul prato usato dagli attori di «Gargantua», giocare con uccelli vagamente aristofaneschi o osservare da vicino il cimitero di forme umane rapprese nella sabbia e nella cenere, ideato da Danièle Sulewic per lo spettacolo «Inferno», realizzato dalla Tosse nel 2002.
«Viaggio teatrale tra gioco e ricordo», che sabato 13 aprile prevede anche un convegno promosso con la collaborazione della Accademia nazionale d’arte drammatica «Silvio D’Amico», offre poi l’occasione per farsi avvolgere dalle atmosfere squillanti di Lele Luzzati, del quale vengono presentati alcuni manifesti teatrali, o di vedere una serie di opere di Tonino Conte dedicate al viso della Madonna. Modi differenti, questi, di raccontare l'avventura di un teatro che ha fatto storia e del quale Ugo Volli ha scritto: «Se nel nostro mondo teatrale, così pieno di premi, di concorsi, riconoscimenti, bigllietti aerei e altre futili solennità si assegnasse finalmente un premio al divertimento teatrale, al puro divertimento di fare teatro, cioè al teatro come diversione, deviazione, stravanganza, gioco rispetto al quotidiano... Se un premio così davvero patafisico ci fosse, saprei benissimo a chi assegnarlo: al Teatro della Tosse».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Lele Luzzati, Manifesto per «Gargantua»; [fig. 2]  Danièle Sulewic, «Bon-voyage»; [fig. 3] Danièle Sulewic, «Cabaret»

Informazioni utili
«Viaggio teatrale tra gioco e ricordo». Casa dei Teatri - Villa Doria Pamphilj - Villino Corsini, Largo 3 giugno 1849 (angolo Via S. Pancrazio - ingresso Arco dei Quattro Venti)  - Roma. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-19.00; chiuso il lunedì. Ingresso libero e gratuito. Infoline: tel. 06.0608/06.45460693. Sito web: www.casadeiteatri.culturaroma.it. Fino a domenica 21 aprile 2013.

martedì 9 aprile 2013

«RossoSegnale», un bed & breakfast con art gallery nel cuore di Milano

Una vecchia casa d’inizio Novecento, nel cuore di Milano, trasformata in un luogo interamente dedicato all'ospitalità. Si tratta di «RossoSegnale», un accogliente bed and breakfast di design, nelle vicinanze di corso Buenos Aires, che ha inaugurato la propria attività alla vigilia di Pasqua e che, in occasione del Salone del mobile 2013, presenta la sua prima mostra: una personale del giovane designer iraniano Amir Alizade, intitolata «Storie di (pr)oggetti non comuni».
«BiancoNeve», «Giallo Novecento» e «Rosa Coniglio» sono i nomi delle tre stanze che compongono la piccola struttura ricettiva, interamente arredata con gusto e ricercatezza per offrire agli ospiti sia l’intimità delle mura domestiche sia le comodità di un albergo a quattro stelle. Negli spazi di «RossoSegnale» i turisti potranno, infatti, muoversi come a casa propria e coccolarsi con tanti piccoli vizi, sfogliando le ultime riviste d'arte e design nel salotto del soppalco, concedendosi piacevoli conversazioni con nuove persone, leggendo un libro sprofondati nella vecchia poltrona in fondo al giardino o tenendosi in forma con un personal trainer nella casetta Danese adibita a palestra.
Il bed and breakfast, che prende il nome dal colore del suo ascensore, è, inoltre, dotato di una bella terrazza sul tetto da utilizzare anche come solarium. Nell'area al piano terra, dove un tempo vi era un'autofficina, è, invece, stata ricavata «3001 Lab», piccola galleria, con soppalco, per l'esposizione di opere di giovani artisti emergenti. E la buca del meccanico, lasciata a vista grazie a una copertura in vetro calpestabile, si è trasformata in un’inconsueta vetrina per opere d'arte e di design. Qui si succederanno, nel tempo, anche eventi musicali, reading, aperitivi e molto altro ancora.
Opere site specific sono state e verranno, inoltre, create per questi spazio, dando vita anche a una contaminazione con l'interno del bed and breakfast, con l'area dedicata agli ospiti, sino all'interno delle tre camere. Ne origina una sorta di narrazione continua, e un nuovo modello di fruizione artistica, basato su un’originale declinazione dei concetti di relazione, incontro e ospitalità.
All'interno di ogni stanza, che ricorda ora il fascino misterioso dei viaggi in Orient Express ora la magia nevosa delle fiabe nordiche, sono sparpagliati oggetti trovati, recuperati, ereditati, re-inventati, mischiati, con armonia e semplicità, a pezzi di design e a qualche opera d'arte.
Chi fosse curioso di scoprire questa nuova isola di charme nel cuore di Milano può approfittare della Design week, una settimana durante la quale il giovane designer iraniano Amir Alizade presenterà una serie di oggetti legati all’ospitalità e ai suoi piccoli riti quotidiani, come le «City Symbols», tazzine da caffè con i monumenti più rappresentativi delle città italiane, o le «Coffee Hanger», tazze in ceramica con il manico in acciaio a forma di gancio che fluttuano nell'aria, insieme a vecchi appendiabiti. La prossima mostra temporanea, in programma dal 23 aprile al 19 maggio, avrà, invece, per protagonista il giovane Federico Guerri con un’indagine artistica sullo spazio abitato.

 Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Un particolare della stanza «Giallo Novecento» al «RossoSegnale» di Milano. Foto: Alessandra Ianniello; [fig. 2] Un particolare della stanza «BiancoNeve» al «RossoSegnale» di Milano. Foto: Alessandra Ianniello; [fig. 3] Un particolare della stanza «Rosa Coniglio» al «RossoSegnale» di Milano. Foto: Alessandra Ianniello

Informazioni utili 
Amir Alizade. «Storie di (pr)oggetti non comuni». Un evento Fuori Salone per la Design Week. RossoSegnale - 3001 LAB, via Sacchini ,18 - Milano. Orari per il pubblico: da martedì a sabato, ore 18.00-21.00; domenica, oere 14.30 - 18.30. Informazioni: 3001lab@rossosegnale.it o tel.02.29527453. Sito internet del B & B e della 3001 LAB: www.rossosegnale.it. Da martedì 9 a domenica 14 aprile 2013.

lunedì 8 aprile 2013

«Metri d’arte», quando il tessuto è d’artista. Stoffe firmate da Cecchini e Simeti per il gruppo Miroglio

