ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

domenica 13 febbraio 2022

#notizieinpillole, cronache d'arte della settimana dal 7 al 13 febbraio 2022

All’Off Off Theatre di Roma lo spettacolo «Preghiera Per Černobyl’»
«Non si vedeva la morte, non si toccava, non aveva odore. Mancavano persino le parole per raccontare della gente che aveva paura dell’acqua, della terra, dei fiori, degli alberi. Perché niente di simile era accaduto prima». Con queste parole la giornalista e scrittrice bielorussa Svetlana Aleksievic, premio Nobel per la letteratura nel 2015, raccontava nel 1995 il disastro nucleare di Černobyl’, la terribile tragedia ambientale che nella notte tra il 25 e il 26 aprile 1986 causò la dispersione nell'atmosfera di grandi quantità di materiale radioattivo, contaminando, dapprima, l’Ucraina e la Russia e, poi, gran parte dell’Europa occidentale.
Dal 16 al 20 febbraio, il racconto di Svetlana Aleksievic, intitolato «Preghiera per Černobyl’» e oggi conosciuto per la fortunata serie televisiva «HBO Chernobyl», sarà sotto i riflettori dell’Off Off Theatre di Roma, nell’adattamento e per la regia di Massimo Luconi, con l’interpretazione di Mascia Musy e le musiche di Mirio Cosottini.
Il testo, edito in italiano nel 2012 da e/o edizioni, non ricostruisce gli avvenimenti, ma i sentimenti di quei giorni. In circa trecento pagine è condensato tutto il dramma, lo smarrimento e il senso di morte di un popolo e, nello stesso tempo, si racconta la grande forza dell'amore fra due persone, un uomo che, senza nessuna preparazione e protezione, fu fra i primi volontari andati a riparare il reattore nucleare e una donna che continua, giorno dopo giorno, ad amare, nonostante la morte del suo compagno.
Svetlana Aleksievic affronta così, con un mix tra denuncia politica e racconto emotivo, la tragedia di Černobyl’ e la disfatta del mondo comunista, restituendo «con implacabile fedeltà – si legge nella presentazione dello spettacolo - le voci e i sentimenti delle persone al centro di un disastro ambientale che non ha eguali nella storia contemporanea».
«Di quella tragedia, oggi più che mai, abbiamo ancora da imparare», racconta l’attrice Mascia Musy. Il teatro, con la forza e l’unicità del suo linguaggio, può aiutarci a non dimenticare, a non ripetere gli errori del passato.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito http://off-offtheatre.com/

Marta Cuscunà in scena al Piccolo Teatro di Milano con le sue «R3sistenze Femminili»
Si apre con lo spettacolo «È bello vivere liberi!», premio Scenario per Ustica 2009, la personale milanese dell’attrice e performer friulana Marta Cuscunà, classe 1982, che dal 15 al 20 febbraio sarà in scena al Piccolo Teatro Grassi con suoi tre titoli, frutto di un lavoro in bilico tra attivismo e palcoscenico che racconta il mondo femminile e le sue resistenze per una società sempre meno sbilanciata al maschile.
Il primo titolo, in cartellone il 15 e il 16 febbraio, è «un progetto di teatro civile per un’attrice, cinque burattini e un pupazzo» ed è ispirato alla biografia di Ondina Peteani, prima staffetta partigiana d’Italia. A soli 17 anni, la giovane si scopre incapace di restare a guardare l'oppressione del fascismo e sceglie di agire, cosciente e determinata, per cambiare il proprio Paese. Il suo percorso, iniziato con le riunioni clandestine della scuola di comunismo di Alma Vivoda e proseguito con l’attività nella Brigata proletaria, viene bruscamente stravolto due anni dopo, nel 1943, con l’arresto e la deportazione ad Auschwitz. Ma è proprio in questo drammatico momento che Ondina Peteani ritrova con ostinata consapevolezza l’amore per la libertà, quell’amore che la accompagnerà fino alla sua morte, avvenuta nel 2003.
Il progetto proseguirà, nelle giornate del 17 e 18 febbraio, con «La semplicità ingannata», «una satira per attrice e pupazze» che dà voce alle testimonianze di un gruppo di donne che, nel Cinquecento, lottarono contro le convenzioni sociali, rivendicando libertà di pensiero e di critica nei confronti dei dogmi della cultura maschile. Protagoniste del racconto sono le Clarisse del Santa Chiara di Udine, che crearono una sorprendente micro-società tutta al femminile, in un tempo in cui le donne erano escluse da ogni aspetto politico ed economico della vita.
A chiudere la personale sarà, nelle giornate del 19 e 20 febbraio, «Il canto della caduta», spettacolo costruito intorno a un antico racconto epico della tradizione popolare ladina (minoranza etnica delle Dolomiti): il mito di Fanes, storia di una leggendaria età̀ dell'oro in cui gli esseri umani avevano un rapporto di alleanza con la natura e la guida del popolo era compito femminile.
A introdurre la trilogia è stata venerdì 11 febbraio, alle ore 18, la presentazione, al Chiostro Nina Vinchi, del libro «R3sistenze Femminili» (Forum Edizioni, 2019), che vedrà Marta Cuscunà in dialogo con Marina Pierri, cofondatrice e direttrice artistica di «FeST».
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.piccoloteatro.org

Nelle foto: 1. «È bello vivere liberi!». Foto di Belinda De Vito; 2.«La semplicità ingannata». Foto di Alessandro Sala

Al via l’ottava edizione del bando Anghiari Dance Hub per coreografi
C'è tempo fino al 29 aprile per candidarsi al bando di Anghiari Dance Hub, centro toscano di promozione della danza, diretto da Gerarda Ventura, nato nel gennaio 2015 per fornire a giovani coreografi strumenti di approfondimento del proprio percorso creativo.
Giunto alla sua ottava edizione, il progetto si configura come un percorso di accompagnamento alla creazione nell'ambito del quale gli artisti selezionati, tutti under 35, avranno la possibilità di confrontarsi con esperti di diversi settori che metteranno a disposizione le proprie conoscenze con l'obiettivo di supportare la realizzazione dei singoli progetti coreografici.
Il progetto, che si terrà ad Anghiari tra il 5 settembre e il 3 dicembre, prevede l’assegnazione di borse di studio per un minimo di tre e un massimo di cinque coreografi under 35 e i loro interpreti. I lavori realizzati verranno presentati al pubblico nelle giornate del 2 e 3 dicembre.
Anghiari Dance Hub offrirà i propri spazi per residenze di creazione e collaborerà alla ricerca di altri luoghi di residenza. Il progetto prevede un accompagnamento di tipo organizzativo per approfondire le capacità degli stessi autori a dare una struttura efficace alla propria promozione. Nell'arco del progetto i coreografi avranno, inoltre, anche la possibilità di realizzare attività di audience development in particolare con studenti di scuole elementari, medie o superiori, o con adulti, per sperimentare e approfondire specifiche modalità di sensibilizzazione del pubblico.
Fra i tutor si segnalano Mariagia Maggipinto, Guy Cools, Elena Lamberti, Matteo Fargion, Gianni Staropoli, Luca Ricci, Marco Valerio Amico e Andrea Merendelli.
I coreografi interessati a partecipare al progetto dovranno inviare i materiali richiesti dal bando (lettera di motivazione, progetto coreografico con l’indicazione dell’eventuale collaboratore artistico o organizzativo, curriculum personale e curriculum interpreti, link video dell’ultima creazione realizzata), scaricabile dal sito www.anghiaridancehub.eu, entro le 23,59 di venerdì 29 aprile 2022, all’indirizzo organizzazione@anghiaridancehub.eu.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.anghiaridancehub.eu

