ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

martedì 3 novembre 2020

Moleskine Studio Collection: un taccuino, sei visioni creative


Ernest Hemingway
ne teneva sempre uno in tasca, riempendolo di parole e racconti, quando storie e personaggi bussavano alla porta della sua immaginazione, nei luoghi più disparati della terra: tra i viali e i bistrot di Parigi, negli alberghi di Venezia o in riva al mare a L’Avana. Pablo Picasso, Henri Matisse e Vincent Van Gogh fissavano sui suoi fogli le idee per opere d’arte che sarebbero diventate immortali. Oscar Wilde vi appuntava i suoi celebri aforismi; mentre lo scrittore inglese Bruce Chatwin ne era così innamorato da parlarne nel libro «Le vie dei canti», dove si legge la storia della sua cartolaia di fiducia, in Rue de l’Ancienne Comédie a Parigi, che gli procurava blocchi per appunti dall’inconfondibile copertina nera cerata e rigida, simile alla «pelle della talpa», con gli angoli arrotondati, i risguardi trattenuti da un elastico e le pagine color avorio. Stiamo parlando del Taccuino Moleskine, ideato in Francia tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo e prodotto fino al 1986 da un’azienda a conduzione familiare di Tours. La seconda vita del leggendario «quadernetto», immancabile compagno d’avventura dei maestri delle Avanguardie novecentesche, inizia, invece, nel 1997 quando Modo & Modo, un piccolo editore milanese, ne rinnova la tradizione grazie a una felice intuizione della scrittrice e sociologa Maria Sebregondi. Da allora il marchio Moleskine, oggi di proprietà del gruppo belga D'Ieteren, si diffonde in tutto il mondo. Quel taccuino per viaggiatori colti e moderni globetrotter, ispirato ai quaderni in cerata nera usati da Chatwin e da Van Gogh, diventa un’icona da avere nella propria valigetta.
Negli anni nascono anche progetti speciali, a tiratura limitata, dedicati, per esempio, a Frida Kahlo, a «Il mago di Oz» e alle più belle città del mondo.
Dare spazio alla voce degli artisti è sempre stata una priorità di Moleskine e in questa ottica nasce la nuova collezione Studio, comprendente sei taccuini, ognuno dei quali è stato personalizzato da artisti internazionali.
Il gruppo di artisti che ha collaborato alla collezione rappresenta il mondo globale in cui viviamo, toccando quasi tutti i continenti, da Ovest a Est e viceversa. Olimpia Zagnoli è un'illustratrice italiana. Sonia Alins è spagnola. Yukai Du è di origine cinese e ha vissuto in alcune delle città più cosmopolite del suo Paese prima di stabilirsi nel Regno Unito. Yellena James è nata e cresciuta a Sarajevo; si è poi trasferita negli Stati Uniti e ha scelto l'Oregon come casa. Dimitra Mirtalipova è originaria dell'Uzbekistan ma vive in Ohio. Jon Koko è un'artista svedese che ha vissuto in tutto il mondo, da Taipei a Berlino, e che ha una passione per il Giappone e il suo patrimonio artistico.
Ognuno di questi artisti ha una sua voce, peculiare e distintiva, che si esprime in creazioni artistiche tanto individuali quanto universali, rendendo la collaborazione perfettamente in linea con Moleskine e i suoi valori fondamentali. Dai paesaggi onirici e misteriosi di Koko si spazia al vibrante e potente mondo pop di Olimpia Zagnoli. Alla delicatezza delle composizioni floreali astratte di Yellena James fa da contraltare la realtà ultramoderna di Yukai Du, create con linee e punti. L'arte nostalgica di Mirtalipova ispirata al folklore e alla cultura uzbeka dialoga con le nuotatrici di Sonia Alins.
«La collezione Studio -raccontano da Moleskine- parla a tutti noi, invitandoci a lasciarci ispirare dalle diverse visioni dei sei artisti. La collaborazione è un invito a riempire le pagine bianche di questi taccuini con pensieri e idee personali e uniche, partendo dalle creazioni artistiche in copertina, come fossero il trampolino di lancio per tuffarsi nella propria creatività».

