È morto a Parigi, all’età di 76 anni, Christian Boltanski (Parigi, 6 settembre 1944 – Parigi, 14 luglio 2021) , uno degli artisti contemporanei più famosi al mondo e , senza dubbio, quello che, più di chiunque altro, ha saputo interpretare e raccontare in maniera viva e pulsante il tema della memoria e dello scorrere del tempo inteso come ineluttabile passaggio tra la vita e la morte.
Nato il 6 settembre 1944 da madre corsa e padre ucraino, di origine ebrea, che sfuggì alla deportazione rimanendo per anni nascosto sotto il pavimento di casa, l’artista concettuale francese, autodidatta, si mise, dapprima, alla prova con la pittura realizzando opere di grande formato su avvenimenti drammatici del nostro recente passato. A partire dalla fine degli anni Sessanta, si interessò al cortometraggio e, poi, all’installazione, sperimentando l'uso e l'accumulo di materiali e oggetti diversi come abiti, candele, fotografie e luci elettriche. Con un linguaggio al contempo delicato e potente, Christian Boltanski ha dato forma a opere come «Boîtes de biscuits», «Archives du Coeur», «Containers», «Monuments» e «Réserves», che raccontano la fragilità della memoria e del ricordo, il senso di tragicità intrinseco alla storia, la necessità di preservare le testimonianze di chi ha vissuto prima di noi, trasformandole da ricordo privato o da pagina di un libro in un messaggio per il futuro.
In Italia il nome di Christian Boltanski è legato a doppio filo con la storia della città di Bologna. Qui, nel 2007, l’artista francese ha realizzato un’imponente e drammatica installazione permanente per l’allora nascente Museo per la memoria di Ustica, dove sono conservati i resti del DC9 abbattuto il 27 giugno 1980, che vuole essere un invito alla memoria e un impegno per la ricerca della verità.
Dal soffitto dello spazio in via Saliceto, visitabile anche on-line, scendono ottantuno lampadine, una per ogni vittima, che si accendono e si spengono a intermittenza, al ritmo del respiro. Tutt’intorno ci sono ottantuno specchi neri che riflettono l’immagine di chi percorre il ballatoio posto attorno al relitto. Mentre, dietro ognuno di essi, ottantuno altoparlanti emettono parole e frasi sussurrate a sottolineare la casualità e l’ineluttabilità della tragedia. Infine, nove casse, coperte da un drappo nero, contengono, gli oggetti appartenuti alle vittime: scarpe, pinne, boccagli, occhiali e vestiti che documenterebbero la scomparsa di un corpo, rimangono così invisibili agli occhi dei visitatori.
Ma il legame con Bologna non si limita solo al memoriale per Ustica, come ricorda l’Istituzione Bologna Musei: «Boltanski ha sempre mantenuto un forte legame con la nostra città: fu protagonista della mostra antologica «Pentimenti» a Villa delle Rose nel 1997, in occasione della quale lasciò al museo l'opera «Les Regards», appositamente realizzata in omaggio ai partigiani commemorati al Sacrario di Palazzo d'Accursio; autore dell'installazione permanente «A proposito di Ustica», fu nuovamente protagonista del progetto speciale «Anime. Di luogo in luogo» nel 2017; nel 2018, infine, fu insignito della Laurea honoris causa in Discipline storiche dall'Università degli studi».
[Nelle immagini: 1. Christian Boltanski alla Biennale di Venezia del 2011; 2. Museo per la Memoria di Ustica, Bologna. Christian Boltanski, A proposito di Ustica. Veduta di allestimento / Installation view. Photo credit: Sandro Capati, 2007. Courtesy Istituzione Bologna Musei; 3. Christian Boltanski, Anime. Di luogo in luogo. Veduta di allestimento al MAMbo – Museo d'Arte Moderna di Bologna, 2017. Photo credit: Matteo Monti. Courtesy Istituzione Bologna Musei]
NOVATE MILANESE: FEDERICA FRACASSI, PREMIO HYSTRIO 2021, LEGGE GLI ARTICOLI D’ARTE DI TESTORI
Per trenta settimane Federica Fracassi, premio Hystrio 2021 per l’interpretazione, ha accompagnato le dirette della rassegna «I lunedì di Casa Testori» con le letture di alcune tra le più belle pagine d’arte di Giovanni Testori, uno dei più importanti intellettuali italiani del Novecento. Si tratta di scritti in gran parte tratti dai tanti interventi «militanti» pubblicati nell’arco di quasi vent’anni di collaborazione con il «Corriere della Sera», dal 1975 al 1993.
All’interno della stagione estiva di MotoTeatro Oscar, lunedì 19 luglio, alle ore 21:30, l’attrice di Cornaredo - che ha appena debuttato al Festival dei Due Mondi di Spoleto nello spettacolo «Amen» di Massimo Recalcati, per la regia di Valter Malosti - offrirà nel giardino di Casa Testori, a Novate Milanese, un florilegio di questi testi, partendo dal primo dedicato a Bernardino Luini per giungere all’ultimo per Francis Bacon.
Attraverso questi brani sarà possibile condividere le passioni e la travolgente capacità di sguardo dello scrittore, drammaturgo e giornalista lombardo, allievo di Roberto Longhi e collaboratore di Luchino Visconti e Franco Parenti.
Per «Arte sotto le stelle», questo il titolo dell’appuntamento, si potrà non solo ascoltare, ma anche vedere: durante la lettura nel giardino di Casa Testori, le immagini delle opere saranno, infatti, proiettate in modo molto scenografico sulla facciata della dimora dello scrittore.
L’ingresso è gratuito, con prenotazione obbligatoria al link https://www.eventbrite.it/e/biglietti-mototeatro-arte-sotto-le-stelle-160591356069?aff=ebdssbeac.
Per trenta settimane Federica Fracassi, premio Hystrio 2021 per l’interpretazione, ha accompagnato le dirette della rassegna «I lunedì di Casa Testori» con le letture di alcune tra le più belle pagine d’arte di Giovanni Testori, uno dei più importanti intellettuali italiani del Novecento. Si tratta di scritti in gran parte tratti dai tanti interventi «militanti» pubblicati nell’arco di quasi vent’anni di collaborazione con il «Corriere della Sera», dal 1975 al 1993.
All’interno della stagione estiva di MotoTeatro Oscar, lunedì 19 luglio, alle ore 21:30, l’attrice di Cornaredo - che ha appena debuttato al Festival dei Due Mondi di Spoleto nello spettacolo «Amen» di Massimo Recalcati, per la regia di Valter Malosti - offrirà nel giardino di Casa Testori, a Novate Milanese, un florilegio di questi testi, partendo dal primo dedicato a Bernardino Luini per giungere all’ultimo per Francis Bacon.
Attraverso questi brani sarà possibile condividere le passioni e la travolgente capacità di sguardo dello scrittore, drammaturgo e giornalista lombardo, allievo di Roberto Longhi e collaboratore di Luchino Visconti e Franco Parenti.
Per «Arte sotto le stelle», questo il titolo dell’appuntamento, si potrà non solo ascoltare, ma anche vedere: durante la lettura nel giardino di Casa Testori, le immagini delle opere saranno, infatti, proiettate in modo molto scenografico sulla facciata della dimora dello scrittore.
L’ingresso è gratuito, con prenotazione obbligatoria al link https://www.eventbrite.it/e/biglietti-mototeatro-arte-sotto-le-stelle-160591356069?aff=ebdssbeac.
«IL SEGNO DI USTICA», NEL LIBRO DI ANDREA MOCHI SISMONDI UNA DELLE ULTIME INTERVISTE A CHRISTIAN BOLTANSKI
«Penso all'ultima frase della nostra conversazione per il libro, a come immaginava gli ultimi pensieri dei passeggeri dell'aereo, a questo concetto di ultĭmus, da ultra, «oltre». E ora penso all'oltre che si apre dopo l'ultimo battito del suo cuore. Grazie Christian per esserci potuti riflettere nei tuoi specchi neri». Così Andrea Mochi Sismondi, direttore del collettivo di produzione artistica e teatrale Ateliersi di Bologna, ha voluto ricordare, sulla sua pagina Facebook, Christian Boltanski (Parigi, 6 settembre 1944 – Parigi, 14 luglio 2021), uno dei più importanti artisti contemporanei, scomparso all'età di 76 anni nella sua casa di Parigi.
