ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

lunedì 24 ottobre 2016

Bologna, ottant'anni d'arte a Villa delle Rose

Sono passati cent’anni da quando la contessa Nerina Armandi Avogli donava alla Città di di Bologna Villa delle Rose: un atto, questo, alla base della nascita della Galleria d’arte moderna cittadina che, con i suoi successivi sviluppi, avrebbe condotto all’apertura del Mambo. Per ricordare questo evento il comune felsineo promuove, nell’ambito delle celebra-zioni per il nono centenario della sua fondazione, la mostra «Villa delle Rose 1936», a cura di Uliana Zanetti e Barbara Secci, nella quale si presenta una ricostruzio-ne dell'allestimento realizzato ottanta anni or sono da Guido Zucchini, il primo a dare piena esecuzione delle volontà della donatrice includendo esclusivamente opere del XX secolo.
Nonostante le numerose perdite registrate durante la seconda guerra mondiale, grazie alle oltre cento opere superstiti e lavorando sull'attuale stato architettonico della villa è stato possibile far rivivere nelle sue linee generali quel primo assetto delle collezioni, dando la possibilità al pubblico di oggi di vedere lavori raramente esposti negli ultimi decenni. La mostra costituisce, inoltre, un'occasione per la revisione critica di un periodo ancora poco studiato della storia dell'arte bolognese.
La ricostruzione portata avanti dalle curatrici ha potuto contare su una vasta documentazione fotografica che testimonia con dovizia di particolari quale fosse l'assetto della collezione tra il 1936 e il 1940, rendendo più agevole immaginare come Zucchini abbia ragionato nell'accostare un numero di opere che oggi appare esorbitante: duecentosette lavori all'interno e diciannove sculture all'esterno della villa, tutti appartenenti al XX secolo e a centoventotto artisti quasi tutti all'epoca ancora viventi.
Il riordino delle collezioni condotto otto decenni fa riusciva a dipanare un patrimonio disorganico, spesso costruito tramite premi cittadini prestigiosi, acquisti alle Biennali, alle mostre di associazioni private o del sindacato fascista, oltre che ovviamente donazioni di svariata provenienza, rendendo comunque leggibile la distinzione fra autori disomogenei, alternando generi e stili differenti nei vari ambienti.
Il percorso espositivo del 1936 si articolava in undici sale (più la loggia d'ingresso, il portico e il giardino) di cui oggi si è cercato di mantenere l'impostazione attraverso una per quanto possibile fedele collocazione delle opere ancora disponibili.
Gaele Covelli, Giuseppe Graziosi e Giovanni Masotti, tutti vincitori del Premio Baruzzi, aprono il percorso espositivo, che continua con i lavori di Ferruccio Ferrazzi, Ferruccio Giacomelli, Casimiro Jodi, Ludovico Lambertini, Silverio Montaguti, Emilio Notte e Ferruccio Scandellari. Di quanto Zucchini aveva posizionato nella terza sala sono oggi visibili opere di Giuseppe Brugo, Ettore Burzi, Domenico Ferri, Augusto Majani, Ottavio Steffenini e Ugo Valeri, mentre della quarta sala ritroviamo i premi del Curlandese di prospettiva con Aldo Avati, Dante Comelli, Gualtiero Pontoni, Guido Venturi, e di scultura con Cleto Tomba, insieme ai paesaggi di Teodoro Wolf Ferrari e Luigi Zago. A parte vanno considerate le quattro opere superstiti di Amleto Montevecchi, con la sua accorata attenzione ai temi del lavoro e alle classi meno agiate, affiancate a uno studio di Gaetano Leonesi.
Si assiste, a seguire, al confronto tra i dipinti di due grandi maestri della pittura bolognese, Alfredo Protti e Guglielmo Pizzirani, che Zucchini collocava nella quinta sala. In mostra si ritrovano opere come «Il vestito alla marinara (Ragazzo)», «Il piumino e la Figura allo specchio» del primo: esempi fra i più riusciti di quel naturalismo addolcito e di quell'inclinazione intimista che restano cifra distintiva di molta pittura bolognese di quegli anni. Più aspro e severo appare, invece, «Mia madre e mia sorella», ritratto eseguito da Pizzirani che, pur rispettando una fedele resa del vero, documenta la persistenza nella sua arte di quei modi post-impressionisti che, se ai suoi esordi ne avevano fatto un ribelle al passo con i tempi, l'avrebbero però privato delle attenzioni di molta critica successiva.