Lucio Fontana e Bruno Munari tra i protagonisti della fiera «C'era una volta... Il libro»
Filippo Tommaso Marinetti
, Lucio Fontana e Bruno Munari sono i grandi protagonisti di «C’era una volta il libro», evento dedicato ai volumi antichi, introvabili e fuori catalogo, giunto alla sua decima edizione, in programma sabato 19 e domenica 20 febbraio alla Fiera di Cesena.
Oltre duecento espositori presenteranno testi d’antan di pregio, dal XV secolo in poi, ma anche tante curiosità bibliografiche del più recente Novecento, da ricercate prime edizioni a volumi autografi, oltre a un'infinita varietà di poster cinematografici e pubblicitari, fotografie, cartoline, mappe geografiche, santini sacri e documenti storici di vario tipo.
Tra le proposte più interessanti sarà in fiera la riproduzione anastatica di «Zang Tumb Tuuum» (Edizioni Futuriste di Poesia, Milano 1914) di Filippo Tommaso Marinetti, cinquanta copie numerate in tutto, di quello che è il primo volume delle parole in libertà nonché pil rimo esempio concettuale e pratico di «libro d’artista» del ’900, concepito per una diffusione non più elitaria (come avveniva nei libri simbolisti), ma più allargata, influente, e militante.
In mostra ci sarà anche «Good design. All’insegna del Pesce d’Oro» (Vanni Scheiwiller, Milano 1963), libro di grande importanza che sottopone le forme della natura al giudizio ironico di Bruno Munari. Tra gli esempi di good design c’è, per esempio, l’arancia, «un oggetto quasi perfetto – scrive l’autore - dove si riscontra l’assoluta coerenza tra forma, funzione e consumo».
Sempre a proposito di arte un altro importante testo esposto a Cesena sarà quello di Guido Ballo e Lucio Fontana: «Idea per un ritratto» (1970). In fiera sarà possibile trovare anche un volume che fece epoca per la polemica che accese tra i poeti visiti sul tema del collage: «Entropico» di Franco Vaccari (Sampietro editore, Bologna, 1966).
A completare l’offerta della fiera ci sarà anche una mostra collaterale dedicata alle macchine per scrivere d’epoca: «Quando la mano declinò sul tasto». Curata dal collezionista Cristiano Riciputi, l’esposizione presenta una trentina pezzi che hanno la storia, dalla seconda metà dell’800 agli anni ’30 del secolo successivo. Tra questi, ci saranno la «primatista» Taurus (1908, Milano), la più piccola macchina da scrivere al mondo, grande quanto un orologio da tasca, la prima italiana costruita, pubblicizzata e venduta, di cui esistono una dozzina di esemplari in tutto.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.ceraunavoltantiquariato.com

«Fil Rouge», una web app per scopre la storia di Campari e del suo museo
Si intitola «Fil rouge» la web app realizzata dalla Galleria Campari, con la collaborazione di sedici studenti del secondo anno del College Story Design, uno dei programmi di studio della Scuola Holden di Torino, per raccontare la storia dell’azienda.
In occasione del corso «Racconti di impresa» (2020-2021), tenuto dalla docente Elisa Fulco, gli allievi hanno realizzato quattordici pillole audio, tante quanto le fermate della Linea rossa della Metropolitana che collegano il museo aziendale di Sesto San Giovanni al Camparino, lo storico caffè fondato nel 1915 da Davide Campari in Galleria Vittorio Emanuele II, nel cuore di Milano.
Scritte in versi e in prosa, le pillole audio rappresentano la versione moderna de «Il Cantastorie di Campari», il visionario e innovativo progetto di comunicazione pubblicato in cinque diversi volumi dal 1927 al 1932. Voluto fortemente da Davide Campari, «Il Cantastorie» nasceva dalla volontà di raggiungere il pubblico con uno strumento di comunicazione innovativo, promuovendo i prodotti Campari attraverso la raffinata poesia di Renato Simoni e le illustrazioni di Sergio Tofano, Bruno Munari, Primo Sinòpico e Ugo Mochi. La storia di Campari, poi, è fortemente legata a quella della metropolitana milanese come ben documenta il celebre manifesto Campari di Bruno Munari ideato in occasione dell’inaugurazione della prima linea nel 1964.
Insieme alla web-app, accessibile in doppia lingua attraverso un QR Code presente al link https://camparifilrouge.orpheo.app/, Galleria Campari ha prodotto anche un agile volumetto di supporto all’ascolto delle pillole audio. Il libretto tascabile, disponibile in Galleria Campari e al Camparino in Galleria, raccoglie al suo interno tutti i testi e le immagini delle opere raccontate.
A ispirare l’innovativo progetto è l’opera icona del brand, lo «Spiritello» – il manifesto realizzata nel 1921 dall’artista Leonetto Cappiello, recentemente celebrato nella mostra Spiritello 100 di Galleria Campari –, personaggio a metà tra il saltimbanco e il giullare, che suggerisce il recupero della tradizione orale, dando voce all’essenza del marchio in chiave contemporanea.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.campari.com.
 
«I colori dell’arte», su Rai 5 una puntata di «Art Night» dedicata al blu
Si intitola «Blu. I colori dell’arte» il documentario trasmesso venerdì 11 febbraio su Rai5, in occasione della consueta puntata di «Art Night», trasmissione di Rai Cultura dedicata alla storia dell’arte, con Neri Marcorè nei panni del presentatore.
Inesistente nella preistoria, apprezzato dagli egizi (autori del primo pigmento artificiale dell’umanità), poco amato dai greci e dai romani che gli preferivano il rosso come simbolo di regalità, il blu incomincia a essere apprezzato nel Medioevo quando diventa il colore dei re di Francia e viene usato per dare nuova luce al manto della Vergine, alle volte stellate dei mosaici bizantini e ai cieli giotteschi. Da allora, la stima prosegue di secolo in secolo e oggi, secondo i sondaggi, il blu in tutte le sue infinite sfumature – dall’amato cobalto di Pierre-Auguste Renoir e Vincent van Gogh al nuovo YlnMn, scoperto per caso dal chimico Mas Subramanian della Oregon State University di Corvallis - è il colore preferito dell’Occidente.
La storia di questo pigmento è stata ripercorsa nel documentario, in prima visione assoluta su Rai5, attraverso un viaggio che spazia dalle pitture parietali del neolitico a Rignano Garganico al Museo Egizio di Torino, dalla Cappella degli Scrovegni a Padova agli affreschi della Basilica di Assisi. Ci sono, poi, immagini riprese alla Sinagoga Fausto Levi di Soragna (Parma), nelle piantagioni di guado ad Ancona e nel vicino Museo diocesano, all’Oratorio di San Giovanni e all’Orto Botanico di Urbino, alla Fabbrica di colori Maimeri di Milano.
Il documentario - ricco di interviste a direttori di musei, restauratori, maestri tintori e storici dell’arte - ha fatto tappa anche alla Galleria di arte moderna e contemporanea di Roma, che possiede preziosi dipinti di Monet, Cezanne e Pino Pascali (l’opera «32 mq di mare») in cui il blu è protagonista, e a Villa Farnesina a Roma, dove l’Accademico dei Lincei Antonio Sgamellotti, ha scoperto l’utilizzo del blu egizio nel «Trionfo di Galatea» di Raffaello.
La serata di «Art Night» è proseguita con il documentario «Ettore Spalletti. Così com’è», dedicato a uno dei grandi nomi dell’arte contemporanea mondiale, scultore e pittore tra i più apprezzati del Novecento, che ha esposto a Venezia, Parigi, New York e Anversa.
Per maggiori informazioni: https://www.raiplay.it/programmi/artnight.