Autore di un’emozionante installazione permanente al Museo per la memoria di Ustica, realizzata nel 2007 su invito di Daria Bonfietti, presidente dell'Associazione parenti delle vittime della strage, intorno ai resti dell'aereo abbattuto e precipitato il 27 giugno del 1980 nel braccio di mare tra Ponza e Ustica, l’artista francese ha raccontato la genesi dell’opera nel libro «Il segno di Ustica», appena pubblicato da Andrea Mochi Sismondi per la casa editrice Cuepress di Imola. In quella che è di fatto una delle sue ultime interviste, leggibile nelle prime pagine del volume, Christian Boltanski raccontava: «Io ho creato l'installazione per Daria Bonfietti e Andrea Benetti. Quando mi hanno parlato dell'abbattimento dell'aereo mi sono commosso, voglio loro molto bene, e questo è il motivo per cui ho fatto tutto questo. Ora l'installazione è un pezzo del mio cuore».
L’artista francese rivendicava, inoltre, il senso più profondo della sua opera in una riflessione sulla vita, sulla morte e sul potere emotivo ed evocativo della memoria. Proprio per questo motivo aveva voluto nascondere gli oggetti delle vittime in nove sarcofagi neri e non aveva creato una relazione diretta con la biografia delle persone morte nella strage: «le parole che sono sussurrate dietro gli specchi neri non sono parole delle vittime, ma parole che io ho immaginato oppure cercato altrove o composto» si legge nel libro. «Ho provato a immaginare -raccontava ancora Christian Boltanski ad Andrea Mochi Sismondi - quali fossero le ultime cose alle quali quelle persone stavano pensando quando sono state uccise. Stavano elaborando progetti, pensavano a quello che avrebbero fatto il giorno successivo, o quello dopo ancora, o dove sarebbero voluti andare in vacanza. Ciò che è orribile è che quando muori improvvisamente ogni cosa scompare del tutto e nessuna di quelle cose non può più essere fatta».
«Con la sua installazione permanente al Museo per la memoria di Ustica, Christian è stato capace - con una straordinaria acrobazia semantica - di rendere un omaggio alla vita, all’immaginazione e alla proiezione verso il futuro - afferma Andrea Mochi Sismondi (il testo è riportato in una nota stampa diffusa da MEC&Partners). - Modulando il sussurro dei possibili pensieri quotidiani dei passeggeri dell’aereo con il respiro di ottantuno lampadine che si accendono e si spengono, ha saputo metterci in contatto con la densità di quelle vite spezzate dalla brutalità alla quale sono inconsapevolmente andate incontro. Vite che potevano essere la nostra, ci sembra dire con il suo lavoro, perché ognuno di noi - anima in viaggio - può entrare in collisione con la violenza cieca che ha devastato in migliaia di frammenti l’aereo, disperso i corpi, polverizzato gli effetti personali (e i pochi recuperati Christian li ha pudicamente sottratti allo sguardo, custoditi in nove sarcofaghi neri). Ma quel respiro persiste, anche dopo la sua morte, per indicarci la prosecuzione di percorso di consapevolezza esistenziale e coscienza politica che ficchi gli occhi ben dentro le ferite della storia». Il libro racconta il rapporto delle arti visive, del teatro, del cinema, della fotografia, della poesia, della narrativa e della danza con la strage di Ustica. Non c'è, infatti, disciplina artistica che nel corso degli ultimi quarantuno anni si sia sottratta all'urgenza di confrontarsi con questa pagina della nostra storia. Tra i protagonisti delle conversazioni, oltre a Christian Boltanski e a molti altri, ci sono Marco Paolini, autore dello spettacolo il «Canto per Ustica», la cantautrice Giovanna Marini, che ha scritto la «Ballata di Ustica», Michele Serra e Andrea Aloj, che hanno realizzato il dossier «Com'è profondo il mare» per «Cuore», Nino Migliori, con le fotografie del reportage «Stragedia», e Marco Risi, regista del film «Il muro di gomma».
Per maggiori informazioni sul volume: https://foglidarte.blogspot.com/2021/06/ll-segno-di-ustica-libro-andrea-mochi-sismondi-cuepress.html.
Autore di un’emozionante installazione permanente al Museo per la memoria di Ustica, realizzata nel 2007 su invito di Daria Bonfietti, presidente dell'Associazione parenti delle vittime della strage, intorno ai resti dell'aereo abbattuto e precipitato il 27 giugno del 1980 nel braccio di mare tra Ponza e Ustica, l’artista francese ha raccontato la genesi dell’opera nel libro «Il segno di Ustica», appena pubblicato da Andrea Mochi Sismondi per la casa editrice Cuepress di Imola. In quella che è di fatto una delle sue ultime interviste, leggibile nelle prime pagine del volume, Christian Boltanski raccontava: «Io ho creato l'installazione per Daria Bonfietti e Andrea Benetti. Quando mi hanno parlato dell'abbattimento dell'aereo mi sono commosso, voglio loro molto bene, e questo è il motivo per cui ho fatto tutto questo. Ora l'installazione è un pezzo del mio cuore».
L’artista francese rivendicava, inoltre, il senso più profondo della sua opera in una riflessione sulla vita, sulla morte e sul potere emotivo ed evocativo della memoria. Proprio per questo motivo aveva voluto nascondere gli oggetti delle vittime in nove sarcofagi neri e non aveva creato una relazione diretta con la biografia delle persone morte nella strage: «le parole che sono sussurrate dietro gli specchi neri non sono parole delle vittime, ma parole che io ho immaginato oppure cercato altrove o composto» si legge nel libro. «Ho provato a immaginare -raccontava ancora Christian Boltanski ad Andrea Mochi Sismondi - quali fossero le ultime cose alle quali quelle persone stavano pensando quando sono state uccise. Stavano elaborando progetti, pensavano a quello che avrebbero fatto il giorno successivo, o quello dopo ancora, o dove sarebbero voluti andare in vacanza. Ciò che è orribile è che quando muori improvvisamente ogni cosa scompare del tutto e nessuna di quelle cose non può più essere fatta».
«Con la sua installazione permanente al Museo per la memoria di Ustica, Christian è stato capace - con una straordinaria acrobazia semantica - di rendere un omaggio alla vita, all’immaginazione e alla proiezione verso il futuro - afferma Andrea Mochi Sismondi (il testo è riportato in una nota stampa diffusa da MEC&Partners). - Modulando il sussurro dei possibili pensieri quotidiani dei passeggeri dell’aereo con il respiro di ottantuno lampadine che si accendono e si spengono, ha saputo metterci in contatto con la densità di quelle vite spezzate dalla brutalità alla quale sono inconsapevolmente andate incontro. Vite che potevano essere la nostra, ci sembra dire con il suo lavoro, perché ognuno di noi - anima in viaggio - può entrare in collisione con la violenza cieca che ha devastato in migliaia di frammenti l’aereo, disperso i corpi, polverizzato gli effetti personali (e i pochi recuperati Christian li ha pudicamente sottratti allo sguardo, custoditi in nove sarcofaghi neri). Ma quel respiro persiste, anche dopo la sua morte, per indicarci la prosecuzione di percorso di consapevolezza esistenziale e coscienza politica che ficchi gli occhi ben dentro le ferite della storia». Il libro racconta il rapporto delle arti visive, del teatro, del cinema, della fotografia, della poesia, della narrativa e della danza con la strage di Ustica. Non c'è, infatti, disciplina artistica che nel corso degli ultimi quarantuno anni si sia sottratta all'urgenza di confrontarsi con questa pagina della nostra storia. Tra i protagonisti delle conversazioni, oltre a Christian Boltanski e a molti altri, ci sono Marco Paolini, autore dello spettacolo il «Canto per Ustica», la cantautrice Giovanna Marini, che ha scritto la «Ballata di Ustica», Michele Serra e Andrea Aloj, che hanno realizzato il dossier «Com'è profondo il mare» per «Cuore», Nino Migliori, con le fotografie del reportage «Stragedia», e Marco Risi, regista del film «Il muro di gomma».
Per maggiori informazioni sul volume: https://foglidarte.blogspot.com/2021/06/ll-segno-di-ustica-libro-andrea-mochi-sismondi-cuepress.html.
[Nelle foto:
1. Christian Boltanski. Frame da Ero nato per volare. Il museo per la memoria di Ustica (https://www.youtube.com/watch?v=oxE9RXLM6Ow); 2. Il relitto del DC-9 al Museo per la memoria di Ustica, Bologna. Foto di Tomaso Mario Bolis; 3. Copertina del volume «Il segno di Ustica»]
«IL MICHELANGELO DEI FIAMMIFERI», UNA NUOVA GUIDA AUDIO PER LA MOSTRA SU ENZO MARI IN TRIENNALE MILANO
Si intitola «Il Michelangelo dei fiammiferi» la guida audio realizzata dall'attore e speaker radiofonico Matteo Caccia, insieme a Francesca Giacomelli, per la rassegna «Enzo Mari curated by Hans Ulrich Obrist with Francesca Giacomelli», attualmente in corso alla Triennale di Milano.
