ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

sabato 28 ottobre 2017

Al via il Siena International Photo Awards Festival

Compie tre anni il Siena International Photo Awards Festival, promosso dall’associazione culturale Art Photo Travel, che per oltre un mese, a partire dal 29 ottobre, porterà nella città del Palio eventi, workshop, photo tour e incontri con le firme più prestigiose della fotografia internazionale.
Ad aprire il ricco programma sarà l’inaugurazione della mostra «Beyond the Lens», che raccoglie i migliori scatti del contest di fotografia lanciato dalla manifestazione toscana, al quale sono giunte oltre 45mila immagini, opere di fotografi professionisti, dilettanti e amatori provenienti da più di centosessanta Paesi di tutto il mondo.
La cerimonia di premiazione si terrà sabato 29 ottobre, alle ore 17.30, al teatro dei Rozzi. Durante l’incontro, al quale farà seguito una Cena di gala, saranno assegnati i riconoscimenti ai primi classificati di ciascuna delle dieci categorie in gara e verrà decretato il vincitore assoluto, a cui andrà il titolo di Photographer of the Year SIPAContest 2017.
Una giuria internazionale formata da ventisei tra le firme più prestigiose della fotografia mondiale -tra cui Timothy Allen, Dave Black, Alex Noriega, David Lazar, Adrian Dennis, Sophie Stafford, David Shultz- ha scelto tra le migliaia di immagini in concorso le migliori di ogni sezione: libero colore; libero monochrome; viaggi & avventure; persone e volti accattivanti; la bellezza della natura; animali nel loro ambiente naturale; architettura e spazi urbani; sport in azione; portfolio storytelling e il ghiaccio fragile, tema dell'anno 2017.
Le opere migliori saranno, poi, in mostra da domenica 30 ottobre fino a giovedì 20 novembre nei nuovi spazi espositivi dell’ex distilleria dello Stellino, in Via Fiorentina, uno spazio che risale alla prima metà del ‘900 e si caratterizza per il forte carattere industriale.
Al Siena International Photo Awards Festival ci saranno, poi, tanti momenti dedicati alla formazione e all'approfondimento di tecniche e strumenti, a partire dal workshop «Photoshop e Lightroom», in compagnia Marianna Santoni, considerata un «Guru di Photoshop», con all'attivo premi e riconoscimenti per la sua attività di ricerca, la sua carriera e le sue qualità di docente e divulgatrice in Italia e all'estero.
La grande fotografia salirà, inoltre, in cattedra con due incontri speciali, in programma venerdì 27 ottobre, che porteranno a Siena due grandi nomi del fotogiornalismo internazionale: Randy Olson e Ami Vitale, autori di spettacolari immagini realizzate per la rivista «National Geograpghic». L’appuntamento sarà un'occasione unica per conoscere, attraverso immagini straordinarie, gli inediti racconti di viaggio che Olson ha realizzato negli angoli più remoti del nostro pianeta, raccontando le preziose risorse che l’uomo ha imparato a sfruttare e i luoghi inospitali a cui ha saputo adattarsi tra mille difficoltà, in continua lotta per la sopravvivenza.
S’ispira alla sua filosofia di «vivere la storia», invece, l’incontro con Ami Vitale, che a Siena metterà in mostra le spettacolari immagini che ha realizzato, vivendo in capanne di fango e zone di guerra, contraendo la malaria e indossando un costume da panda per documentare i diversi aspetti legati al tema della conservazione dell’ambiente.
Il fotogiornalismo contemporaneo sarà protagonista anche sabato 28 ottobre in occasione dell’incontro con il fotoreporter romano Giorgio Bianchi, che, dopo cinque viaggi in quattro anni in Donbass, regione dell’Ucraina orientale, racconterà la guerra in Ucraina, un conflitto invisibile di cui nessuno sembra accorgersi e che si combatte dal 2014 tra l’esercito governativo di Kiev e le milizie filorusse.
Le tradizioni secolari, la natura e il territorio senese saranno al centro suggestivi tour ed escursioni inedite, dal photo tour del Chianti al tramonto al percorso alla scoperta del centro storico di Siena, patrimonio dell’Unesco e del Palio di Siena per immortalare il connubio di colori, tradizioni ed emozioni tramandate da quattro secoli. Da non perdere anche l’appuntamento con «One shot together», per scattare tutti insieme una foto ricordo in Piazza del Campo.