Anche la sesta sala propone un raffronto tra due protagonisti del panorama regionale, Giovanni Romagnoli e Bruno Saetti, coronati da un esteso successo, all'epoca, nell'ambito delle esposizioni nazionali. Di Romagnoli, che fin dalla partecipazione alle mostre della Secessione Romana aveva ottenuto rilevanti riconoscimenti e che nel 1935 aveva avuto una sala personale alla Quadriennale di Roma, sono visibili tre dipinti di figura tutti premiati ai concorsi bolognesi, che restano fra i suoi capolavori: «Merlettaie» del 1921, «Ballerina con fior»i e «Toeletta» del 1923. Bruno Saetti, più giovane di una decina d'anni e all'epoca già trasferito da oltre un lustro a Venezia come docente della locale Accademia, nel 1939 avrebbe clamorosamente vinto il primo premio per la pittura alla Quadriennale romana, superando Morandi che arrivò secondo. A Villa delle Rose nel 1936 era presente con tre quadri insigniti dei premi bolognesi e con altri tre acquistati, tutti oggi visibili: due paesaggi - «Canale della Giudecca» del 1931 e «Paesaggio della Ciociaria» del 1933 - e quattro tele con figure - «Bambino con fiori» del 1926, due «Maternità» e «Donna uscita dal bagno», tutte del 1929-. Nella ricostruzione del 2016 è stato deciso di collocare in questa sala anche dipinti di Ilario Rossi e a Farpi Vignoli.
Della settima e dell'ottava sala allestite da Guido Zucchini ci rimangono opere di Ettore Bocchini, Luigi Cervellati, Gino Marzocchi, Antonio Maria Nardi, Alberto Negroni, Bruno Santi e Antonino Sartini. Della sala nove, che raggruppava disegni e stampe, sono, invece, presentate le ricercate xilografie di Francesco Dal Pozzo, le incisioni di Ubaldo Magnavacca, un monotipo di Giovanni Secchi, una altera testa di donna di Oddone Scabia, i diciotto cartoni con figure di scolaretti di Lorenzo Viani e, soprattutto, tre preziose acqueforti di Giorgio Morandi, le cui incisioni disperse vengono qui sostituite con altri esemplari degli stessi soggetti, donati al Comune di Bologna nel 1961 dall'artista stesso, facenti oggi parte del patrimonio del Museo Morandi: «Paesaggio del Poggio» (1927), «Case del Campiaro a Grizzana» (1929) e «Grande natura morta scura» (1934).
Della decima sala, che esponeva recentissime acquisizioni dell'epoca, rimangono innanzitutto il piccolo olio «Strada» di Filippo De Pisis acquistato alla V Mostra Interprovinciale d'arte e «L'auriga» (1934) del già citato Farpi Vignoli, già allora avvicinato dai critici alle temerarie sperimentazioni di Arturo Martini; sono arrivati a noi anche lavori di Pietro Angelini, Nino Bertocchi, Aldo Carboni e Mario Gamero.
Dell'undicesima sala, a chiusura del percorso, oggi abbiamo ancora le opere dei futuristi Alberto Alberti e Angelo Caviglioni, insieme a un dipinto di Mario Pozzati.
Nel dopoguerra le collezioni di Villa delle Rose si arricchirono, grazie a qualche acquisto e a diverse donazioni – talvolta intese a ricostituire il patrimonio disperso durante il conflitto – di numerose opere di pregio degli artisti bolognesi attivi nella prima metà del XX secolo. Per la mostra sono stati selezionati alcuni lavori che vengono esposti in rappresentanza di Carlo Corsi, Flavio Bertelli e Garzia Fioresi: figure troppo importanti per consentire che la dispersione di quanto mostrato nel 1936 permettesse di ignorarle. Sono state invece omesse, soprattutto per ragioni logistiche, le sculture che il catalogo di Zucchini segnalava all'esterno.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Alberto Alberti (Alberto Vincenzi), «Verso il cielo», 1931. Olio su tela, cm. 180 x 110. Acquistato dal-l'artista, 1932; [fig. 2] Giuseppe Brugo, «Giovane signora (Mughetto) », 1905-1906. Olio su tela, cm. 125 x 76. Concorso Curlandese 1905, premio di pittura; [fig. 3] Giovanni Romagnoli, «Merlettaie [Scuola di ricamo] », 1921. Olio su tela, cm. 100 x 90. Premio Baruzzi 1920; [fig. 4] Bruno Saetti, «Maternità», 1929. Olio su tela, cm. 77 x 62. Acquistato alla XVII Biennale di Venezia, 1930