La guida, che riprende nel titolo una definizione dello stesso designer, si compone di cinque tracce pensate per essere ascoltate in mostra – come accompagnamento durante il percorso – ma anche prima di visitare l’esposizione o dopo, come ulteriore approfondimento.
Attraverso questa guida - realizzata da Mismaonda, con la supervisione musicale di Bruno Belissimo, e disponibile sul sito ufficiale del museo milanese - si vuole offrire ai visitatori della mostra (ma non solo) dei nuovi spunti per conoscere meglio la straordinaria e complessa figura di Enzo Mari, alcuni dei suoi progetti più significativi e l’eredità che ha lasciato.
Dai ricordi d’infanzia agli studi all’Accademia di Brera, fino ai primi lavori e alle riflessioni sul senso della progettazione, nella prima traccia il designer viene raccontato nelle sue diverse sfaccettature. La seconda traccia è dedicata ai progetti che Enzo Mari ha realizzato per i bambini, e in particolare al gioco dei «16 animali» e a «Il gioco delle favole». Mentre l’auto-progettazione, elemento determinante per capire il pensiero di Enzo Mari, è al centro della terza traccia. Infine, la quarta racconta il lavoro delle allegorie e la quinta indaga il tema dell’utopia.
Nelle varie puntate la voce di Matteo Caccia si intreccia con quelle di Francesca Giacomelli, dello stesso Enzo Mari, attraverso sequenze riprese dalle interviste realizzate da Hans Ulrich Obrist e visibili in mostra, e di Stefano Boeri, presidente di Triennale Milano.
Da alcuni anni il museo lombardo sta lavorando a una serie di approfondimenti sulla sua programmazione attraverso il formato audio. Il progetto delle audio guide si inserisce in un percorso che vede sempre di più dialogare le attività in presenza e quelle digitali con l’obiettivo di raggiungere e coinvolgere pubblici diversi. Nei mesi scorsi erano stati, per esempio, diffuso il podcast «Ascoltare il design. Enzo Mari spiegato ai bambini», quattro episodi della durata di circa dieci minuti ciascuno, nel quale oggetti come Putrella», il calendario perpetuo «Timor» o libro «La mela e la farfalla» «si raccontano» in prima persona con tanti aneddoti e curiosità.
Per saperne di più: www.triennale.org.
Si intitola «Il Michelangelo dei fiammiferi» la guida audio realizzata dall'attore e speaker radiofonico Matteo Caccia, insieme a Francesca Giacomelli, per la rassegna «Enzo Mari curated by Hans Ulrich Obrist with Francesca Giacomelli», attualmente in corso alla Triennale di Milano.
La guida, che riprende nel titolo una definizione dello stesso designer, si compone di cinque tracce pensate per essere ascoltate in mostra – come accompagnamento durante il percorso – ma anche prima di visitare l’esposizione o dopo, come ulteriore approfondimento.
Attraverso questa guida - realizzata da Mismaonda, con la supervisione musicale di Bruno Belissimo, e disponibile sul sito ufficiale del museo milanese - si vuole offrire ai visitatori della mostra (ma non solo) dei nuovi spunti per conoscere meglio la straordinaria e complessa figura di Enzo Mari, alcuni dei suoi progetti più significativi e l’eredità che ha lasciato.
Dai ricordi d’infanzia agli studi all’Accademia di Brera, fino ai primi lavori e alle riflessioni sul senso della progettazione, nella prima traccia il designer viene raccontato nelle sue diverse sfaccettature. La seconda traccia è dedicata ai progetti che Enzo Mari ha realizzato per i bambini, e in particolare al gioco dei «16 animali» e a «Il gioco delle favole». Mentre l’auto-progettazione, elemento determinante per capire il pensiero di Enzo Mari, è al centro della terza traccia. Infine, la quarta racconta il lavoro delle allegorie e la quinta indaga il tema dell’utopia.
Nelle varie puntate la voce di Matteo Caccia si intreccia con quelle di Francesca Giacomelli, dello stesso Enzo Mari, attraverso sequenze riprese dalle interviste realizzate da Hans Ulrich Obrist e visibili in mostra, e di Stefano Boeri, presidente di Triennale Milano.
Da alcuni anni il museo lombardo sta lavorando a una serie di approfondimenti sulla sua programmazione attraverso il formato audio. Il progetto delle audio guide si inserisce in un percorso che vede sempre di più dialogare le attività in presenza e quelle digitali con l’obiettivo di raggiungere e coinvolgere pubblici diversi. Nei mesi scorsi erano stati, per esempio, diffuso il podcast «Ascoltare il design. Enzo Mari spiegato ai bambini», quattro episodi della durata di circa dieci minuti ciascuno, nel quale oggetti come Putrella», il calendario perpetuo «Timor» o libro «La mela e la farfalla» «si raccontano» in prima persona con tanti aneddoti e curiosità.
Per saperne di più: www.triennale.org.
«SOLILOQUI»: IL FOTOGRAFO GIANLUCA VASSALLO RACCONTA MANTOVA. LA CITTÀ SI PREPARA AL FESTIVALETTERATURA
Un anno fa il Festivaletteratura chiamava Gianluca Vassallo (Castellammare di Stabia, 1974), fotografo campano che sta realizzando un progetto in cui l’osservazione del paesaggio urbano è solo un pretesto per leggere il paesaggio degli uomini sul mondo, per dare vita a un reportage fotografico dedicato alla città di Mantova. Le immagini realizzate sarebbero state il cuore dell'«Almanacco 2020», una pubblicazione speciale realizzata con il contributo di più di centosessanta autori.
Quelle fotografie, riunite sotto il titolo «Soliloqui», sono attualmente in mostra a Mantova, nelle sale di Palazzo Te. L’esposizione, in programma fino al prossimo 12 settembre, rappresenta innanzitutto un’occasione per riappropriarsi dagli spazi della città attraverso lo sguardo del fotografo, in attesa della XXV edizione del festival letterario, che si terrà a Mantova dall’8 al 12 settembre, alla presenza di oltre duecentocinquanta autori di tutto il mondo che proveranno a raccontare il nostro tempo. «Voci da continenti lontani, memorie e premonizioni, eco-narrazioni, teorie sul potere, idee di gioventù, scambi epistolari, scienze inesatte, contratti sociali da riscrivere, affinità letterarie, versi in movimento, musiche naturali» si intrecceranno – raccontano da Mantova - in «un programma che prevede incontri con autori e autrici, laboratori per bambini e ragazzi, percorsi, lezioni, un furgone poetico, un jukebox dantesco e una radio sempre accesa».
Con la mostra «Soliloqui» si riannodano, inoltre, i fili di un percorso avviato lo scorso anno e che si concluderà a Festivaletteratura 2021 con un laboratorio fotografico tenuto dallo stesso fotografo.
Per Gianluca Vassallo l’osservazione del paesaggio urbano diventa il mezzo per leggere il paesaggio umano, e attraverso le vie e le piazze di Mantova restituisce il ritratto di una città segnata dalla pandemia ma più che mai desiderosa di riprendere in mano il proprio futuro.
«Le scelte formali – racconta Emanuela Manca - sono essenziali e misurate, fondate su un minimalismo visivo di eccezionale compostezza. Ogni porzione della realtà inquadrata lascia spazio all’immaginario esprimendo in maniera decisa una qualità metaforica ed evocativa. L’architettura visiva di sembra collocata in una dimensione provvisoria: tra oggettività e soggettività, un territorio obliquo tra la verità dei luoghi indagati e la visione dell’autore».
La mostra, a ingresso gratuito, è aperta il lunedì, dalle ore 13 alle ore 18:30, e dal martedì alla domenica, dalle ore 9 alle ore 18:30.
Per tutta la durata della mostra sarà possibile acquistare le stampe delle fotografie della serie Soliloqui firmate dall’autore: il ricavato andrà a sostegno della prossima edizione del festival.
Per informazioni e per acquistare le immagini è possibile scrivere a spedizioni@festivaletteratura.it.
Quelle fotografie, riunite sotto il titolo «Soliloqui», sono attualmente in mostra a Mantova, nelle sale di Palazzo Te. L’esposizione, in programma fino al prossimo 12 settembre, rappresenta innanzitutto un’occasione per riappropriarsi dagli spazi della città attraverso lo sguardo del fotografo, in attesa della XXV edizione del festival letterario, che si terrà a Mantova dall’8 al 12 settembre, alla presenza di oltre duecentocinquanta autori di tutto il mondo che proveranno a raccontare il nostro tempo. «Voci da continenti lontani, memorie e premonizioni, eco-narrazioni, teorie sul potere, idee di gioventù, scambi epistolari, scienze inesatte, contratti sociali da riscrivere, affinità letterarie, versi in movimento, musiche naturali» si intrecceranno – raccontano da Mantova - in «un programma che prevede incontri con autori e autrici, laboratori per bambini e ragazzi, percorsi, lezioni, un furgone poetico, un jukebox dantesco e una radio sempre accesa».
