ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

venerdì 26 gennaio 2018

Trieste, la Shoah attraverso gli occhi di Anton Zoran Mušič

Le arti figurative hanno spesso il pregio di far continuare a vivere attraverso immagini e sensazioni pagine significative della nostra Storia, ricordando ciò che è stato per far sì che non accada più. È il caso della Shoah: i visi allucinati di Edith Birkin, le scene di grande impatto fotografico di David Olère, i profili tratteggiati di Richard Grune, la disperazione ritratta da Sara Kestelman, i terribili paesaggi di Samuel Bak e le fosse dipinte da Leslie Cole sono soltanto alcune testimonianze del genocidio nazista giunte fino a noi.
Tra gli artisti che hanno impresso nella nostra memoria la brutalità di ciò che è avvenuto nei campi di concentramento c’è anche Anton Zoran Mušič (Boccavizza, 12 febbraio 1909 – Venezia, 25 maggio 2005), a cui la città di Trieste dedica negli spazi del Civico Museo Revoltella, in occasione della Giornata internazionale della memoria 2018, la mostra «Occhi vetrificati».
L’esposizione, per la curatela di Laura Carlini Fanfogna, allinea ventiquattro disegni, tutti inediti, che l’artista realizzò nel 1945, mentre era prigioniero a Dachau, marchiato con il triangolo rosso dei deportati politici, a causa dell’accusa di collaborazione alla Resistenza per la sua amicizia con Ivo Gregorc, membro della Croce Rossa slovena.
Questi lavori erano stati «dimenticati» tra i fascicoli d’archivio conservati in varie istituzioni che si occupano di preservare la memoria storica degli eventi legati alla Seconda guerra mondiale, tra cui l’Istituto regionale per la Storia del movimento di Liberazione nel Friuli Venezia Giulia, e sono ritornati alla luce nel luglio del 2016 nel corso di una ricerca che il professor Franco Cecotti, vicepresidente dell’Aned - Associazione nazionale ex deportati, stava conducendo.
Oggetto del suo interesse era una cartella contenente ciclostilati e materiali intitolata «Gli italiani in Dachau» e risalente al maggio del 1945. La stessa data era riportata anche su una seconda cartella, contrassegnata come «Disegni campo Dachau», dalla quale sono emerse le opere di Mušič al centro dell’esposizione triestina.
I disegni furono realizzati dall’artista appena dopo l’arrivo degli Alleati, quando egli sopravviveva nel campo in una sorta di quarantena, sopraffatto dall’angoscia che ancora lo torturava.
Le ventiquattro opere riunite in mostra facevano parte di un corpus più ampio di pezzi che Mušič donò in parte ai compagni sopravvissuti.
Questi disegni andarono dispersi, fatta eccezione per il nucleo esposto ora al museo Revoltella.
Fissati a matita o inchiostro su supporti disparati come fogli di quaderno, carte di riciclo e persino libri, questi lavori, dove spesso sono raffigurati cadaveri a mucchi e a pile, danno forma all’orrore. Sembrano urla silenziose di dolore, un dolore che l’artista tenne a lungo lontano dalla sua memoria. Ritornato a casa, Mušič si dedicò, infatti, a lungo a raccontare l’amata Venezia e i paesaggi dalmati e solo negli anni Settanta, trascorso un quarto di secolo, riuscì a ritornare sull’argomento con la serie «Noi siamo gli ultimi», raccontando «l’orrido che è insito nell’uomo».
«I ventiquattro disegni di Music, vero tesoro d’arte e di storia, dopo l’esposizione resteranno in deposito nelle nostre collezioni -sottolinea Laura Carlini Fanfogna, curatrice della mostra e direttrice del Servizio civici musei e biblioteche del Comune di Trieste - e saranno affiancati dalla storica video-intervista che vent’anni fa l’artista rilasciò in occasione della sua mostra alla Risiera di San Sabba, rievocando quella deportazione a Dachau».
«Con l'occasione abbiamo voluto anche documentare – racconta ancora la Carlini Fanfogna - la realtà di quel campo e di altri campi di sterminio, attraverso una selezione di immagini che l’Usis-United States Information Service vi realizzò all’arrivo delle truppe alleate. Sono immagini tratte dalla nostra fototeca, ricca di quasi 3 milioni di foto e, tra esse, di un corpus di ben 14 mila concesse proprio dall’Usis».