«Metri d’Arte» scrive un nuovo capitolo della sua storia. Dopo aver coinvolto Stefano Arienti, Massimo Caccia e Maggie Cardelús, le cui opere sono state esposte lo scorso anno a Parigi, il gruppo Miroglio ha chiamato a collaborare alla realizzazione della sua raccolta di tessuti d’arte Loris Cecchini (Milano, 1969) e Francesco Simeti (Palermo, 1968). Il risultato di questo loro lavoro, teso ad analizzare il rapporto tra natura e tecnologia, è attualmente in mostra in Cina, alla galleria Continua Beijing di Pechino, nata nel 2005 da un'idea di Mario Cristiani, Lorenzo Fiaschi e Maurizio Rigillo, già fondatori dell'omonima galleria di San Gimignano, e oggi uno dei luoghi simbolo del distretto 798.
Due installazioni, esposte in sale attigue, raccontano i workshop che hanno visto i due artisti italiani collaborare con i designer della Miroglio Textile alla realizzazione della collezione primavera-estate 2014, seconda edizione di un progetto, a cura di Trivioquadrivio, che intende far dialogare il meglio dell’arte internazionale con il mondo della produzione industriale. «L’iniziativa – ha, infatti, raccontato Elena Miroglio, executive vice president e responsabile strategie del gruppo, nato ad Alba nel 1947 e oggi presente in trentasei Paesi del mondo- è un vero e proprio incubatore sperimentale, uno spazio che Miroglio Textile ha voluto dedicare alla ricerca e alla sperimentazione, ispirandosi a una creatività nuova nella quale i tessuti possano incorporare un contenuto, una storia da raccontare e valorizzare allo stesso tempo il processo creativo. L'obiettivo è di portare nel business del tessile una forte innovazione creativa legata al modo di concepire e produrre un tessuto, per uscire dai canoni tradizionali della moda e offrire un Made in Italy di grande originalità e qualità».
Pensati e ideati come vere e proprie opere d'arte partecipata, i tessuti della prossima collezione sono stati realizzati a partire dai disegni originali dei due artisti e sono stati, poi, rielaborati dall’Ufficio Stile Miroglio in numerose varianti di soggetti e colori.
Nell’approccio materico di Loris Cecchini, polveri di pigmenti, macchie di colore e fogli di alluminio stropicciato diventano metri di tessuto ad alto contenuto di innovazione e sperimentazione; in quello di Francesco Simeti, mondi onirici fatti di piante, fiori, animali, piume e altri elementi visibili solo agli occhi più attenti si materializzano sulla stoffa mostrando una natura poetica e selvaggia al tempo stesso, quasi fossero interpreti animati di un grande wallpaper vivente.
Loris Cecchini ha creato per i suoi tessuti una vera e propria «foresta industriale», composta da duecento cilindri metallici, simbolo del passaggio alle nuove tecnologie di produzione e del contrasto fra tradizione industriale ed evoluzione tecnologica. Francesco Simeti fa, invece, entrare i visitatori in un mondo surreale animato da installazioni composte da stendardi di seta su bambù, che muovono nello spazio gli elementi naturali e i paesaggi apparentemente rassicuranti disegnati dall’artista. Si scrive così un nuovo capitolo di E.volution, piattaforma che unisce l'utilizzo di tecnologie di stampa digitale di ultima generazione (l'azienda ha acquistato un macchinario per la stampa digitale in grado di produrre fino a 3mila metri di tessuto in un'ora) a un atteggiamento ecosostenibile. Un modo intelligente di fare impresa, di coniugare la creatività con il meglio del made in Italy.

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Installazione di Francesco Simeti per Miroglio Textile alla galleria Continua Beijing di Pechino; [fig. 2] Installazione di Loris Cecchini per Miroglio Textile alla galleria Continua Beijing di Pechino; [figg. 3 e 4] Tessuto disegnato da Loris Cecchini per Miroglio Textile, collezione primavera estate 2014;[fig. 5] Tessuto disegnato da Francesco Simeti per Miroglio Textile, collezione primavera estate 2014

Informazioni utili
«Metri d’arte», seconda edizione. Istallazioni e tessuti d’artista realizzati da Loris Cecchini e Francesco Simeti. Galleria Continua Beijing. Dashanzi Art District 798 #8503, 2 Jiuxianqiao Road, Chaoyang Dst.
100015 Beijing – Cina. Orar: martedì-domenica, ore 11.00-18.00; chiuso il lunedì. Ingresso libero. Informazioni: tel. 0086.10.59789505. Sito web: www.mirogliotextile.com/metridarte. Fino al 30 giugno 2013.

martedì 26 marzo 2013

Dall’infinito alla natura, quattro nuovi percorsi tematici alla Gam di Torino

La Gam - Galleria civica d’arte moderna e contemporanea di Torino festeggia i centocinquanta anni di attività con un nuovo percorso espositivo. A partire da venerdì 29 marzo, quattro nuovi temi faranno da filo conduttore alle opere raccolte nei quattro corridoi del primo e secondo piano del museo di via Magenta, presentando alcuni capolavori già esposti e nuove opere dalle collezioni, in parte frutto di recenti acquisizioni.
Infinito, velocità, natura ed etica sono i quattro percorsi scelti da Federico Vercellone, Massimiliano Fuksas, John Elkann e Luciana Castellina per questo terzo appuntamento di un percorso iniziato nell’ottobre del 2009, quando la Gam ha rinnovato completamente l’allestimento delle proprie collezioni permanenti, abbandonando il criterio cronologico e ordinando le opere esposte in ordine tematico attraverso le riletture di docenti e intellettuali chiamati a proporre un argomento legato alla propria materia di ricerca, diversa dalla storia dell’arte. Genere, veduta, infanzia, specularità, anima, informazione, malinconia e linguaggio sono gli otto temi fino ad oggi proposti.
Ad aprire il nuovo percorso espositivo sarà la scelta di Federico Vercellone, professore di Estetica presso l’Università degli Studi di Torino, che ha focalizzato la propria attenzione sul tema dell’infinito, ma anche su categorie quali caos, divenire, illimitato. Nell’immaginario romantico dei paesaggi la relazione finito-infinito richiama alla mente il genere del sublime, con scenari maestosi, come lo sfondo del quadro «Lo specchio della vita» di Pellizza da Volpedo, o carichi di drammaticità, come ad esempio «Il diradarsi di un temporale» di Giuseppe Camino. Il concetto di infinito è anche sinonimo di assoluto; ecco così un omaggio al blu di Yves Klein e al bianco di Piero Manzoni, ma anche ai tagli e i buchi di Lucio Fontana, che portano l’immaginazione verso qualcosa di altro, intangibile e indefinibile, che sta oltre la tela. Non manca, infine, una riflessione sul concetto di rispecchiamento, che moltiplica l’immagine e la fa tendere all’infinito, come documentano le celebri superfici specchianti di Michelangelo Pistoletto.
John Elkann, presidente della Fiat, riflette, invece, sul concetto di velocità. Il prologo è dedicato alla pittura ottocentesca con le pennellate scapigliate e veloci delle opere «Benedetto Junck» e «L’edera» di Tranquillo Cremona, per proseguire con la pittura di segno di Hans Hartung e Karel Appel. Passando attraverso lavori di Andy Warhol e Marc Andrè Robinson, presente in mostra con una grande ruota di sedie, si raggiunge la sala dedicata al ritmo, con la ripetizione dei segni astratti di Giuseppe Capogrossi e di Carla Accardi. Il Futurismo, che fece della velocità la base del proprio manifesto, è rappresentato dalle «Compenetrazioni iridescenti» di Giacomo Balla e dallo «Studio per La città che sale» di Umberto Boccioni; conclude il percorso il simbolo principe della velocità: l’automobile, qui ben delineata dalla monumentale «Rajo Jack» di Salvatore Scarpitta. Mentre il celebre architetto Massimiliano Fuksas ha focalizzato la propria attenzione sul tema dell’etica. Il suo percorso principia con una serie di opere ottocentesche sul male e sul bene, come «Dopo il duello» di Antonio Mancini, «La cella delle pazze» di Giacomo Grosso e la «Deposizione di Papa Silverio» di Cesare Maccari. Si trova, quindi, una riflessione sull’etica legata all’architettura e all’ambiente, con opere di Angelo Morbelli, Mario Sironi, Marco Tirelli, e con le sculture in cemento armato grezzo misto a ferro di Giuseppe Uncini. Un respiro di ottimismo offre più avanti Nicola de Maria che con il suo «Regno dei fiori musicale, Universo senza bombe» inonda il percorso di colore e musica, per poi smorzarsi più avanti con le inquietanti installazioni di Christian Boltanski. Si prosegue, quindi, con i capolavori di Amedeo Modigliani e Antonio Canova, accanto a una recente acquisizione di Marina Abramović. Si attraversano, poi, stanze nelle quali sono esposte opere che fanno riferimento all’etica della storia, firmate da Marino Marini e Luigi Mainolfi, fino a giungere alla sala dedicata alle opere di Felice Casorati. La scelta di Fuksas si conclude con una riflessione sull’etica religiosa, rappresentata da «La religione» di Innocenzo Spinazzi, l’«Apocalisse» di Scipione e «Schüttbild» di Hermann Nitsch.
Il percorso termina con il tema della natura proposto dalla scrittrice e giornalista Luciana Castellina. Il prologo ottocentesco è interamente dedicato ad Antonio Fontanesi, tra atmosfere agresti in cui il tempo sembra sospeso e scandito dal solo ritmo della vegetazione e della luce. Vi è, quindi, una sezione che indaga la rappresentazione degli elementi naturali essenziali (aria, acqua, terra e fuoco) attraverso l’«Elogio del fuoco» di Eduardo Chillida, la fiamma-fiore di José Maria Sicilia, le nature morte di Filippo de Pisis e Mario Mafai, le ricerche con materiali organici e naturali di Alberto Burri e Medardo Rosso.
Non manca in mostra un omaggio all’Arte Povera e alla sua riflessione sui processi di trasformazione della natura, attraverso opere come «Albero di 5 metri» di Giuseppe Penone e «Stella in bronzo con acidi e pergamena» di Gilberto Zorio. La natura meccanica o artificiale si fa predominante nell’arte di Fortunato Depero, Alberto Savinio e Fernand Leger, la cui poetica è accostata a opere più recenti, come le sculture in poliuretano di Piero Gilardi e «Doppelpilzvitrine» (vetrina con funghi doppi) di Carsten Höller. Dopo un passaggio in cui troviamo il ritorno alle origini primordiali della natura come divinità femminile rappresentata dall’imponente scultura di Arturo Martini, insieme alle raffigurazioni in stile informale dei paesaggi di Renato Birolli e Ennio Morlotti, il percorso si conclude con la dimensione al contempo fisica e metafisica della «Natura morta con salame» di Giorgio De Chirico a confronto con lo scenario barocco delle quattro tavole imbandite di Sissi.