Per saperne di più
www.sipacontest.com

giovedì 26 ottobre 2017

L’uomo e il paesaggio: settanta foto in mostra a Biella

L’uomo, il paesaggio e l’influenza che l’uno esercita sull’altro sono al centro della mostra fotografica «Terre di uomini», che Chiara Dall’Olio cura per la Fondazione Fotografia Modena e Palazzo Gromo Losa. L’esposizione, in programma dal 27 ottobre al 7 gennaio a Biella, comprende oltre settanta opere di ventisette artisti, che prendono in esame differenti visioni del paesaggio, con particolare riferimento alla tradizione americana, africana e italiana.
Il percorso espositivo, che presenta opere provenienti per la quasi totalità dalla Fondazione Fotografia Modena, si apre con un omaggio all’opera dei grandi maestri della fotografia statunitense: da Ansel Adams, che nelle sue fotografie evoca la leggendaria ultima frontiera, a Edward Weston, interprete, negli anni Trenta e Quaranta, di particolari della natura in chiave estetica e allegorica, per arrivare, negli anni Sessanta, alle sperimentazioni di Callahan e Siskind, che restano tuttavia sempre nel solco tracciato da Adams, della fotografi pura ed elegante. Fondamentale, poi, la figura di Stephen Shore, che immortala la provincia americana finalmente con la pellicola a colori, utilizzata anche da Misrach per agli ampi spazi desertici che richiamano l’attenzione allo sfruttamento della natura effettuato dall’uomo. Lo stesso tema si ritrova nelle periferie industriali di Gossage, così come nei lavori che negli stessi anni Ottanta vanno conducendo anche i fotografi europei. Nel mezzo si collocano autori come White, Caponigro, Bullock e Chappell, interpreti di una fotografia visionaria e contemplativa, che riflette innanzitutto sul posizionamento dell’essere umano nel mondo. L’uomo è anche al centro delle ricerche di Friedlander e di Van Deren Coke, prodotto di una società che è andata sviluppandosi negli anni Sessanta e Settanta, tenendo ai margini il diverso, in nome di un benessere collettivo e di uno sfrenato consumismo, inevitabili conseguenze del capitalismo americano.
Nonostante un territorio naturale affascinante ed estremo che condiziona fortemente la vita quotidiana, gli autori africani non si lasciano ammaliare dalla perturbante bellezza della natura. La fotografia è narrazione di un contesto quotidiano difficile, spesso conflittuale, in cui non c'è spazio per la contemplazione e il paesaggio resta sullo sfondo.
Tra i vari scatti si possono vedere la foresta nigeriana sfruttata e inquinata dagli oleodotti di Osodi, le tracce dell'apartheid in lembi di terra remota raffigurate da Goldblatt, o la vita di tutti i giorni ritratta da Nunn. Anche i cani ritornati randagi dopo essere stati abbandonati dai bianchi in fuga dalle fattorie dopo la fine dell’apartheid, ritratti da Naudé, sono un emblema del recente passato sudafricano. Nella periferia di Tangeri ripresa da Barrada c’è tutta la precarietà di una nazione come il Marocco, così come nelle immagini della prima campagna elettorale democratica del Congo, fotografata da Tillim nel 2006, la tensione delle piazze è palpabile. Tuttavia, la speranza di un futuro normale resiste, come vediamo nelle immagini di Apagya, dove gli adulti si collocano dentro un fondale che è il sogno a occhi aperti di un mondo nuovo.
E in Italia? Il paesaggio italiano è stato da sempre uno dei soggetti più amati dai fotografi nostrani, fin dalle sue origini, un’eredità quasi scontata dal lontano Rinascimento. Difficile, per un autore contemporaneo, liberarsi da un approccio -che poi è una visione- così fortemente radicato, difficile anche solo immaginare un paesaggio diverso dal Bel Paese. Sono fotografi come Franco Fontana -che interpreta il mondo in campiture di colore- o come Luigi Ghirri -che volge l'attenzione alla provincia della pianura padana- a dimostrare fin dagli anni Settanta che non esiste solo la bellezza delle coste o delle Alpi italiane. Sulla loro scia, Fossati indaga le rive del Po, che diventano quasi un paesaggio lunare, e Guidi ferma lo sguardo sulle contaminazioni che l'industria ha portato al nostro territorio, segnandolo e in molti casi deturpandolo. Occorre allora allontanarsi, prendere il largo come Mimmo Jodice che, da moderno Ulisse, ricerca nei luoghi del Mediterraneo le radici di una cultura ancora vibrante di forza. Oppure allargare il campo visivo e fare entrare nella fotografia il brulicare dell'attività umana moderna, invisibile ma palpabile presenza nelle fotografie di architetture di Basilico, colorata e invasiva massa nei paesaggi alpini di Niedermayr, che ormai hanno perduto per sempre il fascino selvaggio, la wilderness tanto amata da Ansel Adams, tanto che la fotografia stessa non può più essere unica, ma è frammentata in più cornici, spezzata come lo sguardo contemporaneo.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Minor White, Golden Gate Bridge, 1959. Stampa alla gelatina d’argento;  [fig. 2] Luigi Ghirri, Formigine, 1984. Dalla serie Il profilo delle nuvole, c-print, 39 x 49,5 cm; [fig. 3] Franco Fontana, Paesaggio urbano, New York, 1979. c-print, 45 x 30 cm. © l’artista

