ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

venerdì 6 maggio 2022

#notizieinpillole, cronache d'arte dal 18 aprile all'8 maggio 2022

Da Roma a Bologna, in mostra alla Pinacoteca nazionale la «Sibilla Cumana» del Domenichino
Il suo viso, con la bocca appena socchiusa come a intonare un canto, ha i toni rosei della gioventù. I suoi capelli, biondi, sono ordinatamente raccolti in un morbido turbante. Il suo abito elegante, dalle tonalità oro, è ricco di panneggi ed è reso ancora più prezioso da un manto color arancio decorato con motivi dorati. Un libro, un manico di viola, un cartiglio con delle note e una pianta di vite, alle spalle, arricchiscono la scena. C’è tutto il classicismo e l’amore per la musica di Domenico Zampieri detto il Domenichino nella «Sibilla Cumana», in mostra fino al 31 luglio alla Pinacoteca nazionale di Bologna, nell’ambito di una progettualità di scambi e iniziative comuni con la Galleria Borghese di Roma.
Il dipinto, entrato nella 1617 nella collezione di Scipione Borghese, è esposto nella Sala di Guido Reni in prossimità della Sibilla reniana, proveniente dal lascito di sir Denis Mahon al museo felsineo. Le due opere, pur nella diversità cronologica e ideativa che contrappone la complessa costruzione di Domenichino all’essenzialità dell’ultimo Reni, condividono la comune matrice raffaellesca raggiungendo esiti tra i più significativi nell’ambito dell’ideale classico seicentesco. Il dipinto consentirà, inoltre, interessanti connessioni anche con altre opere dell’artista conservate nella pinacoteca bolognese, ma anche con la «Sibilla con cartiglio» del Guercino e la «Sibilla» di Elisabetta Sirani.
Lo spartito dipinto è stato relazionato dagli studiosi alle «Nuove musiche» di Giulio Caccini, raccolta di brani a voce sola e basso continuo pubblicata nel 1602. Domenichino condivideva con il musicista l’interesse per lo stile monodico. Lo documenta anche la raffigurazione della Sibilla con le labbra socchiuse in atto di cantare come solista, e una viola da gamba, strumento del basso continuo, accanto a lei.
Le relazioni tra Domenichino e la musica verranno approfondite il 26 maggio da Arianna De Simone, mentre il 19 maggio Francesca Cappelletti parlerà dei rapporti fra l’artista e il cardinale Scipione Borghese. Sono, inoltre, previste visite guidate.
Per maggiori informazioni: www.pinacotecabologna.beniculturali.it/it/

Nelle fotografie:Domenichino, Sibilla Cumana, 1617. Olio su tela, cm 123 x 89. Roma, Galleria Borghese. Foto: Mauro Coen 

Da Schiele a Sironi, una mostra sulle recenti acquisizioni dell’Istituto centrale per la grafica
C’è anche «Sitzender Männerakt» (1910), un acquerello dell’artista austriaco Egon Schiele (1890-1918), assoluta rarità in relazione all’esigua presenza di suoi lavori sul territorio italiano, nella mostra «Acquisizioni 2019-2022. Istituto centrale per la grafica», in programma fino al 24 luglio a Roma, nelle sale espositive del Palazzo della calcografia. Curata da Rita Bernini, Gabriella Bocconi, Maria Francesca Bonetti, con la collaborazione di Ilaria Savino, l’esposizione presenta al pubblico una cinquantina di opere: stampe, disegni, fotografie, video d’artista e libri selezionati tra gli oggetti pervenuti negli ultimi anni attraverso doni e acquisti.
Oltre all’opera di Schiele, negli ultimi quattro anni sono entrati nei fondi dell’Istituto centrale per la grafica altri disegni di notevole pregio, tra cui un foglio di ambito berniniano (una scenografia ispirata a piazza del Popolo), una scena di battaglia firmata da Guglielmo Cortese, detto il Borgognone (1628-1679), e due grandi studi preparatori di Luigi Ademollo (1754-1849), esposti per la prima volta al pubblico.
La mostra comprende anche testimonianze grafiche del Novecento riferite alle attività di Carlo Alberto Petrucci (1881-1963) e Alfredo Petrucci (1888-1969), rispettivamente direttori della Calcografia e del Gabinetto nazionale delle stampe nel periodo tra le due guerre e nei primi anni del boom economico. Il pubblico potrà così ammirare opere di Alberto Martini, Mario Sironi, Umberto Prencipe, Luigi Bartolini, Anselmo Bucci e Duilio Cambellotti, e un raro tanka, componimento poetico inedito di Harukichi Shimoi (1883-1954). Non mancano i linguaggi del contemporaneo con lavori di Nunzio, Marisa Albanese, Nikè Arrighi Borghese e Lisetta Carmi, ma anche di Helen Cammock, Cascione&Lusciov, Andrea Martinucci e Marta Roberti.
Parola e incisione dialogano, invece, attraverso Mario Ceroli, Mario Luzi, Valerio Magrelli, Emilio Vedova e Massimo Cacciari. Mentre la fotografia è rappresentata da alcuni ritratti di GhittaCarell e da stampe di Bruno Stefani, Riccardo Moncalvo e di esponenti del fotoreportage degli anni Sessanta-Settanta quali Calogero Cascio, Antonio Sansone, Fausto Giaccone e Mario Dondero. Accanto alle fotografie viene, infine, presentata una selezione di volumi provenienti dalla biblioteca fotografica di Luigi Albertini, dedicata in particolare alla fotografia documentaria e al fotogiornalismo internazionale del Novecento.
Per maggiori informazioni: www.grafica.beniculturali.it.  