Informazioni utili 
«Villa delle Rose 1936». Villa delle Rose, via Saragozza 228 – 230, Bologna. Orari: da giovedì a domenica, ore 15,00-20.00; lunedì 31 ottobre (apertura straordinaria), ore 15.00-20.00.

Ingresso: intero € 5,00, ridotto € 3,00 (Card Musei Metropolitani Bologna e altri convenzionati). Sito internet: www.mambo-bologna.org. Fino al 31 ottobre 2016.

venerdì 21 ottobre 2016

Rapporto Federculture, in Italia cresce il consumo culturale

È una buona notizia quella che emerge dalle pagine del dodicesimo Rapporto annuale Federculture presentato nei giorni scorsi a Roma, negli spazi del Maxxi. Il volume, edito da Gangemi e realizzato quest’anno in collaborazione con Agis, racconta, infatti, di un momento positivo per la cultura in Italia.
Maggiori risorse economiche per il settore, crescente autonomia operativa ai musei statali, nuovo protagonismo nelle politiche nazionali per gli operatori delle attività ricreative: questi sono, infatti, i dati che si leggono nel libro «Impresa Cultura. Creatività, partecipazione, competitività», introdotto da una prefazione di Dario Franceschini.
Il rapporto descrive un settore investito, dopo anni di stasi, da politiche di respiro strategico che coniugano valorizzazione della cultura, come uno dei maggiori fattori competitivi dell'Italia, e promozione della conoscenza, in particolare tra i giovani, per favorire la partecipazione dei cittadini alla tutela e fruizione del patrimonio nazionale.
Questo impegno sembra dare risultati positivi: gli italiani sono tornati a teatro (+4% sul 2014 e +8% sul 2013), nei musei (+7% e +18%), e nei siti archeologici (+8 e + 16%).
Il consumo culturale è cresciuto soprattutto tra le nuove generazioni: nella fascia di età 15-17 anni la fruizione teatrale aumenta del 16,6% e quella dei musei del 10,6%; in quella 20-24 anni si registra per il teatro una crescita dell’11,4%, per musei e mostre un +14,3%, nei concerti di musica classica +8,2%.
Tuttavia, in un quadro complessivamente positivo, non si possono tralasciare alcuni elementi di criticità che rischiano di frenare la ripresa e il recupero di competitività, anche internazionale, del settore e dell’intero sistema Paese. Tra questi, per esempio, il fatto che la partecipazione alla cultura sia ancora diffusa tra fasce ristrette della popolazione: l’astensione culturale, in calo nel 2015 del 4% rispetto all’anno precedente, riguarda ancora il 18,5% dei cittadini vale a dire circa 11 milioni di italiani che non fruiscono di cinema, teatro, musei, concerti, né praticano la lettura. E in particolare sul fronte della lettura i dati sono sconfortanti: nel 2015 si stima che meno di un italiano su due, cioè il 42% delle persone di 6 anni e più (circa 24 milioni), abbia letto almeno un libro, cifra stabile rispetto all’anno precedente, ma complessivamente in calo da diversi anni (nel 2010 la percentuale di lettori era del 47% circa).
Inoltre, esiste un evidente ritardo del Mezzogiorno del Paese, dove tutti gli indicatori seppure positivi sono decisamente inferiori al resto della penisola. Per esempio la spesa media mensile delle famiglie dedicata a cultura, spettacoli e ricreazione che, a livello nazionale è pari a 126,41 euro, nel nord-est è di 159 euro, nel centro il dato scende a 128 euro e crolla nel sud e nelle isole rispettivamente a 84 e 78 euro, la metà di quanto si spende nel triveneto e circa due terzi della spesa media nazionale.
Inoltre, sul fronte del turismo, se da una parte recuperiamo ben diciotto posizioni nella classifica della competitività turistica del World Economic Forum passando dal ventiseiesimo posto del 2013 all’ottavo del 2015, arrivi e presenze sono ancora è fortemente concentrato in alcune regioni e gran parte delle numerose attrattive del territorio, in particolar modo ancora una volta al Sud, non sono adeguatamente valorizzate. Ne è un chiaro indicatore il fatto che il 64,5% della spesa turistica degli stranieri si concentra in cinque regioni (Lazio, Lombardia, Veneto, Toscana, Campania), con differenze molto significative: ad esempio in Lombardia i turisti stranieri hanno speso 6 miliardi di euro e in Sardegna esattamente un decimo, 600 milioni.
Un analogo problema di concentrazione si registra sul fronte dei visitatori dei musei che per l’86% si riversano in 5 regioni – Lazio, Campania, Toscana, Piemonte, Lombardia – con i siti del Lazio che ne accolgono quasi 20 milioni, quelli della Campania e Toscana circa 7 milioni ciascuna, mentre in molte altre regioni, come Basilicata, Abruzzo, Calabria, se ne registrano poche centinaia di migliaia.
Dunque, seppure ci sia un’inequivocabile tendenza all’investimento e alla promozione della crescita del settore e una chiara disponibilità a considerare la cultura come un valore per il Paese, è necessario approfondire e intensificare le azioni intraprese per renderle più efficaci nel raggiungimento degli obiettivi.
Federculture ha individuato alcuni nodi cruciali sui quali intervenire come, per esempio, la defiscalizzazione del consumo culturale, l’estensione dell’Art bonus a tutti i soggetti che praticano cultura, la promozione dell’applicazione del bonus giovani, sperimentandone anche una possibile estensione alla popolazione anziana.
«Le nostre sono alcune proposte che potrebbero dare una nuova spinta ad un settore del Paese che è fortemente connesso con lo sviluppo dell'economia -sottolinea il presidente di Federculture Andrea Cacellato-. In modo particolare, il sostegno al consumo culturale può rappresentare la grande svolta capace di mettere in gioco risorse inaspettate, che possono moltiplicare gli effetti nella produzione culturale e nella vita delle Istituzioni, liberando anche una salutare competizione, in connessione con l’aumento della partecipazione dei cittadini alla vita culturale delle città e del Paese. La tensione che tutti dobbiamo avere verso la crescita economica, come fattore indispensabile per aiutare il Paese ad uscire da una lunga e difficile crisi, non può sottacere anche il ruolo che abbiamo nella crescita culturale, premessa necessaria, per rendere il nostro Paese più aperto alla conoscenza, più curioso del futuro, più consapevole dei propri mezzi. Ci sono tutte le condizioni, questa volta, per una vera svolta».