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Amadeo Modigliani, «La ragazza rossa (Testa di donna dai capelli rossi)», 1915. Torino, Gam (Dono del Comitato Torino '61, Torino, 1962); [fig. 2] Giuseppe Pellizza da Volpedo, «Lo specchio della vita (E ciò che l'una fa e l'altre fanno)», 1898. Torino, Gam; [fig. 3] Tranquillo Cremona, «Benedetto Junck», 1874 circa. Torino, Gam (Legato di Benedetto Junck, Torino, 1920);[fig. 4] Tranquillo Cremona, «L'edera», 1878. Torino, Gam (Legato di Benedetto Junck, Torino, 1920); [fig. 5] Mario Merz, «Che fare?», 1968. Torino, Gam 

Informazioni utili
Infinito, Velocità, Natura ed Etica: nuovi percorsi delle collezioni Gam.  GAM - Galleria civica d’arte moderna e contemporanea di Torino, via Magenta, 31 – Torino. Orari: martedì – domenica, ore 10.00-18.00, chiuso lunedì (la biglietteria chiude un’ora prima).   Ingressi: intero € 7,50,  ridotto € 6,00, gratuito ragazzi fino ai 18 anni. Informazioni per il pubblico: tel. 011.4429518 . Sito Internet: www.gamtorino.it. Inaugurazione: giovedì 28 marzo, ore 18.30. Da venerdì 29 marzo 2013.

giovedì 21 marzo 2013

Artisti per l'ambiente: nel Lazio in palio dieci residenze per studiare nuove relazioni tra territorio e arte

L’arte contemporanea incontra la natura: succede a Grottaferrata, su una collina dalla quale si gode il paesaggio della campagna romana. E’, infatti, questo lo scenario della fondazione «Il Campo dell’arte», fondata nel 2000 da Francesco Pernice. Dal 29 aprile al 5 maggio, questo luogo di incanto verrà animato da dieci residenze artistiche, proposte nell’ambito dell’iniziativa «Un pino sulla sommità della casa».
Per la partecipazione è stato indetto un concorso, con scadenza il prossimo 5 aprile, al quale potranno aderire artisti di ogni nazionalità, con una buona conoscenza della lingua italiana. La selezione sarà effettuata da una commissione di esperti, presieduta dallo stesso Francesco Pernice e da Giovanna Aragozzini, docente ed esperta di arte contemporanea.
Con questa iniziativa, la fondazione laziale si propone di invitare i partecipanti a una riflessione sulla centralità del rapporto arte-natura che, se rivissuto con sensibilità contemporanea, può ridefinire nuove e più intense forme di identificazione e di valorizzazione del territorio, rendendo possibile un nuovo umanesimo. A questo tema «Il Campo dell’Arte» sta già guardando da tempo, grazie ai contributi, tra gli altri, di François Burkahrdt, Carmine Gambardella e Paolo Portoghesi.
Durante le residenze, saranno promosse interconnessioni di saperi e conoscenze per sperimentare un fare più vicino alle culture locali e alle comunità, in sintonia con la natura e con uno sguardo attento al mondo rurale. In particolare, il progetto formativo si propone di far ritrovare il piacere dello stare in natura, dando agli artisti un ruolo attivo nell'opera di valorizzazione e di creazione di nuovi orizzonti di pensiero e di nuovi paesaggi per l'uomo.
I selezionati dal bando, nei giorni di residenza, parteciperanno alle attività artistiche in programma, faranno la conoscenza diretta dello spazio della fondazione e, guidati da artisti ed esperti quali François Burkahrdt, Linde Burkahrdt, Riccardo Dalisi, Francesco Pernice, Silvia Riccio e Federica Tecchiati, saranno coinvolti creativamente, sensorialmente ed emozionalmente, anche attraverso l'utilizzo della metodologia propria dell’arte terapia.
Con l’aiuto di artigiani-artisti e con a disposizione spazi e attrezzature, i residenti svilupperanno ipotesi progettuali e opere che siano coerenti con lo spirito e gli obiettivi della fondazione «Il Campo dell’Arte»: rispetto dell’ambiente, non altro consumo di suolo, ma riqualificazione dell’esistente, uso di materiali poveri o di scarto e di provenienza locale e utilizzo di lavorazioni a basso consumo energetico nel rispetto dell’identità dei luoghi.
I materiali prodotti verranno proposti nella mostra «Stare in natura», in programma dal prossimo 5 maggio, ed entreranno a far parte della collezione permanente «Il Campo dell’Arte».

Didascalie delle immagini
[figg. 1 e 2] Uno scorcio de «Il Campo dell’Arte» a Grottaferrata, nel Lazio. 

Informazioni utili
Bando di concorso per dieci residenze artistiche presso la fondazione «Il Campo dell’Arte». Data ultima di consegna: 5 aprile 2013, ore 12.00. Requisiti: esperienza acquisita nel campo dell'attività artistica e progettuale. Buona conoscenza della lingua italiana. Documentazione per la partecipazione: domanda, CV, CD/DVD con max 10 opere, breve testo di motivazione alla partecipazione. Indirizzo per l’invio delle domande: Associazione Arianna, via Marcandreola, 10 - 00043 Ciampino (Roma) – Italia. Informazioni: tel. +39.06.79350732 o associazione.arianna@gmail.com. Sito web:  www.campodellarte.it