Didascalie delle immagini: 1. Egon Schiele (1890–1918), Sitzender Männerakt (Nudo maschile seduto), 1910. Matita acquarellata, tempera e carbone.: 2. Guillaume Courtois [il Borgognone] (1628–1679), La Battaglia di Giosuè a Gabeon, ante 1657. Penna, inchiostro bruno acquerellato, rialzi in biacca, quadrettatura a penna. 

#David140, un cartellone di eventi per celebrare i 140 anni della scultura di Michelangelo alla Galleria dell’Accademia di Firenze
Ci sarà anche Patti Smith, una delle figure femminili più carismatiche e dirompenti della storia della musica dalla fine degli anni Sessanta a oggi, tra i protagonisti di «David140», il cartellone di eventi ideato per festeggiare l’arrivo del «David» di Michelangelo alla Galleria dell’Accademia. Era, infatti, il luglio del 1882 quando la scultura originale, simbolo di Firenze nel mondo, veniva esposta nella Tribuna del museo fiorentino, concepita appositamente dall’architetto Emilio de Fabris.
In questo spazio, da lunedì 9 maggio, si susseguiranno musicisti, storici dell’arte, intellettuali, italiani e internazionali, per celebrare con un loro personale omaggio l’opera michelangiolesca,che raffigura – ricorda la direttrice Cecilie Hollberg - «l’eroe David, giovane re di Giuda e di Israele che vince il gigante Golia; una figura leggendaria, simbolo del bene che lotta contro il male, che nei secoli ha affascinato tanti artisti, così da essere oggetto di molte sculture del Rinascimento e non solo».
A aprire il cartellone sarà un concerto de «La Cappella de la Torre», uno degli ensemble più importanti al mondo per gli strumenti a fiato, fondato nel 2005 e diretto da Katharina Bäuml.
Mentre il 16 maggio si esibirà Théotime Langlois de Swarte, giovanissimo musicista francese, virtuoso del violino, che per l’occasione suonerà strumenti musicali antichi accompagnato dalla cembalista Violaine Cochard. La musica sarà ancora protagonista il 30 maggio con l’Accademia del Maggio musicale fiorentino, che presenterà i Sonetti XVI e XXXI della raccolta «Seven sonets of Michelangelo op.22» di Benjamin Britten, oltre ad arie e brani tratti dalle opere «Attila» ed «Ernani» di Giuseppe Verdi.
Il 23 maggio i riflettori saranno, invece, accesi su Cristina Acidini, storica dell’arte, presidente dell’Opera di Santa Croce, dell'Accademia delle Arti del Disegno e della Fondazioni Casa Buonarroti e Roberto Longhi. Nella conferenza «Travi e rotaie. Il trasporto del David alla Galleria dell'Accademia nel 1873», la studiosa racconterà del complesso «traslocamento» della scultura, da piazza della Signora fino al suo trionfale ingresso all’Accademia, su un carro in legno, ideato dagli ingegnari Porra e Poggi. Lo spostamento durò ben 5 giorni, dal 31 luglio al 4 agosto, e, visto il caldo, fu eseguito solo dalle 4 alle 11 del mattino.
il 6 giugno, invece, Felipe Pereda, professore di Arte spagnola alla Harvard University, parlerà del suo libro «Torrigiano. L'uomo che ha rotto il naso a Michelangelo», pubblicato da la Penn State University. Toccherà, poi, ad Aldo Cazzullo con la conferenza «Firenze patria morale degli italiani», in programma il 13 giugno. Mntre la chiusura della prima parte del programma spetterà proprio a Patti Smith, che il 27 giugno presenterà un reading sul Buonarroti.
Per maggiori informazioni: www.galleriaaccademiafirenze.it