Informazioni utili
«Occhi vetrificati». Museo Revoltella, via Diaz, 27 - Trieste. Orari: lunedì, mercoledì, giovedì, venerdì, sabato e domenica, ore 10.00-19.00; la cassa chiude alle ore 18.15. Ingresso: intero € 7,00, ridotto € 5,00, ridotto scolastico € 3,00. Informazioni: tel. 040.6754350/4158. Sito internet: www.museorevoltella.it. Dal 27 gennaio al 2 aprile 2018. 

mercoledì 24 gennaio 2018

«Storie, Direzioni, Visioni»: la Gam di Torino si racconta attraverso le sue collezioni

Guarda alla sua storia la Gam – Galleria d’arte moderna e contemporanea di Torino per la nuova esposizione permanente delle sue collezioni. Dallo scorso dicembre il museo sabaudo presenta al pubblico un nuovo allestimento, che abbandona l’usuale ordinamento tematico per offrire al pubblico un percorso che ricompone la storia del primo museo civico d’arte moderna italiano, raccontando anche le vicende artistiche degli ultimi due secoli attraverso le acquisizioni e le politiche culturali promosse dai direttori che si sono succeduti alla guida della prestigiosa realtà piemontese: Pio Agodino, Emanuele d’Azeglio, Vittorio Avondo, Enrico Thovez, Lorenzo Rovere, Vittorio Viale e Luigi Mallé.
Il riallestimento delle collezioni, guidato da Carolyn Christov-Bakargiev, è curato per l’Ottocento da Virginia Bertone con Fabio Cafagna e Filippo Bosco, e per il Novecento da Riccardo Passoni con Giorgina Bertolino.
Il nuovo allestimento della Gam è ordinato secondo tre linee di lettura: la storia dell’arte, la storia del museo, e il contesto storico, sociale ed economico di Torino nella cornice degli avvenimenti nazionali e internazionali.
Al secondo piano sono esposti dipinti e sculture che accompagnano il visitatore dalla nascita del museo nel 1863 fino ai primi anni del Novecento; al primo piano sono presentate le opere datate dagli anni dieci del Novecento fino alla Pop art, coeva al boom economico degli anni sessanta del secolo scorso.
La sequenza delle opere e dei capolavori conservati dalla Gam rispecchia i gusti di allestimento dell’epoca: nella seconda metà dell’Ottocento, ad esempio, i dipinti si allestivano a quadreria su pareti colorate, spesso rosso pompeiano o verde oliva, perché si pensava che per contrasto i dipinti risaltassero come finestre sul mondo.
Il museo era uno spazio pubblico: ci si sedeva sulle panchine e si conversava, come in un parco. All’inizio del XX secolo le pareti si schiariscono, si adotta il beige o il grigio quale colore di fondo e nasce il canone dell’allineamento su una sola fila, con le opere una accanto all’altra all’altezza degli occhi.
Gli aspetti innovativi del nuovo ordinamento della collezione comprendono anche la forte presenza di documenti d’archivio e testi di sala che raccontano la storia dell’arte attraverso le opere della Galleria torinese. Il percorso espositivo presenta, inoltre, dei «metamusei»: pareti che, attraverso immagini d’epoca e testi, offrono focus di approfondimento sulle vicende artistiche e storiche del museo e della città, in rapporto agli avvenimenti italiani e del mondo.
Il percorso di visita ha inizio dal secondo piano dove sono ospitate le opere dell’Ottocento, dalle origini delle raccolte civiche (1863) fino alla vigilia della Grande guerra (1914).
Per la colorazione delle pareti si è scelto di adottare un’alternanza di rosso e verde, colori utilizzati nel 1913 da Enrico Thovez, che in quell’anno fu nominato direttore della Galleria civica.