martedì 5 marzo 2013

Light art per illuminare il Vajont. Cinquant’anni dopo

9 ottobre 1963, ore 22,39: una frana gigantesca, una massa rocciosa di circa 270milioni di metri cubi, comincia a scivolare lungo il versante settentrionale del monte Toc. In pochi minuti, macigni e detriti cadono nel neo-bacino elettrico artificiale sottostante, formato da una diga, sollevando una massa d’acqua di circa 50milioni di metri cubi, alta oltre 100 metri. La vallata del Vajont, tra le province di Belluno e Udine, diventa tristemente famosa: i paesi di Longarone, Erto, Casso e Castellavazzo vengono rasi al suolo dalla forza della natura; i morti sono 1917, di ogni età, dai ventuno giorni di vita di Claudio Martinelli ai 93 anni di Amalia Pancot. Mera fatalità, calamità naturale o tragedia prevedibile? Nel 2008, alla presentazione del «Anno internazionale del pianeta terra», l'Onu ha definito il Vajont come il «peggior disastro ambientale mai accaduto, nel mondo, provocato dall'uomo».
La storia non si scrive certamente con i se e con i ma. Eppure se non ci fossero state troppe sottovalutazioni tecniche in nome del profitto, se si fosse dato ascolto alle continue denuncie della giornalista Tina Merlin, la vicenda di quella terra di confine tra Veneto e Friuli sarebbe stata diversa.
Da quella catastrofe, accomunata ad espressioni come la «diga del disonore» o «tragedia annunciata», sono passati cinquant’anni e il mondo dell’arte ricorda a colpi di laser. Martedì 5 marzo, al crepuscolo e per circa un’ora e mezza, un potente fascio di luce, lungo quindici chilometri, verrà proiettato sopra la diga del Vajont, in direzione Longarone. Base operativa del progetto, proposto da «Dolomiti contemporanee – laboratorio d’arti visive in ambiente», sarà il nuovo Spazio di Casso, l’ex scuola del paese friulano, che fronteggia la ferita del monte Toc, restaurata e riaperta al pubblico dallo scorso settembre come spazio espositivo e centro per la cultura contemporanea.
A firmare la performance, intitolata «La fine del confine(della mente) / the end of the border(of the mind)», sarà Stefano Cagol, uno dei pionieri della public art in Italia e non solo (la sua «Flu Power Flu» è stata in permanenza sulla facciata del Beursschouwburg Art Center a Bruxelles dal 2007 al 2012), con all'attivo un progetto per la facciata mediale di Museion a Bolzano (2012) e una personale presso la Chiesa di San Gallo all’interno della cinquantaquattresima Biennale di Venezia (2011).
Accendere nuovi riflettori su quell’immane e annunciata strage, a lungo dimenticata e riscoperta da molti attraverso l’«orazione civile» che Marco Paolini ha portato in tanti teatri italiani dal 1997, è lo scopo di questo progetto artistico per il Vajont, che si propone –spiega Gianluca D’Incà Levis, curatore di DC- di «andare oltre il confine emotivo della tragedia, verso una nuova memoria e una nuova rinascita». Ma «La fine del confine(della mente) / the end of the border(of the mind)» non animerà solo la diga del Vajont. Il giorno successivo, mercoledì 6 marzo, il raggio sarà, infatti, proiettato a Cortina d'Ampezzo, sulla parete sud della Tofana di Rozes, un'icona montana del patrimonio Unesco. L’artista trentino, con studi all’Accademia delle Belle arti di Brera e alla Ryerson University di Toronto, partirà, poi, alla volta della Biennale di Barents, in Norvegia, e i suoi fasci di luce attraverseranno l'Europa, illuminando sette nazioni, dall’Austria alla Finlandia, per toccare anche il Circolo Polare Artico, 5mila chilometri più a nord. Il viaggio, in programma fino al prossimo 12 aprile, traccerà nel cielo linee evocative di luce capaci di attraversare i confini, «la fine e il fine delle frontiere –si legge nel concept del progetto- da sud a nord d’Europa, dal limite della cultura mediterranea al limite della cultura europea, dalle Alpi fino al di là del Circolo Polare Artico, da un paesaggio verticale ad uno orizzontale, dalla presenza umana alla sua assenza».


Per saperne di più
www.dolomiticontemporanee.net
www.endofborder.com
www.stefanocagol.com

Didascalie delle immagini 
[fig. 1] «La fine del confine(della mente) / the end of the border(of the mind)». Progetto di Stefano Cagol. Flyer dell'evento alla Diga del Vajont; [fig. 2] «La fine del confine(della mente) / the end of the border(of the mind)». Progetto di Stefano Cagol. Flyer dell'evento alla Tofana di Rozes (Cortina d'Ampezzo; [fig. 3] Stefano Cagol, «Dissoluzione di luce», 2008; [fig. 4] Ritratto di Stefano Cagol

Informazioni utili
«La fine del confine(della mente) / the end of the border(of the mind)». Luogo: Diga del Vajont/Nuovo Spazio di Casso (Casso, Pordenone); Tofana di Rozes (Cortina d'Ampezzo,Belluno). Data: martedì 5 e mercoledì 6 marzo 2013, ore 18.30. Ingresso gratuito. Informazioni: info@dolomiticontemporanee.net o tel. 0437.30685 e tel. 0427.666068



venerdì 1 marzo 2013

Bari, riflettori puntati sulla collezione di Douglas Andrews

E’ un piccolo assaggio della ricca raccolta di Douglas Andrews quello che propone la mostra «Uno sguardo sul mondo: opere da una collezione privata», in programma fino a mercoledì 1° maggio nella cittadina di Polignano al Mare (Bari), presso la nuova sede della Fondazione museo Pino Pascali.
Trentuno opere, selezionate tra le circa trecento di proprietà del collezionista americano di nascita e italiano d’adozione, compongono il percorso espositivo, a cura di Guido Orsini e Mary Angela Schroth. Si tratta di pitture, sculture, installazioni, video e fotografie realizzate da quindici artisti internazionali della generazione compresa tra i 49 e i 59 anni (la stessa di Douglas Andrews), tra i quali Jeff Koons, William Kentridge, Olafur Eliasson, Jessica Carroll, Paolo Canevari e Giuseppe Gabellone.
A fare da filo rosso tra i lavori esposti, per la maggior parte inediti nel nostro Paese, sono tematiche care al linguaggio espressivo di Pino Pascali, importante esponente dell’Arte povera, quali la multimedialità, la dissacrazione della realtà, il gioco, la natura, l’uso di materiali semplici e oggetti usati.
Fondamentale per la nascita di questa collezione, lontana dalle logiche della speculazione e prossima alla soddisfazione del gusto personale, è l’incontro, sul finire degli anni Ottanta, tra Douglas Andrews e Lucio Amelio. Seguono i contatti con alcune delle principali gallerie internazionali, da Luhring Augustine ad Anthony Meier, passando per Alessandra e Valentina Bonomo, Giò Marconi, Stefania Miscetti, Franco Noero, Gian Enzo Sperone e molti altri ancora.
Nell’ottobre 2012, dopo una visita al museo di Polignano al Mare, il collezionista americano esprime la volontà di esporre, per la prima volta in Italia, una parte significativa della propria vasta raccolta, offrendo così al pubblico l’occasione di ripercorrere l’evolversi del linguaggio dell’arte contemporanea dell’ultimo trentennio, ma anche di scoprire quanto sia ancora attuale la poetica espressiva di Pino Pascali.
A uno degli aspetti più rilevanti della ricerca artistica del maestro poverista, ossia il tema della natura, guardano, per esempio, le due fotografie di Giuseppe Gabellone presenti in mostra («Senza titolo», 2002), nelle quale sono ritratte delle campanelle blu di grandi dimensioni, artificiali e molto teatrali. Un’immagine di fiori è anche quella che propone Jeff Koons con il suo ironico e pop «Giant Inflatable Balloon Flower (yellow)» (1997), messo a confronto con un altro suo lavoro, «Bread with Egg, PL3», una copia di un pane pasquale italiano che rievoca alla mente «Gruppo di personaggi» (1964), ironica natura morta pascaliana raffigurante una realtà quotidiana sempre più ossessionata dalla pubblicità.
Sembra, invece, strizzare l’occhio a «9mq di pozzanghere» (1967), ultima acquisizione del museo pugliese, «Que Sepan Todos» (2007) di Arturo Herrera, un’opera di grandi dimensioni composta da due feltri neri ritagliati e posizionati direttamente sul muro.
Al tema della natura guarda anche una delle due opere di Olafur Eliasson selezionate per la mostra pugliese. Accanto a «Homage to P. Schatz» (2012), piccolo ma significativo elemento luminoso, è, infatti, possibile ammirare uno dei primi lavori dell’artista danese: il ciclo «Path Series» (1999), ventiquattro fotografie tese a documentare un tragitto a piedi per tutta la sua durata, concentrandosi sul rapporto diretto con il suolo ed escludendo riferimenti precisi a luoghi reali.
Analizzano, invece, un altro tema fondante del linguaggio espressivo di Pino Pascali, quello del riuso dell’oggetto, opere come «Powerless Structures Fig. 131» (2001) di Michael Elmgreen e Ingar Dragset, un assemblaggio di vecchie porte, «Telephone Book» (1996) di Tom Sachs, un vero elenco telefonico impacchettato con nastro adesivo, e «Desempoladeira» (2003-2006) del brasiliano Marepe, pialle da muratore dipinte con colori vivaci.
Gioco e provocazione, altro argomento caro alla poetica pascaliana, sono, invece, le componenti principali dei due lavori in mostra firmati da Sarah Lucas, «la cattiva ragazza» del cosiddetto YBAs (Young British Artist): «The Old In Out» (1998), calco di un water in poliuretano, e «Coco» ( 2005), un cagnolino di porcellana sulla cui superficie sono incollate centinaia di sigarette. Mentre Jessica Carroll presenta, con la sua scultura «Osso» (1990), un omaggio all’interesse dell’artista pugliese per l’antropologia e la mitologia. Merita, infine, una segnalazione la video-scultura «Sleeping on Glass» (1999) di William Kentridge, uno dei suoi primi film di animazione che, attraverso la cassettiera, comunica un’intima sensazione di privacy. Una mostra, dunque, interessante quella di Polignano a Mare per comprendere come una collezione d’arte sia un organismo vivente, una chiave per leggere e capire la ricerca e la storia individuale di un collezionista, la sua complicità con artisti, galleristi, critici e appassionati di arte.