«Shuma», al Funaro di Pistoia una favola per raccontare il dramma dei migranti
Racconta il dramma dei migranti con il linguaggio dolce e poetico delle favole lo spettacolo «Shuma», patrocinato dell’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (Unhcr), che venerdì 11 febbraio, alle ore 21, è andato in scena al Funaro di Pistoia.
La storia, scritta e interpretata da Peppe Macauda, artista già apprezzato dal pubblico del centro pistoiese con «Kryptonite», prende spunto da un fatto di cronaca: un ragazzino del Mali, recuperato in mare dopo il naufragio del 18 aprile 2015, era stato trovato con una pagella cucita all’interno della propria giacca. Quel fatto, raccontato nel libro «ShumaTragliabissi», di Dario Muratore, è stato ridotto per la scena ed è nata così una favola per tutti, compresi i bambini dai 10 anni in su, che si avvale del disegno luci di Simone Fini e della produzione di Santa Briganti.
Il bambino protagonista della storia, mentre cade in mare, inizia un lungo percorso verso il SopraSopra, allegoria delle rotte dei migranti. «In compagnia di un cavalluccio marino, tra mille peripezie e incontri stupefacenti, - si legge nella presentazione - Shuma affronta anche un viaggio interiore in cui si pone il problema di come si possa ridare dignità a un essere umano morto e rimasto senza nome, che si somma alle migliaia di vite perse, che aspirano al diritto di stare meglio. Ci chiede, andando dritto al cuore, di assumerci la responsabilità collettiva di ciò che accade oggi nel nostro mondo, perché siamo tutti parte della medesima comunità, anche se siamo nati dalla ‘parte giusta’ del pianeta».
Lo spettacolo si muove tra realtà e fantasia, attualità e leggenda, tradizione e innovazione. Peppe Macauda, da solo sulla scena, affronta la narrazione attraverso la parola (rifacendosi anche alla tradizione del «cuntu»), il gesto, il canto, la danza. Alla presenza in carne e ossa dell’attore fanno da contrappunto le illustrazioni delicate ed evocative di Bruna Fornaro, proiettate su uno schermo, che pungolano le coscienze degli spettatori.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito: www.ilfunaro.org

«Le storie dell’architettura», al Maxxi quattro incontri sull’evoluzione al femminile della professione di architetto
Si è inaugurato sabato 12 febbraio, alle ore 11:30, il ciclo di incontri «Le storie dell’architettura», a cura di Irene de Vico Fallani, in programma al Maxxi - Museo nazionale delle arti del XXI secolo, in occasione della mostra «Buone nuove. donne in architettura», che racconta l’evoluzione al femminile della professione di architetto dalle pioniere di inizio ‘900 fino alle archistar di oggi.
Il primo incontro, intitolato «Dall’Interior a Tafuri. Alcune riflessioni su riviste di architettura e direzioni femminili», ha visto la presenza la presenza della storica, ricercatrice e critica d’arte contemporanea Paola Nicolin. Introdurrà l’incontro Pippo Ciorra, senior curator del Maxxi Architettura (Auditorium | ingresso € 5 su prenotazione, gratuito per gli architetti iscritti all’Oar).
Obiettivo dell’appuntamento era tracciare un affresco sulla storia delle riviste di architettura dirette da sguardi femminili, con un focus sulle pioniere Piera Peroni e Cynthia Davidson, fondatrici rispettivamente della rivista di culto «Abitare» e del magazine internazionale di architettura «Log».
Sabato 19 febbraio, alle 11:30, è previsto un appuntamento con lo storico e critico di architettura contemporanea Mario Lupano, introdotto da Margherita Guccione, che terrà una conferenza dal titolo «Il posto loro. Donne, modernismo e architettura», dedicata al mitico Bauhaus e alle felici incursioni della progettualità femminile nell’architettura del modernismo come quelle di Eileen Gray e Charlotte Perriand.
Si proseguirà sabato 5 marzo, alle 11:30, con «Architettura in transizione». Pippo Ciorra, introdotto da Margherita Guccione, approfondirà i temi della mostra «Buone nuove» focalizzandosi in particolare sull’impatto che l’emergere di figure femminili sta avendo sull’architettura contemporanea e su temi come sostenibilità ambientale ed energetica, inclusione e utilizzo delle nuove tecnologie digitali.
L’ultimo appuntamento è fissato per sabato 12 marzo, alle 11:30, e vedrà la presenza di Margherita Guccione. L’incontro, intitolato «La sfida delle donne. Da Lina Bo Bardi a Zaha Hadid», sarà introdotto da Elena Tinacci e offrirà l’occasione per approfondire i percorsi distanti nel tempo, ma paralleli per ambizione e determinazione, di queste due straordinarie architette.
Per maggiori informazioni: https://www.maxxi.art/.