Per saperne di più
www.moleskine.it

lunedì 2 novembre 2020

«Castagne matte», quando l’arte incontra la dimensione della ritualità

È un focus a tematica autunnale quello che propone il Mambo di Bologna per il secondo appuntamento del progetto espositivo «Re-Collecting», nato da un’idea del direttore Lorenzo Balbi con l’intento di offrire approcci originali, e quando possibile anche inusuali, per conoscere il cospicuo patrimonio dei musei bolognesi.
Dopo la mostra su Giorgio Morandi e sul «fascino segreto dei suoi fiori», l’istituzione bolognese prosegue il viaggio all’interno delle sue collezioni permanenti, con la rassegna «Castagne matte», a cura di Caterina Molteni, che offre una composita riflessione sulla ritualità come sfera sociale, religiosa e artistica.
Il focus, visibile fino al prossimo 14 febbraio, deriva il suo titolo dall'epiteto dato al seme dell'Ippocastano e dalla credenza popolare secondo la quale, se custodito nella tasca del proprio cappotto, possa scacciare le influenze autunnali.
«In un'epoca caratterizzata da disastri ecologici, pandemie e urgenti rivendicazioni politiche, la ritualità -raccontano dal Mambo- appare una delle strategie possibili per comprendere e affrontare situazioni e condizioni di emergenza. La dimensione del rituale apre, infatti, a importanti riflessioni sull'individuo e sul suo corpo, sull'idea di comunità sociale e politica, sulla percezione della vita e della morte, basando le sue pratiche sui principi di un mondo 'magico’. Legato all'ineffabile, esso rimanda a una dimensione dell'esistenza che non può essere catturata dal linguaggio descrittivo e che sfugge a tentativi normativi».
L’esposizione presenta una selezione di opere della collezione permanente del Mambo, insieme ad oggetti provenienti dal Museo civico archeologico di Bologna e ad alcune castagne matte appartenute a Giorgio Morandi che, come molti di noi, in modo spensierato e speranzoso, probabilmente seguiva l’usanza di portarle con sé.
Dalla creazione di oggetti scaramantici e feticci all'istituzione sociale di idoli religiosi e riti collettivi laici, l’esposizione presenta vari linguaggi di trattazione del tema.
Il percorso prende avvio con l'opera «Crash» (1994), una serie di cinque diademi, realizzati da Eva Marisaldi (Bologna, 1966) con nastri colorati, fil di ferro e vetri di automobili trovati a terra. L'opera si riferisce a pratiche infantili e alla feticizzazione di ornamenti in strumenti magici. La povertà dei materiali sottolinea l'investimento immateriale – basato sul gioco o sulla spiritualità – tramite cui un oggetto, nella sua semplicità, cambia natura.
«Lettura del rituale» (1951-59) di Carlo Corsi (Nizza, 1879 – Bologna, 1966) presenta, invece, il rito come tema letterario interpretato tramite ampie campiture di colore, frutto di una pennellata piena e densa. La mutevole ricerca pittorica dell’artista è da considerare un esempio di dinamismo stilistico che trova le sue radici in una incessante indagine intima sui valori espressivi della pittura.
Mentre il rito nella sua forma collettiva intreccia l'opera «The Following Days» (2005) di Paolo Chiasera (Bologna, 1978). Il video ritrae un gruppo di ragazzi che nella campagna romagnola si imbattono in un grande masso raffigurante il volto di Pier Paolo Pasolini. Le dinamiche che si innescano tra l'oggetto e il gruppo rimandano a questioni quali la creazione di mitologie contemporanee, la problematicità del monumento e la sua distruzione nella società.
Il percorso espositivo presenta anche «Sleeping» (1991) di Gilbert & George (Gilbert Prousch, San Martino in Badia, Bolzano, 1943 & George Passmore, Plymouth, GB, 1942), parte di una serie di opere ispirate al mondo metafisico e spirituale, in cui emerge un'atmosfera alchemica e misteriosa. Giocando con l'ambiguità del rapporto arte-vita, gli artisti rappresentano se stessi come defunti, mettendo in gioco un'esorcizzazione della morte che avviene tramite la sua rappresentazione. Tra i fenomeni più temuti e inspiegabili per l'essere umano, la morte e la sua percezione hanno fortemente influenzato anche l'ultima produzione pittorica di Piero Manai (Bologna, 1951 - 1988): «Senza titolo» (1984), parte di un gruppo di lavori in cui l'anatomia umana è drammaticamente sezionata dall'interno rendendo irriconoscibili le sue parti.
«Castagne matte» affianca a questi lavori contemporanei una sezione di oggetti che raccontano le pratiche scaramantiche e magiche di epoca romana. Amuleti, lucerne, dettagli di decorazioni e tavolette con incise maledizioni testimoniano pratiche rituali comunemente diffuse nella società del tempo.
Nel solco di un’indagine che risale agli episodi nodali della storia della Galleria d'arte moderna di Bologna, la mostra propone infine un approfondimento sulla rassegna «Metafisica del quotidiano», curata nel 1978 alla Gam da Franco Solmi, che offrì una riflessione sull'ambiguità rituale dell'opera d'arte: criterio estetico che permette alla creazione artistica di sfuggire a letture unitarie, per abitare zone di attrito e di contraddizione. 

