ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

sabato 24 marzo 2018

Lugano, un Klee a misura di bambini al «Museo in erba»

«I miei disegni possono volare! Con la mia immaginazione posso andare dove desidero senza muovermi… e quello che vedo lo disegno. La mia fantasia e la mia matita sono le mie ali». Così Paul Klee (Münchenbuchsee, Berna, 1879 - Locarno 1940) parlava della sua arte, fatta di case, strade, persone, ma anche di tanti, tantissimi colori.
La capacità dell'artista svizzero di trasformare la realtà in un mondo poetico di favole e sogni e di raccontare sulla tela i propri pensieri e le proprie emozioni, rendendo visibile ciò che non è percepibile ai nostri occhi, non può non affascinare i più piccoli e a proprio a loro è dedicato il nuovo progetto del Museo in erba di Lugano.
Nelle sale dell’edificio di Riva Caccia è, infatti, in corso fino al prossimo 31 agosto la mostra interattiva «I giochi di Klee», ideata da Marilune Aeberhard e Roland Besse, con il sostegno economico della Credit Suisse Foundation.
«Le tavole del mio piccolo Felix sono migliori delle mie, troppo spesso filtrate dal mio cervello» (Félix Klee, «Souvenir de mon père», in Klee, Fondation Pierre Gianadda, Martigny, 1985): questa citazione dell’artista spiega bene l’attrazione che su di lui ha esercitato la produzione infantile. I bambini, i giovani e tutti quelli che hanno un cuore da bambino si ritrovano così ben espressi nel suo universo creativo e ancora si meravigliano di fronte al suo mondo di linee e colori.
Paul Klee è stato un ricercatore curioso, un artista completo che ha saputo giocare con forme, suoni e tecniche sempre diverse: dal disegno al ricalco, dall’acquarello all’olio, alla vaporizzazione dei colori ad acqua. La sua opera coinvolge tutti i sensi: l’odore acre della tela di juta, la musica onnipresente, la rugosità dei materiali, la poesia dei colori, il gusto delle dolci tonalità raccontano un universo creativo caleidoscopico, che ha guardato anche alla filosofia e alle scienze naturali.
I moduli variopinti del percorso espositivo contengono riproduzioni di dipinti e invitano i bambini a interagire con originali manipolazioni che coinvolgono i sensi e l’immaginazione. Passo dopo passo, i piccoli visitatori entrano in un universo magico di emozioni e divertimento popolato da personaggi simpatici e «fuori dagli schemi», da strane invenzioni, scacchiere e paesaggi colorati. Da protagonisti, possono animare la «Macchina cinguettante», comporre personali «Armonie», sistemare gli occhi del simpatico «Senecio», illuminare «Il pesce d’oro», usare la bilancia dei colori, e tanto altro ancora.
Accanto all’animazione classica, il Museo in erba propone alle scuole e alle famiglie anche un nuovo approccio multidisciplinare, ideato in collaborazione con Lisa Monn (educatrice in campo musicale) e Francesca Sproccati (danzatrice e coreografa), che invita a comprendere l’opera attraverso i sensi, a mettersi in gioco per interpretarla con gli occhi, il corpo, la voce e le mani.
Uno spazio speciale della mostra è rappresentato dall’atelier, dove i più piccoli trovano lo spazio, gli strumenti, le tecniche e l’ispirazione per creare i loro personali capolavori e hanno la possibilità di approfondire la conoscenza di Klee e di alcuni suoi amici del Blaue Reiter. Le attività del laboratorio si arricchiscono di due nuovi progetti: «Il mio primo libro dell’arte» e «Giochi d’arte». La prima proposta invita i bambini a creare la loro personalissima raccolta di opere, aggiungendo di volta in volta una pagina dedicata a un artista diverso, da Vermeer a Lichtenstein. La seconda iniziativa prevede, invece, la sperimentazione di tecniche inusuali che stimolano la curiosità verso il mondo dell’arte.
Sono in programma anche attività ed eventi particolari come il laboratorio «Ciak, si gira» con Alessia Tamagni (24 marzo), una lezione con le matite sonore di Luca Congedo (7 aprile) e la visita guidata «Piccoli esploratori in città» (22 aprile). Il Museo in erba proporrà anche un ricco calendario di iniziative per l’estate, in cantiere dal 18 giugno al 26 luglio e dal 20 al 31 agosto.
La mostra permette, dunque, un incontro creativo tra i bambini e Klee. Scoprire l'artista di Berna attraverso il gioco permetterà ai più piccoli di ritrovare un immaginario simile alla loro interpretazione del mondo che li circonda, giocando, decorando, sperimentando, osservando e -perché no- sognando di diventare un artista famoso.

