«Alla sera, per consolarci e consultarci in privato, salpavamo su una flottiglietta di sandoli verso Burano beata, e colà, sotto una pergola amicissima, nel crepuscolo incantato […] finivamo di demolire del tutto l’arte decrepita, la critica orba, la ciurma dei bottegai e dei borghesi senza testa e senza cuore […]». Sono le parole pronunciate nel 1948 da Nino Barbantini (Ferrara, 5 luglio 1884 – Ferrara, 17 dicembre 1952), primo direttore di Ca’ Pesaro, culla per la pittura italiana e veneziana delle Avanguardie, la migliore introduzione alla mostra «Pittura di Luce», allestita negli spazi del Museo civico del Merletto di Burano, per la curatela di Chiara Squarcina ed Elisabetta Barisoni.
La grande tradizione della pittura buranella dei primi decenni del Novecento, ancora sconosciuta ai più, rivive attraverso un selezionato numero di opere, tutte provenienti dalla collezione dei Musei civici di Venezia ed espressione di quell’«Avanguardia capesarina» che, tra il 1908 e il 1920, trovò nel palazzo progettato dall’architetto Baldassare Longhena sul Canal Grande, trasformato in galleria d’arte per volere della duchessa Felicita Bevilacqua La Masa, una «palestra intellettuale» nella quale esercitarsi e confrontare il proprio linguaggio con quello di tanti altri giovani artisti.
Nasce così il cenacolo di Burano, la cui storia -raccontava, sempre nel 1948, Nino Barbantini- sembra quella di una grande «famiglia», nella quale «tutti» erano «legati a doppio filo da una passione tale per l’arte, da una fede tale nella vita […], che quando si ripensa, tra i conti d’oggi, alla rarità delle vendite e ai prezzi d’allora, vien da supporre che di quella passione e di quella fede i più dei nostri campassero».
Come tutte le storie che hanno il sapore delle favole il «c’era una volta» ha una data ben precisa. Tutto inizia nel 1909 con l’incontro tra Gino Rossi (Venezia, 1884 ‒ Treviso, 1947) e Umberto Moggioli (Trento, 1886 – Roma, 26 gennaio 1919), che si ritrovano a vivere uno accanto all’altro sull’isola di Burano. Il primo è attento all'arte che si produce Parigi e frequenta la Bretagna, dove sta prendendo forma la scuola di Pont-Aven con Paul Gaugin e il suo gruppo. Il secondo è arrivato in laguna dalla natìa Trento per frequentare l'Accademia di belle arti e, innamoratosi dell’isola, ha deciso di prendere casa lì, in quell’angolo di laguna in cui i toni terrosi del paesaggio incontrano l’azzurro del cielo e del mare.
Tre anni dopo, nel 1912, Burano diventa anche la casa del mantovano Pio Semeghini (Quistello, 31 gennaio 1878 – Verona, 11 marzo 1964), di ritorno da Parigi dove è andato alla scoperta della pittura impressionista e post-impressionista, studiando, tra gli altri, Cezanne, Matisse e Bonnard.
Le case dai mille colori, le pallide fanciulle chine sul tombolo, i rudi pescatori di laguna con gli occhi bruciati dal sale, le donne che stendono il bucato nei campielli, la terra sospesa tra l’acqua e il cielo sono gli scenari che si offrono agli occhi di questi tre pittori e dei loro amici. Tutto sembra appartenere a un tempo fuori dalla storia, di cui fissare sulla tela luce e colori.
Sull’isola nasce una sorta di Pont- Aven lagunare, dove gli intatti paesaggi buranelli, con la loro condizione di quiete esistenziale, ideale per far riposare l’animo e i pensieri, vengono dipinti en plein air.
Nel frattempo, in quello scorcio di primo Novecento, Venezia vede nascere, sotto l’abile e propositiva regìa del giovane critico Nino Barbantini, una specie di contro-Biennale, nella quale sono esposte le opere di artisti che presentano una visione antiaccademica e antitetica rispetto alle prime edizioni dell’Esposizione Internazionale d’arte ai Giardini. Arturo Martini, Gino Rossi, Guido Cadorin, Pio Semeghini, Felice Casorati, Vittorio Zecchin, Umberto Moggioli, Teodoro Wolf Ferrari sono alcuni dei nomi di quelli che la critica battezza come «i ribelli di Ca’ Pesaro».
La fine di questa prima stagione arriva con lo scoppio, nel 1914, della Prima guerra mondiale e con la prematura scomparsa, nel 1919, di Moggioli.
La storia della pittura e dei pittori a Burano continua, però, per buona parte del Novecento, sempre a fianco dell'avventura di Ca' Pesaro. Il trevisano Nino Springolo (Treviso 1886-1975), con la sua cifra stilistica di impronta divisionista, e il veneziano Fioravante Seibezzi (1906-1975), per il quale il critico Ivo Prandin parla di «ripresa del vedutismo canalettiano», chiudono questa seconda stagione della scuola buranella. Una scuola che sembra aver fatto proprio il consiglio che il pittore Ponga diede proprio a Fioravante Seibezzi, agli inizi della carriera: «è tutto qui: copiare dal vero, aver fede, perseverare nel lavoro, non credere mai perfetto ciò che riesce facile. E soprattutto, lasciarsi guidare dall'istinto».
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Pio Semeghini, La casa incantata; [fig. 2] Pio Semeghini, Paesaggio lagunare; [fig. 3] Umberto Moggioli, La casa dell'artista; [fig. 4] Umberto Moggioli, Piccolo paesaggio di Burano
Informazioni utili
Pittura di luce. Burano e i suoi pittori. Museo del Merletto, piazza Galuppi, 187 – Burano. Orari: fino al 31 ottobre, dalle ore 10.30 alle ore 17.00 (la biglietteria chiude alle ore 16.30); dal 1° novembre al 31 marzo, dalle ore 10.30 alle ore 16.30 (la biglietteria chiude alle ore 16.00); chiuso il lunedì, il 25 dicembre, il 1° gennaio e il 1° maggio. Ingresso: intero € 5,00, ridotto € 3,50 (ragazzi da 6 a 14 anni; studenti dai 15 ai 25 anni; visitatori over 65 anni; personale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MiBAC); titolari di Carta Rolling Venice; titolari di ISIC – International Student Identity Card. Offerta Famiglie: biglietto ridotto per tutti i componenti, per famiglie composte da due adulti e almeno un ragazzo); gratuito per residenti e nati nel Comune di Venezia; bambini da 0 a 5 anni; altre categorie aventi diritto per legge. Sito internet: www.museomerletto.visitmuve.it. Fino all’8 gennaio 2020.
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