Informazioni utili 
www.federculture.it

giovedì 20 ottobre 2016

Busto Arsizio, doppio sold out per «Wonderland»

Si è aperta con un doppio sold out la stagione 2016/2017 del cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio, intitolata «Mettiamo in circolo la cultura» e inserita nel cartellone cittadino «Ba Teatro».
Più di milletrecento spettatori hanno, infatti, assistito alle due repliche di «Wonderland», musical per la regia di Daniele Nunziata e Omar Picchi, andato in scena nelle serate di venerdì 14 e sabato 15 ottobre nella sala di via Calatafimi.
Sul palco è salito il Gat – Gruppo animazione teatrale dell’oratorio «San Filippo Neri», legato alla parrocchia di San Michele Arcangelo: più di una cinquantina di ragazzi di età compresa tra i 15 e i 25 anni impegnati a recitare, ballare, cantare e dare vita così a un’inedita storia di «Alice nel paese delle meraviglie», che ha entusiasmato il pubblico presente in sala.
Numerosi applausi hanno, infatti, accompagnato i passaggi chiave dello spettacolo, nel quale la bambina nata dalla fantasia di Lewis Carroll, ormai diventata adulta, sposata e con una figlia, si ritrova ancora una volta a «Wonderland», in compagnia di misteriosi e bizzarri personaggi come il Cappellaio matto, la Regina di cuori, il Bianconiglio e il Brucaliffo. Il viaggio nella fantasia è, per Alice, anche un viaggio dentro se stessa, alla scoperta di ciò che veramente conta nella vita, di quel mondo di buoni sentimenti che ha conosciuto da bambina e che ha perso, da grande, per inseguire successo e vane chimere.