Informazioni utili
I giochi di Paul Klee. Museo in erba, Riva Caccia, 1A - Galleria Central Park 1° piano - Lugano. Orari: lunedì - venerdì, ore 8.30 - 11.30 e ore 13.30 - 16.30; sabato, domenica, ore 14.00 - 17.00 | aperture straordinarie: 19 marzo, 2 aprile e 21 maggio | dal 18 giugno al 26 luglio, martedì-mercoledì-giovedì, ore 9.00 – 12.00 (e su appuntamento per gruppi). Ingresso:Fr. 5.-. Informazioni: tel. + 41 91 835.52.54;  ilmuseoinerba@bluewin.ch. Sito internet: www.museoinerba.com. Fino al 31 agosto 2018. 

giovedì 22 marzo 2018

Venezia, con un touch alla scoperta di San Giorgio Maggiore e della Fondazione Cini

Accessibilità, valorizzazione e conservazione: sono queste tre parole a tessere la trama della politica culturale della Fondazione Giorgio Cini. In quest’ottica si inserisce il nuovo programma di visite guidate all’istituzione veneziana, ubicata sull’isola di San Giorgio Maggiore, in programma fino al prossimo 15 luglio, anche grazie alla collaborazione della società D’Uva di Firenze. L’azienda toscana ha, infatti, progettato un apposito percorso videoguidato, con tecnologia touch e un’interfaccia semplice e intuitiva, ideale anche per i più piccini.
Il progetto, realizzato grazie alla preziosa partnership di Assicurazioni Generali, è in cinque lingue (italiano, inglese, spagnolo, francese e tedesco) e comprende diciassette punti d’interesse più tre approfondimenti multimediali, per circa un’ora complessiva di ascolto.
In questo modo il complesso monumentale veneziano rimarrà aperto sette giorni su sette, dalle ore 10 alle ore 17, attivando così anche un meccanismo sostenibile e duraturo di recupero delle risorse da destinare al restauro conservativo dei beni di proprietà dell’istituzione veneziana.
Per organizzare al meglio l’accoglienza dei visitatori la Fondazione Cini ha aperto contestualmente anche un nuovo punto informativo di circa cento metri quadrati, sede della biglietteria e del bookshop, nella quale è possibile prenotare la visita guidata, chiedere informazioni sulle sue iniziative e acquistare prodotti di merchandising dedicati.
Allo scoccare di ogni ora i visitatori vengono raccolti in gruppi di venticinque persone e accompagnati da un operatore lungo il percorso.
La tecnologia progettata dalla società D’Uva permette di vivere un’esperienza unica, che grazie a foto, video e interviste può costruire una memoria personale dell’esperienza di visita.
Le videoguide sono, inoltre, dotate del sistema groupguide, che consente al dispositivo dell’accompagnatore di avviare contemporaneamente un certo numero di guide multimediali nello stesso punto di ascolto per rendere il gruppo compatto nello spostamento, permettendo così la visita in contemporanea di gruppi di nazionalità e lingue diverse.
L’esperienza di visita sarà ulteriormente arricchita in una seconda fase da nuove funzionalità: la tecnologia beacon, che permette ai visitatori di individuare la propria posizione e visualizzare automaticamente sul proprio dispositivo il contenuto legato all’ambiente in cui si trovano, e la realtà aumentata, per scoprire, attraverso la videocamera del dispositivo, il panorama visibile dall’Isola di San Giorgio.
Il tour inizia con il Chiostro Palladiano, seguito dal Chiostro Buora o dei Cipressi, che dei due è quello più antico. Si passa allo spazio del refettorio che si sviluppa attraverso tre ambienti: i due vestiboli e l’aula del Cenacolo vero e proprio, dove si può ammirare il facsimile de «Le Nozze di Cana», realizzato da Factum Arte. Un approfondimento viene dato alla boiserie creata e disegnata da Michele De Lucchi nel 2011. La visita prosegue nella Sala delle Fotografie, dove si può vedere lo stato del complesso monumentale di San Giorgio prima dell’avvio dei restauri intrapresi da Vittorio Cini nel 1951.
Seguendo il percorso indicato dalla nuova segnaletica di orientamento, che è stata progettata per l’occasione, si giunge quindi allo Scalone del Longhena, che porta al primo piano. Da qui si visitano le due biblioteche: la Biblioteca del Longhena, senza dubbio uno degli ambienti più interessanti della Venezia barocca, e la Nuova Manica Lunga, ex dormitorio dei benedettini trasformato in biblioteca dall’intervento di Michele De Lucchi. L’itinerario termina con la vista del Labirinto Borges, disegnato da Randoll Coate e ispirato al racconto borgesiano «Il giardino dei sentieri che si biforcano».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Chiostro del Palladio - Venezia, Fondazione Cini. Foto di Davide Repetto per D'Uva; [fig. 2] - Venezia, Fondazione Cini. Foto di Davide Repetto per D'Uva; [fig. 3] Scalone del Longhena - - Venezia, Fondazione Cini. Foto di Davide Repetto per D'Uva; [fig. 4] Servizio videoguide di D'Uva