«Un’Arca per l’Ucraina», opere d’arte e non solo per la speciale asta di Cambi
Vi piacerebbe soggiornare a Milano, negli appartamenti preferiti da Giuseppe Verdi? Sognate di appendere alle pareti di casa una litografia acquarellata da Dario Fo o di stappare una preziosa bottiglia di merlot «L’Apparita», proveniente dalle cantine del Castello di Ama? Pensate che sia giunto il momento di godervi un week-end ad Ancona, in una cornice da favola come Palazzo delle cento finestre, o di sfoggiare nella vostra collezione un Derain appartenuto allo storico dell’arte e scrittore Maurice Rheims, amministratore dei beni di Picasso? Lunedì 9 maggio potete avere l’occasione di aggiudicarvi all’incanto una di queste esperienze e, nello stesso tempo, di fare del bene.
La sede milanese di Cambi casa d’aste ospita, in collaborazione con la Fondazione Progetto Arca Onlus, «Un’Arca per l’Ucraina, charity auction». A battere i lotti dello speciale catalogo, nato da un’idea di Marco De Gregorio e frutto della generosità di importanti donatori, sarà il conduttore televisivo Fabio Fazio.
Il mondo dell’arte ha risposto con entusiasmo all’invito della maison genovese: In catalogo sono presenti un’opera di Luca Monterastelli donata dalla Galleria Lia Rumma (stima: 3.000 – 8.000 €), una di Lorenzo Mattotti offerta dalla Galleria Nuages (stima: 5.000 – 15.000 €) e una di Marco Reichert (stima: 300 – 1.000 €) proveniente dalla Galleria Ribot. L’artista, fotografa e designer Marina Aliverti ha, invece, donato due fotografie (stima: 400 – 1.200 € ciascuna) mentre Lady Be ha realizzato, appositamente per l’evento, l’opera «Stand with Ucraine – Una preghiera per la pace» (stima: 750 – 3.500 €).
In catalogo ci sono, poi, un abito su misura offerto da Canali (stima: 800 – 2.500 €), un cardigan di cashmere di Brunello Cucinelli (stima: 300 – 1.000 €), le colonie di Acqua di Parma in limited edition (55 – 165 € ciascuna) e un cofanetto con tre fragranze di Montale (stima: 150 – 500 €). Il mondo dei vini partecipa, invece, con le tre magnum di Amarone donate da Aneri (stima: 150 – 400 € ciascuna), 18 bottiglie offerte da Barbanera Vini (stima: 150 – 400 €) e 5 magnum donate da WineTip.
Un capitolo a parte meritano le esperienze, come il massaggio di coppia da 50 minuti al Grand Spa dell'Hotel Palazzo Parigi di Milano (stima: 80 – 280 €) o la speciale giornata di shopping al Fidenza Village con pranzo di degustazione al Taglieré Ruinart e un Vintage Car Gourmet Tour pomeridiano (stima: 300 – 1.000 €). Ci sono ancora all’asta i soggiorni al Grand Hotel et de Milan nella suite Verdi (stima: 500 – 2.000 €), all’Oasi Zegna Experience (stima: 800 – 2.500 €) o al The Barefoot Eco Hotel di Hanimadhoo nelle Isole Maldive (stima: 1.000 – 3.000 €). Non mancano le visite esclusive offerte dal Fai – Fondo per l’ambiente italiano a Torre e Casa Campatelli a San Gimignano (stima: 80 – 200 €), alle Saline Conti Vecchi ad Assemini (CA) (stima: 70 – 200 €) e a Villa e collezione Panza a Varese (stima: 80 – 200 €).
Per maggiori informazioni: www.cambiaste.com

Da Haltadefinizione un Giovan Francesco Caroto in 3D e gigapixel
La più conosciuta e amata opera del Museo di Castelvecchio a Verona è un unicum nella storia della pittura italiana del Cinquecento. L’iconografia non convenzionale del «Ritratto di fanciullo con disegno» (1515-1520) di Giovan Francesco Caroto, artista veronese allievo del Mantegna e attivo a Milano al tempo di Leonardo, incuriosisce da sempre gli studiosi per il suo sincero realismo, in netta contrapposizione con l’idealizzazione classicheggiante in voga a quel tempo.
L’innovativo olio su tavola raffigura un fanciullo sui dieci-dodici anni con lunghi capelli rossi. Il soggetto, osservato da vicino, indossa un farsetto verde sopra una camicia bianca ed è ripreso di scorcio, a mezzo busto, su uno sfondo scuro. Dal margine in basso a sinistra del dipinto spunta il lembo di una stoffa rossa, si direbbe di un berretto. Il ragazzino è immortalato nel momento di rivolgersi allo spettatore per mostrare il disegno che impugna tra le dita della mano destra. Appare divertito, spalanca gli occhi vivaci e ride con le labbra semiaperte in atteggiamento di soddisfazione. Quello che ha in mano, uno scarabocchio tipico dei bambini, è il primo disegno infantile della storia dell’arte.
È, quindi, meritevole l’iniziativa di Haltadefinizione, tech company di Franco Cosimo Panini Editore, che, in collaborazione con il partner tecnologico Memooria, ha realizzato un’immagine in gigapixel + 3D del capolavoro carotiano, una riproduzione fedele in termini materici ed estetici che può sostituire l’originale durante un prestito.
Il «Ritratto di fanciullo con disegno» di Caroto rimarrà, infatti, molti mesi lontano dalla sua casa scaligera: fino a pochi giorni fa era a Roma, all’interno del percorso espositivo della rassegna «Gribouillage / Scarabocchio. Da Leonardo da Vinci a Cy Twombly» a Villa Medici; mentre, dal 13 maggio al 2 ottobre, sarà al centro della grande mostra «Caroto e le arti tra Mantegna e Veronese» alla Gran Guardia di Verona, per la curatela di Francesca Rossi, Gianni Peretti ed Edoardo Rossetti.
La copia del dipinto permette così ai visitatori del Museo di Castelvecchio un’esperienza di visita alla collezione integrale. Il lavoro eseguito per la realizzazione della riproduzione è, poi, un ottimo strumento per gli studiosi. Le sofisticate tecnologie di digital imaging e stampa tridimensionale elaborate da Haltadefinizione hanno, infatti, come obiettivo il monitoraggio dei dipinti, per conoscerne lo stato di conservazione, e permettono la loro visione anche dal divano di casa, alla scoperta, click dopo click, dei minimi particolari.
L’opera in alta definizione può essere visionata al link https://www.haltadefinizione.com/visualizzatore/opera/ritratto-di-fanciullo-con-disegno-giovan-francesco-caroto.  