Strega Ragazze E Ragazzi, nasce il Premio alla migliore narrazione per immagini
La settima edizione del «Premio Strega ragazze e ragazzi», che accoglie le candidature di libri editi in Italia e all’estero tra il 1° aprile 2021 e il 31 marzo 2022, si arricchisce di una nuova sezione. Per il 2022 è stato il premio alla migliore narrazione per immagini, che va ad aggiungersi alle tre categorie già esistenti del concorso, una per libri destinati a lettrici e lettori dai 6 ai 7 anni (6+), una per lettrici e lettori dagli 8 ai 10 anni (8+), una per lettrici e lettori dagli 11 ai 13 anni (11+) e al premio per il migliore libro d’esordio, lanciato nel 2021.
Il nuovo premio, che mette al centro anche la componente visiva del libro, è dedicato a graphic novel, fumetti, albi illustrati e libri senza parole destinati ai lettori dai 6 ai 13 anni.
Sarà compito del Comitato scientifico, presieduto da Giovanni Solimine e composto da operatori culturali e studiosi di letteratura e editoria per l’infanzia, selezionare la terna dei libri finalisti del nuovo premio alla migliore narrazione per immagini. Il vincitore verrà proclamato nell'ambito della Bologna Children’s Book Fair 2022, dal 21 al 24 marzo a BolognaFiere, palcoscenico quanto mai ideale per un premio che vede nelle immagini il suo fulcro e la sua stessa origine. Sia la terna finalista sia il libro vincitore saranno selezionati dal Comitato scientifico. In aggiunta a quello per l’autore, è previsto anche un premio per l’illustratore dell’opera vincitrice e uno per il traduttore, nel caso sia un libro in traduzione.
Il Comitato scientifico esaminerà, inoltre, le opere candidate nelle tre categorie dai 6 ai 7 anni (categoria 6+), dagli 8 ai 10 anni (categoria 8+) e dagli 11 ai 13 anni (categoria 11+) e sceglierà tra queste le terne finaliste e il vincitore del premio per il migliore libro d’esordio. Gli studenti di oltre cento scuole primarie e secondarie di primo grado, distribuite sul territorio nazionale e all’estero, determineranno con il loro voto le opere vincitrici nelle tre categorie di concorso. Il premio per le categorie di concorso 6+, 8+, 11+, sarà consegnato agli autori vincitori nell’autunno 2022 contestualmente al premio per il migliore libro di esordio. In caso di parità di voti per il primo posto, il premio sarà assegnato ex aequo. Nel caso in cui l’opera più votata sia in traduzione, è previsto un premio di pari entità per il traduttore offerto da BolognaFiere.
Per maggiori informazioni: www.fondazionebellonci.it.

giovedì 10 febbraio 2022

Debutta al Piccolo di Milano «Eichmann. Dove inizia la notte», il nuovo spettacolo di Stefano Massini

Chi fu realmente Adolf Eichmann? Che tipo di personalità si nascondeva dietro la divisa nazista di colui che ideò la soluzione finale e organizzò nei dettagli il massacro di sei milioni di ebrei? Quando fu deciso l’inizio dello sterminio? Come si gestiva in concreto l’orrore di Auschwitz? Prova a dare una risposta a queste domande il nuovo spettacolo di Stefano Massini: «Eichmann. Dove inizia la notte», la cui drammaturgia è stata pubblicata nel 2020 da Fandango Libri.
 
L’atto unico, prodotto dai teatri stabili di Bolzano e del Veneto, debutta in prima nazionale giovedì 24 febbraio, alle ore 19:30, al Piccolo Teatro Grassi di Milano, per restare, poi, in cartellone fino al 6 marzo. 

Diretti da Mauro Avogadro, saliranno sul palco Ottavia Piccolo e Paolo Pierobon. Le scene sono di Marco Rossi; i costumi di Giovanna Buzzi. Le musiche portano la firma di Gioacchino Balistreri, mentre il disegno luci è a cura di Michelangelo Vitullo

 Stefano Massini ha realizzato la drammaturgia a partire dagli scritti della filosofa e politologa ebrea Hannah Arendt, dai verbali degli interrogatori a Gerusalemme – dove Adolf Eichmann fu processato dopo l’arresto avvenuto nel 1960 in Argentina – e dagli atti del processo. Il risultato è un dialogo teatrale di inaudita potenza, una sorta di intervista a colui che più di tutti incarna nell’immaginario collettivo la traduzione della violenza che ha dato corpo alla «soluzione finale».
 
Ottavia Piccolo e Paolo Pierobon, nei ruoli rispettivamente di Hannah Arendt e Adolf Eichmann, ricostruiscono passo dopo passo carriera e ascesa del gerarca nazista, delineando il ritratto di un uomo mediocre, arrivista e opportunista, e aprendo così il varco a una prospettiva spiazzante: Adolf Eichmann non è un mostro, bensì un uomo spaventosamente normale. È totalmente privo di talenti, ma sa trarsi di impaccio. È capace di stupire più per la bassezza che per il genio. È un uomo contraddittorio, superficiale, perfino goffo, che, proprio per la sua mediocrità, si muove in un crescendo di poltrone, prestigio e denaro, ebbro di potere e animato da una coscienza inesistente.
 
Adolf Eichmann è, dunque, l’emblema di ciò che Hannah Arendt definisce «la banalità del male», quella «mancanza di pensiero» e quell’«obbedienza inconsapevole» a una legge ingiusta che ha reso uomini «terribilmente normali», dalla «meschina insignificanza», incapaci di pensare al valore morale dei propri atti, inconsapevoli di comprendere che la loro routine lavorativa era, invece, per gli ebrei «letteralmente la fine del mondo». «Eichmann – scrisse Hannah Arendt - non era uno Iago né un Macbeth, e nulla sarebbe stato più lontano dalla sua mentalità che «fare il cattivo» – come Riccardo III – per fredda determinazione. Eccezion fatta per la sua eccezionale diligenza nel pensare alla propria carriera, egli non aveva motivi per essere crudele e anche la sua diligenza non era, in sé, criminosa; è certo che non avrebbe mai ucciso un suo superiore per ereditarne il posto. Per dirla in parole povere, egli non capì mai che cosa stava facendo. […] Non era uno stupido; era semplicemente senza idee (una cosa molto diversa dalla stupidità), e tale mancanza di idee ne faceva un individuo predisposto a divenire uno dei più grandi criminali di quel periodo». 

Informazioni utili
Eichmann. Dove inizia la notte | di Stefano Massini | con Ottavia Piccolo e Paolo Pierobon | regia Mauro Avogadro | scene Marco Rossi, costumi Giovanna Buzzi, musiche Gioacchino Balistreri, luci Michelangelo Vitullo | produzione Teatro Stabile di Bolzano / Teatro Stabile del Veneto
Piccolo Teatro Grassi, Via Rovello, 2 – Milano( M1 Cordusio). Dal 24 febbraio al 6 marzo 2022 | Orari: martedì, giovedì e sabato, ore 19.30; mercoledì e venerdì, ore 20.30; domenica, ore 16. Lunedì, riposo. | Durata: 85 minuti senza intervallo | Prezzi: platea 33 euro, balconata 26 euro 
Informazioni e prenotazioni: tel. 02.21126116; www.piccoloteatro.org