In apertura di stagione un ricordo di Dario Fo e il grazie ai sostenitori
Ad aprire le due serate è stato Marco Bianchi, presidente del Manzoni di Busto Arsizio, che ha sottolineato come la nuova stagione vedrà l’arrivo in città di conosciuti e apprezzati protagonisti del teatro italiano come Stefania e Amanda Sandrelli, Enzo De Caro, Anna Galiena, Sebastiano Somma e Renato Pozzetto.
«Prima di dare il via a questo fantastico musical -ha dichiarato ancora Manco Bianchi- vorrei rendere omaggio al grande maestro Dario Fo che, con i suoi insegnamenti e la sua bravura, è riuscito a infondere a numerose persone lo spirito e la magia dell’arte teatrale. Per Fo il teatro era passione e impegno civile, un’occasione per suscitare riflessione e offrire conoscenza. Anche per noi del Manzoni il teatro non è solo divertimento, ma anche strumento di confronto e di dialogo».
Don Federico Cinocca, coadiutore dell’oratorio «San Filippo Neri», ha, invece, voluto ringraziare tutti i sostenitori che, attraverso un progetto triennale di sponsorizzazioni (2016-2018) coordinato da Osvaldo Gallazzi, stanno aiutando a realizzare molte iniziative per rendere l’oratorio e il teatro sempre più accoglienti. «Non si tratta soltanto di una contribuzione economica, ma di una vera e propria rete di relazioni che vogliono mostrare attenzione a tutte le famiglie e ai bisogni della nostra comunità», ha dichiarato don Federico Cinocca, prima di parlare dell’ultima attività formativa nata all’interno del cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio: «Il cantiere delle arti».
La sala di via Calatafimi si apre, infatti, da quest’anno anche ai più piccoli grazie alla collaborazione con la neonata associazione «Culturando», che ha da poco avviato il corso «Attori in erba», riservato ai bambini dai 6 ai 12 anni, le cui iscrizioni rimarranno aperte fino alla metà di novembre. Oltre trenta gli iscritti che hanno preso parte alle prime due lezioni, provenienti non solo da Busto Arsizio, ma anche da vari paesi limitrofi come Olgiate, Fagnano, Ferno, Samarate e Magnago.
«Tutti all’opera con…Gioachino Rossini e Lele Luzzati» è il tema scelto per questa prima edizione del laboratorio, ideata con l’intento di avvicinare i più piccoli al mondo del teatro e dell’opera lirica attraverso la figura del «cigno di Pesaro» e alcune delle sue opere più importanti come «Il barbiere di Siviglia», «La cenerentola», «Guglielmo Tell» e «La gazza ladra», rivisitate anche attraverso le illustrazioni di Lele Luzzati e di altri artisti contemporanei. Il saggio-spettacolo di fine corso è in agenda per la serata di martedì 9 maggio 2017.

A novembre riflettori puntati sulle Sandrelli
La stagione teatrale del Manzoni di Busto Arsizio, il cui cartellone è stato curato da Maria Ricucci dell’agenzia InTeatro di Opera (Milano), proseguirà nella serata di mercoledì 23 novembre con la commedia «Il bagno» di Astrid Veillon, nell’adattamento di Beatriz Santana e Pilar Ruiz Gutiérrez e nella traduzione italiana di David Conati (biglietti in vendita da mercoledì 16 novembre a € 30,00 per la poltronissima, € 26,00 o € 24,00 per la poltrona, € 25,00 o € 23,00 per la galleria). Si tratta di «uno spettacolo divertente e sincero -si legge nella presentazione-, diretto con intelligenza da uno dei registi più interessanti e prolifici della scena spagnola, Gabriel Olivares, che promette tante risate e un cast di donne eccezionali». Sul palco della sala bustese di via Calatafimi salirà, infatti, Stefania Sandrelli, con la figlia Amanda e Claudia Ferri.
Nel frattempo, oltre alle gradite prime visioni cinematografie -le uniche, attualmente, in agenda a Busto Arsizio-, la sala proseguirà la programmazione della rassegna «Mercoledì d’essai», inserita nel progetto «Sguardi d’essai». Tra i prossimi appuntamenti in calendario: «Gli invisibili» di Oren Moverman (mercoledì 26 ottobre), «Truman – Un vero amico è per sempre» (9 novembre 2016) e «Land of mine - Sotto la sabbia» di Martin Zandvliet (16 novembre 2016). Una programmazione, dunque, varia quella del Manzoni di Busto Arsizio, da sempre attento a creare occasioni di divertimento, ma anche di riflessione intelligente tese a stimolare il dialogo tra il pubblico.

