«Piero della Francesca per me è una fonte inesauribile di scoperte. La sua capacità di creare forme dalla luce, spazio dalla matematica, colore dal grigio, la sua iconicità quasi araldica, sono un costante punto di riferimento, quasi una regola». Così Mimmo Paladino (Paduli - Benevento, 19 dicembre 1948), uno dei principali esponenti della Transavanguardia, parla del suo amore per il pittore e matematico di Montevarchi, una delle personalità più emblematiche del Rinascimento italiano, le cui opere colpiscono per l’attento uso della prospettiva, frutto di accurati studi geometrici come dimostra la celebre tavola «La flagellazione di Cristo» (1460), conservata a Urbino.
Per Mimmo Paladino le opere dell’artista rinascimentale sono state fonte di ispirazione non solo a livello estetico, ma anche metodologico e teorico. Piero della Francesca è stata, infatti, una delle figure del passato che più hanno contato nella formazione del maestro di Benevento e con la quale lui ha intrattenuto un dialogo costante in tutta la sua ricerca artistica.
Ad approfondire il rapporto tra i due artisti, in un elegante gioco di rimandi tra antico e contemporaneo, è la mostra diffusa «La regola di Pietro», allestita ad Arezzo, per la curatela di Luigi Maria Di Corato. Sono oltre cinquanta le opere selezionate per questo omaggio, che si articola in ben sei sedi espositive: la Galleria comunale d’arte contemporanea, la Fortezza medicea, la Basilica di San Francesco, la sala di Sant’Ignazio, la chiesa di San Domenico e Porta Stufi.
L'omaggio, pur svolgendosi e dipanandosi per tutta la città, non chiama mai direttamente in causa il maestro a livello formale, ma si risolve nel manifestare una condivisione di valori, come l’incontro tra tradizione e modernità, tra razionalità ed emozione, tra luce, forma e colore, tra idealizzazione, astrazione, simbolo e realtà.
L’arte di Paladino fonda le sue radici nella grande tradizione figurativa e filosofica italiana. Questa passione lo ha spesso portato a riscoprire le culture più diverse, alla ricerca di un confronto con gli archetipi, le matrici iconiche, le tradizioni fondanti che, dalle civiltà pre-romane al Rinascimento, hanno costellato il pensiero mediterraneo.
I due nuclei centrali della rassegna - che vede protagonista proprio la pittura e che presenta opere tridimensionali nella loro naturale vocazione pittorica - sono la Galleria comunale d’arte contemporanea e la Fortezza Medicea.
Nella Galleria è accolta una selezione di trentaquattro dipinti, tra cui opere celebri come due grandi quadri della serie «Il principio della prospettiva» (1999) e il lavoro «Senza titolo» (2018), un polittico inedito di sei elementi.
Si trovano, inoltre, in mostra una serie di cinque sculture del nucleo «Architettura», realizzate in materiali vari dal 2000 al 2002, e «Stele», una fusione in alluminio del 2000.
Al centro del percorso, che si chiude con una sala video nella quale viene ripercorso l’impegno di Mimmo Paladino in ambito cinematografico, si segnala la spettacolare istallazione «Scarpette», del 2007, realizzata con ben più di centoottanta scarpe e uccellini in ghisa che si trasformano in un basso-rilevo di ben sessantaquattro metri quadri.
Nella piazza antistante la Galleria -sulla quale si affaccia la basilica di San Francesco, che conserva al suo interno le «Storie della Vera Croce»- campeggia un grande obelisco votivo. L’opera, alta oltre venti metri, è intitolata «De Mathematica» e si ispira ai Gigli di Nola, macchine processionali a spalla, oggi patrimonio Unesco. Formata da numeri assemblati tra loro, quest'opera è un «monumento temporaneo» alla matematica, ma anche alla vocazione proto-scientifica dell’Umanesimo per la ricerca dell’esattezza, di cui i trattati di Piero della Francesca sono un celebre manifesto.