Da Murano a Palermo, quattro eco-walks per riflettere sui temi del Padiglione Italia alla Biennale di Venezia
Prende il via da Murano il progetto che porta «Storia della notte e destino delle comete»;, il Padiglione Italia alla cinquantanovesima Biennale d’arte, fuori dai confini delle Tese delle Vergini all’Arsenale di Venezia. La mostra di Eugenio Viola, che vede esporre Gian Maria Tosatti con la sua fabbrica silente, prevede, infatti, un ricco Public program, coordinato da Adriana Rispoli, che annovera al suo interno anche quattro eco-walks in ambiente aperto, condotte da G. Olmo Stuppia, dal titolo «Sposare la notte».
Il primo cammino avrà luogo sabato 7 maggio dalle ore 19 alle ore 24. I partecipanti andranno in barca verso Sacca San Mattia di Murano (Meeting point: 2839, fond. Ormesini), isola artificiale dove si sono stratificate nel tempo spinte e pulsioni modernizzatrici ormai fallite. Il vetro frantumato e colorato, che caratterizza l’isola veneziana, si mischia qui a detriti e resti organici.
Le passeggiate proseguiranno il 10 giugno, dalle ore 17:30 alle ore 22, allo stabilimento Fincantieri di Palermo. I partecipanti percorreranno a piedi luoghi semi abbandonati, guidati da operai locali, in parte originari della borgata di Mare Arenella. L’attuale tessuto urbano che caratterizza il quartiere popolare, conglomerato industriale dall’aspetto comune nel meridione italiano, nasce in seguito alla chiusura delle fabbriche chimiche e di laterizio che si trovavano nell’area e su tutta la costa settentrionale della Sicilia.
Ci si sposterà, poi, nella giornata del 9 settembre (tra le ore 18 e le ore 24), a Brancaccio, quartiere popolare post-industriale di Palermo, racchiuso tra il fiume Oreto e il nuovo centro commerciale «Forum», che si estende a sud della città antica, «inglobando – si legge nella presentazione - tutti gli elementi, antichi e moderni, in un conglomerato di lamiere, case Aiacp (case popolari siciliane), Ina e fabbriche di laterizio di risorgimentale memoria».
Mentre il quarto e ultimo percorso (meeting point al Padiglione Italia), in programma sabato 22 ottobre (dalle ore 18 alle ore 22) e svolto completamente in barca, porterà i visitatori alla scoperta del Mose, spazio meccanizzato nel cuore della Laguna veneziana, solo in parte funzionante.
«Il fil rouge che lega i quattro itinerari è – raccontano gli organizzatori - l’osservazione dell’imporsi del provincialismo sulle forme, l’abuso di potere della cultura industriale verso lo spazio e, infine, la rivincita quest’ultimo: la collisione tra sensibilità ‘italica’ antica e consumismo».
Per tutte le eco-walks è prevista la prenotazione obbligatoria al numero +39.3933154973.
Per maggiori informazioni: www.creativitacontemporanea.beniculturali.it | www.notteecomete.it.