Informazioni utili
Terre di Uomini. Adams, Shore, Goldblatt, Ghirri, Basilico, Jodice e altri 21 grandi fotografi raccontano il paesaggio. Palazzo Gromo Losa, corso del Piazzo, 22/24 - Biella. Orari: venerdì e sabato, ore 15.30-19.00; domenica, ore 10.00-13.00 e ore 15.30-19.00; 1° novembre, 8 e 26 dicembre, 1° e 6 gennaio, ore 10.00-13.00  e ore 15.30-19.00; mostra chiusa il 25 dicembre. Ingresso: intero € 7,00, ridotto € 5,00 → Soci Touring Club, Soci FAI, Soci Plein Air, Tessera Abbonamento Musei Torino e Piemonte, Amici di Castelli Aperti, gruppi di almeno 12 persone; ingresso gratuito → under 25, studenti universitari con tesserino, disabili + 1 accompagnatore, insegnanti se accompagnano una classe, giornalisti con patentino, guide turistiche con patentino | visite guidate per gruppi (min. 12 - max. 25 persone) a cura di Ideazione Società Cooperativa  € 65,00 a gruppo in aggiunta al prezzo del biglietto (tel. 329.1866660). Informazioni: tel. 015.2520432 o info@fondazionecrbiella.it | tel. 059.6139623 o cell. 335.1621739, mostre@fondazionefotografia.org. Sito internet: www.fondazionefotografia.org. Dal 27 ottobre al 7 gennaio 2018.

martedì 24 ottobre 2017

Cuccarini, Ingrassia e la coppia: al Manzoni di Busto va in scena «Non mi hai più detto ti amo»