domenica 6 febbraio 2022

#notizieinpillole, cronache d'arte dal 31 gennaio al 6 febbraio 2022

All’asta da ArtCurial «Il cestino di fragole di bosco» di Jean Siméon Chardin
ArtCurial è pronta per la sua nuova stagione di aste. Il 15 febbraio il dipartimento Old Master & 19th Century Art dell’azienda parigina presenterà la sua prima vendita dell'anno: cento ritratti di personalità francesi del XVII secolo che per oltre quaranta anni sono stati raccolti da un appassionato collezionista parigino.
La selezione propone al pubblico un viaggio tra i volti di membri della famiglia reale, figure della corte di Versailles, uomini di legge e militi, plebei e prelati, tutti resi maestosi da pittori come Louis-Michel van Loo, Joseph-Siffrède Duplessis ed Élisabeth Vigée Le Brun. Tra i vari ritratti al centro dell’asta spiccano quelli di Luigi XV, Luigi XVI e Maria Antoinetta, quest’ultima raffigurata dalla celebre Élisabeth Louise Vigée-Le Brun.
Le aste proseguiranno il 23 marzo con un appuntamento imperdibile. All’incanto andrà un capolavoro di Jean Siméon Chardin (1699-1779): «Il cestino di fragole di bosco», stimato intorno ai 12-15 milioni di euro.
Esposta dall’artista al Salone del 1761, riscoperto da François-André o Eudoxe Marcille un secolo dopo, prima di scomparire dalla vista del pubblico sino alle retrospettive dedicate al pittore organizzate a Parigi nel XX secolo, questa piccola tela è diventata nel mentre un’icona dell’arte occidentale.
Ideale proseguo delle rare raffigurazioni di coppe di fragole di pittori nordici e francesi del XVII secolo come Jacob van Hulsdonck, Adriaen Coorte e Louyse Moillon, questo dipinto, che combina una composizione di sublime semplicità geometrica con un’eccezionale qualità esecutiva, collega i due secoli, mentre si dirige con risolutezza verso la modernità. Infatti, il soggetto qui è quasi meno importante della sua rappresentazione in volumi e forme, come dimostrano il cilindro dei bicchieri e il triangolo formato dalle fragole.
Il dipinto all’asta è direttamente paragonabile con «Il cestino di prugne» (Parigi, Louvre) e «Il bicchiere d’acqua e la tazza di caffè» (Pittsburgh, Carnegie Institute of Art), datate allo stesso periodo ed entrambe considerate come capolavori assoluti. All’epoca, Chardin era all’apice della sua carriera come artista. La virtuosità del pittore è evidente nell’incredibile trasparenza dell’acqua nel bicchiere. La rappresentazione della frutta è sia precisa sia fluida, come se si trattasse di un’unica forma messa in rilievo dai segni bianchi.
Per maggiori informazioni: https://www.artcurial.com/

La londinese Richard Saltoun Gallery apre un secondo spazio espositivo a Roma
Nell’immaginario collettivo è la strada degli artisti, una vera e propria Montmartre romana. Qui, nel Medioevo, sorsero le prime botteghe di arti e mestieri e, nell’Ottocento, aprì il suo atelier lo scultore veneto Antonio Canova. Mentre nel Novecento, vi trovarono casa o ispirazione per la propria arte alcuni fra i più grandi protagonisti culturali del tempo, pittori come Pablo Picasso e Giorgio de Chirico, musicisti come Giacomo Puccini e Pietro Mascagni, scrittori come Gabriele d’Annunzio, Jean Paul Sartre, Simone de Beauvoir, Elsa Morante, Alberto Moravia e Sibilla Aleramo. Stiamo parlando di via Margutta, stradina nel rione Campo Marzio, situata tra piazza di Spagna e piazza del Popolo, che lo storico dell’arte Winkelmann elogiò per la sua «nobile semplicità e quieta grandezza».
In questo scenario iconico, reso celebre anche da film come «Vacanze romane» e «La dolce vita», la londinese Richard Saltoun Gallery apre la sua seconda sede. A inaugurare lo spazio sarà, nella giornata dell’8 marzo, una mostra personale di Bertina Lopes (1924–2012), amica di importanti personaggi, da Nelson Mandela a Carlo Levi, da Enrico Berlinguer all'ex presidente portoghese Mario Soares, considerata la madre della pittura africana contemporanea.
Obbligata nel 1961 a fuggire dal proprio Paese natale, la pittrice si trasferì in Portogallo, dove lavorò grazie a una borsa di studio della Fondazione Calouste Gulbenkian di Lisbona e dove entrò in contatto con pittori come Carlo Botelho, Albertina Mantua, Costa Pinheiro, Nuno Sampaio ed altri ancora. Due anni dopo arrivò a Roma, città dove trascorse il resto della sua vita.
Il lavoro di Bertina Lopes è per tutti sinonimo di attivismo politico e critica sociale. Le sue opere sono esposte in numerosi musei di tutto il mondo, da New York a Teheran, da Madrid a Roma. Le ultime esposizioni sono state quelle al Palazzo dei Congressi a Roma, al Museo campano di Capua, alla Fortezza da Basso di Firenze.
In occasione del decimo anniversario della morte, la mostra alla Richard Saltoun Gallery di Roma ripercorre i settanta anni di carriera dell'artista, riunendo, fino al 7 maggio, una delle più grandi selezioni di suoi dipinti, tra cui «Grido grande» (1970) e «In memoriam de Picasso» (1974).
L’Archivio Bertina Lopes, fondato nel 2012, ha svolto un ruolo fondamentale nella realizzazione di questa esposizione, che segna l’esordio della collaborazione della galleria con la Lopes Estate e la prima rappresentazione commerciale internazionale dell’artista.
Per maggiori informazioni è possibile consultare la pagina Facebook @RichardSaltounGallery.

Un nuovo allestimento per «The homo sapiens». Continua a Parma la mostra di Arturo Delle Donne
Sono venti le immagini che dal 12 febbraio andranno ad arricchire il percorso espositivo della mostra «The Homo Sapiens», progetto fotografico e antropologico di Arturo Delle Donne, per la curatela di Chiara Allegri, in programma al Museo d’arte cinese ed etnografico di Parma.
Le origini delle persone fotografate in questo nuovo allestimento, visibile fino al prossimo 8 marzo, sono indonesiane, russe, ruandesi, ivoriane, etiopiche, filippine, marocchine e bangladesi.
Arturo Delle Donne prosegue così nel suo impegno di documentazione e ritrattistica di cittadini italiani di origine straniera, immortalando alcuni gruppi di persone con i propri abiti tradizionali, simbolo del loro legame con la terra natia. L’obiettivo di questo progetto, che si articola in più di un’ottantina di immagini di grande formato, è, dunque, quello di focalizzare l’attenzione sui valori di rispetto e fratellanza attraverso l’abbigliamento, o meglio quell’insieme di vestiti, accessori e acconciature che sono la prima forma di comunicazione di un popolo.
«Con il flusso migratorio in entrata, che dagli anni Settanta del secolo scorso ha superato quello in uscita, hanno iniziato a far parte del nostro sistema culturale nuove tradizioni, religioni, usi e costumi, lingue. Ma non solo. Sono entrati – raccontano da Parma - nuovi beni etnici come l’abbigliamento, che è universalmente considerato come la prima forma di comunicazione di un popolo. Il primo linguaggio messo in moto quando due persone si incontrano sono la fisiognomica e l’abbigliamento, inteso in senso visivamente ampio, quale vestiario, accessori, acconciatura, segni permanenti». Questi segni, una volta lontani da noi, ora sono parte integrante della nostra cultura e Arturo Delle Donne ce li svela con fotografie semplici, ma significative.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.museocineseparma.org/