«Giardini in arte», Enrica Borghi espone al Monte Verità di Ascona

Da oltre un secolo il Monte Verità, piccola collina che sovrasta il borgo svizzero di Ascona e si affaccia sul lago Maggiore, è un polo magnetico di incontri e scambi di idee. Qui, all’alba del Novecento, si è realizzato quello che l’architetto ticinese Mario Botta ha definito «il laboratorio di una tra le più radicali utopie artistiche e sociali dell’epoca». Qui nel 2018 è nato un appuntamento, molto apprezzato, che studia le relazioni tra creatività e natura: «Giardini in arte».
Sabato 7 e domenica 8 maggio questa rassegna culturale ritorna ad animare il Monte Verità con un’edizione focalizzata sull’ambiente, che vede protagonista Enrica Borghi, artista piemontese che lavora da anni con i materiali di scarto, ridando vita e bellezza a oggetti destinati a essere gettati nei rifiuti. «Molecole d’acqua» (nella foto, immagine di Irene Fanizza) è il suo ultimo lavoro, inaugurato lo scorso marzo negli spazi del Crea alla Giudecca dell’Arsenale di Venezia. L’universo acquatico che lega la laguna veneta al lago Maggiore è protagonista dell’esposizione ticinese, per la curatela di Nicoletta Mongini e Riccardo Caldura, dove ricci di mare, onde, molecole e canne di bambù affiorano vestendosi di plastica. I colori che da sempre caratterizzano il lavoro dell’artista piemontese, anima di Asilo Bianco ad Ameno (Novara), sulle colline del lago d’Orta, lasciano spazio, nella prima parte della mostra, al bianco e al nero, un gioco di opposti che vuole essere un invito a riflettere sulla nostra disattenzione nei confronti dell’ambiente, per ritornare, in seguito, ad animare lo spazio quasi a dire che l’arte e la creatività possono essere strumenti per creare un nuovo dialogo tra l’uomo e la natura.
Le tinte forti, luminose e gioiose fuoriescono, per esempio, da un palo totemico in serizzo, quasi a simulare un carotaggio, che emerge simbolicamente nella radura di fronte al Museo di Harald Szeemann.
Nel corso del week end si terranno anche un momento di riflessione con la giovane attivista zurighese Marie Claire Graf, in dialogo con la giornalista Natascha Fioretti, e i laboratori didattici «Waste – Value», a cura di Enrica Borghi e dell’associazione Asilo Bianco, dedicati al recupero dei materiali plastici di scarto e sono organizzati con le scuole comunali di Ascona, nell’ambito del programma di «Asconosc(i)enza».
Per maggiori informazioni: www.monteverita.org.

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Verona, performing art a Palazzo Maffei con «Me Time – Una stanza tutta per sé»
Arte, danza e musica si incontrano a Verona, nelle sale seicentesche di Palazzo Maffei. La realtà museale scaligera che espone, su progetto su progetto museografico di Gabriella Belli, parte della straordinaria ed eclettica raccolta d’arte del collezionista Luigi Carlon (oltre 500 opere dall’archeologia greco-romana alla contemporaneità) apre le porte al progetto «Me Time – Una stanza tutta per sé», liberamente ispirato all’omonimo libro di Virginia Woolf.
Protagoniste del progetto, a cura del Teatro Stabile di Verona, sono la coreografa e danzatrice Camilla Monga e la violista e compositrice Federica Furlani, che, nei fine settimana dal 7 maggio al 5 giugno (ogni sabato e domenica, alle ore 11:15), offriranno, attraverso dieci appuntamenti, una riflessione sul valore positivo della solitudine in ambito creativo ed artistico.
Il visitatore verrà coinvolto in un viaggio sonoro, da sperimentare tramite il sistema Silent Play, che metterà in dialogo i pezzi della collezione con le azioni coreografiche, facendo riflettere sulla realtà e sull’universo, sul tempo e sulla materia, ma anche su come l’identità dell’uomo sia legata alla natura nel passato, presente e nel futuro.
Il percorso parte dalla sala «Antiquarium», il luogo di raccolta delle vestigia antiche, dove si può leggere una citazione di Marco Aurelio in sintonia con il tema dell’evento. La sala «Vedute» è, invece, dedicata ai paesaggi e il brano «Eight Pointed Star» di Federica Furlani è in stretto dialogo con l’opera «Piccola nube di Magellano» di Giuseppe Gallo che coniuga una visione contemporanea del mondo ad echi antichi proprio come la traccia musicale unisce canti ancestrali e musica elettronica.
Le coreografie di Camilla Monga, non nuova a confrontarsi con spazi espositivi (sue azioni sceniche sono state presentate al Mart di Rovereto, alla Biennale di Venezia, al Museo d’arte moderna di Mosca, alla Triennale di Milano), segnano il percorso che guida i visitatori ed è la sua presenza a indicare una connessione stretta tra opera artistica e musicale. Ogni azione coreografica evidenzia il rapporto musicale e d’immagine soprattutto con le opere di Fausto Melotti e degli altri artisti presenti nella sezione «Sulla natura dello spazio e della materia».
Chiude il percorso la traccia «Hypnotized» che delinea panorami sempre più meditabondi ed eterei vicino all’opera «Tempo globale» di Eliseo Mattiacci e «Lotus Maffei». Per maggiori informazioni: www.palazzomaffeiverona.com | www.teatrostabileverona.it.