«Nelle ultime sale dell'Ottocento, -raccontano gli organizzatori- la direzione ha scelto di sperimentare e studiare il rapporto percettivo del pubblico contemporaneo con altre tonalità caratteristiche della nostra vita attuale, evitando di mostrare l'arte ottocentesca negli ambienti bianchi tipici degli spazi museali dalla fine del Novecento a oggi».
Il percorso è suddiviso in diciassette sale che seguono un ordinamento cronologico affrontando temi quali «Il rinnovamento del paesaggio», «L’arte alle grandi esposizioni», «La fortuna del ritratto» e «La pittura divisionista e simbolista».
 Tra le opere dei molti artisti presenti nelle collezioni sono esposte quelle di Antonio Canova (1757-1822), Giovanni Battista De Gubernatis (1774-1837), Andrea Gastaldi (1826-1889), Vincenzo Vela (1820-1891), Giovanni Fattori (1825-1908), Tranquillo Cremona (1837-1878), Vincenzo Gemito (1852-1929), Giuseppe Pellizza da Volpedo (1868-1907), Angelo Morbelli (1853-1919), Medardo Rosso (1858-1928), Gustave Courbet (1819-1877), Pierre-Auguste Renoir (1841-1919) e sale dedicate ai nuclei di opere di Massimo d’Azeglio (1798-1866), Antonio Fontanesi (1818-1882) e Leonardo Bistolfi (1859-1933).
Il primo piano raccoglie le opere del Novecento che spaziano dal primo decennio del secolo fino al 1965, con sale intitolate alla «Moderna classicità», ai «Futurismi» e alle «Avanguardie storiche», che propongono opere di Felice Carena (1879-1966), Mario Sironi (1885-1961), Carlo Carrà (1881-1966), Alberto Savinio (1891-1952), Giorgio de Chirico (1888-1978), Giacomo Balla (1871-1958), Gino Severini (1883-1966), Umberto Boccioni (1882-1916), Enrico Prampolini (1894-1956), Otto Dix (1891-1969), Francis Picabia (1879-1953), Max Ernst (1891-1976) e Paul Klee (1879-1940).
Il percorso è intervallato dalle stanze monografiche destinate ai capolavori di Felice Casorati (1883-1963), Arturo Martini (1889-1947), Giorgio Morandi (1890-1964) e Filippo de Pisis (1896-1956). Un’ampia sala, dedicata all’«Arte a Torino tra le due guerre», è introdotta da Amedeo Modigliani (1884-1920), che con la sua «Ragazza rossa» è una delle fonti di ispirazione del gruppo cosiddetto dei «Sei pittori».
L’itinerario all’interno delle collezioni prosegue con la sala degli artisti «Astratti italiani» degli anni Trenta rappresentati dalle sculture di Lucio Fontana (1899-1968), Fausto Melotti (1901-1986) e dai dipinti di Osvaldo Licini (1894-1958). Si snoda tra le opere dei protagonisti della scena internazionale degli anni Quaranta e Cinquanta: Marc Chagall (1887-1985), Pablo Picasso (1881-1973), Hans Hartung (1904-1989), Hans Jean Arp (1887-1966). Approfondisce le ricerche di Lucio Fontana (1899-1968), Alberto Burri (1915-1995), Asger Jorn (1914-1973) e Pinot Gallizio (1902 – 1964). Si inoltra negli anni Sessanta approfondendo la storia del «Museo Sperimentale», allargando, infine, lo sguardo sulla scena Pop italiana con opere, tra gli altri, di Mario Schifano (1934-1998) e Salvatore Scarpitta (1919-2007), ma anche di Andy Warhol (1928-1987), Louise Nevelson (1899-1988) e Beverly Pepper (1924).
Un viaggio, dunque, ben articolato tra le storie, le direzioni e le visioni di chi ha creato e reso grande la Gam di Torino tra il 1863 e il 1965, consegnando alla storia uno dei musei d’arte moderna e contemporanea più importanti d’Italia.