Informazioni utili 
D'Uva - Call center, tel. +39.366.4202181 o visitcini@duva.eu (lunedì – venerdì, dalle ore 10.00 alle ore 17.00)  

martedì 20 marzo 2018

Roma, la Rigoni di Asiago restaura la fontana di Palazzo Venezia

Il lato dolce del restauro ha il volto di Rigoni di Asiago. Dal 2015 la famosa azienda veneta leader nella produzione biologica del miele e delle confetture di qualità, da sempre attenta ai valori legati alla tradizione e alla cultura, si occupa anche di dare nuova vita a importanti monumenti del nostro Paese. Dopo aver sostenuto, nel 2015, l’importante intervento di recupero dell’Atrio dei Gesuiti, l’entrata storica del prestigioso Palazzo di Brera a Milano, e, nel 2017, il restauro dell’originale della statua di San Teodoro al Palazzo Ducale di Venezia, Rigoni di Asiago ha deciso di proseguire il proprio percorso della valorizzazione dei beni culturali approdando nella capitale.
«La natura nel cuore di Roma» è la frase identificativa del progetto, promosso da Fondaco che, con l’occasione festeggia il settantesimo restauro della sua decennale storia. Al centro del progetto di riqualificazione c’è la fontana «Venezia sposa il mare», opera d’arte collocata nello splendido giardino di Palazzo Venezia, che rappresenta uno dei momenti più importanti della città lagunare: la festa della Sènsa, la cui celebrazione si tiene ogni anno da oltre mille nel bacino di San Marco, a ricordo della conquista della Dalmazia da parte delle navi capeggiate dal Doge Pietro Orseolo, evento che segna la liberazione del mar Adriatico dalla pirateria.
La scelta di restaurare questa fontana da parte di Fondaco e Rigoni di Asiago, due aziende che hanno il proprio cuore operativo in Veneto, rappresenta il collegamento perfetto di storie e contenuti tra la città lagunare e Roma. «Lo stesso Palazzo Venezia -ricordano Enrico Bressan, presidente di Fondaco, e Andrea Rigoni, amministratore delegato della Rigoni di Asiago- fu voluto dal cardinale veneziano Pietro Barbo, che fu anche vescovo di Vicenza e che divenne papa, con il nome di Paolo II, nel settembre del 1464. Questo magnifico luogo è stato per decenni il riferimento, il punto d’incontro sia per i veneti che risiedevano a Roma sia per quelli che soltanto vi transitavano, rappresentando così l’espressione di una comunità che, pur lontana dalla sua terra, poteva trovare una casa nella capitale».
L’intervento conservativo sulla fontana -operato di concerto con il Polo museale del Lazio, diretto da Edith Gabrielli- fa parte di un ben più ampio progetto di riqualificazione di Palazzo Venezia, che nel giugno 2016 ha visto il restauro del giardino, da tempo ridotto a parcheggio, e che, l’anno successivo, ha restituito alla sua funzione principale l'accesso su piazza Venezia, presentando anche itinerari inediti grazie ai quali è possibile comprendere la profonda relazione che sussiste tra il monumento e la sua collocazione all’interno della città di Roma. Si rileggono così immediatamente le prospettive rinascimentali e il rapporto con la chiesa di San Marco che era andato perduto nei secoli. Per chi attraversa il giardino, la fontana rappresenta, inoltre, un perno compositivo, visibile da tutti gli ingressi, un punto di attrazione che accoglie durante il giorno centinaia di visitatori e per molti significa una sosta, un momento inaspettato di pace che si presenta nel cuore più caotico della città.