La famiglia è ancora il cardine della società e il nostro punto di riferimento assoluto? Come si stanno evolvendo le coppie alla luce delle trasformazioni sociali, politiche ed economiche in atto? Sono queste due domande a tessere la trama della commedia «Non mi hai più detto ti amo», scelta da Maria Ricucci dell’agenzia «InTeatro» di Opera (Milano) per aprire la stagione 2017/2018 del cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio, intitolata ancora una volta «Mettiamo in circolo la cultura» e inserita nel cartellone cittadino «BA Teatro».
L’appuntamento, in agenda nella serata di venerdì 27 ottobre (alle ore 21), segna il ritorno in coppia sul palcoscenico, a vent’anni dal musical «Grease» e per la prima volta in uno spettacolo di prosa, di due tra gli attori più amati dal grande pubblico: Lorella Cuccarini e Giampiero Ingrassia.
Con questi due straordinari e assoluti mattatori della scena saliranno sul palco anche Raffaella Camarda, Francesco Maria Conti e Fabrizio Corucci. Le musiche portano la firma di Giovanni Caccamo, cantautore siciliano scoperto da Franco Battiato e lanciato dal Festival di Sanremo, che lo ha visto vincere nel 2015 nella sezione «Giovani». Firma le scene Alessandro Chiti; i costumi sono stati realizzati da Silvia Frattolillo. Il light designer dello spettacolo è Umile Vainieri; il sound designer Luca Finotti.
«Non mi hai più detto ti amo», commedia ironica e intelligente scritta e diretta da Gabriele Pignotta, racconta «la storia di una famiglia italiana contemporanea, costretta -si legge nella sinossi- ad affrontare un cambiamento traumatico improvviso e che, alla fine di un percorso umano difficile e intenso, si ritroverà completamente trasformata e forse più preparata a sopravvivere».
Lorella Cuccarini, al debutto in una commedia non musicale, interpreta Serena, una madre che, con grande coraggio, trova la forza di mettersi in discussione per riscoprire il suo essere donna, mettendo così in gioco gli equilibri della sua famiglia. Giampiero Ingrassia è suo marito, Giulio, un uomo che reagirà al repentino cambiamento della moglie, riscoprendo, finalmente, il suo ruolo di padre.
«Anche i due figli, due ragazzi di vent'anni, -racconta Gabriele Pignotta- andranno incontro a una crisi profonda esattamente come i loro genitori, ma quando tutto sembra portare verso la più amara delle disgregazioni familiari, ognuno riuscirà a trovare delle risorse interiori inaspettate che porteranno la famiglia a ricomporsi con un avvincente finale a sorpresa».
La famiglia è, dunque, il motore principale di questo spettacolo e si mostra con le sue fragilità e con la sua forza. «L’amore tra uomo e donna e tra genitori e figli -raccontano dalla produzione, che vede alla guida Milleluci Entertainment- è visto con leggerezza ma anche con passione, sbirciando attraverso la quotidianità: risate, lacrime, sospetti, cambiamenti e tante altre piccole e grandi situazioni condiscono la commedia, in cui ognuno di noi può ritrovare uno spaccato della sua vita». Un appuntamento, dunque, tra risate e riflessioni quello che propone il cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio, dove Lorella Cuccarini e Giampiero Ingrassia faranno tappa con una delle prime date della tournée invernale del loro nuovo spettacolo.

Informazioni utili
«Non mi hai più detto ti amo». Cinema teatro Manzoni, via Calatafimi, 5 - Busto Arsizio. Venerdì 27 ottobre 2017, ore 21. Ingresso: il costo del biglietto per lo spettacolo «Non mi hai più detto ti amo» è fissato ad € 33,00 per la poltronissima, € 30,00 (intero) o € 27,00 (ridotto) per la poltrona, € 28,00 (intero) o € 25,00 (ridotto) per la galleria. Le riduzioni sono previste per studenti, over 65 e per gruppi (Cral, scuole, biblioteche e associazioni) composti da minimo dieci persone. Il diritto di prevendita è di euro 1,00. Informazioni: 339.7559644 o 0331.677961 (negli orari di apertura del botteghino e in orario serale, dalle ore 20.30 alle ore 21.30, tranne il martedì); info@cinemateatromanzoni.it. Sito internet: www.cinemateatromanzoni.it.