Informazioni utili 
GAM - Galleria civica d’arte moderna e contemporanea di Torino, via Magenta, 31 – Torino. Orari: martedì – domenica, ore 10.00-18.00, chiuso lunedì (la biglietteria chiude un’ora prima). Ingressi: intero € 10,00, ridotto € 8,00, gratuito ragazzi fino ai 18 anni. Informazioni per il pubblico: tel. 011.4429518. Sito Internet: www.gamtorino.it.

lunedì 22 gennaio 2018

Da David Hockney a Cézanne, Nexo Digital porta la grande arte al cinema

La grande arte ritorna sugli schermi dei cinema italiani. Dopo il successo della scorsa stagione, che ha raccolto oltre quattrocentomila spettatori, Nexo Digital propone un nuovo calendario di eventi cinematografici che, grazie alla tecnologia del cinema digitale, faranno vivere sul grande schermo tutta la ricchezza delle mostre, degli artisti e dei musei più importanti del mondo.
A inaugurare questo nuovo ciclo sarà, nelle giornate del 30 e del 31 gennaio, il docufilm «David Hockney dalla Royal Academy of Arts», che racconta le due grandi esposizioni che la prestigiosa istituzione londinese ha dedicato all’artista, uno dei simboli indiscussi della Pop art inglese.
Il rapporto di David Hockney con la Royal Academy of Arts, di cui è membro dal 1991, è unico, tanto che l’artista ha creato che per gli spazi dell’istituzione britannica ben due eventi espositivi ad hoc: «A Bigger Picture 2012» e «82 Portraits and One Still Life 2016».
Partendo da questi allestimenti, il film ripercorre la carriera del maestro britannico, artefice di opere iconiche come «A Bigger Splash» e «A Closer Grand Canyon».
A partire dall’intervista all’artista a cura di Tim Marlow, direttore artistico della Royal Academy of Arts, Hockney racconterà, nello specifico, il suo primo viaggio all’estero, in Egitto nel 1963, il dolore per la morte dell’amico Jonathan Silver e le tecniche innovative che sta abbracciando in questi anni, con disegni e video realizzati con l’iPad.
Ad arricchire il racconto ci saranno anche i pareri dei critici d’arte Martin Gayford e Jonathan Jones, e quelli di Edith Devaney, senior contemporary curator della Royal Academy of Arts, che posò due volte per l’artista.
Pittore sempre pronto a sperimentare e ad innovare il proprio linguaggio, gioioso nel suo modo di dipingere irrequieto, imprevedibile e vitale, Hockney dà vita a un’arte ricca di immediatezza, capace di regalare un senso di energia e vigore a tutti i soggetti trattati.
Le due mostre al centro del racconto, realizzato da Nexo Digital in collaborazione con Sky Arte HD e MYmovies.it, sono entrambe molto interessanti. «A Bigger Picture 2012» è stata la prima grande rassegna di nuovi dipinti paesaggistici di David Hockney, caratterizzata da imponenti e maestose opere di grandi dimensioni ispirate al paesaggio dello Yorkshire. «82 Portraits and One Still Life 2016» è, invece, la raccolta di straordinaria bellezza e valore artistico incentrata sull'arte del ritratto, rielaborato ed espresso con rinnovato vigore creativo grazie a dipinti che offrono un'istantanea sulla vita privata dell'artista e sul mondo dell'arte attraverso la rappresentazione di amici, colleghi o persone che hanno incrociato il suo percorso tra il 2014 e il 2015.