Con la mostra «Soliloqui» si riannodano, inoltre, i fili di un percorso avviato lo scorso anno e che si concluderà a Festivaletteratura 2021 con un laboratorio fotografico tenuto dallo stesso fotografo.
Per Gianluca Vassallo l’osservazione del paesaggio urbano diventa il mezzo per leggere il paesaggio umano, e attraverso le vie e le piazze di Mantova restituisce il ritratto di una città segnata dalla pandemia ma più che mai desiderosa di riprendere in mano il proprio futuro.
«Le scelte formali – racconta Emanuela Manca - sono essenziali e misurate, fondate su un minimalismo visivo di eccezionale compostezza. Ogni porzione della realtà inquadrata lascia spazio all’immaginario esprimendo in maniera decisa una qualità metaforica ed evocativa. L’architettura visiva di sembra collocata in una dimensione provvisoria: tra oggettività e soggettività, un territorio obliquo tra la verità dei luoghi indagati e la visione dell’autore».
La mostra, a ingresso gratuito, è aperta il lunedì, dalle ore 13 alle ore 18:30, e dal martedì alla domenica, dalle ore 9 alle ore 18:30.
Per tutta la durata della mostra sarà possibile acquistare le stampe delle fotografie della serie Soliloqui firmate dall’autore: il ricavato andrà a sostegno della prossima edizione del festival.
Per informazioni e per acquistare le immagini è possibile scrivere a spedizioni@festivaletteratura.it.
FRESCHI DI STAMPA, SILVIA BARONCELLI FIRMA LE ILLUSTRAZIONI DI «DANTE PER BAMBINI (E PER GENITORI CURIOSI)»
È impreziosito dalle illustrazioni di Silvia Baroncelli il progetto di Federico Corradini appena edito dalla casa editrice Prometeica: «Dante per bambini (e per genitori curiosi). Inferno, Purgatorio, Paradiso», un omaggio all’Alighieri, in occasione dei settecento anni dalla morte, anniversario che cadrà nella notte tra il 13 e il 14 settembre.
La novità editoriale si compone di tre volumi dedicati ai bambini dai 6 anni in su (ma anche ai loro genitori), che ripercorrono, in maniera divertente e originale, attraverso trentatré storie ciascuno i personaggi e i luoghi più famosi e amati delle tre cantiche della «Divina Commedia».
I libri sono pensati anche per tutti quegli adulti che desiderano riavvicinarsi all’opera dantesca, studiata tra i banchi di scuola, approcciandola in maniera più scanzonata, per tornare a sorprendersi con le storie raccontate dal Sommo poeta.
«Dante per bambini (e per genitori curiosi). Inferno, Purgatorio, Paradiso» ripercorre con una scrittura semplice e immediata i passi principali del capolavoro dantesco. Ogni storia è lunga due pagine: una per descrivere i personaggi e i luoghi delle tre cantiche, l’altra per raccontarne una curiosità e soprattutto per trarne ispirazione a beneficio dei lettori di oggi.
Caronte, Minosse, Paolo e Francesca, Cerbero, Farinata degli Uberti, Ulisse e il conte Ugolino sono le anime scelte per rileggere l’Inferno. Catone l'Uticense, Casella, Manfredi, Pia de' Tolomei, Sordello, Traiano, Oderisi da Gubbio, Aracne e Giulio Cesare sono i personaggi attraverso cui sarà possibile approcciarsi al Purgatorio. Mentre Piccarda, Costanza d'Altavilla, l'imperatore Giustiniano, Carlo Martello, Cunizza da Romano, San Francesco e Cacciaguida ridanno vita, con le loro storie, alle suggestioni del Paradiso dantesco.
Ma non è tutto. Per ognuno dei trentatré racconti c’è una tavola illustrata a colori di Silvia Baroncelli, che con il suo immediato potere comunicativo facilita comprensione e memorizzazione. Si aggiunge, al termine di ogni storia, un disegno tutto da colorare, per liberare la fantasia dei bambini più creativi, o, perché no, per intrattenersi con un’attività rilassante i più grandi. Ogni volume della collana è, quindi, un 3in1: testo, illustrazioni e i disegni da colorare portano il lettore nel mondo di Dante Alighieri. I tre libri sono disponibili nelle principali librerie indipendenti, a partire dalla storica Libreria dei ragazzi di via Tadino a Milano, e sui siti prometeica.eu e amazon.it.
La novità editoriale si compone di tre volumi dedicati ai bambini dai 6 anni in su (ma anche ai loro genitori), che ripercorrono, in maniera divertente e originale, attraverso trentatré storie ciascuno i personaggi e i luoghi più famosi e amati delle tre cantiche della «Divina Commedia».
I libri sono pensati anche per tutti quegli adulti che desiderano riavvicinarsi all’opera dantesca, studiata tra i banchi di scuola, approcciandola in maniera più scanzonata, per tornare a sorprendersi con le storie raccontate dal Sommo poeta.
«Dante per bambini (e per genitori curiosi). Inferno, Purgatorio, Paradiso» ripercorre con una scrittura semplice e immediata i passi principali del capolavoro dantesco. Ogni storia è lunga due pagine: una per descrivere i personaggi e i luoghi delle tre cantiche, l’altra per raccontarne una curiosità e soprattutto per trarne ispirazione a beneficio dei lettori di oggi.
Caronte, Minosse, Paolo e Francesca, Cerbero, Farinata degli Uberti, Ulisse e il conte Ugolino sono le anime scelte per rileggere l’Inferno. Catone l'Uticense, Casella, Manfredi, Pia de' Tolomei, Sordello, Traiano, Oderisi da Gubbio, Aracne e Giulio Cesare sono i personaggi attraverso cui sarà possibile approcciarsi al Purgatorio. Mentre Piccarda, Costanza d'Altavilla, l'imperatore Giustiniano, Carlo Martello, Cunizza da Romano, San Francesco e Cacciaguida ridanno vita, con le loro storie, alle suggestioni del Paradiso dantesco.
Ma non è tutto. Per ognuno dei trentatré racconti c’è una tavola illustrata a colori di Silvia Baroncelli, che con il suo immediato potere comunicativo facilita comprensione e memorizzazione. Si aggiunge, al termine di ogni storia, un disegno tutto da colorare, per liberare la fantasia dei bambini più creativi, o, perché no, per intrattenersi con un’attività rilassante i più grandi. Ogni volume della collana è, quindi, un 3in1: testo, illustrazioni e i disegni da colorare portano il lettore nel mondo di Dante Alighieri. I tre libri sono disponibili nelle principali librerie indipendenti, a partire dalla storica Libreria dei ragazzi di via Tadino a Milano, e sui siti prometeica.eu e amazon.it.
Per maggiori informazioni: www.prometeica.eu.
ART OF ITALICUS 2021: UN CONCORSO PER RACCONTARE L’APERITIVO MADE IN ITALY E LE CITTÀ DEL MONDO
Raffigurare alcune delle più importanti città del mondo secondo una visione artistica che ne esalti i simboli urbani locali e la vocazione verso l’aperitivo moderno: è questa la sfida della seconda edizione del concorso «Art of Italicus», creative talent rivolto a pittori, illustratori, grafici e artisti digitali, affermati ed emergenti, da Italicus® - Rosolio di Bergamotto, brand al suo quinto anniversario di vita.
Obiettivo dell’iniziativa, che si avvale della collaborazione di Moniker, leader nella valorizzazione dell'arte urban e contemporanea, non è soltanto quello di premiare i migliori creativi, ma anche di realizzare una campagna glocal, locale e globale insieme, che celebri le città, o meglio una tra le quattordici metropoli selezionate dal team creativo di Italicus®: Roma, Milano, Los Angeles, Miami, New York, Londra, Barcellona, Parigi, Sydney, Berlino, Atene, Tokyo, Hong Kong e Mosca.
Prendendo spunto dagli elementi che contraddistinguono il Rosolio di Bergamotto ideato da Giuseppe Gallo e il suo design, gli artisti dovranno indicare e motivare la scelta della città, a seconda delle proprie origini o del proprio vissuto, e nell’opera dovranno ridisegnarne il paesaggio urbano con monumenti ed edifici simbolo. Tutti i candidati saranno invitati a usare la tecnologia digitale come parte del processo creativo o di presentazione. I lavori possono essere realizzati con diverse tecniche: in stop motion, animazioni, immagini in movimento, illustrazioni digitali o dipinti.