Costruita nel 1730 dallo scultore stuccatore Carlo Monaldi per l'incarico dell'allora ambasciatore della repubblica veneta Barbon Morosini, la fontana di Palazzo Venezia è formata da una grande vasca ellittica, con bordo a fior di terra, fiancheggiata da un corridoio con due lunghi sedili in pietra ingentiliti da quattro graziosi puttini, aggiunti nel 1930 dal Prini, che sostengono gli stemmi dei territori d'oltremare conquistati da Venezia: Cipro, Dalmazia, Morea e Candia.
Nella vasca numerosi pesci in travertino gettano sottili zampilli d'acqua mentre al centro, su una doppia conchiglia sostenuta da tre robusti tritoni, si erge una statua marmorea raffigurante Venezia, in fiero atteggiamento, con il corno dogale sul capo e in atto di gettare l'anello nuziale per lo sposalizio del mare.
Ai sui piedi figura da una parte il leone alato di San Marco con un libro aperto, dall'altra un sorridente puttino che svolge un rotolo con un’iscrizione in latino.
Le operazioni di riqualificazione della fontana, eseguite dalla ditta Pantone Restauri di Roma, avranno inizio con lo svuotamento dalla vasca e una serie di indagini diagnostiche, documentate attraverso immagini fotografiche ad alta risoluzione, che ne evidenzieranno il degrado e i fattori inquinanti.
Il substrato lapideo che presenta diffuse decoesioni, prevalentemente sulle zone usurate dal passaggio dell’acqua, sarà temporaneamente stuccato con malta composta da minor legante aereo rispetto alla carica.
Dopo aver messo in sicurezza le parti pericolanti si potrà procedere alla pulitura meccanica con pennellesse e specifici aspiratori.
Le superfici in cui è presente guano saranno disinfestate; sarà, quindi, effettuato un trattamento per l’eliminazione di muschi, licheni, funghi, muffe, alghe e piante superiori.
Prima dei lavaggi tutti gli elementi in ferro verranno trattati per evitare la dispersione di ruggine e il rischio di macchiare la superficie del marmo con l’ossido di ferro.
Le malte cementizie delle connessure tra gli elementi lapidei e delle stuccature saranno rimosse mediante scalpelli e microscalpelli pneumatici.
Per le nuove stuccature sarà impiegata la calce idraulica naturale caratterizzata da compattezza, buon potere legante, ottima dilatazione termica.
Per equilibrare le stuccature alle superfici lapidee circostanti verranno aggiunte le polveri di marmo. Per le stuccature maggiori che prevedono anche ricostruzioni di piccoli porzioni di modellato sarà impiegato il Traver Stuc, che verrà idoneamente pigmentato a somiglianza della superficie limitrofa da reintegrare.
L’intervento all’interno della vasca prevedrà la rimozione degli strati di malta aggiunti negli anni, in arte sconnessi e localmente fessurati, e la nuova impermeabilizzazione previa rinzaffatura e sigillatura delle sottostanti superfici lapidee. Il nuovo rivestimento impermeabilizzante sarà effettuato impiegando speciale malta idraulica composta da leganti ad alta resistenza chimico-meccanica.
«Per il restauro della fontana «Venezia sposa il mare», la cui conclusione è prevista per l’estate 2018, si è pensato -racconta, infine, Sonia Martone, direttore di Palazzo Venezia- a un cantiere aperto, che permetterà di apprezzare la progressione delle attività e di organizzare visite guidate di approfondimento e divulgazione. Sarà inoltre possibile seguire in diretta le varie fasi del restauro grazie ad una webcam per la ripresa delle operazioni che sarà pubblicata in tempo reale sulla piattaforma web skylinewebcams.com in una pagina creata appositamente».
Ma in questi mesi di restauro sono in programma anche altri eventi, tra cui golose merende Rigoni per avvicinare le famiglie a questo bel luogo che permette di vivere naturalmente l’arte.