Didascalie delle immagini
Foto di Mario Brancato 

Informazioni utili
Teatro Manzoni, via Calatafimi 5 - 21052 Busto Arsizio (Varese), tel. 0331.677961 (in orario serale), info@cinemateatromanzoni.it. Sito web: www.cinemateatromanzoni.it.   

mercoledì 19 ottobre 2016

«FdB Modern», scultori contemporanei al Forte di Bard

Sono oltre quaranta le opere d’arte moderna e contemporanea che compongono il progetto FdB Modern, la cui inaugurazione ufficiale si è tenuta lo scorso week-end al Forte di Bard, uno dei migliori esempi di fortezza di sbarramento dell’Ottocento, collocato all’ingresso della Valle d’Aosta, che vide il passaggio, tra gli altri, di Napoleone Bonaparte e di Camillo Benso Conte di Cavour. Il percorso, concepito per essere permanente, si articola lungo i camminamenti esterni e i volumi imponenti dei corpi di fabbrica della fortezza ottocentesca. Le sculture esposte, tutte patrimonio del Forte, sono rappresentative dei diversi linguaggi dell’arte italiana del XX secolo. Si spazia, infatti, dal classicismo figurativo di Francesco Messina e Floriano Bodini a quello più sperimentale di Giacomo Manzù, dai personaggi ibridi e tormentati di Augusto Perez e Luciano Minguzzi alle forme astratte di Arnaldo e Giò Pomodoro, Andrea Cascella e Umberto Mastroianni sino all’arte concettuale di Gregorio Botta. Il linguaggio della scultura si è rivelato particolarmente adatto a valorizzare la complessa architettura della fortezza: le opere d’arte si appropriano degli spazi con la loro salda tridimensionalità e li investono di valenze estetiche e significati inediti.
L’intervento di Richard Long, uno dei maestri maggiori della Land Art, e la fontana in movimento perpetuo di Pol Bury ridisegnano l’area su cui si affacciano le Scuderie del Forte, così come l’opera di Giuseppe Maraniello; mentre i Business Men di Willian McElcheran sono collocati nel Passage du Fort.
Le opere dei grandi scultori internazionali instaurano un dialogo privilegiato anche con gli ambienti interni della fortezza: da Aristide Maillol, che a inizio Novecento rivoluziona la concezione di monumento, a Tony Cragg, uno dei più importanti scultori inglesi del nostro tempo.
Nelle sale del corpo di guardia dell’Opera Carlo Alberto il visitatore ha modo di confrontarsi con gli altri linguaggi delle arti visive: un olio su carta di Paul Klee, le fotografie di Steve Mc Curry, Ferdinando Scianna, Josef Koudelka, René Burri, Alex Majoli, Yann Arthus Bertrand, Stuart Franklin, René Burri e Bert Stern, sino ai wall drawings concepiti e realizzati da David Tremlett per il bookshop.
In contemporanea i visitatori potranno vedere, fino al prossimo 13 novembre, una mostra su Elliott Erwitt, a cura di Andrea Holzherr e Gabriele Accornero, con centotrentasette immagini scattate tra il 1948 e 2005, ma anche una retrospettiva su Marc Chagall, con più di duecentosessanta opere tra dipinti, acquerelli, gouaches, litografie, ceramiche e tappezzerie.
L'esposizione prende il titolo da «Le Vie», imponente olio su tela realizzato nel 1964, di proprietà della Fondation Marguerite et Aimé Maeght di Saint-Paul-de-Vence, elemento centrale dell'intero percorso espositivo. Attraverso questa autobiografia per immagini, il pubblico è invitato a una nuova lettura dell'opera chagalliana, che dimostra come questo maestro del colore si sia confrontato con con tutte le correnti della pittura moderna, creando una propria visione artistica: quella di un universo riconciliato grazie alla vita, all’amore e all’arte.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Richard Long, Winter Solstice Circle, 2002; [fig. 2] Lucio Fontana, Pol Bury, 1978; [fig. 3] Tony Cragg, Minster, 1992