Per indirizzare le applications dei candidati, Italicus® ha chiesto a cinque personalità di spicco della visual art di segnare la strada con le loro proposte artistiche sul tema della challenge durante la promozione del progetto. Gli artisti selezionati sono: Mr. Penfold (Miami), Vix Black (Milano), Roxanne Dewar (Barcellona), Luke Smiles (Londra) e Thomas Kirk Shannon (New York).
Chi intende partecipare potrà inviare le opere sulla piattaforma digitale www.rosolioitalicus.com/creative-talent/ fino al 3 agosto. Sulla stessa piattaforma, il pubblico potrà vedere e votare le proprie opere preferite, dal 10 al 20 agosto, e una giuria di esperti indicherà i quattrodici vincitori, uno per ciascuna delle città scelte. I nomi saranno svelati il 1° settembre 2021, quando Italicus® festeggerà il suo quinto compleanno. Ciascun vincitore si aggiudicherà 1.000 euro.
Tutti dettagli sul premio e sulle modalità di partecipazione sono disponibili su: https://rosolioitalicus.com/creative-talent/.
Raffigurare alcune delle più importanti città del mondo secondo una visione artistica che ne esalti i simboli urbani locali e la vocazione verso l’aperitivo moderno: è questa la sfida della seconda edizione del concorso «Art of Italicus», creative talent rivolto a pittori, illustratori, grafici e artisti digitali, affermati ed emergenti, da Italicus® - Rosolio di Bergamotto, brand al suo quinto anniversario di vita.
Obiettivo dell’iniziativa, che si avvale della collaborazione di Moniker, leader nella valorizzazione dell'arte urban e contemporanea, non è soltanto quello di premiare i migliori creativi, ma anche di realizzare una campagna glocal, locale e globale insieme, che celebri le città, o meglio una tra le quattordici metropoli selezionate dal team creativo di Italicus®: Roma, Milano, Los Angeles, Miami, New York, Londra, Barcellona, Parigi, Sydney, Berlino, Atene, Tokyo, Hong Kong e Mosca.
Prendendo spunto dagli elementi che contraddistinguono il Rosolio di Bergamotto ideato da Giuseppe Gallo e il suo design, gli artisti dovranno indicare e motivare la scelta della città, a seconda delle proprie origini o del proprio vissuto, e nell’opera dovranno ridisegnarne il paesaggio urbano con monumenti ed edifici simbolo. Tutti i candidati saranno invitati a usare la tecnologia digitale come parte del processo creativo o di presentazione. I lavori possono essere realizzati con diverse tecniche: in stop motion, animazioni, immagini in movimento, illustrazioni digitali o dipinti.
Per indirizzare le applications dei candidati, Italicus® ha chiesto a cinque personalità di spicco della visual art di segnare la strada con le loro proposte artistiche sul tema della challenge durante la promozione del progetto. Gli artisti selezionati sono: Mr. Penfold (Miami), Vix Black (Milano), Roxanne Dewar (Barcellona), Luke Smiles (Londra) e Thomas Kirk Shannon (New York).
Chi intende partecipare potrà inviare le opere sulla piattaforma digitale www.rosolioitalicus.com/creative-talent/ fino al 3 agosto. Sulla stessa piattaforma, il pubblico potrà vedere e votare le proprie opere preferite, dal 10 al 20 agosto, e una giuria di esperti indicherà i quattrodici vincitori, uno per ciascuna delle città scelte. I nomi saranno svelati il 1° settembre 2021, quando Italicus® festeggerà il suo quinto compleanno. Ciascun vincitore si aggiudicherà 1.000 euro.
Tutti dettagli sul premio e sulle modalità di partecipazione sono disponibili su: https://rosolioitalicus.com/creative-talent/.
VENEZIA, RESTAURATO IL PORTALE DEI BUORA A SAN GIORGIO
Tra le iniziative più importanti con cui si sono festeggiati i settant’anni di attività della Fondazione Giorgio Cini sull’Isola di San Giorgio Maggiore, a Venezia, c’è l’intervento di restauro del Portale dei Buora, fortemente danneggiato dall’«Acqua Granda» nel 2019.
Il lavoro conservativo, finanziato dall’associazione Un Amico a Venezia, è stato realizzato dagli allievi del Corso di formazione professionale di tecnico del restauro di beni culturali dell’Uia-Università internazionale dell’arte di Venezia, con cui la Fondazione Cini ha attivato una collaborazione dal 2018 e che ha già visto un intervento sugli elementi lapidei della Sala Messina (aprile- ottobre 2019) e un altro, ancora in corso, sul prestigioso Scalone del Longhena, anch’esso danneggiato dall’«Acqua Granda» del 2019.
Il portale fu realizzato da Andrea e Antonio Buora a inizio Cinquecento nel chiostro progettato dal padre Giovanni, che aveva seguito i lavori per lo spazio della Manica Lunga, l’antico dormitorio dell’Abbazia, ora convertito dalla Fondazione Cini in Biblioteca.
La facciata del portale è un’autentica enciclopedia di marmi policromi provenienti dal bacino del Mediterraneo: pavonazzetto toscano, marmo greco, pietra d'Istria.
In seguito all’«Acqua Granda» del 12 novembre 2019, il portale si presentava gravemente danneggiato a causa del permanere della marea e della conseguente presenza di sali, dannosi per i marmi e la loro integrità.
L’Ufficio tecnico della Cini ha, dunque, redatto un progetto di restauro conservativo del portale, con la direzione dell’architetto Francesca Salatin e con la collaborazione di una docente dell’Uia-Università internazionale dell’arte, la restauratrice Anna Keller, coinvolgendo attivamente gli studenti del secondo anno del Corso di assistente tecnico di restauro.
Le operazioni sono iniziate con una precisa mappatura del degrado per le porzioni superiori del manufatto e rilievo dei tasselli lapidei di sostituzione-integrazioni. Inoltre, grazie alla presenza dei ponteggi, gli studenti hanno potuto precisare l'individuazione dei fenomeni di degrado dei materiali lapidei, verificare che le lastre marmoree più sottili siano fissate a colofonia e se erano presenti stuccature storiche in cera.
Al termine dei lavori è stata valorizzata la policromia che caratterizzava l’opera e che la qualificava come architettura «all’antica» nel panorama di primo Cinquecento veneziano, restituendo così leggibilità complessiva al manufatto, ritornato – oggi - a una bellezza pari a quella delle origini.
Per saperne di più: www.cini.it.
[Le fotografie sono di Massimo Pistore per Uia-Università internazionale dell’arte di Venezia]
RIGONI DI ASIAGO RESTAURA LA FONTANA CONTARINI A BERGAMO
«La natura nel cuore di», il tour a favore della valorizzazione dei beni culturali del nostro Paese, iniziato da Rigoni di Asiago nel 2015, fa tappa a Bergamo. Dopo aver restaurato l’Atrio dei Gesuiti alla Pinacoteca di Brera, la statua di San Teodoro al Palazzo Ducale di Venezia, la fontana «Venezia sposa il mare» a Roma, la Chiesa rupestre di San Giovanni in Monterrone a Matera e i dipinti delle lunette lato est e angolo sud del Chiostro Grande di Santa Maria Novella a Firenze, la famosa azienda veneta leader nella produzione biologica di miele, confetture e creme di nocciola, da sempre attenta ai valori legati alla tradizione e alla cultura, volge il proprio sguardo alla fontana Contarini, nel cuore della Città Alta.
Il monumento bergamasco racchiude già in sé quel concetto di vita e ripartenza che ha un significato ancora più profondo in questo particolare momento storico: la sua acqua era sinonimo di sopravvivenza e di vittoria contro le avversità della natura, nel caso specifico le siccità che colpivano con una certa frequenza la zona.
La scelta di quest’opera - un ottagono in bianco marmo di Zandobbio circondato da statue di sfingi, serpenti e leoni, donato a Bergamo dal Podestà Alvise Contarini nel 1780 - è avvenuta grazie ad una votazione on-line, nello scorso mese di febbraio, che ha visto partecipare oltre 400.000 persone.
I lavori, che sarà possibile seguire in diretta sul sito www.skylinewebcams.com, verranno eseguiti da Lares Restauri ed avranno inizio a fine settembre.
L’intervento, realizzato con la sempre puntuale collaborazione di Fondaco Italia, riguarderà il restauro degli elementi lapidei e metallici della fontana. A tale proposito si prevede di intervenire sulle cause del degrado con la rimozione dello strato di calcare all’interno del bacile.
«Da imprenditore abituato a guardare avanti, - ha dichiarato Andrea Rigoni, presidente e amministratore delegato di Rigoni di Asiago sono contento perché il restauro permetterà alla fontana di presentarsi con nuova luce e bellezza all’appuntamento in cui Bergamo, insieme a Brescia, saranno nel 2023 le capitali della cultura italiana e potrà accogliere con rinnovato vigore tutti gli ospiti, italiani e stranieri, e mostrarsi per quello che in realtà è, ovvero una città operosa e industriale, dal vastissimo e unico patrimonio storico-artistico».