Informazioni utili
Museo nazionale di Palazzo Venezia, via del Plebiscito, 118 - Roma. Informazioni: tel. 06.69994284. Sito internet: www.museopalazzovenezia.beniculturali.it


domenica 18 marzo 2018

Shio Kusaka e le sue ceramiche in mostra a Roma

Sono strutture delicate e minimaliste, con lievi incisioni sulla superficie che ne danno un aspetto irregolare, quelle che Shio Kusaka, artista nipponica con base a Los Angeles, presenta per la sua prima mostra italiana, allestita dal 28 marzo al 26 maggio a Roma, negli spazi della galleria Gagosian, che da dieci anni vede alla sua guida Pepi Marchetti Franchi .
Nota per i suoi lavori in continua tensione tra astratto e figurativo, Shio Kusaka, classe 1972, ha sviluppato per la rassegna nella capitale un progetto fortemente incentrato sulle geometrie dell’astrazione.
Le ceramiche in mostra, variazioni sulla forma del vaso, sono disegnate e incise con linee geodetiche continue tramite un processo contemporaneamente sistematico e intuitivo.
Ripetizioni minimaliste si estendono lungo i volumi stondati riecheggiando le griglie di Agnes Martin o i disegni a muro di Sol LeWitt, e rivelando le irregolarità della linea disegnata a mano per creare terreni sinuosi oscillanti.
Nella sua opera l'artista nipponica fonde la raffinata lavorazione tradizionale della ceramica con dettagli e soggetti giocosi quali palloni da basket, frutta, dinosauri, gocce di pioggia e venature del legno.
I lavori geometrici offrono una dimostrazione più immediata della sua padronanza tecnica, che, concentrandosi sull’elaborazione di un singolo processo, ne scopre le infinite varianti.
Nei precedenti lavori astratti Shio Kusaka spesso “terminava” una linea o un motivo a griglia appena questi venivano distorti dalla curvatura del vaso, producendo motivi frammentati, come dei disegni sovrapposti, che contraddicevano il volume tridimensionale dello stesso.
In queste nuove opere, invece, l’artista assume un approccio quasi topografico, sviluppando la manualità tattile necessaria per lavorare al tornio intagliando o disegnando linee intricate lungo ogni superficie del vaso.
Lasciando che la tridimensionalità di ciascun vaso determini le curve concentriche delle linee, Shio Kusaka fonde i primordiali atti creativi del disegno e della scultura. Mentre alcune linee appaiono sottili e parallele, altre assomigliano a delle onde e a schemi topografici.
Saranno presenti in mostra i vasi più grandi mai realizzati dall'artista disposti su un piedistallo lungo e curvo, e smaltati in vari colori, dal blu pallido, al rosa, al giallo fino ad un placido bianco sporco. Il liquido denso si ferma al di sopra della base di ognuno: una precauzione necessaria per la cottura a fuoco, e un sottile ricordo delle trasformazioni alchemiche tipiche di questa tecnica.
In una selezione di vasi più piccoli, l'artista giapponese ripropone molti dei motivi a incisione come disegni a matita su fondo bianco, creando echi più intimi, quasi degli schizzi, dei lavori più grandi. Shio Kusaka ribadisce così la tecnica dei Minimalisti basata sul metodo, e sottolinea anche l’infinito potenziale della forma stessa che varia da grande a piccola, da liquida a solida, da due a tre dimensioni.