«Sparks 2021», al Macte di Termoli una performance a un’installazione di Francesca Grilli sull’infanzia

I bambini sono il nostro futuro, ma possono essere anche le guide del nostro presente. Parte da questa considerazione «Sparks 2021», performance e installazione dell’artista Francesca Grilli, in programma sabato 7 e domenica 8 maggio al Macte - Museo di arte contemporanea di Termoli, in provincia di Campobasso.
Il progetto, a cura di Paola Tognon, promosso da Contemporary Locus e realizzato grazie al sostegno dell'Italian Council (IX edizione, 2020), programma di promozione internazionale dell'arte italiana della Direzione generale Creatività contemporanea del ministero della Cultura, vede protagonista Agata, la figlia dell’artista, che accompagnerà gli adulti, uno per volta, in un percorso di svelamento e di interpretazione del loro futuro, attraverso la lettura della mano.
Con questo semplice gesto l’artista sovverte il ruolo dei più piccoli, rendendoli una guida per gli adulti, artefici di visioni e riflessioni, innescando l’azione minima ma rivoluzionaria di consegnare nelle mani dell’infanzia la lettura del nostro futuro come gesto di speranza e rottura con il nostro passato.
L’intera performance si basa su tre elementi: le mani punto di contatto tra generazioni diverse, la loro lettura, gioco condotta da Agata per esprimere immaginazione e desideri, e alcuni cappelli-scultura, uno dei quali viene indossato dalla bambina all’inizio della performance, per proteggerla dagli sguardi.
Cappelli/elmi e da una traccia sonora elaborata e amplificata che deriva dalle registrazioni delle immaginifiche predizioni della bambina compogono, invece, l’installazione «Sparks 2021», esposta al Macte di Termoli con «Rays», un video a canale singolo.
Per maggiori informazioni: www.fondazionemacte.com.

Foto di Mario Albergati 

«Monumento», un’installazione di Edoardo Tresoldi per le Procuratie Vecchie di Venezia
Porta la firma di Edoardo Tresoldi l'imponente installazione che accoglie i visitatori alle Procuratie Vecchie di Venezia, l’iconico edificio in piazza San Marco che ha da poco aperto le porte al pubblico, dopo un importante restauro realizzato dallo studio David Chipperfield Architects Milan, per iniziativa di Generali.
«Monumento», questo il titolo del lavoro, è, dunque, il biglietto da visita della nuova realtà culturale veneziana, sede della Ong «The Human Safety Net», che in occasione della cinquantanovesima edizione della Biennale d’arte sta anche ospitando una mostra di Louise Nevelson.
La monumentale installazione di Edoardo Tresoldi – realizzata in collaborazione con Carlotta Franco per lo sviluppo del concept architettonico e con il supporto progettuale di Gico Studio – rielabora il linguaggio della colonna monumentale.
L’opera - in rete metallica, legno per edilizia, vetro frammentato, tondini in ferro e pietre, con un’altezza di 15,5 metri - è posizionata nello spazio attorno al quale si sviluppa lo scalone delle Procuratie Vecchie. Le sue proporzioni dialogano con quelle del vano e il visitatore è invitato a una visione ravvicinata che sovverte la tradizionale retorica del monumento. Salendo la scala lo spettatore, infatti, ha modo di vedere la colonna nella sua interezza, dalla base all’estremità, in un cambio di prospettiva che innesca a sua volta un ribaltamento concettuale.
Condensando passato e presente in una narrazione contemporanea, Edoardo Tresoldi converte, dunque, la retorica del monumento in antiretorica, offrendo – spiega l’autore – una «riflessione sul nostro tempo e sulla retorica dei valori a cui ambisce la nostra società; una società che ribadisce la necessità di ridefinire il concetto di forza, di rileggere il ruolo della fragilità e che propone l’ascolto e il dialogo al centro delle relazioni interculturali».
Per maggiori informazioni: https://thehomevenice.com/it/. Vedi la galleria fotografica: https://www.facebook.com/foglidarte/photos/pcb.325367356346156/325365816346310/