«LE PLEIADI» DI FAUSTO MELOTTI SONO TORNATE AL CENTRO PECCI DI PRATO. AL VIA IL RESTAURO DEL «WALL DRAWING #736» DI SOL LEWITT
È da poco tornata fruibile al pubblico, nel giardino davanti al Centro «Luigi Pecci» di Prato (sul viale della Repubblica), la grande scultura d'acciaio di Fausto Melotti, «Le Pleiadi» (1970). L'opera, appena restaurata, ha, infatti, visto il rinnovo dell’accordo tra il museo toscano e la famiglia Genoni di Novara, che ne è proprietaria, e che ha confermato il comodato per altri dieci anni.
Composto come una «astrazione musicale» scandita da variazioni e pause, tra il pieno della materia e il vuoto dello spazio, il lavoro consta di sette lame costellate di forme geometriche e segni dinamici. Astrattamente, esse evocano altrettante figure della mitologia greca, le sette figlie di Atlante e Pleione, così belle da essere perseguitate dal tenace corteggiamento di Orione, finché Zeus impietositosi per il loro errare, le trasformò in un gruppo di stelle.
La grande scultura arricchisce ulteriormente il patrimonio contemporaneo di Prato entrando in dialogo con la vicina colonna di Anne e Patrick Poirier, «Exegi Monumentum Aere Perennius» (1988), che combina in forma monumentale vestigia antiche e tecnologia industriale, ambizione edificatoria e forza distruttiva, riverberando con la propria presenza il Centro Pecci fin dalla sua apertura nel giugno 1988.
Nel giardino del Centro Pecci si trova, inoltre, una scultura di Diego Esposito, la prima della serie «Latitudine - Longitudine» (2001), composta da un disco d'acciaio incassato in un raro blocco di serpentino, il cosiddetto «marmo di Prato», per riflettere il cielo e connetterlo alla terra.
A poche centinaia di metri di distanza, sul Viale della Repubblica di fronte al Tribunale di Prato, si incontra, quindi, la monolitica stele d'acciaio di Eliseo Mattiacci, «Riflesso dell'ordine cosmico» (1995/1996), che condivide con l'opera di Melotti l'aspirazione a elevare la scultura verso il cosmo, a sfidarne la massa e il peso, per esplorare o indicare i misteri dell'infinito.
In contemporanea, il Centro Luigi Pecci ha affidato all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze l’opera «Wall Drawing #736. Rectangles of Color» (1993) per il restauro. L'incarico concretizza un accordo in via di definizione fra le due istituzioni, inteso a sviluppare forme integrate di collaborazione sul piano tecnico-scientifico, della formazione, della ricerca nonché della valorizzazione, nell'ambito condiviso della conservazione e del restauro d’arte contemporanea. Prato dovrebbe diventare un polo di riferimento e consulenza anche per altre realtà, sia pubbliche sia private, che si trovano ad affrontare il tema sempre più impellente della conservazione e del restauro d’arte contemporanea.
Per informazioni: www.centropecci.it.
[Didascalie delle immagini:
1.Fausto Melotti, Le Pleiadi, 1970. Acciaio inox, cm 300x900x50. Collezione del Centro Pecci, Prato. Comodato della Famiglia Genoni, Novara. Foto: Carlo Fei (2004);
2. Sol LeWitt, Wall Drawing #736 - Rectangles of Color, 1993. Inchiostri a colori, sviluppo a parete cm 338x1908. Opera realizzata da Andrea Marescalchi e Antony Sansotta (novembre 1993). Collezione del Centro Pecci e del Comune di Prato. Foto: Carlo Fei (1993)]
FRESCHI DI STAMPA, DA FRANCO MARIA RICCI «LA CHINE EN MINIATURE»
CINQUE BORSE DI STUDIO PER RICERCATORI E UN PREMIO PER ARTISTI DALLA FONDAZIONE PINI DI MILANO
La Fondazione Adolfo Pini, che da sempre sostiene giovani artisti attivi in tutte le arti, annuncia una nuova iniziativa che rinnova e attualizza lo spirito dei mecenati Renzo Bongiovanni Radice e Adolfo Pini. È stata da poco lanciata la prima edizione del Pini Art Prize 2021-2022, rivolto ad artisti under 35, italiani o stranieri domiciliati in Italia.
Il premio individuerà le ricerche che presentino particolare valore culturale e qualità artistica e che dimostrino la capacità di promuovere relazioni fra diversi soggetti e organizzazioni, di costruire reti e di attivare percorsi di collaborazione e co-progettazione.
Le tre giovani selezionatrici Lucrezia Calabrò Visconti, Virginia Lupo e Alessia Romano proporranno cinque artisti ciascuna per un totale di quindici, tra i quali la giuria - composta da Valentino Catricalà, Marco Meneguzzo, Adrian Paci, Mirjam Varadinis e Roberta Tenconi - individuerà tre finalisti che esporranno un corpus di opere negli spazi della Fondazione. In occasione della mostra, prevista per il mese di febbraio del 2022, la giuria proclamerà il vincitore cui verrà conferito un premio di dieci mila euro.
Fondazione Adolfo Pini mette a bando, in questi giorni, anche cinque borse di studio destinate a studenti e ricercatori, under 35, per effettuare un periodo di formazione o di ricerca/lavoro, in centri internazionali specializzati. Per partecipare alla selezione, i richiedenti dovranno essere iscritti a scuole d'arte o università di Milano, che svolgano attività di alta formazione in tutti gli ambiti attinenti alla Cultura del progetto multidisciplinare (arti visive, arti performative, moda, design, musica, etc.). Le borse di studio, curate e coordinate da Dalia Gallico, saranno erogate per l'effettuazione di un periodo di stage di almeno due settimane da concludersi entro il mese di dicembre 2021.
Le attività di stage/ricerca, su richiesta del candidato, possono essere svolte sia in presenza che da remoto o in modalità mista. Per l'effettuazione di un periodo di stage all'estero/ricerca in presenza e in modalità mista è prevista una borsa di studio del valore di Euro 3.000. Se l'attività di stage/ricerca è in modalità da remoto la borsa di studio equivale a Euro 1.000.
Per partecipare al bando c'è tempo fino al 27 luglio 2021.
Per saperne di più: https://fondazionepini.net.
Tra le iniziative più importanti con cui si sono festeggiati i settant’anni di attività della Fondazione Giorgio Cini sull’Isola di San Giorgio Maggiore, a Venezia, c’è l’intervento di restauro del Portale dei Buora, fortemente danneggiato dall’«Acqua Granda» nel 2019.
Il lavoro conservativo, finanziato dall’associazione Un Amico a Venezia, è stato realizzato dagli allievi del Corso di formazione professionale di tecnico del restauro di beni culturali dell’Uia-Università internazionale dell’arte di Venezia, con cui la Fondazione Cini ha attivato una collaborazione dal 2018 e che ha già visto un intervento sugli elementi lapidei della Sala Messina (aprile- ottobre 2019) e un altro, ancora in corso, sul prestigioso Scalone del Longhena, anch’esso danneggiato dall’«Acqua Granda» del 2019.
Il portale fu realizzato da Andrea e Antonio Buora a inizio Cinquecento nel chiostro progettato dal padre Giovanni, che aveva seguito i lavori per lo spazio della Manica Lunga, l’antico dormitorio dell’Abbazia, ora convertito dalla Fondazione Cini in Biblioteca.
La facciata del portale è un’autentica enciclopedia di marmi policromi provenienti dal bacino del Mediterraneo: pavonazzetto toscano, marmo greco, pietra d'Istria.
In seguito all’«Acqua Granda» del 12 novembre 2019, il portale si presentava gravemente danneggiato a causa del permanere della marea e della conseguente presenza di sali, dannosi per i marmi e la loro integrità.
L’Ufficio tecnico della Cini ha, dunque, redatto un progetto di restauro conservativo del portale, con la direzione dell’architetto Francesca Salatin e con la collaborazione di una docente dell’Uia-Università internazionale dell’arte, la restauratrice Anna Keller, coinvolgendo attivamente gli studenti del secondo anno del Corso di assistente tecnico di restauro.
Le operazioni sono iniziate con una precisa mappatura del degrado per le porzioni superiori del manufatto e rilievo dei tasselli lapidei di sostituzione-integrazioni. Inoltre, grazie alla presenza dei ponteggi, gli studenti hanno potuto precisare l'individuazione dei fenomeni di degrado dei materiali lapidei, verificare che le lastre marmoree più sottili siano fissate a colofonia e se erano presenti stuccature storiche in cera.