Informazioni utili
 Shio Kusaka - mostra personale. Gagosian Gallery, via Francesco Crispi, 16 - Roma. Orari: dal martedì al sabato, dalle ore 10.30 alle ore 19.00; domenica e lunedì chiuso. Informazioni: tel. 06.42086498. Sito internet:  www.gagosian.com. Dal 28 marzo (inaugurazione dalle ore 18 alle ore 20) al 26 maggio 2018.

venerdì 16 marzo 2018

Milano, Arturo Martini e il monumento per il Palazzo di Giustizia in una mostra del Fai

«Di Martini apprezzo il fatto che abbia cambiato il linguaggio della scultura». Così Claudia Gian Ferrari (1946-2010), gallerista e collezionista che per anni è stata un personaggio chiave del mercato e della storia dell’arte italiana del Novecento, raccontava il suo amore per l’opera dello scultore trevigiano, la cui produzione si è avvicinata all’esperienza del movimento «Valori plastici», con un’attenzione particolare alla purezza delle forme e alle suggestioni del mondo arcaico.
Figlia di Ettore Gian Ferrari, anima di una delle gallerie più dinamiche della Milano del Dopoguerra e direttore per oltre venticinque anni dell’ufficio vendite della Biennale di Venezia, Claudia Gian Ferrari è riuscita a coniugare nell’arco della sua vita appassionata l’eredità lavorativa del padre, caratterizzata dal successo mercantile, con una raffinata attività di ricerca, che l’ha vista vestire sia i panni della storica che della critica d’arte.
Parte di questo lavoro di studio, confluito nel novembre 2016 all’interno della donazione che la gallerista aveva fatto negli anni precedenti al Fai – Fondo per l’ambiente italiano, riguarda proprio Arturo Martini (Treviso, 1889-Milano, 1947). La documentazione, che ha trovato collocazione nei sotterranei di Villa Necchi Campiglio a Milano, «non comprende atti quali la corrispondenza o le pratiche personali dell’artista – fanno sapere dagli uffici della onlus milanese-, ma registra pressoché sistematicamente proprio la lunga attività della galleria Gian Ferrari relativamente all’opera dello scultore, alla sua conoscenza e alla sua divulgazione».
«Dalla battaglia contro il gruppo dei falsi cosiddetti «di Anticoli Corrado», con i quali si cercò di invadere il mercato negli anni ’70 e ’80, fino alla promozione di mostre e restauri e alla scoperta e riproposizione dell’importante gruppo di gessi originali delle maggiori sculture di «Valori Plastici» della collezione Becchini, scomparsi per decenni in un deposito alle falde del Monte Amiata e ritenuti dispersi, la vita professionale di Claudia Gian Ferrari -fanno ancora sapere dal Fai- è stata scandita, come quella di un appassionato detective, dalla costante ricerca di opere che potessero sempre meglio illustrare l’attività e le conquiste di questo grande genio della scultura europea del Novecento».
La gallerista milanese fu anche un’attenta collezionista dell’opera del trevigiano. Dei quarantacinque pezzi, donati nel 2008 al Fai – Fondo per l’ambiente italiano, ben quattro portano, infatti, la firma di Arturo Martini, a partire dall’importante capolavoro «L’amante morta», realizzato nel 1921 e appartenente al periodo di «Valori Plastici». Mentre il «Dormiente», copia dell’originale tuttora conservato a Roma, è arrivato a Villa Necchi in seguito alla scomparsa di Claudia Gian Ferrari.
Ed è proprio la residenza milanese a fare da scenario a una mostra dedicata ad Arturo Martini, per la curatela di Amedeo Porro, Paolo Baldacci e Nico Stringa, che ruota attorno all’opera più rappresentativa e grandiosa dell’artista conservata a Milano: il monumentale altorilievo della «Giustizia Corporativa», eseguito nel 1937 per l’atrio al primo piano del Palazzo di Giustizia, progettato da Marcello Piacentini.