La rassegna proseguirà con «Caravaggio – L’amore e il sangue», documentario il cui debutto nei cinema italiani è previsto per le giornate dal 19 al 21 febbraio.
Il film è un excursus narrativo e visivo attraverso i luoghi in cui l’artista, uno dei geni più controversi della storia dell’arte, ha vissuto e quelli che ancora oggi custodiscono alcune tra le sue opere più note: Milano, Firenze, Roma, Napoli e Malta.
La consulenza scientifica è stata affidata al professor Claudio Strinati, storico dell’arte che nel film racconta la figura di Michelangelo Merisi in stretta correlazione con le sue opere.
Il documentario è ulteriormente arricchito dagli interventi della professoressa Mina Gregori, presidente della Fondazione di studi di storia dell’arte Roberto Longhi, che fornisce alcune letture personali delle opere dell’artista e di Rossella Vodret, anche curatrice della mostra «Dentro Caravaggio», allestita fino al 28 gennaio a Milano, che illustra i risultati dei più recenti studi sulla tecnica pittorica dell’artista.
Un’approfondita ricerca documentale negli archivi che custodiscono traccia del passaggio dell’artista, che nel film “rivive” grazie alla voce di Manuel Agnelli, condurrà il pubblico alla scoperta di una quarantina di opere dell’artista, che, grazie all’impiego di evolute elaborazioni grafiche, di macro estremizzate e di lavorazioni di luce ed ombra, prenderanno quasi vita e corpo, si confondono con la realtà dando una percezione quasi tattile.
Seguirà, nelle giornate del 13 e del 14 marzo, il film «Hitler contro Picasso egli altri. L’ossessione nazista per l’arte», che raccoglie testimonianze dirette legate a storie presentate nell’ambito delle grandi mostre che nel 2017, a distanza di ottanta anni, hanno fatto il punto sull’arte trafugata in quel periodo e sulle ultime restituzioni. Il documentario riporta così gli spettatori al 1937, periodo in cui incomincio la razzia, nei musei dei territori occupati e nelle case dei collezionisti e ebrei, di capolavori destinati a occupare gli spazi di quello che Hitler immaginava come il Louvre di Linz.
Sarà, dunque, la volta di «Van Gogh tra il grano e il cielo», in cartellone dal 9 all’11 aprile. Il documentario è stato realizzato in occasione della grande mostra, a cura di Marco Goldin, allestita fino all’8 aprile alla Basilica palladiana di Vicenza, nella quale sono allineati quaranta dipinti e ottantacinque disegni proventi dal Kröller-Müller Museum di Otterlo in Olanda. Il film, che vede alla regia Fabio Massimo Iaquone e Luca Attilii, permette anche di capire l'importanza del disegno e dei lunghi studi preparatori nella pratica artistica di Van Gogh.
Attraverso le lettere dell’artista, interpretate da Carlo Valli, accostate a cento immagini di quadri, foto d’epoca e documenti originali, il racconto viene scandito dalle tappe fondamentali della vita del maestro de «I girasoli»: il Borinage, Etten, l’Aia, la Drenthe, Nuenen, Parigi, Arles, Saint-Rémy e Auvers-sur-Oise. Di grande impatto emotivo anche le musiche originali composte da Anna Campagnaro, Sandro Di Paolo, Mauro Martello, Renzo Ruggieri e Paolo Troncon.
A chiudere il programma sarà, nelle giornate dell’8 e 9 maggio, il film «Cézanne. Ritratti di una vita», nato dalla mostra «Cézanne’s portraits», che ha raccolto per la prima volta oltre cinquanta ritratti eseguiti dall’artista, in viaggio tra la National Portrait Gallery di Londra, il Musée d’Orsay di Parigi e la National Gallery of Art di Washington DC. Il documentario sul padre dell’arte moderna, colui che influenzò Fauves, cubisti e tutti gli artisti delle Avanguardie , conduce lo spettatore nella vita dell’artista attraverso le sue lettere personali e l’esplorazione degli spazi privati, includendo anche filmati girati nel sud della Francia, dove Cézanne nacque e si spense.

Informazioni utili
Tutti i titoli possono essere richiesti anche per speciali matinée al cinema dedicate alle scuole. Per prenotazioni: Maria Chiara Buongiorno, progetto.scuole@nexodigital.it, tel. 02.8051633. 