Per la Fortezza sono state selezionate, invece, un nucleo di opere monumentali capaci di innescare una tensione drammatica non comune con la scabra natura degli spazi. Il percorso comincia con la recentissima «Senza titolo», del 2018, composta da bronzo ed acqua, opera che il pubblico ha potuto vedere esposta solo a Napoli nel mese di dicembre 2018. La mostra prosegue, quindi, con «Zenith», dodecaedro stellato in alluminio del 2001, per poi continuare con un’opera degli anni Ottanta. Si tratta di «Senza titolo», un carro di bronzo del 1988, che trasporta venti teste, preziosi trofei di un corteo apotropaico che conducono all’interno della fortificazione.
Tra le altre sculture-pittoriche monumentali, spiccano i nove elementi di «Vento d’acqua», opera in bronzo del 2005, già esposta al Museo di Capodimonte di Napoli. Ci sono, inoltre, lungo il percorso espositivo anche i giganteschi «Specchi ustori» del 2017, un grande tavolo che ospita ben cinquanta piccoli bronzi e tre nuovissime sculture a figura intera sempre «Senza titolo», annidate nelle segrete della fortezza.
Completano il percorso altre tre tappe fondamentali. Nella chiesa di San Domenico c’è la grande croce in foglia d’oro «Senza titolo» del 2016. A Porta Stufi è possibile vedere un’installazione di grande suggestione, nella quale diciotto vessilli policromi collocati sulle mura -«Bandiere», opera del 2003 in alluminio- sembrano segnalare un antico trofeo lasciato sul selciato: «Elmo», una delle opere più note dell’artista, un bronzo del 1998, esposto nei maggiori musei del mondo, che qui, imbelle, accoglie i visitatori in arrivo o in partenza ricordando i fasti di un passato non ancora remoto. Mentre nella chiesa sconsacrata di Sant’Ignazio è possibile ammirare l’istallazione «Dormienti», tra le opere più note e amate di Mimmo Paladino, realizzata con Brian Eno nel 1999 per la Roundhouse di Londra e qui riproposta in un nuovo allestimento.
L’istallazione rimanda a diverse fonti indirette di suggestione, dai calchi di Pompei ad alcune figure etrusche, ma è soprattutto ispirata ai disegni realizzati da Henry Moore nei rifugi anti-aerei di Londra, nei quali sono rappresentate figure rannicchiate e indifese, intente a proteggersi dal terrore dei bombardamenti tedeschi.
Una citazione a parte merita, infine, «Suonno. Da Piero della Francesca» (nell'ultima foto) del 1983, opera esposta nella Galleria comunale d’arte contemporanea. Si tratta di un omaggio alle «Storie della Vera Croce», nella cappella Maggiore della Basilica di San Francesco. Qui prende forma la «Regola di Piero», a cui ha voluto rendere omaggio Mimmo Paladino. Qui -ricorda Luigi Maria Di Corato- l’artista toscano «ha cercato di fondere in un’unica visione punti di vista apparentemente lontani tra loro: la solidità concreta di Massaccio e la luce diafana dell’Angelico, l’astratta geometricità di Brunelleschi e il virtuosismo prospettico di Paolo Uccello, la rarefazione di Domenico Veneziano e la precisione ottica dei fiamminghi».
Qui il maestro beneventano ha preso ispirazione per creare il suo linguaggio figurativo in bilico tra presente e passato, geometria e plasticità, concettuale e corporeo. Perché -come dice Franco Battiato nel suo ultimo brano, «Torneremo ancora» - «nulla si crea, tutto si trasforma».
Informazioni utili
«Mimmo Paladino. La regola di Piero». Sedi espositive: Fortezza Medicea - Galleria Comunale d'Arte Contemporanea - Ex-Chiesa di Sant’Ignazio - Basilica di San Francesco - Chiesa di San Domenico - Porta Stufi, Arezzo. Orari: dal martedì al venerdì, dalle ore 10.00 alle ore 18.00; sabato e domenica, dalle ore 10.00 alle ore 20.00; giorno di chiusura il lunedì. Biglietti: 5,00 euro (ridotto 3,00 euro per gli over 65); ingresso gratuito per i minori di 14 anni | i biglietti sono acquistabili presso le sedi espositive della Galleria comunale d’arte contemporanea e della Fortezza Medicea. Informazioni: tel. 0575.356203. Sito internet: www.fondazioneguidodarezzo.com | www.laregoladipiero.wordpress.com. Fino al 31 gennaio 2020. Prorogata al 30 giugno 2020.
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