Per saperne di più
Bologna, i fiori di Giorgio Morandi per la prima tappa di «Re-Collecting»

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Castagne d'India (castagne matte) appartenute a Giorgio Morandi. Bologna, Casa Morandi. Foto Bianca Schroder; [fig. 2] Gilbert & George, Sleeping, 1991. Stampa fotografica colorata a mano su masonite, cm 253 (a) x 426 (la). Collezione permanente MAMbo – Museo d'Arte Moderna di Bologna. Courtesy Anthony D'Offay Gallery, Londra, 1998; [fig. 3] Paolo Chiasera, The Following Days, 2005. Video, 5 min. Collezione permanente MAMbo – Museo d'Arte Moderna di Bologna; [fig. 4] Piero Manai, Senza titolo, 1984. Olio su carta intelata, cm 300 (a) x 200 (la). Collezione permanente MAMbo – Museo d'Arte Moderna di Bologna; [fig. 5] Cassa armonica della Premiata Ditta Illuminazioni Artistiche Per Feste Civili e Religiose Giuseppe Paulicelli, Bari, presentata da Franco Dellerba, in Giardini d'Europa a cura di Franco Solmi (Bologna, Chiesa di Santa Lucia), parte della rassegna Metafisica del Quotidiano, Galleria d’Arte Moderna, Bologna, 1978

Informazioni utili 
Castagne matte. MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, via Don Minzoni, 14 – Bologna. Orari: martedì, mercoledì, giovedì, venerdì h 14.00–18.30 . Ingresso: intero € 6,00, ridotto € 4,00. Informazioni utili: tel. 051.6496611. Sito web: www.mambo-bologna.org. Fino al 14 febbraio 2021.