Foto di Roberto Conte 

«Tiziano e i suoi: un progetto, una prospettiva», a Belluno una due giorni dedicati all’artista cadorino
Si intitola «Tiziano e i suoi: un progetto, una prospettiva» il convegno di studi in programma fino al 7 maggio a Belluno, nelle sale di Palazzo Bembo. Coordinato per la parte scientifica da Enrico Maria dal Pozzolo, docente dell’Università di Verona, l’appuntamento affronta aspetti scientifico-culturali sull’artista cadorino e sulla sua bottega attraverso ricerche recenti, e in parte inedite, proponendo anche un focus specifico sui restauri finanziati da Save Venice. In particolare si racconteranno i lavori condotti su tre opere: «Il Sebastiano e donatore», unico dipinto noto di Sebastiano Zuccato (primo maestro di Tiziano), conservato al Museo Correr, «L’Annunciazione» della Cappella Malchiostro, nella Cattedrale di Treviso, e il capolavoro tizianesco dell’«Assunta», conservato alla Gallerie dell’Accademia di Venezia.
Il convegno, aperto al pubblico, vedrà la partecipazione di importanti studiosi italiani e internazionali, ma anche di economisti, rappresentanti delle istituzioni e operatori culturali alla luce della grande forza identitaria e della straordinaria capacità evocativa di questo protagonista dell'arte del Cinquecento, nato e vissuto tra le dolomiti bellunesi, ma ammirato e conosciuto in tutto il mondo, delineando prospettive per il futuro di Belluno nel segno dell’eredità culturale vecelliana, in relazione agli itinerari tematici dedicati all’artista e all’analisi del rapporto tra offerta turistico-culturale e ricaduta economica.
Ad accompagnare i dibattiti, la sera del 6 maggio, è prevista la proiezione del docufilm «Tiziano senza fine», per la regia di Luca e Nino Criscenti, che in cinquantadue minuti riesce a condensare la grandezza dell’artista veneto attraverso le sue opere iconiche e la sua personalità. Tre voci d’eccezione - Enrico Maria dal PozzoloAugusto Gentili e Stefania Mason – e le musiche di Matteo d’Amico, tra i più ricercati compositori contemporanei, arricchiscono il progetto filmico, per la prima volta proposto al pubblico.
La prima giornata - moderata da Enrico Maria dal Pozzolo e da Stefania Mason, docente di Storia moderna all’Università di Udine e presidente del consiglio scientifico della Fondazione Centro studi Tiziano e Cadore - sarà segnata dalla partecipazione di vari studiosi, tra cui Maria Agnese Chiari Moretto Wiel, che proporrà un percorso sulle opere di Tiziano della Scuola Grande di San Rocco, Peter Lüdeman, che indagherà un possibile ruolo dell’artista come disegnatore di opere scultoree, e Peter Humfrey, che si soffermerà su «La Venere allo Specchio di Tiziano» e le sue varianti alla luce delle indagini diagnostiche compiute recentemente. Nella stessa giornata, lo storico dell'arte Giorgio Reolon proporrà nuove piste di ricerca su Cesare e Fabrizio Vecellio, di cui non esiste alcuna sicura opera autografa, approfondendo le ipotesi di ricostruzione della loro attività. Mentre Francesca Cocchiara illustrerà l’eccezionale nucleo di stampe tizianesche conservate a Pieve di Cadore, paese natale di Tiziano, divenuto ormai il più consistente in Italia sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Nela sessione del 7 maggio, coordinata da Maurizio Cecconi, si parlerà, invece, delle strategie di valorizzazione del patrimonio di «Dolomiti Contemporanee» e del ruolo della Fondazione centro studi Tiziano e Cadore quale fondamentale avamposto scientifico nel territorio, a tutela dell’indissolubile legame tra Tiziano e le sue terre.

...E poi...
In  queste settimane la rubrica «Notizie in pillole» è uscita anche con due approfondimenti speciali:

giovedì 5 maggio 2022

#notizieinpillole, dall'open call «Spazio libero» al Premio Nittardi: AAA artisti e curatori cercansi

Premio Nittardi, alla ricerca di sei artisti per le etichette e le carte veline del Chianti classico «Vigna Doghessa»
C’è un luogo nel cuore del Chianti Classico in cui, da secoli, il vino incontra l’arte. È la tenuta Nittardi, proprietà, nel Rinascimento, di uno dei più grandi artisti di tutti i tempi, Michelangelo Buonarroti, che, leggendo le carte antiche, la acquistò nel 1549, durante i lavori alla Cappella Sistina, mentre progettava anche alcune migliorie alle mura della Repubblica fiorentina, per offrire il suo vino come «dono genuino» a papa Giulio II.
Dal 1981 questa azienda sulle colline al confine tra le province di Firenze e Siena, situata tra Castellina in Chianti e la Maremma toscana, è di proprietà della storica veneziana Stefania Canali e del marito Peter Femfert, gallerista tedesco (Die Galerie) con una passione per le proposte contemporanee più promettenti e sfaccettate.
La vocazione artistica è, dunque, nel Dna di questa fattoria, che conta quaranta ettari vitati e che dal 2013 è gestita dal figlio Léon Femfert. Lo dimostra lo straordinario parco di sculture contemporanee: un sentiero abitato da quarantacinque opere di grandi artisti internazionali come Miguel Berrocal, Horst Antes, Victor Roman, Raymond Waydelich, Friedensreich Hundertwasser. Lo provano gli artisti d’eccezione che ogni anno, fin dal 1981, creano due opere – un’etichetta e una carta seta d’autore - dedicate allo storico Chianti classico. Emilio Tadini, Valerio Adami, Igor Mitoraj, Mimmo Paladino, Yoko Ono, il pittore Pierre Alechinsky, unico esponente in vita del famoso Gruppo CoBrA, Dario Fo e Fabrizio Plessi sono solo alcuni degli artisti che hanno collaborato al progetto, vestendo con i loro colori e i loro disegni le bottiglie dell’esclusivo Chianti prodotto dalla «Vigna Doghessa».
Per festeggiare l’annata 2020, la quarantesima che racconta la lunga storia d’amore tra vino e arte nella tenuta Nittardi, la famiglia Canali-Femfert ha deciso di scegliere non un solo artista ma ben sei per realizzare l’etichetta (dimensioni 30 cm di altezza x 39 cm di larghezza o 40 cm x 52 cm o 50 cm x 65 cm) e la carta velina (dimensioni 40 cm di altezza x 57 cm di larghezza o 50 cm x 71 cm o 60 cm x 85 cm) che avvolge le bottiglie Chianti Classico «Vigna Doghessa» 2020. Per coinvolgere anche i più giovani è stato così indetto il Premio Nittardi.
Gli interessati potranno presentare le proprie proposte entro il 3 luglio. Il motivo e la tecnica artistica (olio o acrilico su tela, pastello, gouache, collage, matita colorata o acquerello su cartone, fotografia o altre tecniche) sono a libera scelta dell'artista. I vincitori verranno premiati con una settimana di soggiorno per due persone durante l’autunno 2022 e con ventiquattro bottiglie di Chianti classico. Le loro opere d'arte saranno esposte, insieme a tutte le etichette e le veline delle 39 annate precedenti, il prossimo autunno a Firenze e nel 2023 alla Die Galerie di Francoforte (Germania).
Maggiori informazioni sono reperibili sul sito www.nittardi.com