Al termine dei lavori è stata valorizzata la policromia che caratterizzava l’opera e che la qualificava come architettura «all’antica» nel panorama di primo Cinquecento veneziano, restituendo così leggibilità complessiva al manufatto, ritornato – oggi - a una bellezza pari a quella delle origini.
Per saperne di più: www.cini.it.
[Le fotografie sono di Massimo Pistore per Uia-Università internazionale dell’arte di Venezia]
«La natura nel cuore di», il tour a favore della valorizzazione dei beni culturali del nostro Paese, iniziato da Rigoni di Asiago nel 2015, fa tappa a Bergamo. Dopo aver restaurato l’Atrio dei Gesuiti alla Pinacoteca di Brera, la statua di San Teodoro al Palazzo Ducale di Venezia, la fontana «Venezia sposa il mare» a Roma, la Chiesa rupestre di San Giovanni in Monterrone a Matera e i dipinti delle lunette lato est e angolo sud del Chiostro Grande di Santa Maria Novella a Firenze, la famosa azienda veneta leader nella produzione biologica di miele, confetture e creme di nocciola, da sempre attenta ai valori legati alla tradizione e alla cultura, volge il proprio sguardo alla fontana Contarini, nel cuore della Città Alta.
Il monumento bergamasco racchiude già in sé quel concetto di vita e ripartenza che ha un significato ancora più profondo in questo particolare momento storico: la sua acqua era sinonimo di sopravvivenza e di vittoria contro le avversità della natura, nel caso specifico le siccità che colpivano con una certa frequenza la zona.
La scelta di quest’opera - un ottagono in bianco marmo di Zandobbio circondato da statue di sfingi, serpenti e leoni, donato a Bergamo dal Podestà Alvise Contarini nel 1780 - è avvenuta grazie ad una votazione on-line, nello scorso mese di febbraio, che ha visto partecipare oltre 400.000 persone.
I lavori, che sarà possibile seguire in diretta sul sito www.skylinewebcams.com, verranno eseguiti da Lares Restauri ed avranno inizio a fine settembre.
L’intervento, realizzato con la sempre puntuale collaborazione di Fondaco Italia, riguarderà il restauro degli elementi lapidei e metallici della fontana. A tale proposito si prevede di intervenire sulle cause del degrado con la rimozione dello strato di calcare all’interno del bacile.
«Da imprenditore abituato a guardare avanti, - ha dichiarato Andrea Rigoni, presidente e amministratore delegato di Rigoni di Asiago sono contento perché il restauro permetterà alla fontana di presentarsi con nuova luce e bellezza all’appuntamento in cui Bergamo, insieme a Brescia, saranno nel 2023 le capitali della cultura italiana e potrà accogliere con rinnovato vigore tutti gli ospiti, italiani e stranieri, e mostrarsi per quello che in realtà è, ovvero una città operosa e industriale, dal vastissimo e unico patrimonio storico-artistico».
«LE PLEIADI» DI FAUSTO MELOTTI SONO TORNATE AL CENTRO PECCI DI PRATO. AL VIA IL RESTAURO DEL «WALL DRAWING #736» DI SOL LEWITT
È da poco tornata fruibile al pubblico, nel giardino davanti al Centro «Luigi Pecci» di Prato (sul viale della Repubblica), la grande scultura d'acciaio di Fausto Melotti, «Le Pleiadi» (1970). L'opera, appena restaurata, ha, infatti, visto il rinnovo dell’accordo tra il museo toscano e la famiglia Genoni di Novara, che ne è proprietaria, e che ha confermato il comodato per altri dieci anni.
Composto come una «astrazione musicale» scandita da variazioni e pause, tra il pieno della materia e il vuoto dello spazio, il lavoro consta di sette lame costellate di forme geometriche e segni dinamici. Astrattamente, esse evocano altrettante figure della mitologia greca, le sette figlie di Atlante e Pleione, così belle da essere perseguitate dal tenace corteggiamento di Orione, finché Zeus impietositosi per il loro errare, le trasformò in un gruppo di stelle.
La grande scultura arricchisce ulteriormente il patrimonio contemporaneo di Prato entrando in dialogo con la vicina colonna di Anne e Patrick Poirier, «Exegi Monumentum Aere Perennius» (1988), che combina in forma monumentale vestigia antiche e tecnologia industriale, ambizione edificatoria e forza distruttiva, riverberando con la propria presenza il Centro Pecci fin dalla sua apertura nel giugno 1988.
Nel giardino del Centro Pecci si trova, inoltre, una scultura di Diego Esposito, la prima della serie «Latitudine - Longitudine» (2001), composta da un disco d'acciaio incassato in un raro blocco di serpentino, il cosiddetto «marmo di Prato», per riflettere il cielo e connetterlo alla terra.
A poche centinaia di metri di distanza, sul Viale della Repubblica di fronte al Tribunale di Prato, si incontra, quindi, la monolitica stele d'acciaio di Eliseo Mattiacci, «Riflesso dell'ordine cosmico» (1995/1996), che condivide con l'opera di Melotti l'aspirazione a elevare la scultura verso il cosmo, a sfidarne la massa e il peso, per esplorare o indicare i misteri dell'infinito.
In contemporanea, il Centro Luigi Pecci ha affidato all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze l’opera «Wall Drawing #736. Rectangles of Color» (1993) per il restauro. L'incarico concretizza un accordo in via di definizione fra le due istituzioni, inteso a sviluppare forme integrate di collaborazione sul piano tecnico-scientifico, della formazione, della ricerca nonché della valorizzazione, nell'ambito condiviso della conservazione e del restauro d’arte contemporanea. Prato dovrebbe diventare un polo di riferimento e consulenza anche per altre realtà, sia pubbliche sia private, che si trovano ad affrontare il tema sempre più impellente della conservazione e del restauro d’arte contemporanea.
Per informazioni: www.centropecci.it.
FRESCHI DI STAMPA, DA FRANCO MARIA RICCI «LA CHINE EN MINIATURE»
Raccogliere l’essenza della Cina del XVIII secolo attraverso un centinaio di miniature sembra un’impresa impossibile. Eppure, su ordine del ministro dello stato francese Henri Bertin, supervisore della compagnia delle Indie Orientali sotto Luigi XV, i preti cattolici cinesi Aloys Ko e Etienne Yang si recarono in Francia per undici anni e compilarono questa raccolta illustrata.
Cinquant’anni dopo, fu Jean-Baptiste Joseph Breton – straordinaria figura di poligrafo e divulgatore, oltre che traduttore e stenografo – a utilizzare tale patrimonio di informazioni e immagini pubblicando a Parigi un meraviglioso compendio sulla Cina in sei piccoli ma curatissimi volumi: «La Chine en Miniature», stampato fra il 1811 e il 1812. Franco Maria Ricci amava molto questi piccoli libri, conservava una copia della serie originale nella sua biblioteca e l'ultimo volume pubblicato dalla «sua» casa editrice, che ne ripropone tutte le tavole a colori e le descrizioni in lingua francese originale, talvolta abbreviate, svelando un mondo lontanissimo dall’Occidente e dalla sua mentalità, strano e affascinante, è uno degli ultimi progetti a cui ha lavorato prima della sua scomparsa lo scorso settembre.
Le immagini hanno mantenuto intatto il loro fascino, componendo un ritratto della Cina curioso ed eclettico, oltre che incredibilmente dettagliato, esplorando numerosi aspetti della vita quotidiana di quella nazione, fino ad allora pressoché sconosciuta in Occidente, della quale solamente mercanti e missionari recavano sporadiche notizie.
Questa caleidoscopica collezione, esotica e popolare allo stesso tempo, rivive oggi tra le pagine di questo volume, offrendoci uno spaccato su tutta la società cinese dell’epoca, dalla vita di corte dell’imperatore e dei suoi figli, ai mestieri, a momenti della vita quotidiana: regnanti, mandarini in abito estivo, primi ministri in portantina, i tartari e i loro ornamenti, le calzature delle dame, la bottega della porcellana, lampade e candele cinesi, una sacerdotessa buddista rasata, librai ambulanti, la tortura delle dita, la fabbricazione dell’inchiostro, la fabbricazione della carta di bambù, venditori di uova sode colorate, di piccioni, di quaglie… e molte altre abitudini curiose.
Due sono i testi introduttivi, il primo in inglese il secondo in italiano. Il saggio di Hwee Lie Blehaut, storica dell’arte cinese, racconta il clima storico e culturale in cui si sviluppò l’idea della «Chine en miniature», mentre il testo di Giorgio Antei, studioso e accademico, propone un focus sulla visione dello straniero e del «barbaro» nella cultura occidentale e in quella cinese, a partire dai tentativi di evangelizzazione portati avanti soprattutto dai gesuiti.