domenica 22 ottobre 2017

In mostra a Bologna i caratteri delle Officine Simoncini

Ha inventato il carattere tipografico degli elenchi telefonici e il font usato da Einaudi per oltre quarant’anni. Stiamo parlando di Francesco Simoncini (1912-1975), dal 1954 amministratore unico dell’omonima officina, fondata da suo padre nel 1953 a Bologna e trasferitasi, poi, in un grande stabilimento a Rastignano, che si è affermata nel tempo come una delle realtà più all'avanguardia del settore della progettazione e produzione di matrici per macchine Linotype.
Alla storia di questo grande innovatore nel campo del design dei caratteri tipografici rende omaggio il Museo del patrimonio industriale di Bologna con la mostra «Metodo Simoncini. Ricerca di un’estetica dell’insieme», ideata da Griffo, la grande festa delle lettere, progetto multidisciplinare nato nel 2014 che narra e celebra la storia dell’inventore bolognese e delle lettere, strumento prezioso che ci accompagna ogni giorno. Se oggi in ogni momento condividiamo idee con parole e frasi d'inchiostro e pixel, poco o nulla sappiamo -raccontano i curatori Elisa Rebellato e Antonio Cavedoni- di quello straordinario strumento che sono le lettere, della loro storia e di quella di chi le ha create.
La mostra, attraverso le innovazioni e i traguardi di Simoncini come imprenditore e designer di caratteri autodidatta, illustra il valore di un approccio globale al progetto, in cui estetica e funzionalità, ricerca e umanità sono elementi equivalenti e indispensabili.
Il percorso espositivo, che propone un'esperienza immersiva e multimediale con un allestimento ispirato alla disposizione del reparto disegno caratteri Officine Simoncini, accoglie il visitatore con filmati, fotografie e strumenti originali dell’epoca, introducendolo nell’affascinante processo di ideazione e realizzazione di una matrice per Linotype. Si prosegue con la presentazione del brevetto internazionale Metodo Simoncini, insieme a documenti, disegni dei caratteri e rare edizioni che ricostruiscono il contributo di Francesco Simoncini come progettista e offrono una panoramica su impatto e diffusione dei suoi alfabeti più importanti, come il Garamond Simoncini creato per Einaudi e il Delia progettato per gli elenchi telefonici.
Al designer bolognese si devono anche molti caratteri che hanno avuto larga diffusione in quotidiani e periodici in Italia e all'estero, tra quelli italiani figurano «Stadio», «La Nazione», «Il Tempo», «Guerin Sportivo», «Il Resto del Carlino» e «La Domenica del Corriere».
Nel progettare i propri caratteri, Simoncini si pone come obiettivi chiarezza e leggibilità, mettendo al centro di ogni progetto i consumatori finali del suo prodotto, i lettori. Questa attenzione, nell'epoca della diffusione della tecnologia Linotype, fa sì che i suoi caratteri abbiano largo impiego in ogni ambito della stampa in Italia. Ancora oggi alcuni dei suoi caratteri, anche se creati per una tecnologia obsoleta, sono noti e apprezzati in tutto il mondo.
È lo stesso autore a raccontare questo suo modo di procedere in una lezione-conferenza per il Corso superiore di cultura grafica alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino: «la leggibilità e funzionalità dei testi stampati, destinati a letture prolungate, è in parte oggi legata alla scelta di un buon procedimento di stampa, ma soprattutto alla diligenza con cui si procede alla preparazione dello stampato. In questo senso si può e si deve operare con impegno. Non sempre è feli-ce la scelta dei caratteri, della carta e non sempre sono curate la composizione e la stampa. […] In ogni nostro atto, nell'attività grafica, sia sempre presente la figura del lettore e le sue esigenze».
Anche come imprenditore Simoncini mise in pratica una visione innovativa per l’epoca, con un’attenzione costante volta al rispetto di collaboratori e dipendenti. Insieme ai fratelli riuscì a condurre l’attività del padre da piccola officina di riparazioni per Linotype colpita dalla guerra, a grande industria internazionale per la progettazione e produzione di caratteri. La sua dedizione si estese anche al di fuori dell’azienda: assunse infatti ruoli di rilievo in associazioni di settore, impegnandosi inoltre nella formazione dei giovani tecnici e nella standardizzazione della tecnologia.

Informazioni utili
Metodo Simoncini. Ricerca di un’estetica dell’insieme. Museo del patrimonio industriale | Fornace Galotti, via della Beverara, 123 - Bologna. Orari: dal martedì al venerdì, ore 9.00-13.00; sabato, ore 9.00-13.00 e ore 15.00-18.00; domenica, ore 15.00-18.00. Ingresso: intero € 5,00, ridotto € 3,00, gratuito Card Musei Metropolitani Bologna e la prima domenica del mese. Informazioni: tel. 051.6356611 o museopat@comune.bologna.it. Sito internet: www.museibologna.it/patrimonioindustriale. Fino al 12 novembre 2017. 