sabato 20 gennaio 2018

Michelangelo e i migranti per il debutto milanese della galleria Poggiali

Guarda a Michelangelo Buonarotti l’opera scelta dalla Galleria Poggiali per inaugurare la sua nuova sede a Milano. Fabio Viale, l’artista selezionato per il debutto dello spazio espositivo di Foro Bonaparte, porta, infatti, in mostra una replica della «Pietà», conservata in Vaticano.
L’opera, realizzata con l’aiuto del Cas – Centro accoglienza straordinaria di Torino, presenta, però, un elemento di novità: la figura del Cristo è stata sostituita da quella di un ragazzo di colore e un audio spiega il motivo di questa scelta. Quel giovane effigiato è un ragazzo nigeriano di fede cristiana costretto all’età di diciassette anni a lasciare il suo Paese per le persecuzioni religiose Il tutto va a comporre, insieme con un manifesto di grandi dimensioni che ritrae il giovane africano, la mostra «Lucky Hei», a cura di Sergio Risaliti. Il visitatore si trova così davanti a un unico racconto, ben coordinato, «in cui -si legge nella nota stampa- pratica artistica e storia dell’arte, teologia e poesia, media diversi, si scontrano e misurano con la cronaca, tra fatti quotidiani e geopolitica, per fondersi con l’umano destino, con le sofferenze e ingiustizie nel mondo».
Con questo progetto Fabio Viale affronta una sfida con se stesso: la sua sorprendente abilità tecnica, ai limiti del virtuosismo, lo porta a confrontarsi con uno dei modelli più alti e più studiati della scultura religiosa (e non solo) di tutti i tempi, la «Pietà» michelangiolesca, e a fare un passo oltre, riportando il divino alla dimensione umana attraverso il gesto semplice e toccante di “strappare” il Cristo dal grembo di Maria. Nella versione di Viale le braccia della Madonna sono aperte e vuote, pronte ad accogliere simbolicamente un nuovo corpo, in attesa di ricongiungersi con il frutto del suo sangue. E sta proprio qui l’atto più coraggioso dell’artista, che non ha timore di aggiungere nuovi contenuti a quelli già notevolmente complessi della «Pietà», suggerendo come novello Cristo contemporaneo un giovane di colore -Lucky Ehi, appunto- migrante nigeriano con una grande croce cristiana tatuata su una spalla, fuggito da un inferno di violenza, e dopo dure e lunghe traversie arrivato in Italia. Lucky è uno dei tanti ultimi della nostra società, che l’artista ha voluto ritrarre in una dimensione di amore materno che travalica oggi più che mai ogni confine – geografico, politico, sociale e religioso.
«È la storia individuale di Lucky Ehi che diventa centrale -sottolinea Sergio Risaliti, curatore della mostra e studioso di Michelangelo (autore con Francesco Vossilla del saggio «Michelangelo. La Pietà vaticana», edito da Bompiani)-: la sua è una storia esemplare, paradigmatica, eppure simile a quella di migliaia di uomini e di donne che fuggono dal proprio Paese di origine in cerca di pace e di benessere, di libertà e fratellanza. La storia di Lucky Ehi si sovrappone così a quella di Gesù. Il giovane è l’esausto che trova pace sulla Pietà al posto del Messia. Il messaggio cristiano in cui Lucky ha riposto speranza, così come ci testimonia il tatuaggio, trova un compimento simbolico. E in questa storia dei nostri tempi, Maria, che è anche chiesa e comunità nell’iconografia religiosa – è la madre, la comunità laica che accoglie e abbraccia consolando».
Un appuntamento, dunque, che farà sicuramente parlare di sé quello scelto dalla Galleria Poggiali per inaugurare i suoi spazi milanesi, che vanno ad aggiungersi a quelli storici di Firenze e Pietrasanta. La nuova sede di Foro Bonaparte è concepita come un ampio contenitore cubico nella tradizione del piece unique: un luogo di ricerca, a metà tra una project-room e una vetrina su larga scala, destinata a ospitare soltanto mostre site-specific, per le quali gli artisti coinvolti saranno chiamati a realizzare un unico progetto appositamente concepito come nel caso di questo primo appuntamento.

Informazioni utili 
Fabio Viale. Lucky Ehi. Galleria Poggiali, Foro Buonaparte 52 – 20121 Milano. Ingresso libero.  Orari: dal martedi al sabato, ore 10.30-13.30 e ore 15-19 | domenica e lunedì chiuso. Informazioni: tel. 02.72095815 o info@galleriapoggiali.com. Sito internet: www.galleriapoggiali.com. Fino al 30 marzo 2018. 