Building e l’arte pubblica, un ciclo di installazioni alla Domus Lascaris di Torino
È Gabriele Garbolino Rù a inaugurare il ciclo di progetti di arte pubblica che il Gruppo Building, presieduto da Piero Boffa, ha in programma per i prossimi mesi alla galleria d’arte open air e indoor di Domus Lascaris, palazzo razionalista di Torino. Il primo intervento, visibile fino al 31 marzo, si intitola i «Dioscuri» e presenta tre sculture in resina, raffiguranti i mitici figli di Zeus.
Gabriele Garbolino Rù, primo tra gli artisti a intervenire nello spazio di via Lascaris, è uno scultore che guarda ai linguaggi della contemporaneità con un occhio formato nella tradizione figurativa. La sua ricerca è orientata al recupero del’’atto creativo, come processo lento di lavoro e di disciplina, vicino a quello dell’artigiano. Le sue opere, però, lasciano sempre intendere la presenza di una realtà altra, con la quale lo spettatore entra in contatto, pur non potendola vedere. Per questo molti suoi soggetti sono immersi nell’acqua, altri sono il doppione del loro riflesso e altri, come nel caso dei Dioscuri, le sculture a Domus Lascaris, sorgono dal terreno.
A Gabriele Garbolino Rù seguiranno le esposizioni di Nazareno Biondo e Peter Ott©, previste per aprile e luglio.
«Da sempre, - racconta Piero Boffa - l’arte caratterizza i nostri interventi e progetti urbani, nell'ottica di mettere la bellezza al centro di un processo di trasformazione pubblica. Con le opere che animeranno periodicamente la galleria open air di Domus Lascaris, l’idea è regalare uno spazio urbano in continua mutazione permettendo a un palazzo, la cui natura è quella di restare a lungo uguale, di cambiare la propria natura e di trasmettere nuovi impulsi continuamente, modificando il contesto della città».
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.building.it.

«13 fotografi per 13 musei»: al via il nuovo progetto comunicativo della Direzione regionale Musei Lombardia
È questo il titolo del progetto proposto dalla Direzione regionale Musei Lombardia, afferente al Ministero della Cultura, per far conoscere le realtà che fanno parte della sua rete. Si tratta di musei, parchi archeologici, testimonianze importanti dell’epoca medievale e rinascimentale, architetture del Novecento, unite in un percorso che spazia dal Cenacolo leonardesco alla Certosa di Pavia, dalle Grotte di Catullo a Sirmione alla Villa Romana a Desenzano del Garda, senza dimenticare il Parco archeologico di Castelseprio.
I fotografi individuati, le cui opere saranno esposte in autunno (dal prossimo 26 settembre) al Palazzo Litta di Milano, sono Marina Caneve, Alessandro Sambini, Claudio Beorchia, Flavia Rossi, Vaste Programme, Alessandro Calabrese, Arianna Arcara, Caterina Morigi, Federico Clavarino, Fabio Barile, Roberto Boccaccino, Delfino Sisto Legnani, Rachele Maistrello. Sono professionisti giovani (nati tra il 1979 e il 1991), ma già affermati e più volte premiati, alla cui selezione hanno partecipato Gabriella Guerci e Matteo Balduzzi del Mufoco – Museo di fotografia contemporanea di Cinisello Balsamo.
La Direzione regionale Musei Lombardia sta anche riflettendo sulla possibilità di concretizzare un progetto parallelo: chiedere ad altrettanti poeti di scrivere alcuni versi da affiancare alle immagini delle tredici sedi. Un’occasione per raccontare in modo diverso l’arte che potrebbe continuare negli anni a venire con il coinvolgimento di fumettisti, videomaker e non solo.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.museilombardia.cultura.gov.it.

L’«Ercole in Tebe» torna in scena, al teatro della Pergola di Firenze, 360 anni dopo la «prima»
È un appuntamento da non perdere quello che andrà in scena mercoledì 9 febbraio, alle ore 20:30, al teatro della Pergola di Firenze. Ritorna in scena, dopo più di trecentosessanta anni, l’«Ercole in Tebe», festa teatrale in musica su libretto di Andrea Moniglia e con le musiche di Jacopo Melani, presentata per l’occasione in forma di concerto dal coro e dall’orchestra de «I Musici del Gran Principe», sotto la direzione del maestro Samuele Lastrucci.
Lo spettacolo, i cui biglietti sono in vendita sul circuito TicketOne, si avvale della regia di Massimo Pizzi Gasparon Contarini e di un cast composto dalle voci di Filippo Mineccia, Marco Angioloni, Eleonora Bellocci, Valeria La Grotta, Eleonora Ronconi, Alessandro Ravasio, Benedetta Corti, Vincenzo Franchini e Valentina Vitolo.
La rappresentazione, realizzata grazie all’interessamento del Museo de’ Medici con la Fondazione Teatro della Toscana, nasce dalla scoperta dello spartito originale dell’opera del Melani, ritrovato in quattro copie in tre diverse biblioteche, ovvero alla Forteguerriana di Pistoia, alla Vaticana di Roma e alla Nazionale di Parigi.
Il lavoro teatrale, rappresentato per la prima volta il 12 luglio 1661, in occasione delle nozze tra Cosimo III e Marguerite Louise d'Orléans, inaugurò anche il teatro della Pergola di Firenze, primo teatro «all'italiana» del mondo, già parzialmente funzionante sin dal 1657, realizzato da Ferdinando Tacca grazie al patronato del cardinale Giovan Carlo de' Medici, fratello di Ferdinando II.
La «prima» dell’«Ercole in Tebe» fu un vero e proprio kolossal teatrale di cinque ore per il quale furono ingaggiati più di trecento interpreti e utilizzate dodici scenografie. Si trattò di una delle manifestazioni più emblematiche del Seicento fiorentino, che riprendeva la lunga tradizione degli spettacoli di corte fiorentini.
Dopo quella storica «prima», l’opera non fu mai più replicata fino al momento della scoperta delle quattro copie dello spartito originale che ne hanno permesso una rielaborazione in forma di concerto fortemente voluta da Samuele Lastrucci, direttore d’orchestra e del Museo dei Medici di Firenze, che si è avvalso per la trascrizione della collaborazione di Dimitri Betti.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.museodemedici.com.