venerdì 20 ottobre 2017

Da Gibellina all’Emilia, quando l’arte racconta il terremoto

È un viaggio a ritroso nel tempo quello che propone lo Studio Museo Francesco Messina di Milano con la sua nuova mostra, una riflessione su come il terremoto cambi la vita delle persone e su come l’arte possa raccontare in maniera inedita un evento sismico. Al centro dell’esposizione ci sono una selezione di fotografie scattate da Giuseppe Iannello (1982), fotografo palermitano recentemente laureato in Documentary Photography alla University of South Wales. Queste opere, stampate in bianco e nero, ritraggono alcune immagini di archivio della vecchia Gibellina elaborate e proiettate dall'artista sul Grande Cretto di Alberto Burri. Il progetto fotografico, intitolato «Gibellina 1968 - otto minuti dopo le tre», si propone così di far rivivere il luogo e le persone colpiti dal violento terremoto del 1968 e fissarli nella memoria storica.
L'interessante creazione artistica approfondisce, dunque, tematiche legate alla memoria, al senso dei luoghi dimenticati, abbandonati e distrutti e al loro destino, argomenti centrali anche per l'artista Domenico Fazzari, che parallelamente espone una tela di ottanta metri quadrati raffigurante l'abside della chiesa di Africo, sopravvissuta all'alluvione del 1951, considerata gemella di San Sisto, edificio religioso sventrato dai bombardamenti del 1943, che attualmente ospita lo Studio Museo Francesco Messina.
A fare da filo rosso tra le opere in mostra è quanto accaduto nella notte tra il 14 e il 15 gennaio del 1968, quando un violentissimo sisma colpì la valle del Belice, nella Sicilia Occidentale. Il terremoto, localizzato tra i paesi di Gibellina, Poggioreale e Salaparuta, causò duecentotrenta morti e circa mille feriti. Per molti mesi gli abitanti di questi paesi furono costretti a vivere in tendopoli e, per diversi anni, nelle baraccopoli.
Negli anni seguenti, il Governo italiano tentò una ricostruzione delle zone colpite. Una nuova Gibellina fu costruita a venti chilometri da quella distrutta, ma non era più la stessa. Mentre la vecchia Gibellina subì una rapida morte per mano del terremoto, la nuova Gibellina subì una morte lenta per mano dei pianificatori.
Oggi, nel nuovo paese, gli ampi spazi pubblici ostacolano le relazioni della comunità. Le case, progettate dagli architetti che sognavano l'ideale della città-giardino, hanno di fatto cancellato l'abitudine degli abitanti di sedersi sui gradini della porta di casa. Gli anziani dicono di sentirsi come ospiti nel loro paese, mentre i giovani si sentono orfani di un modo di vivere che non hanno mai sperimentato.
L'interesse di Giuseppe Iannello è incentrato sull'avvenuta disconnessione tra queste due generazioni e si chiede: «Che cosa rimarrà nella mente delle nuove generazioni quando l'ultima persona che ha vissuto il tragico evento del terremoto non ci sarà più a raccontare la storia del vecchio paese? E come vivranno e creeranno quegli spazi comuni che sono andati persi?».
Mentre la nuova Gibellina è divisa a metà tra passato e presente, le rovine dell'antica Gibellina sono diventate il luogo di una installazione artistica: Alberto Burri ha risposto alla catastrofe compattando e coprendo le macerie del paese con uno spesso strato di calcestruzzo bianco, con fessure che lo attraversano seguendo il tracciato stradale originale. L'opera, chiamata Il Grande Cretto, si può vedere come un sarcofago concettuale, un memoriale del paese.
Questa enorme opera d'arte di ottomila metri quadrati ha sempre attratto Giuseppe Iannello. «Faticavo a capire il suo profondo significato, ma era così immensa e straordinaria che sono tornato diverse volte a visitarla, anche da adulto- racconta l’artista-. Ogni volta che camminavo tra le crepe del Grande Cretto, la fantasia di vedere il vecchio paese prendeva sempre più forma. Immaginavo la città vecchia, la sua gente e la sua storia e mi interrogavo inoltre sul significato del concetto di memoria. Ho pensato quindi di proiettare le immagini d'archivio che raccontano la vita della vecchia Gibellina sulle pareti del Grande Cretto provando a ricreare le strade, le atmosfere e a restituire i volti degli abitanti di Gibellina prima del terremoto».
A raccontare il terremoto attraverso il linguaggio dell’arte è in questo autunno anche una mostra allestita a Modena, negli spazi dell’ex Manifattura Tabacchi. Il percorso espositivo, visibile dal 21 ottobre al 4 febbraio, presenta le opere di sette fotografi internazionali, reduci da un periodo di lavoro in Emilia e nelle regioni del Centro Italia, alla ricerca di una via personale attraverso la quale raccontare la sequenza di terremoti che hanno colpito il nostro Paese negli ultimi dieci anni.
I pungenti bianchi e neri di Olivier Richon e i paesaggi silenziosi di Hallgerður Hallgrímsdóttir, le inquadrature crude di Naoki Ishikawa, il caos ragionato dei collage di Tomoko Kikuchi, i luoghi sordi e laconici di Eleonora Quadri, le insinuanti fotografie di Valentina Sommariva e gli attenti giochi di forme che dominano le composizioni di Alicja Dobrucka: le oltre settanta fotografie di «Sequenza Sismica» -questo il titolo della mostra- sono lo specchio di una condizione di precarietà e fragilità in cui tutta l’umanità può riconoscersi.
Completa il percorso espositivo un video documentario prodotto da Fondazione Fotografia Modena, ideato e realizzato da Daniele Ferrero e Roberto Rabitti, girato negli stessi luoghi visitati dai fotografi in più momenti: il video ruota attorno al tema cardine del tempo, della sua percezione straniata e distorta durante eventi traumatici. Grazie alla consulenza di alcuni professori dell'Università di Pisa è stato, inoltre, possibile per i due autori approfondire le dinamiche che caratterizzano la psicologia del trauma, indagando in particolar modo gli effetti psichici e fisici tipicamente riscontrabili a seguito di terremoti.
Parte integrante della mostra è, infine, un’importante selezione di fotografie storiche dei primi terremoti fotografati in Italia, a cura di Chiara Dall’Olio. Se, infatti, il nostro Paese è sempre stato scosso da terremoti, meno noto è il rapporto che lega la fotografia del XIX e XX secolo alla rappresentazione e allo studio di tali eventi drammatici. Per raccontare questa relazione sono stati scelti quattro momenti particolarmente significativi: il terremoto del 16 dicembre 1857 in Val d’Agri (oggi territorio compreso fra le provincie di Potenza e Salerno), rappresentato nelle fotografie di Alphonse Bernoud; il terremoto di Norcia del 22 agosto 1859, nelle fotografie di Robert MacPherson; il terremoto di Casamicciola (isola di Ischia) del 28 luglio 1883, nelle immagini di un anonimo reporter, e il terremoto di Messina del 1908, fotografato da Luca Comerio.