L’opera è un racconto sulla vita e le attività dell’uomo, che appaiono tutte sottoposte al giudizio della «Legge», a cui richiama la «Giustizia», qui seduta sull’albero del «Bene» e del «Male», con il volto sereno e quasi impassibile, ma nello stesso tempo sollecito e attento, e in mano gli attributi tradizionali, la bilancia e la spada. Intorno alla Giustizia, un’enciclopedia di miti, figure e immagini che vanno a comporre un coro polifonico: le «Ambizioni» («Amore», «Arte» e «Bellezza»), affiancate dalla «Vanità», gli «Eroi», a cui si contrappone la «Viltà», la «Famiglia», la «Dottrina» (incarnata dagli «Intellettuali») e le «Opere assistenziali».
Martini modellava in creta e non scolpiva direttamente la pietra, lavoro che poi commissionava a figure intermediarie da lui dirette. Per la realizzazione della «Giustizia Corporativa» fu necessaria una grandiosa opera di montaggio: un basamento a gradoni di legno, sul quale venivano appoggiati e fissati i calchi in gesso delle colossali crete ad altezza umana uscite dalle mani dell’artista. Ogni gruppo, grazie a strutture e sostegni lignei retrostanti, veniva incastrato al suo posto e il tutto unificato da passaggi di gesso liquido su piedistalli e gradini, e infine chiuso da una cornice di legno gessato, come in una scatola. Una volta realizzati, i blocchi in gesso furono inviati a Carrara dove i marmisti, sotto il controllo e la direzione dell’artista, tradussero l’intera opera in marmo, creando blocchi e incastri di pietra che potessero quindi essere montati a Milano nell’atrio dell’edificio, cosa che avvenne nel 1940.
A Villa Necchi Campiglio sono esposti, per la prima volta riuniti, il bozzetto originale in gesso, due grandi altorilievi in gesso a grandezza naturale serviti come modelli per il gruppo degli «Intellettuali» e della «Famiglia», il grande marmo di «Dedalo e Icaro» e un bozzetto in bronzo del gruppo della «Famiglia». Insieme a questi pezzi è possibile seguire, attraverso la riproduzione di tutti gli ingrandimenti, l’interpretazione fotografica che Martini stesso volle dare della sua opera, dirigendo personalmente l’illuminazione e gli scatti per il libro a essa dedicato con la prefazione di Riccardo Bacchelli (edizioni del Milione, 1937).
In occasione della mostra, viene, inoltre, proposto un itinerario martiniano per conoscere e approfondire le opere del maestro che arricchiscono Milano, dall’Arengario al Museo del Novecento e all’Ospedale Maggiore. Un modo per riannodare le fila del complesso e ambivalente rapporto di Martini con la città, dove visse dal 1919 alla fine del 1920 e, quindi, dal 1933 al 1942, producendovi molte delle sue opere maggiori.

Didascalie delle immagini
[Figg. 1 e 2] Arturo Martini, Giustizia Corporativa, 1937. Particolare; [fig. 3] Arturo Martini, La famiglia - Figliol prodigo, 1937; [fig. 4] Arturo Martini, Gli intellettuali, 1937

Informazioni utili
Arturo Martini e il monumento  per il Palazzo di Giustizia a Milano. villa Necchi Campiglio, Via Mozart, 14 - Milano.Orari: da mercoledì a domenica, dalle ore 10 alle 18; aperto lunedì 2 aprile e martedì 1 maggio Ingresso (con visita alla villa): intero € 12,00; ridotto (ragazzi 4-14 anni): € 4,00; iscritti FAI gratis. Per informazioni: www.villanecchicampiglio.it o www.mostramartini.it. Fino al 6 maggio 2018.