Informazioni utili 
FdB Modern. Orari: da martedì a venerdì, ore 10.00-18.00; sabato, domenica e festivi, ore 10.00-19.00. Ingresso: intero  € 8,00, ridotto € 6,00. Informazioni: Associazione Forte di Bard - Bard (Valle d’Aosta), tel. +39.0125833811– 809811 o info@fortedibard.it. Sito web: fortedibard.it

martedì 18 ottobre 2016

Vicenza, donata al Palladio Museum la racconta di disegni della famiglia Papafava dei Carraresi

Da Giacomo Quarenghi a John Michael Gandy: è un vero e proprio percorso tra i grandi protagonisti dell’architettura settecentesca quello che propone l’eccezionale raccolta di disegni e stampe donata dalla famiglia Papafava dei Carraresi al Centro internazionale di studi di architettura di Vicenza.
La collezione, che sarà conservata al Palladio Museum, allinea, nello specifico, cinquanta disegni di grande formato e un volume di stampe, raccolti da Alessandro Papafava, trasferitosi a Roma tra il 1803 e il 1807 per studiare, su consiglio di Antonio Canova, presso l'Accademia di San Luca. Oltre al luogo di studio, il giovane studioso frequentava nella capitale gli atéliers degli artisti e vari laboratori, tra i quali quelli della pittrice Angelika Kauffmann e degli architetti Giuseppe Camporesi, Vincenzo Balestra, Mario Asprucci, acquistando da loro stampe e bellissimi disegni acquerellati. Alessandro Papafava acquistò per la sua collezione personale anche opere dell'inglese John Michael Gandy, l'autore delle immaginifiche vedute dei progetti di Sir John Soane e Giacomo Quarenghi (di cui nel 2017 ricorre il bicentenario della morte).
La raccolta, conservata integra dalla famiglia Papafava per oltre due secoli, è costituita da materiali di altissima qualità grafico-pittorica, e riveste un valore storico enorme: essa ci restituisce, infatti, un rara istantanea del mondo di interessi di un giovane studente di architettura fra Sette e Ottocento, che si immerge nella cultura architettonica negli anni in cui i modelli del Neoclassicismo romano arrivano nel Veneto, rivoluzionandone il gusto.
Tornato a Padova, Alessandro Papafava utilizzò quanto imparato a Roma quando progettò e arredò l'appartamento in stile neoclassico, in tutti i dettagli, nel palazzo Papafava di Padova e anche nel rinnovare nello stesso stile l'austera villa di famiglia di Frassanelle nei Colli Euganei.
In questo modo, mettendosi in contatto con l'ambiente artistico veneto, fra cui certamente Giuseppe Jappelli, condividendo i suoi studi, i "suoi disegni " e la sua esperienza, Alessandro Papafava contribuì concretamente all'affermazione e alla diffusione dello stile Neoclassico nel Veneto. Continuò negli anni successivi a coltivare gli stessi interessi, ricoprendo numerosi incarichi civici ed essendo nominato membro dell'Accademia di Belle arti di Venezia e Deputato della Congregazione provinciale di Padova.
Desiderio della famiglia Papafava è che la raccolta costituita dal loro antenato sia mantenuta integra, e i suoi materiali studiati, catalogati e resi disponibili ai ricercatori. Il luogo della loro conservazione e valorizzazione è stato individuato nel Palladio Museum creato dal Cisa Andrea Palladio, l’istituto internazionale con storiche radici nella cultura veneta, espressamente dedicato allo studio dell’architettura.
Alla collezione e al mondo di Alessandro Papafava sarà dedicata una grande mostra già in calendario al Palladio Museum per l’autunno 2017. La cura della mostra è stata affidata al celebre studioso irlandese Alistair Rowan, già presidente del Society of Architectural Historians of Great Britain, profondo conoscitore della raccolta, e a Susanna Pasquali, docente alla Sapienza di Roma e componente il consiglio scientifico del Ciasa Andrea Palladio.

Didascalie delle immagini 
[Fig. 1] Anonimo, Facciata con una cappella rotonda con quattro portici inchiostro con acquerello di diversi colori 164x273 mm; [fig. 2] Giuseppe Camporese, Sezione del tempio Dorico rotondo inchiostro e acquarello a colori 433x588 mm; [fig. 3] Giuseppe Camporese, Facciata del tempio Dorico rotondo inchiostro e acquarello a colori 440x603 mm

Informazioni utili 
www.palladiummuseum.org