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Giuseppe Iannello, Gibellina, 2017. Proiezione di immagine d'archivio sul Grande Cretto di Burri, stampa inkjet su carta Fine Art Hahnemuhle, cm 80x80; [fig. 2] Giuseppe Iannello, Via Cavour 1950, 2017. Proiezione di immagine d'archivio sul Grande Cretto di Burri, stampa inkjet su carta Fine Art Hahnemuhle, cm 80x80; [fig. 3] Giuseppe Iannello, Il Cretto e il vecchio paese, 2017. Proiezione di immagine d'archivio sul Grande Cretto di Burri, stampa inkjet su carta Fine Art Hahnemuhle, cm 107x107; [fig. 4] Olivier Richon, Amatrice, 2017. Stampa alla gelatina d’argento 40 x 50 cm © l’artista; [fig. 5] Valentina Sommariva, Senza Titolo, 2017. Stampa inkjet 100 x 70 cm © l’artista

Informazioni utili
Gibellina 1968 - otto minuti dopo le tre. Giuseppe Iannello. Studio Museo Francesco Messina, via San Sisto 4/A - Milano. Orari: da martedì a domenica, ore 10.00-18.00. Ingresso libero. Informazioni: tel. 02.86453005, c.museomessina@comune.milano.it. Sito internet: www.comunedimilano.it/museomessina. Fino al 22 ottobre 2017.

Sequenza Sismica - Sette fotografi internazionali raccontano il terremoto in Italia. MATA, Ex Manifattura Tabacchi, via Manifattura Tabacchi, 83 - Milano.
Orari: mercoledì-giovedì-venerdì, ore 15.00-19.00; sabato-domenica, ore 11.00-19.00; chiuso lunedì e martedì. Ingresso libero. Informazioni sulla mostra:
fondazionefotografia.org/mostra/sequenza-sismica/. Dal 21 ottobre 2017 al 4 febbraio 2018