giovedì 18 gennaio 2018

«Mercoledì d’essai», a Busto Arsizio dodici appuntamenti con il cinema d'autore


È il documentario «Noi, i neri» del regista varesino Maurizio Fantoni Minnella ad aprire la seconda parte della rassegna «Mercoledì d’essai – Stagione 2017/2018», promossa dal cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio nell’ambito del circuito «Sguardi d’essai – Sale cinematografiche culturali a Busto Arsizio».
Dal 24 gennaio al 2 maggio, accanto alla consueta programmazione settimanale di prime visioni, la sala di via Calatafimi offrirà al suo pubblico una nuova serie di appuntamenti con il cinema di qualità e di autore. Dodici i titoli in agenda, attenti anche a tematiche di argomento sociale, per i quali si terrà una doppia proiezione: alle ore 16.00 e alle ore 21.00.
Girato in Italia e in Senegal dall’agosto del 2016 al gennaio del 2017, il documentario «Noi, i neri», scelto per aprire il cartellone, «affronta un tema attuale come quello dell’emigrazione -si legge nella sinossi- da un’angolazione particolare, che non punta sulle immagini degli sbarchi o dei luoghi di detenzione temporanea, ma che osserva le vite dei migranti in una zona grigia, una sorta di limbo sospeso tra la tragedia dell’arrivo e l’illusione e la speranza di una vita nuova».
Filo conduttore del film sono le storie di Lamine, senegalese del Casamance, novello scrittore fuggito dal suo Paese per ragioni politiche, e di Valentin, giovane cantante e musicista congolese, che vive con la madre anziana e sogna di diventare un grande artista africano. Alle loro storie si alternano quelle sulle vite di giovani profughi africani fuggiti dalla guerra, riuniti in alcuni appartamenti, in attesa di una nuova vita. «Di essi - si legge nella sinossi- vengono colti i tempi morti durante le sere: cellulari, televisione, brevi conversazioni, andirivieni per strada e molta solitudine. Ma anche la volontà, spesso illusoria, di conoscere una nuova lingua in un Paese nuovo».
La rassegna proseguirà, quindi, nella giornata di mercoledì 31 gennaio con la proiezione di uno dei film di guerra più belli e importanti del nuovo millennio: «Dunkirk» di Christopher Nolan. Al centro della storia c'è una gloriosa pagina di patriottismo, passata alla storia con il nome di «miracolo di Dunkerque», ovvero l'operazione di evacuazione navale su larga scala delle forze alleate da parte degli Spitfire della RAF e di centinaia di piccole imbarcazioni, che ebbe luogo dal 27 maggio al 4 giugno 1940 nella città portuale francese di Dunkerque (Dunkirk è il nome britannico), teatro di un episodio fondamentale della Seconda guerra mondiale.
Mercoledì 7 febbraio sarà, invece, la volta del film «Una donna fantastica» del regista cileno Sebastián Lelio, presentato e premiato al Festival di Berlino 2017 con l’Orso d’argento per la miglior sceneggiatura e scelto per rappresentare il Cile agli Oscar. La pellicola, interpretata da Daniela Vega, parla di identità sessuale, ma anche di dolore e di perdita attraverso la figura di Marina, una transessuale che perde all’improvviso il suo grande amore, vedendosi così costretta a fare i conti non solo con la sofferenza, ma anche con l’ostilità carica d’odio e di rancore della famiglia di lui, ignara della relazione.
Si interroga sulla complessità dei rapporti interpersonali anche il film in agenda mercoledì 14 febbraio: «Song to song» di Terrence Malick, struggente dramma sentimentale ambientato nel mondo musicale texano che parla di amore, gelosia, invidia e competizione attraverso un cast stellare formato, tra gli altri, da Michael Fassbender, Ryan Gosling, Natalie Portman e Rooney Mara.
Il cineforum del Manzoni proseguirà, quindi, nella giornata di mercoledì 28 febbraio con «L’intrusa», storia di redenzione e camorra firmata dal regista napoletano Leonardo Di Costanzo.
Porta lo spettatore a Napoli anche il film in cartellone mercoledì 7 marzo: «Ammore e malavita» dei Manetti Bros, scoppiettante mix tra action-movie e musical, che vale la pena assaporare per la spassosa ironia sul mondo mafioso partenopeo, ma anche per la bravura del cast, tutto italiano, formato da Giampaolo Morelli, Serena Rossi, Claudia Gerini e Carlo Buccirosso.