Parte da Modena la nuova tournée dello spettacolo «Il Purgatorio. La notte lava la mente»
È la più umana delle cantiche dantesche, un vero e proprio inno alla speranza. Dopo il debutto nazionale, avvenuto con grande successo lo scorso luglio al teatro Grande di Pompei, le recite fiorentine in un luogo di suggestioni dantesche per eccellenza come il Secondo Chiostro del Complesso monumentale di Santa Croce, e le repliche a Napoli e Prato, lo spettacolo «Il Purgatorio. La notte lava la mente» di Mario Luzi, per la regia di Federico Tiezzi, che firma anche la drammaturgia con Sandro Lombardi, arriva al teatro Storchi di Modena.
Lo spettacolo, cofinanziato e patrocinato dal Comitato nazionale per la celebrazione dei 700 anni dalla morte di Dante Alighieri, sarà in cartellone sul palcoscenico emiliano dal 4 al 6 febbraio, per proseguire, poi, la sua tournée a Siena (teatro dei Rinnovati; 18/20 marzo), Arezzo (teatro Petrarca, 23/24 marzo), Pisa (teatro Verdi, 26/27 marzo) e, infine, al Piccolo di Milano (teatro Strehler, 29 marzo/3 aprile).
Sul palco saliranno Alessandro Averone, Dario Battaglia, Alessandro Burzotta, Giampiero Cicciò, Francesca Ciocchetti, Martino D’Amico, Salvatore Drago, Giovanni Franzoni (nel ruolo di Virgilio), Francesca Gabucci, Leda Kreider, Sandro Lombardi (nel ruolo di Dante), David Meden, Annibale Pavone, Luca Tanganelli, Debora Zuin. Scene, costumi e luci sono rispettivamente di Marco Rossi, Gregorio Zurla e Gianni Pollini. Regista assistente è Giovanni Scandella, assistente scenografa Francesca Sgariboldi. Mentre Francesca Della Monica e Cristiana Morganti hanno curato, rispettivamente, canto e movimenti coreografici.
Si apre così un progetto triennale, che nei prossimi anni vedrà l’allestimento da parte di Federico Tiezzi dell’Inferno e del Paradiso, nelle drammaturgie create rispettivamente da Edoardo Sanguineti («Commedia dell’Inferno. Un travestimento dantesco») e Giovanni Giudici («Il Paradiso. Perché mi vinse il lume d’esta stella»).
Il Purgatorio è una cantica umana. Qui «esiste il tempo». Splende lo stesso sole che illumina la terra abitata. Le notti succedono ai giorni, i tramonti alle albe. Mentre le anime parlano della vita passata con nostalgia e dolcezza. I personaggi sono soprattutto musicisti, pittori e poeti. L’arte è ciò di cui si discorre ed è vista, forse, come la strada della salvezza. «Il Purgatorio – si legge nella presentazione dello spettacolo - è anche la cantica della speranza: quella speranza di cui il momento storico presente ha bisogno più di ogni altra cosa, quella speranza che è volontà di un mondo diverso e anelito e movimento verso una migliore coscienza della realtà. Quella speranza che è trasformazione e aspirazione al bene».
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.teatridipistoia.it

[Le fotografie sono di Luca Manfrini]
 
Firenze, un nuovo allestimento per la Sala del Colosso alla Galleria dell’Accademia. Per l’occasione ritornano a casa due dipinti del Botticelli
La Galleria dell’Accademia di Firenze, la casa del «David» di Michelangelo, è quasi pronta per presentare il nuovo allestimento della Sala del Colosso, la cui inaugurazione si terrà il prossimo 7 febbraio. Stanno, infatti, tornando dai loro viaggi all’estero due dipinti attribuiti a Sandro Botticelli, che verranno presentati proprio in questo spazio.
Una delle due opere è la «Madonna col Bambino Giovanni Battista e due angeli» (nella foto), prestata al Tiroler Landesmuseum Ferdinandeum di Innsbruck per la mostra dedicata alle Madonne di Botticelli, terminata il 30 gennaio. Datata 1468, l’opera del pittore rinascimentale, risalente al periodo giovanile, pur rimanendo legato allo stile dei maestri, quali Verrocchio e Filippo Lippi, mostra una volontà di emanciparsi dagli illustri modelli.
L’altro lavoro è la Pala del Trebbio, esposta fino al 24 gennaio nella grande mostra dedicata dal Museo Jacquemart-André di Parigi alla bottega del Botticelli e che ha celebrato il genio dell'artista e l'attività del suo atelier. Il dipinto, così denominato perché proveniente dall’oratorio del Castello mediceo del Trebbio, nella campagna a nord di Firenze, vede la Madonna col Bambino attorniata dai Santi più cari alla famiglia Medici: si riconoscono San Lorenzo e i santi martiri Cosma e Damiano, tutti nomi ricorrenti nella nobile famiglia fiorentina. Il prestito si inserisce in un rapporto di collaborazione reciproca con altre istituzioni internazionali, sempre in linea con gli scambi internazionali voluti anche dal MiC - Ministero della Cultura e che vedrà, il prossimo 15 febbraio, il busto di Michelangelo, appartenente alla collezione del museo parigino, arrivare alla Galleria dell'Accademia di Firenze per la mostra che raccoglierà, per la prima volta, le nove effigi in bronzo attribuite a Daniele da Volterra che ritraggono Michelangelo Buonarroti.
Per maggiori informazioni: www.galleriaaccademiafirenze.it.

Alla Fabbrica del Vapore di Milano la mostra «CoviDiaries – Cronaca | Memoria | Futuro»
Ci sono date che rimangono impresse nella memoria collettiva. Una di queste è il 9 marzo 2020, il giorno in cui l’Italia entra ufficialmente in lockdown e inizia la sua guerra, non ancora vinta, con il Covid. Due anni dopo i fotogiornalisti dell’agenzia Parallelozero provano a ripercorrere la storia degli ultimi mesi con una mostra e un calendario di incontri, in programma fino al prossimo 25 febbraio alla Fabbrica del Vapore di Milano.
«CoviDiaries – Cronaca | Memoria | Futuro», questo il titolo della rassegna, arriva nel capoluogo lombardo, dopo l’esposizione nel 2020 a Bergamo, in occasione di un’edizione speciale di Fotografica - Festival di Fotografia, e nel 2021 al Salone Internazionale del libro di Torino.
Voci, volti e avvenimenti emblematici della pandemia italiana sono al centro di una serie di proiezioni e di circa sessanta foto, che raccontano le diverse linee narrative di questi mesi: emergenza sanitaria, impatto sociale, conseguenze economiche, ritorno alla normalità e, poi, ripartenza e campagna vaccinale. La fruizione della mostra è accompagnata dai brani di «Quarantine Scenario» dei Casino Royale.
A partire dal 3 febbraio, ogni giovedì, sempre alle ore 18, esperti e rappresentanti di rilievo di diversi ambiti (ricercatori, scienziati, innovatori, imprenditori, filosofi, urbanisti, sociologi, virologi, economisti e policy maker) si confronteranno sul presente in un confronto aperto e rivolto al futuro sui temi cruciali imposti dalla pandemia: le nuove povertà e il welfare, la socialità e i giovani, la cultura e lo spettacolo, la sanità locale e globale, il lavoro e l’impresa.
A proposito di «CoviDiaries», Sergio Ramazzotti, giornalista, fotografo e cofondatore di Parallelozero, afferma: «Oggi che si avvicina il secondo anniversario dell’inizio della pandemia, benché non siamo ancora usciti dal tunnel, ci sembra il momento giusto di aprire quella scatola, e vedere cosa contiene. È un atto simbolico, che ci auguriamo possa tenere vivi o riportare a galla i ricordi di un’esperienza collettiva durante la quale ci siamo scoperti capaci di cose che non sospettavamo, e che ci hanno resi orgogliosi di essere cittadini del nostro Paese. Ed è anche un modo per rendere un tributo e, ci auguriamo, dare un senso alle troppe vittime del virus».
Per tutti gli aggiornamenti è possibile consultare il sito https://www.covidiaries.it/.