domenica 1 novembre 2020

«Tempora Vatis», Andrea Chisesi omaggia Gabriele d’Annunzio


È un omaggio alla «vita inimitabile» di Gabriele d’Annunzio quello che il poliedrico Andrea Chisesi (Roma, 1972), artista affermatosi nel primo decennio del Duemila per la sua fotografia di ritratto pubblicata su riviste come «Vogue», «Vanity fair», «Max» e «Rolling Stone», propone nelle sale di villa Mirabella, uno degli edifici inserito nel complesso del Vittoriale degli italiani a Gardone Riviera, sul lago di Garda.
Quella esposta, con il titolo «Tempora Vatis», è una collezione di opere che trae spunto dallo studio siracusano dell’artista, un vecchio hotel di fine Ottocento rimaneggiato nel periodo fascista, le cui pareti del piano terra erano rivestite con una carta da parati dell’epoca dannunziana e nascondevano sul retro vecchi giornali del 1920.
Queste «reliquie di un tempo antico», brandelli di carta con cronache mondane del passato, sono diventate opere d’arte: Andrea Chisesi le ha strappate, incollate, sovrapposte; le ha trasformate in collage.
Visitando il Vittoriale degli italiani, la casa-museo dell’autore dei romanzi «Il piacere» e «La figlia di Iorio», l’artista ha trovato una connessione temporale ed emozionale tra questi brandelli del nostro passato recente e la vita dello scrittore pescarese. A questi fogli di giornale si sono così aggiunte alcune fotografie dei momenti più significativi della vita di Gabriele D’Annunzio, viveur inarrestabile con i suoi eccessi e il lusso a ogni costo, con la pienezza di desiderio e la sensazione di onnipotenza.
Le tele sono state preparate con i matrem, termine derivato dal latino «Matrem Tanacetum parthenium», particolare tipo di fiore che cresce spontaneamente. 
Questa tecnica è composta da pennellate di colore bianco che rimandano alla natura e alla sua sintesi simbolica: fiori, foglie, colature d’acqua, ovvero quanto di più effimero ci sia sul nostro pianeta. Viene così rievocato il panismo dannunziano che trova la sua massima espressione nei versi della poesia «La pioggia nel pineto».
La mostra «Tempora Vatis», per la curatela di Marcella Damigella, allinea, nello specifico, sessantotto opere tra bozzetti, disegni e opere su tela, e si presenta in perfetto stile horror vacui, occupando ogni spazio disponibile. Il visitatore viene introdotto all’interno di uno spazio senza tempo e, ospite curioso, è messo in condizione di carpire i segreti del poeta e del pittore, il rapporto misterioso (e a distanza) che si è venuto a creare tra loro.
Per sua precisa volontà, Andrea Chisesi ha suddiviso il percorso espositivo in quattro parti, che ricalcano le stagioni dell’anno, indicate in latino, lingua molto cara al Vate. Le opere sono, poi, collocate sulle pareti secondo un percorso cronologico, ma in un apparente caos. Il viaggio inizia con «Fons», che allinea i ritratti di Gabriele D’Annunzio dall’adolescenza al 1920. Si prosegue con «Aestas», che racconta gli eroi, i miti e i personaggi cari allo scrittore, ma anche la sua passione per navi, aerei e automobili. «Arbores» mette, invece, sotto i riflettori l’amore per le donne, l’allegoria del Fauno, la passione per Dante e Michelangelo. «Hiems» presenta, infine, i ritratti degli amici più cari e le icone che hanno accompagnato l’esistenza del Vate, tra cui San Sebastiano, Santa Caterina da Siena e San Francesco.
Completa il percorso espositivo di «Tempora Vatis» la cosiddetta «Stanza segreta», una sorta di wunderkammer, ma a luci rosse, ricca di sorprese. In questo spazio, oltre a un’ulteriore serie di opere, è collocata un’installazione costituita da piccole porte, complete di maniglia e serratura. Dietro ogni porta si cela una «fusione su carta» di piccole dimensioni, dedicata ai riti amorosi e visibile solo dal buco della serratura. Queste ultime immagini insieme al resto delle opere collocate lungo il percorso espositivo vanno a comporre i fotogrammi di un’esistenza sopra le righe, che valse a Gabriele d’Annunzio l’appellativo di «Immaginifico». Un’esistenza simile a un’opera d’arte, che ha fatto proprio il motto: «osare l’inosabile». 

Vedi anche
Versiliana, Chisesi si confronta con il mito di D'Annunzio 

Didascalie delle immagini 
 [Fig. 1] Andrea Chisesi, «D’Annunzio a cavallo», cm 180x152 (opera donata al Vittoriale la più grande in mostra), fusione su tela, anno 2020; [fig. 2] Andrea Chisesi, «Giuseppe Verdi», cm 50x60, fusione su tela, anno 2020; [fig. 3] Andrea Chisesi, «Madame», cm 70x100, fusione su tela, anno 2020

Informazioni utili 
«Andrea Chisesi. Tempora Vatis». Vittoriale degli Italiani, via al Vittoriale, 12 - Gardone Riviera (Brescia). Orari: tutti i giorni  dalle ore 10.00 alle ore 19.00; il sabato e la domenica solo su prenotazione sul sito www.vittoriale.it. Ingresso (comprensivo della visita completa a musei e parchi): intero euro 16,00, ridotto euro 13,00. Informazioni: info@andreachisesi.com. Sito internet: www.vittoriale.it | www.andreachisesi.com