Didascalie delle immagini
[fig. 1] Giuseppe Gabellone,«Senza titolo», 2002. 2 stampe fotografiche a colori, 210 x 150 ognuna;  [fig. 2] Jeff Koons, «Inflatable Balloon Flower (Yellow»), 1997. PVC, 128 x 148 x 180 cm (edition); [fig. 3] Sarah Lucas, «Coco», 2005.Cane di ceramica, sigarette, colla. 28 x 18 x 24 cm; [fig. 4]William Kentridge, «Sleeping on Glass», 1999. Disco laser, cassettiera e specchio, pannello di legno; d
imensioni variabili; [fig. 5] 
Jessica Carrol, «Osso», anni Novanta. Marmo. Vetrine: bronzo e vetro, 50 x 40 x 120 cm

Informazioni utili
«Uno sguardo sul mondo: opere da una collezione privata». Fondazione Museo Pino Pascali, via Parco del Lauro, 119 – Polignano a Mare (Bari). Orari: martedì-domenica, ore 11.00-13.00 e 17.00-21.00, lunedì chiuso. Ingresso: € 1,00. Informazioni: tel. 080.424.9534 o  segreteria@museopinopascali.it. Sito web: www.museopinopascali.it. Inaugurazione: sabato 2 marzo 2013, ore 19.00. Fino al 1° maggio  2013

giovedì 28 febbraio 2013

Due giorni per scoprire i Musei ecclesiastici italiani

Se ne contano, su tutto il territorio nazionale, novecentonovantaquattro, dei quali ottocentosettantotto di proprietà ecclesiastica. Hanno un patrimonio artistico che non ha nulla da invidiare a Brera e agli Uffizi, ricco di paramenti liturgici, codici miniati, opere d’oreficeria, raccolte etnografiche e naturalistiche, sculture e pregevoli dipinti. Sono ospitati all’interno di complessi monumentali di grande valore storico-architettonico come chiese, palazzi episcopali, monasteri, chiostri, sacrestie e seminari. Eppure sono quasi del tutto sconosciuti al grande pubblico. Stiamo parlando dei musei ecclesiastici, luoghi soffocati da un’erronea immagine di polverosità e di noia che li ha resi le «Cenerentole» del patrimonio culturale italiano.
Scarsamente segnalati dalle guide turistiche delle grandi città, questi scrigni d’arte sacra, indissolubilmente legati al patrimonio immateriale di spiritualità che essi evocano, sono stati recensiti dalle studiose Erminia Giacomini Miari e Paola Mariani e riuniti nel 2005 in una pubblicazione, realizzata con il contributo della Cei (Conferenza episcopale italiana) ed edita dal Touring club. Risale, invece, al 1996 la fondazione dell’Amei (Associazione musei ecclesiastici italiani), attualmente presieduta da monsignor Giancarlo Santi, che ha scelto il 2013, anno della fede e anniversario dell’Editto di Costantino, per gettare nuova luce sulle tante realtà museali testimoni e custodi della storia religiosa del nostro Paese, con l’intento di farle uscire da quella sorta di isolamento che le ha rese, per così dire, «invisibili» al proprio potenziale pubblico.
Il primo appuntamento in cartellone sono le Giornate dei musei ecclesiastici, in programma sabato 2 e domenica 3 marzo: una fitta due giorni di visite guidate, laboratori artistici, incontri a tema, concerti e spettacoli teatrali, durante la quale verranno aperte gratuitamente le porte di oltre duecento musei aderenti all’Amei.
Sarà un’ottima occasione, questa, per varcare la soglia del Museo diocesano di Udine, con i suoi meravigliosi affreschi di Giambattista Tiepolo per lo Scalone d’onore e la Sala rossa, o quella del Muma di Assisi, nel quale è possibile viaggiare virtualmente tra le missioni dei frati cappuccini in Amazzonia, o ancora quella del Museo diocesano di Cortona, dove è da poco ritornata «L’Annunciazione» del Beato Angelico, recentemente esposta alla Galleria Borghese di Roma, in apertura del progetto «L’arte della fede».
Il visitatore curioso, capace di vincere il pregiudizio che vuole questi luoghi quasi come il prolungamento di un’aula di catechesi, si troverà di fronte a realtà attive, capaci di proporre mostre e percorsi museali interessanti, come quello sul crocifisso alla Galleria d’arte contemporanea della Pro Civitate Christiana di Assisi, o quello sui colori dell’Africa cristiana al Museo diocesano di Vicenza, o, ancora, quello sul mistero dell’Incarnazione nell’opera del Beato Angelico al Museo della basilica di santa Maria delle Grazie di San Giovanni Valdarno, nell’Aretino.
Chi si troverà nel Varesotto potrà prendere parte alla conferenza «L’Annunciazione nell’arte: storia e iconografia dell’inizio», promossa dal Museo Baroffio e del santuario del Sacro Monte sopra Varese (domenica 3 marzo, ore 15.30). Mentre chi sarà in Toscana potrà partecipare alla relazione sui cimiteri etrusco-romani, organizzata del Museo della cattedrale di Chiusi, o allo spettacolo «Ghirlandaio: una bottega, una dinastia» (sabato e domenica, ore 18.30 – € 12,00), a cura del Museo d’arte sacra di san Donnino. In Campania, al Museo diocesano di Ariano Irpino, si darà, invece, spazio alla musica con un concerto di flauto traverso.
Questi sono solo alcuni dei tanti appuntamenti inseriti nel ricco cartellone delle Giornate dei musei ecclesiastici, piccolo tassello di un articolato calendario di iniziative messo in cantiere da Amei per il 2013. L’associazione sta, infatti, lavorando a un progetto di rete sull’Editto di Costantino e sulle sue conseguenze per la storia del cristianesimo, anche in relazione alla contemporaneità, che invita i musei ad analizzare tematiche quali il signum crucis e le sue declinazioni, la tolleranza e il dialogo interculturale e interreligioso, sant’Elena e le reliquie della vera croce e altro ancora. Sono già una cinquantina le realtà museali che hanno approntato esposizioni dossier di una o più opere collegate al tema costantiniano, particolari percorsi di visita a beni ecclesiastici del territorio legati alla nascita del cristianesimo, attivazioni di postazioni multimediali per favorire l'interpretazione del patrimonio materiale e immateriale delle proprie collezioni, ma anche produzione di opere d'arte contemporanea e conferenze. Al Museo diocesano di Napoli è, per esempio, in corso la mostra «Icone dalla Serbia», che intende ricordare la terra dove ha trovato i propri natali l’imperatore Costantino attraverso l’esposizione di alcune opere, appartenenti alla collezione permanente del Museo nazionale di Belgrado. Mentre il Museo diocesano di Milano collabora all’esposizione «Costantino 313 d.C.», che allinea, nelle sale di Palazzo Reale, duecentocinquanta opere provenienti da istituzioni internazionali quali il British Museum, la Bibliothèque Nationale di Parigi e il National Gallery di Washington, tese a documentare il passaggio, avvenuto nel corso del IV secolo, del cristianesimo da devozione lecita privata a una dimensione pubblica e ufficiale e, infine, a unica religione dell’Impero.
A Brescia è prevista, dal prossimo autunno, una mostra di reliquiari e di bozzetti che mette a confronto due pale raffiguranti il «Battesimo di Costantino», realizzate da Gian Battista Tiepolo e Carlo Innocenzo Carloni. Mentre la Sicilia sta lavorando a una rassegna itinerante sul significato della croce nel cristianesimo, che coinvolgerà dodici musei e numerosi artisti contemporanei.
Decine di iniziative diverse, spesso molto originali, attendono, dunque, i musei ecclesiastici italiani nei prossimi mesi, per far scoprire opere e monumenti dei primordi della Chiesa, con la volontà di coinvolgere tutti, credenti o non credenti, cristiani e non.