Nella fotografia: Bergamo, medici e infermieri attorno a un paziente Covid-19 che sta per andare in arresto cardiaco nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale Giovanni XXIII, nei giorni in cui l’afflusso di nuovi pazienti ha messo in grave crisi la capacità di risposta della struttura.© Sergio Ramazzotti/Parallelozero

Sanremo: con «The Box» riflettori puntati anche sull’arte contemporanea

C’è anche l’arte contemporanea tra i protagonisti di questa settimana sanremese. In occasione del Festival della canzone italiana, Villa Ormond ospita Melanie Francesca, artista visiva e scrittrice che vive tra Dubai e la Svizzera, con la sua «The box». Si tratta di un'imponente installazione luminosa in tela e metallo – 400 chilogrammi per 3 metri per lato e 2,5 in altezza – nella quale si può entrare per immergersi nella storia mito del vaso di Pandora, leggendario contenitore di tutti i mali che si riversano nel mondo alla sua apertura.
All’interno dell’opera, che ricalca gli stilemi del «Giudizio Universale», trova posto un mondo - contemporaneamente reale e immaginario -, popolato da uomini e donne, angeli e demoni, animali e insetti, architetture e alberi, elementi vari disegnati con uno stile netto e determinato che molto deve all’arte di maestri nordici come Dürer.
«The box» contiene anche decine di poesie e rime dell’artista scritte appositamente: una recita verbale che si unisce al racconto in nero di china. Il verso 94, «l’arpa che incarta il corpo suona sull’uomo nuovo, per cui vibra variabile il presente, instabile ma sposo della spinta sul futuro», è segno di come quest’opera sia anche un invito alla speranza.
Melanie Francesca ci ricorda così – racconta Francesco Alberoni – «che i contrasti, i chiaroscuri e le contraddizioni fanno parte della vita di ciascuno di noi, che la bellezza riluce ulteriormente emergendo dalle tenebre e che in tutto ciò risiede la forza e la potenza del genere umano».
«The box» può essere visitata anche on-line al link: https://www.melaniefrancesca.com/enter-the-box/.

Su Zoom e al museo Poldi Pezzoli di Milano un incontro su Federico Zeri e il Maestro dei Baldraccani
Si parlerà del «Maestro dei Baldraccani» nel prossimo appuntamento promosso dal Museo Poldi Pezzoli di Milano in occasione della mostra «Giorno per giorno nella pittura. Federico Zeri e Milano».
Lunedì 7 febbraio, in presenza e in diretta streaming sulla piattaforma Zoom, la direttrice Annalisa Zanni parlerà con lo storico dell’arte Vincenzo Gheroldi e con Angelo Mazza, conservatore delle Collezioni d'arte e di storia della Fondazione Cassa di risparmio in Bologna, della pala del «Maestro dei Baldraccani», opera che verrà esposta il prossimo aprile nell’ambito della mostra felsinea «La quadreria del Castello. Dipinti emiliani dalla collezione Michelangelo Poletti».
Il «Maestro dei Baldraccani» è una creatura di Federico Zeri. Fu, infatti, lo studioso a coniare questa espressione per indicare un artista di primo piano nel contesto del Rinascimento in Romagna alla fine del Quattrocento. A questo pittore è stata attribuita la «Madonna e il Bambino in trono tra i santi Pietro, Paolo, Francesco d’Assisi e Antonio da Padova», pala di destinazione francescana commissionata dalla potente famiglia forlivese dei Baldraccani.
Il dipinto, mai esposto in pubblico, per oltre trent’anni noto per le sole fotografie in bianco e nero utilizzate da Federico Zeri, è entrato recentemente nella collezione di Michelangelo Poletti nel castello di San Martino in Soverzano.
La pala è stata restaurata tra il 2018 e il 2019 ed esaminata attraverso indagini diagnostiche condotte da Vincenzo Gheroldi allo scopo di raccogliere informazioni utili alla programmazione del restauro dell’opera. Per le due campagne è stata messa a punto una particolare metodologia non invasiva che ha permesso di produrre referti da cui sono emerse interessanti informazioni di carattere storico riguardanti le peculiarità tecniche dell’opera, la sua collocazione cronologica e le modalità del suo utilizzo.
L’appuntamento è in programma alle ore 18. Per partecipare è necessario scrivere una e-mail all’indirizzo relazioni_istituzionali@museopoldipezzoli.it. Per ulteriori informazioni è possibile consultare il sito www.museopoldipezzoli.it.

Da Archinto due volumi su Roberto Longhi e Giulio Briganti
Archinto pubblica due libri che raccontano il lungo e ininterrotto dialogo tra due protagonisti della storia dell’arte del ventesimo secolo: Roberto Longhi (1890-1970), professore alle università di Bologna e Firenze, nonché autore di importanti saggi su Caravaggio e Piero della Francesca, e il suo allievo Giuliano Briganti (1918-1992), docente all’ateneo di Siena, firma de «L’Espresso» e de «la Repubblica», autore di libri fondamentali quali «La Maniera italiana» (1961) e «I pittori dell’immaginario» (1977).
Il primo volume, intitolato semplicemente «Roberto Longhi» (2021, pp. 168, € 18.00, collana Le Mongolfiere), raccoglie gli scritti che in quasi quarant’anni Giuliano Briganti ha dedicato al grande studioso: una sorta di esame di coscienza, in pubblico, sulla natura dei rapporti tra maestro e allievo. I testi raccolti, per la curatela di Giovanni Agosti, coprono l’arco che corre dalla celebrazione di Roberto Longhi, nel 1955, sulle pagine della «Fiera letteraria», in cui Giuliano Briganti festeggiava il maestro in compagnia di Cecchi, Toesca, Contini, Bassani, Bertolucci, Volpe, Pallucchini, Soldati, fino ai molti interventi pubblicati sulle pagine de «la Repubblica».
In questo campionario di scritture non manca una prova narrativa, in cui il ricorso al sogno è un altro modo per affrontare l’ombra del maestro. Sullo sfondo scorre il panorama della storia dell’arte in Italia nel secondo Novecento, tra editoria, università e inesorabile, progressiva, perdita di autorevolezza culturale.
Il secondo volume si intitola, invece, «Incontri. Corrispondenza 1939-1969» (2021, pp. 208¬, € 18.00; collana Lettere) ed è a cura di Laura Laureati. Contiene l’intero carteggio Longhi-Briganti e indaga il versante più privato del rapporto fra i due studiosi. 
Il primo documento è un telegramma dell’agosto 1939. L’ultimo, datato 2 aprile 1969, è un’affettuosa lettera di Longhi, ormai ottantenne e vicino alla morte (3 giugno 1970), inviata al figlio del compagno di gioventù. Briganti ha quasi cinquant’anni ed è già maestro, ma non ha dimenticato che «gli allievi e non solo i libri […] sono fatti per riunire gli uomini al di là della morte e difenderci contro il nemico più implacabile di tutta la vita: la dimenticanza».
Per maggiori informazioni: www.archinto.it.