«Franco Maria Ricci teneva molto alla pubblicazione di questo volume - racconta Edoardo Pepino, direttore della casa editrice – l’entusiasmo che queste miniature suscitavano in lui e la passione che nutriva per questo mondo settecentesco, fatto di gesuiti in missione, imperatori e culture popolari lontane, ci hanno guidato nel nostro lavoro. Mi auguro che anche chi lo sfoglierà sia catturato, come lo era lui, in questo itinerario alla scoperta di una civiltà che può forse apparire remota ma, pur cristallizzata in quei disegni così accurati, dispiega ancora oggi la sua forza vitale».
Per maggiori informazioni: https://www.francomariaricci.com/it/editore/hp-editore/.
Cinquant’anni dopo, fu Jean-Baptiste Joseph Breton – straordinaria figura di poligrafo e divulgatore, oltre che traduttore e stenografo – a utilizzare tale patrimonio di informazioni e immagini pubblicando a Parigi un meraviglioso compendio sulla Cina in sei piccoli ma curatissimi volumi: «La Chine en Miniature», stampato fra il 1811 e il 1812. Franco Maria Ricci amava molto questi piccoli libri, conservava una copia della serie originale nella sua biblioteca e l'ultimo volume pubblicato dalla «sua» casa editrice, che ne ripropone tutte le tavole a colori e le descrizioni in lingua francese originale, talvolta abbreviate, svelando un mondo lontanissimo dall’Occidente e dalla sua mentalità, strano e affascinante, è uno degli ultimi progetti a cui ha lavorato prima della sua scomparsa lo scorso settembre.
Le immagini hanno mantenuto intatto il loro fascino, componendo un ritratto della Cina curioso ed eclettico, oltre che incredibilmente dettagliato, esplorando numerosi aspetti della vita quotidiana di quella nazione, fino ad allora pressoché sconosciuta in Occidente, della quale solamente mercanti e missionari recavano sporadiche notizie.
Questa caleidoscopica collezione, esotica e popolare allo stesso tempo, rivive oggi tra le pagine di questo volume, offrendoci uno spaccato su tutta la società cinese dell’epoca, dalla vita di corte dell’imperatore e dei suoi figli, ai mestieri, a momenti della vita quotidiana: regnanti, mandarini in abito estivo, primi ministri in portantina, i tartari e i loro ornamenti, le calzature delle dame, la bottega della porcellana, lampade e candele cinesi, una sacerdotessa buddista rasata, librai ambulanti, la tortura delle dita, la fabbricazione dell’inchiostro, la fabbricazione della carta di bambù, venditori di uova sode colorate, di piccioni, di quaglie… e molte altre abitudini curiose.
Due sono i testi introduttivi, il primo in inglese il secondo in italiano. Il saggio di Hwee Lie Blehaut, storica dell’arte cinese, racconta il clima storico e culturale in cui si sviluppò l’idea della «Chine en miniature», mentre il testo di Giorgio Antei, studioso e accademico, propone un focus sulla visione dello straniero e del «barbaro» nella cultura occidentale e in quella cinese, a partire dai tentativi di evangelizzazione portati avanti soprattutto dai gesuiti.
«Franco Maria Ricci teneva molto alla pubblicazione di questo volume - racconta Edoardo Pepino, direttore della casa editrice – l’entusiasmo che queste miniature suscitavano in lui e la passione che nutriva per questo mondo settecentesco, fatto di gesuiti in missione, imperatori e culture popolari lontane, ci hanno guidato nel nostro lavoro. Mi auguro che anche chi lo sfoglierà sia catturato, come lo era lui, in questo itinerario alla scoperta di una civiltà che può forse apparire remota ma, pur cristallizzata in quei disegni così accurati, dispiega ancora oggi la sua forza vitale».
Per maggiori informazioni: https://www.francomariaricci.com/it/editore/hp-editore/.
La Fondazione Adolfo Pini, che da sempre sostiene giovani artisti attivi in tutte le arti, annuncia una nuova iniziativa che rinnova e attualizza lo spirito dei mecenati Renzo Bongiovanni Radice e Adolfo Pini. È stata da poco lanciata la prima edizione del Pini Art Prize 2021-2022, rivolto ad artisti under 35, italiani o stranieri domiciliati in Italia.
Il premio individuerà le ricerche che presentino particolare valore culturale e qualità artistica e che dimostrino la capacità di promuovere relazioni fra diversi soggetti e organizzazioni, di costruire reti e di attivare percorsi di collaborazione e co-progettazione.
Le tre giovani selezionatrici Lucrezia Calabrò Visconti, Virginia Lupo e Alessia Romano proporranno cinque artisti ciascuna per un totale di quindici, tra i quali la giuria - composta da Valentino Catricalà, Marco Meneguzzo, Adrian Paci, Mirjam Varadinis e Roberta Tenconi - individuerà tre finalisti che esporranno un corpus di opere negli spazi della Fondazione. In occasione della mostra, prevista per il mese di febbraio del 2022, la giuria proclamerà il vincitore cui verrà conferito un premio di dieci mila euro.
Fondazione Adolfo Pini mette a bando, in questi giorni, anche cinque borse di studio destinate a studenti e ricercatori, under 35, per effettuare un periodo di formazione o di ricerca/lavoro, in centri internazionali specializzati. Per partecipare alla selezione, i richiedenti dovranno essere iscritti a scuole d'arte o università di Milano, che svolgano attività di alta formazione in tutti gli ambiti attinenti alla Cultura del progetto multidisciplinare (arti visive, arti performative, moda, design, musica, etc.). Le borse di studio, curate e coordinate da Dalia Gallico, saranno erogate per l'effettuazione di un periodo di stage di almeno due settimane da concludersi entro il mese di dicembre 2021.
Le attività di stage/ricerca, su richiesta del candidato, possono essere svolte sia in presenza che da remoto o in modalità mista. Per l'effettuazione di un periodo di stage all'estero/ricerca in presenza e in modalità mista è prevista una borsa di studio del valore di Euro 3.000. Se l'attività di stage/ricerca è in modalità da remoto la borsa di studio equivale a Euro 1.000.
Per partecipare al bando c'è tempo fino al 27 luglio 2021.
Per saperne di più: https://fondazionepini.net.
Torna «Altri Sguardi», il progetto di mediazione culturale museale ideato da Palazzo Grassi e Punta Dogana, i due spazi veneziani della collezione Pinault, per migranti, richiedenti asilo e rifugiati politici risiedenti nel territorio. Fino a mercoledì 15 settembre è possibile proporre la propria candidatura sul sito palazzograssi.it, alla voce «Conosci – opportunità di lavoro / bandi». Per partecipare è necessario aver conseguito la maggiore età alla data di scadenza della open call, possedere una buona conoscenza della lingua italiana (minimo livello A2) e caricare sul sito un curriculum vitae aggiornato. La partecipazione non è retribuita, ma è previsto un rimborso spese di trasporto.
Il workshop si struttura in tre fasi. Si inizierà con una fase laboratoriale che prevede l’approfondimento delle opere esposte nelle mostre «Bruce Nauman: Contrapposto Studies» e «HyperVenezia» e la selezione di alcune di queste da parte dei partecipanti, accompagnati in questa scelta libera dallo staff di Palazzo Grassi e dai tutor. La seconda fase ha in programma l’elaborazione di un percorso di mediazione concepito sulla base della propria interpretazione personale. Infine, la terza fase prevede l’incontro dei partecipanti con il pubblico che potrà visitare la mostra guidato dallo sguardo inedito dei partecipanti e accompagnato in un percorso unico. Al termine del percorso i candidati riceveranno un attestato di partecipazione e animeranno una serie di visite guidate, itinerari unici che mettono in relazione opera e visitatore secondo l’interpretazione personale dei partecipanti.
Il progetto, tenutosi per la prima volta nel 2019, si colloca nel più ampio quadro di iniziative dedicate al tema delle migrazioni, avviate nel 2019 da Palazzo Grassi – Punta della Dogana, tra cui un ciclo di incontri realizzati in collaborazione con associazioni ed enti che operano nel settore, come Refugees Welcome Italia e atelier des artistes en exil. «Altri Sguardi», giunto quest’anno alla sua terza edizione, ha permesso nello specifico di coinvolgere in prima persona i migranti, richiedenti asilo e i rifugiati del territorio.
L’arte contemporanea, al centro dell’attività culturale dell’istituzione veneziana, è diventata e diventerà anche quest’anno la lente attraverso la quale stimolare nuove formule di conoscenza e dialogo a partire dai singoli individui e dalla loro unicità.
Per maggiori informazioni, scrivere a education@palazzograssi.it.
[Foto: Matteo De Fina, Courtesy: Palazzo Grassi, Venezia]