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Beato Angelio, «Annunciazione», 1430 ca. Tempera su tavola, cm 175 x 180. Cortona, Museo diocesano; [fig. 2] Gian Battista Tiepolo, «Il sacrificio di Isacco», 1726-1729. Affresco, 400 x 500 cm. Udine, Museo diocesano; [fig. 3] Veduta esterna del Museo diocesano di Brescia; [fig. 4] Robert Morris, «Quattro per Donatello», 2001. Prato, Museo dell’Opera; [fig. 5] Veduta di una sala del Museo diocesano di Cortona.

Informazioni utili
Le giornate dei musei ecclesiastici. Un evento a cura di Amei (Associazione musei ecclesiastici italiani). Italia, sedi varie. Il programma: www.amei.biz/notizie/le-giornate-dei-musei-ecclesiastici.Informazioni: tel. 02.89421797 o info@amei.info. Sito web: www.amei.biz.  Sabato 2 e domenica 3 marzo 2013.

lunedì 25 febbraio 2013

Roma, farfalle in città con l’arte ecologica di Ettore Favini

E’ una riflessione sul tema dell’ecologia e sul rapporto dell’uomo con la natura e lo scorrere del tempo quella che l’artista cremonese Ettore Favini, classe 1974, presenta a Roma, negli spazi della Fondazione Pastificio Cerere, con i progetti «Verdecuratoda…voi» e «Le farfalle volano sulla città pulita».
I due appuntamenti espositivi, in programma da martedì 26 febbraio a venerdì 5 aprile, sono a cura di Marcello Smarrelli e coinvolgono il visitatore in un «gioco» che lo impegna a un atto responsabile verso se stesso, i suoi simili e l’ambiente circostante.
«Verdecuratoda…voi» rientra in un progetto iniziato nel 2005, con l’intento di attuare una vera e propria metamorfosi dell’ambiente. Oltre all’obiettivo di avviare la forestazione urbana di specie verdi, la mostra si propone di riportare le farfalle in città, restituendo alle aree urbane questo importante indicatore dello stato di salute dell'aria.
All’interno dello spazio espositivo verrà realizzato un allestimento con varie specie arboree e sarà posizionata una scultura-distributore, dalla quale si potranno prelevare, con una moneta da un euro, sfere contenenti semi di piante, di cespugli e di fiori utili alla vita, alla riproduzione e all'alimentazione delle farfalle. Il fruitore potrà, attraverso le istruzioni contenute all'interno, piantare i semi diventando parte attiva dell’operazione, anche grazie al proprio supporto economico. L’obiettivo di questo intervento, il numero zero di una serie successiva di eventi simili da riproporre su scala internazionale, è di realizzare la più grande scultura vegetale del mondo.
In contemporanea, nell’ex silos del Pastificio sarà proiettata «La verde utopia», una conversazione di Ettore Favini, con Alessandra Sandrolini a Gilles Clément, giardiniere e sostenitore della biodiversità.
Il progetto prevede anche la realizzazione di un sito (www.verdecuratoda.com), sul quale il pubblico potrà indicare il punto esatto della propria semina e inviare le immagini delle piantine germinate, contribuendo così a realizzare la mappa della scultura vegetale. Il portale conterrà anche l’elenco dei luoghi dove, nel tempo, verranno collocati i distributori di semi e permetterà, inoltre, di contribuire alla realizzazione del progetto per mezzo di una donazione presso Banca etica, in cambio della quale si riceverà un oggetto in edizione limitata realizzato dall’artista con Canedicoda.
La mostra avrà un suo ideale proseguimento nel manifesto «Le farfalle volano sulla città pulita», ideato per la terza edizione di «Postcard from…», progetto volto a diffondere l’arte contemporanea nel contesto urbano, invitando, annualmente, artisti italiani e internazionali a ideare un’immagine per un manifesto di grandi dimensioni (400x300 cm), da affiggere nel cortile della Fondazione Pastificio Cerere e in vari impianti pubblicitari romani. Sul cartellone di Ettore Favini compariranno immagini di farfalle italiane per la maggior parte scomparse dalle nostre città, con l’intenzione di ripopolare idealmente i luoghi in cui verranno affissi durante il periodo della mostra.

Didascalie delle immagini
[figg. 1 e 2] Ettore Favini, «Verdecuratoda…voi», progetto per la Fondazione Pastificio Cerere di Roma, 2013

Informazioni utili 
Verdecuratoda…voi» - «Postcard from… Ettore Favini». Fondazione Pastificio Cerere, via degli Ausoni, 7 – Roma. Orari: lunedì-venerdì, ore 15.00-19.00. Ingresso libero. Informazioni: tel. 06.45422960 o info@pastificiocerere.it. Sito internet: www.pastificiocerere.it o www.verdecuratoda.com. Dal 26 febbraio al 5 aprile 2013.