Mercoledì 14 marzo la sala di via Calatafimi ospiterà, invece, la proiezione del film «La signora dello zoo di Varsavia», versione cinematografica diretta dalla regista neozelandese Niki Caro del libro «The Zookeeper’s Wife» (edito in Italia da Sperling & Kupfer), che l’americana Diana Ackerman ha scritto a partire dal diario inedito di Antonina Zabinski, nel quale si racconta una storia realmente accaduta negli anni della Shoah, quella dei coniugi Zabinski che, nella loro Polonia, misero in salvo circa trecento persone e furono insigniti, nel 1965, del titolo di «Giusti tra le Nazioni».
Spazio poi, nella giornata di mercoledì 21 marzo, al film vincitore della palma d’oro al Festival di Cannes nel 2017: «The Square» del regista svedese Ruben Östlund, pellicola disturbante che critica aspramente le ipocrisie umane, celate dietro al perbenismo. Protagonista della storia è Christian, un quarantenne rampante, elegante ed educato, curatore di un museo d’arte moderna e contemporanea a Stoccolma, dove si sta allestendo un’installazione che invita all’altruismo e alla condivisione. Una serie di eventi non previsti, come il furto del cellulare e del portafoglio per strada, metteranno in gioco i sentimenti del protagonista, facendone uscire la parte più brutale.
A seguire, nella giornata di mercoledì 4 aprile, la sala di via Calatafimi avrà in agenda «Ogni tuo respiro», film che segna l'esordio alla regia dell'attore Andy Serkis, nel quale si racconta la storia di Robin Cavendish, un uomo spigliato, ironico e avventuroso, rimasto paralizzato dal collo in giù all'età di ventotto anni e di come egli abbia affrontato la sua malattia, reagendo al suo destino, dando un grande contributo a migliorare la mobilità e l'accesso dei disabili.
Appuntamento, quindi, con il cinema italiano. Mercoledì 11 aprile è in agenda «L’esodo», film-denuncia di Ciro Formisano che racconta, per la prima volta, una pagina amara della storia recente del nostro Paese: il tema degli esodati, uomini e donne improvvisamente trovatisi in un limbo -senza pensione, senza stipendio e senza ammortizzatori sociali- a seguito dell’entrata in vigore di alcune misure contenute nella legge varata dal ministro Elsa Fornero.
Mercoledì 18 aprile il cartellone del Manzoni proporrà, invece, di scoprire la vera storia del papà di Winnie The Pooh, lo scrittore A. A. Milne, con il film «Vi presento Christopher Robin».
A chiudere il cartellone sarà nella giornata di mercoledì 2 maggio il film «Un sacchetto di biglie» di Christian Duguay, tratto dall’omonimo romanzo storico di Joseph Joffo, bestseller mondiale (in Italia edito da Bur Rizzoli), che ha venduto oltre venti milioni di copie in ventidue Paesi ed è già stato adattato per il grande schermo nel 1975 da Jacques Doillon. Il film, in uscita in Italia in occasione della Giornata internazionale della memoria 2018, racconta la storia di due fratelli, di credo ebraico, che si trovano a vivere l’occupazione tedesca in Francia e che, con una dose sorprendente di malizia, coraggio e ingegno, riescono a sopravvivere alle barbarie naziste e a ricongiungersi alla propria famiglia.
Un cartellone, dunque, vario quello proposto dal cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio che permette, comunque, di rintracciare alcune linee guida: la Seconda guerra mondiale e l'Olocausto, il tema degli esodati, le difficoltà dei migranti africani nel nostro Paese, l'identità sessuale e la vita di chi è disabile.

Informazioni utili 
«Mercoledì d’essai – Stagione 2017/2018». Cinema teatro Manzoni, via Calatafimi, 5 - Busto Arsizio (Varese). Ingresso: l’abbonamento per la seconda sezione della rassegna cinematografica «Mercoledì d’essai – Stagione 2017/2018» ha un costo complessivo di 30,00 euro; il biglietto per ogni singola proiezione, in vendita anche on-line, è fissato a 5,00 euro. Note: tutte le proiezioni saranno corredate da schede di approfondimento; all’appuntamento pomeridiano, pensato specificatamente per il pubblico della terza età, seguirà sempre un momento conviviale con tè e dolci. Le schede e i trailer di tutti i film in programmazione sono consultabili sul sito www.cinemateatromanzoni.it, dove è anche possibile procedere all’acquisto on-line dei singoli biglietti tramite circuito Crea Informatica (www.webtic.it). Informazioni: per maggiori informazioni sulla programmazione cinematografica della sala è possibile contattare lo 0331.677961 (in orario serale, dalle ore 20.30 alle ore 21.30, tranne il martedì) o scrivere all’indirizzo info@cinemateatromanzoni.it. Sito web: www.cinemateatromanzoni.it. Dal 24 gennaio al 2 maggio 2018.