sabato 23 febbraio 2013

«Loropernoi», i musei di Reggio Emilia negli scatti di Pizzigoni

Che cosa è, oggi, un museo? E’ l’insieme deli oggetti e delle testimonianze che conserva? E’ un luogo di integrazione sociale? O, ancora, è un catalizzatore di emozioni? A queste domande prova a rispondere la mostra «Loropernoi», a cura di Cristiana Colli, che presenta a Reggio Emilia, negli spazi dei musei civici di Palazzo San Francesco e della galleria Parmeggiani, un progetto site-specific dedicato alle collezioni reggiane e a figure di spicco della sua storia collezionistica: Gaetano Chierici, Lazzaro Spallanzani e Luigi Parmeggiani.
Protagonista dell’esposizione, in programma fino a domenica 17 marzo, è Davide Pizzigoni (Milano, 1955), artista che vanta collaborazioni prestigiose con il Teatro dell’Opera di Zurigo e lo Staatsoper di Vienna, la cui ricerca espressiva degli ultimi cinque anni si è focalizzata sui custodi dei musei, personaggi apparentemente invisibili, ma essenziali per la sicurezza del patrimonio e per le relazioni con le opere e con i visitatori, ritratti in oltre settanta luoghi, tra Francia, Inghilterra, Russia, Brasile, Stati Uniti e Italia.
Attraverso questo insolito punto di vista fotografico, Davide Pizzigoni ha attraversato le sedi dei musei reggiani, realizzando una carrellata di ritratti, vedute e spaesamenti, in una sequenza che raffigura queste invisibili sentinelle del nostro patrimonio culturale sul loro luogo di lavoro e della conoscenza, tra opere d’arte, animali impagliati, interni decorati, quadri ottocenteschi.
La mostra ospitata a Palazzo San Francesco, sede di importanti collezioni archeologiche, naturalistiche, etnografiche e artistiche, sviluppa, nello spazio vincolante delle vetrine, il rapporto tra storia umana ed esperienza di collezionismo. In queste sale, oggetto di prossimi interventi di restauro e di adeguamento funzionale, firmati dall’architetto Italo Rota, le fotografie (10x15cm) citano il format e l’iconografia della cartolina come reperto di viaggio, messaggio intimo e segreto di luoghi lontani, metafora del transito di storie e geografie, omaggio alla forza fragile delle relazioni epistolari, rimando agli infiniti paesaggi custoditi nelle vetrine. Così imprevedibilmente le fotografie di Davide Pizzigoni si incastrano, quasi a confondersi, tra le collezioni in una relazione poetica e concettuale tra le pietre paesine, i pesci palla, i polpi in formalina, le selci appenniniche, le balene e lo sguardo dei guardiani del museo. Gli scatti si pongono come richiami visivi, in un gioco sorprendente di rimandi di prospettive e punti di vista, dove il dato di contemporaneità si intreccia con indizi di immanenza. A volte nei ritratti emergono, poi, veri e propri casi di mimetismo nei quali prevale una dimensione di gioco tra figurante e oggetto d’arte (come ad esempio l’immagine che raffigura la custode di fronte a un pesce palla gigante), se non addirittura di camaleontismo.
Nell’altra sede, la galleria Parmeggiani, già casa d’artista e interessantissimo caso di collezionismo ottocentesco tra il vero e il falso, assistiamo a un salto di scala e di senso. Le venti fotografie in mostra, catturando insoliti effetti di luce e trame di colore, approdano a una riflessione sugli esseri umani e sulla loro corporeità. Immagini di grande formato raffigurano il museo vissuto e abitato nella prolungata consuetudine del quotidiano, in una dimensione dilatata, in un tempo lungo e silenzioso quale è quello di chi trascorre la sua vita accanto alle opere d’arte. Pizzigoni rende protagonisti coloro che lavorano dietro alle quinte grazie all’uso sapiente dell’elemento della cornice che caratterizza tutte le microstorie della Parmeggiani per la capacità di porsi come porta del tempo e della memoria, limite fisico tra chi è deputato a custodire lo sguardo e il corpo del museo.

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Davide Pizzigoni, «Loropernoi», 2013 - installazione <i>site-specific</i> alla Galleria Parmeggiani; [fig. 2] Davide Pizzigoni, «Loropernoi», 2013;  installazione <i>site-specific</i> nella Collezione  Spallanzani dei Musei civici di Reggio Emilia; [fig. 3] Davide Pizzigoni, «Loropernoi», 2013 - installazione <i>site-specific</i> nella Collezione  Chierici dei Musei civici di Reggio Emilia;  [fig. 3] Davide Pizzigoni, «Loropernoi» – installazione <i>site-specific</i> a Varese, nella collezione Panza 

Informazioni utili 
«Loropernoi». Fotografie di Davide Pizzigoni. Musei civici - Palazzo San Francesco, via L. Spallanzani, 1  e Galleria Parmeggiani, corso Cairoli, 1 – Reggio Emilia.Orari: martedì-venerdi, ore 9.00 - 12.00; sabato e domenica, ore 10.00-13.00 e ore 16.00-19.00; chiuso il lunedì. Ingresso libero. Catalogo: disponibile in mostra. Informazioni: tel. 0522.456477 e casella.musei@municipio.re.it. Sito web:  www.musei.re.it. Fino al 17 marzo 2013

venerdì 22 febbraio 2013

Un nuovo Gabinetto disegni e stampe per i centocinquanta anni della Gam di Torino

Torino festeggia i primi centocinquant’anni della sua Galleria civica d’arte moderna e contemporanea, dotandola di uno spazio destinato alla conservazione, al deposito e alla consultazione dell’ampia raccolta grafica: il nuovo Gabinetto disegni e stampe.
La struttura, realizzata grazie al sostegno della Consulta per la valorizzazione dei beni artistici e culturali di Torino , sarà ubicata al piano interrato del museo, secondo il progetto formulato da Virginia Bertone, conservatore e responsabile delle collezioni Gam, in stretta collaborazione con gli architetti Diego Giachello e Marco Gini, che ne hanno curato il progetto tecnico, e con l’ingegnere Giuseppe Bonfante, che ne ha seguito la parte impiantistica per l’adeguamento della climatizzazione e della sicurezza.
L’apertura su appuntamento del nuovo spazio, garantito grazie al contributo della Fondazione Guido ed Ettore De Fornaris, rappresenta un traguardo importante per il museo torinese, che potrà così rispondere alla domanda sempre più è crescente di accesso al proprio proveniente da studenti, ricercatori e docenti delle facoltà universitarie legate agli studi storico-artistici e architettonici e dai funzionari degli uffici di tutela, in particolare nell’ambito del restauro di edifici storici.
Il patrimonio grafico della Gam, che annovera oltre trentanovemila esemplari tra fogli sciolti e album, rappresenta una delle più importanti raccolte pubbliche italiane su carta, otto e novecentesca, integralmente inventariata e informatizzata grazie a un impegnativo lavoro di schedatura avviato nel 2000.
L’arco cronologico dei materiali presenti si estende dagli ultimi decenni del Settecento fino a tutto il Novecento e annovera artisti italiani di primo piano, come Giovanni Fattori, Felice Casorati, Filippo De Pisis, Giorgio Morandi, Renato Guttuso, Lucio Fontana e Fausto Melotti, insieme ad alcune presenze straniere, tra le quali Bob Rauschenberg e Andy Warhol.
Oltre a fogli di grande bellezza, come nel caso dei grandi paesaggi acquerellati di Giovanni Battista De Gubernatis, vi sono documenti esemplari per la storia dell’arte italiana, come il primo studio per «La città che sale» di Umberto Boccioni o la serie delle «Compenetrazioni iridescenti» di Giacomo Balla. Mentre tra le opere più antiche conservate va ricordato il dagherrotipo di Enrico Jest, vero e proprio incunabolo per la storia della fotografia in Italia.
In occasione dell’inaugurazione del Gabinetto disegni e stampe, in programma nella giornata di mercoledì 6 marzo, il museo torinese presenta al pubblico la mostra «La seduzione del disegno. Cartoni, acquerelli e dipinti dalle raccolte della Gam», a cura di Virginia Bertone, che concentra l’attenzione sulla parte più antica della raccolta, quella che dagli ultimi decenni del Settecento giunge ai primi del Novecento. A guidare il percorso, visibile fino al prossimo 5 maggio, è il filo rosso della formazione di questo patrimonio, una storia che precede di alcuni decenni l’istituzione vera e propria del Museo civico (1863), contribuendo a determinarne la nascita. Il susseguirsi degli acquisti e delle donazioni offre lo spunto per presentare circa centottanta tra i fogli più rappresentativi della collezione: dai disegni a penna di Pietro Giacomo Palmieri agli acquerelli di Giuseppe Pietro Bagetti, dai taccuini di Massimo d’Azeglio ai grandi carboncini di Antonio Fontanesi, sino ai fogli di Alfredo d’Andrade, Domenico Morelli e Leonardo Bistolfi.
Ad arricchire il percorso espositivo sono gli spunti sulle diverse funzioni assolte dal disegno, sulle caratteristiche di materiali e tecniche, sulla storia del gusto e sul collezionismo torinese: un intrecciarsi di temi che ha per sfondo lo svolgersi dei primi decenni di vita della Pinacoteca moderna, l’antica denominazione dell’attuale Gam.
Sempre occasione dell’inaugurazione del Gabinetto disegni e stampe, in Wunderkammer, lo spazio al secondo piano del museo che presenta ciclicamente al pubblico disegni, acquerelli, grafiche e incisioni dell’Ottocento e del Novecento, si terrà la rassegna «Giovanni Migliara. Acquerelli e preziosi fixé», a cura di Monica Tomiato. Stimato da d’Azeglio come da Hayez, l'artista alessandrino fu il sapiente artefice di vedute e ambientazioni che sorprendevano per la verità ottica e la ricercata cura dei dettagli, qualità che egli seppe declinare anche in una chiave notturna e gotica in cui già riverbera una sensibilità romantica.

Didascalie delle immagini
[Figg. 1 e 2] Veduta del Gabinetto disegni e stampe della Gam di Torino; [fig. 3] Antonio Fontanesi, «Nudo femminile nel bosco», 1862-1868. Matita, matita nera su carta lucida ocra, cm 13.5 x 17.8. Torino, Gam; [fig. 4] Domenico Morelli, «Studio per 'L’Odalisca'», 1876 ca.. Penna a inchiostro bruno e inchiostro bruno acquarellato su carta avorio, cm 24.1 x 26.5. Torino, Gam

Informazioni utili
Gabinetto disegni e stampe. Gam - Galleria civica d’arte moderna e contemporanea, via Magenta, 31 – Torino. Informazioni: centralino, tel. 011.4429518; segreteria, tel. 011.4429595, e-mail gam@fondazionetorinomusei.it. Sito web: www.gamtorino.it. Apertura al pubblico: dal 7 marzo 2013.

giovedì 21 febbraio 2013

Un Carpaccio inedito nel nuovo numero del Bollettino dei Musei civici veneziani

È l’annuncio della straordinaria scoperta, nei depositi del museo Correr, di una «Pietà», riconosciuta e restituita a Vittore Carpaccio da Giorgio Fossaluzza, la notizia di spicco del settimo numero del Bollettino dei Musei civici veneziani, importante resoconto di studi e contributi scientifici del settore, a cura di Camillo Tonini e Cristina Crisafulli.
La pubblicazione, edita da Skira e dalla stessa istituzione veneta (136 pagine, 80 illustrazioni, 22 a colori), propone una serie di interventi scientifici su tematiche storico-artistiche connesse alle collezioni lagunari, fonte inesauribile di nuove conoscenze e continuo oggetto di studio e indagine. Tre le sezioni nelle quali si articola il volume: «Collezioni», «Studi e Contributi» e «Attività».
Ad aprire il bollettino è uno scritto di Andrea Daninos sulle problematiche connesse allo sviluppo della ceroplastica a Venezia, accompagnato da un contributo di Camillo Tonini e Diana Cristante sulla formazione e sulle peculiarità della preziosa raccolta conservata presso i Musei civici veneziani (con schede di catalogo di diversi studiosi per ciascuna opera).
Mentre alla notizia legata a Vittore Carpaccio, alla cui mano venne ricondotta anche una «Madonna con il Bambino», rinvenuta sempre nelle collezioni di Teodoro Correr, sono dedicati i testi scientifici della seconda parte della pubblicazione.
L’assegnazione della «Pietà n. 1088» dei depositi del Correr al corpus del grande artista veneziano, autore delle storie di Sant’Orsola, risulta di assoluto rilievo, aprendo prospettive inedite sulla fase giovanile della sua pittura, così rara di esempi nonostante i recenti recuperi. Collocabile sul finire degli anni Ottanta, la tavola di nuova attribuzione (cm 60,1x82,2) sarebbe, infatti, preceduta unicamente dalla già citata «Madonna con il Bambino», la cui attribuzione avvenne nel 2011, dopo che il restauro -lo illustra Andrea Bellieni, nell’attuale bollettino- aveva permesso di leggere la firma «Vethor Scharpaco». Originalissima sarebbe, poi, la scelta del tema per il quale Carpaccio, pur ancora legato al magistero belliniano, sembra rifarsi a modelli devozionali di matrice nordica e soprattutto alle posture e gestualità di qualche gruppo plastico.
Sempre nella sezione «Studi e Contributi», si rivela interessante la proposta di Ettore Merkel che ravvisa in una grande tavola lignea a fondo oro, fresca di un lungo e difficile restauro, l’ancòna che Francesco Amadi avrebbe commissionato a Gentile da Fabriano, citata nei documenti, ma ritenuta perduta, e per molti anni collocata probabilmente in un’edicola votiva nella calle dove si trovava il palazzo della famiglia mercantile.
La cauta pulitura delle ridipinture non originali e la prudente velatura delle ferite inferte dal tempo e dagli uomini hanno permesso di recuperare la struttura lignea cuspidata che definisce la tavola proprio come un’ancòna o tabernacolo votivo di carattere privato, nonché la particolare raffinatezza di molti tratti meno danneggiati del dipinto. Se si trattasse davvero dell’ancòna per Francesco Amadi, «una delle pochissime opere d’arte eseguite a Venezia dall’artista» -scrive Merkel- essa potrebbe testimoniare «con la sua data precoce e il suo stile ancora tardo-giottesco, quale fu l’incipit del Gotico Internazionale per Venezia».
Seguono nella pubblicazione altri quattro saggi che offrono ricchi spunti per l’approfondimento e la comprensione di opere conservate nelle diverse sedi dei Musei civici di Venezia e collocabili tutte tra XVIII-XIX secolo. Si tratta dei disegni di Antonio Gaspari relativi a tre ville venete, analizzati da Massimo Favilla e Ruggero Rugolo, di due ritratti di Bartolomeo Nazari, studiati da Paolo Delorenzi, del libro il «Forestiere Illuminato», del quale Juergen Schulz ha scoperto altre due edizioni prima non segnalate, e di un curioso manoscritto, con una versione in inglese di due canzoni del poeta ottocentesco Pietro Buratti, illustrato da Giuliano Averna.
Nella sezione «Attività» è, invece, reperibile un contributo di Giorgio Fossaluzza, contenente i risultati più recenti della ricerca sulla grande vetrata colorata della chiesa veneziana di san Giovanni e Paolo. Si succedono, quindi, una serie di interventi che rendono conto del lavoro effettuato sulle collezioni e sui fondi conservati presso i Musei civici veneziani.
Conclude l’opera, come di consueto, l’elenco di tutta l’attività del 2011, redatto da Monica da Cortà Fumei e Claudia Calabresi.

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Vittore Carpaccio, «Pietà» , Venezia, Museo Correr; [fig. 2] Gentile da Fabriano (attr.), «Madonna con il Bambino» , Venezia, Museo Correr; [fig. 3] Ceroplasta sconosciuto, «Battaglia di cavalieri romani» , seconda metà del XVII secolo; [fig. 4] Ceroplasta sconosciuto, «Manichino a grandezza naturale: bambina», 1790-1795 circa

Informazioni utili 
AA.VV., Bollettino dei Musei civici veneziani, III serie – 7.2012 (Le cere nelle collezioni dei Musei Civici Veneziani). Skira /Musei civici veneziani, Milano-Venezia 2012.