Venezia, da Ca’ Select una open call per artisti e visual designer under 35
Era il 1920 quando i giovani Fratelli Pilla, grazie alla loro esperienza liquoristica, davano vita a Venezia, nel sestiere di Castello, al Select. Cento anni dopo l’azienda e il suo inconfondibile aperitivo ritornano nella città lagunare e, dal prossimo autunno, avranno una nuova sede nel sestiere di Cannaregio.
Il progetto di Ca’ Select, firmato dallo studio Marcante-Testa, prevede il recupero di un antico fabbricato industriale che, oltre ad ospitare il cuore del processo produttivo dell’aperitivo veneziano, sarà uno spazio esperienziale aperto alla città, con un’area degustazione, un’area eventi per iniziative sociali e culturali e un’area espositiva che racconterà in maniera multimediale e interattiva la storia di Select, così profondamente intrecciata a quella di Venezia.
Per l’occasione è stato lanciato un contest rivolto ad artisti e visual designer under 35 per la realizzazione di un’opera site specific, della larghezza di circa cinque metri, che reinterpreti l’immaginario e della tradizione veneziana attraverso il linguaggio della grafica. L’ intervento artistico sarà posizionato su una parete dell’area Bar&Mixology di Ca’ Select e vi rimarrà in esposizione per dodici mesi a partire dall’inaugurazione dello spazio.
Per aderire alla open call, le cui iscrizioni rimarranno aperte fino al 29 maggio, ogni partecipante dovrà prima di tutto motivare la propria personale connessione con la città di Venezia per esperienza diretta o per affinità ideale. 
I candidati saranno, poi, liberi di interpretare gli elementi della tradizione veneziana creando un’opera con una «connotazione grafica» nelle forme. Per la sua realizzazione, l’artista potrà scegliere tecniche diverse fra loro come pittura, collage, tessuto, wallpaper o poster, lavorando sull’astrazione o sulla figurazione. 
Al vincitore verrà, infine, richiesto di consegnare a Select una linear version dell’opera come testimonianza dell’intervento artistico realizzato nello spazio.
Le proposte artistiche saranno valutate da Aurora Fonda, curatrice del progetto e fondatrice della School for Curatorial Studies Venice, e da Federica Sala, curatrice e design advisor
Il bando è scaricabile dal sito www.caselectarte.it.

Ritorna la Nomadic School in alpeggio, aperta la open call di Oht – Office for a Human Theatre
Negli anni Sessanta l’architetto Cedric Price e la regista teatrale Joan Littlewood davano vita al progetto «Fun Palace» con l’intento di realizzare un’Università della strada, un laboratorio del divertimento. A questa esperienza guarda Oht [Office for a Human Theatre], studio di ricerca del regista teatrale e curatore Filippo Andreatta. Nasce così «Little Fun Palace», una piccola roulotte che si trasforma in luogo effimero di aggregazione, ospitando incontri, dialoghi, balli e ogni forma di spontaneità possibile.
Qui, dal 25 giugno al 3 luglio, si terrà anche la Scuola nomadica (Nomadic School) di Oht, progetto che sperimenta diverse possibilità di apprendimento e condivisione del sapere attorno alle arti performative. Con workshop, esperimenti, incontri, camminate e micro performance, i partecipanti sono incoraggiati a riconsiderare la propria centralità e perifericità all’interno di uno spazio condiviso come quello scenico.
Questa edizione della Scuola nomadica si terrà alle Torri del Vajolet, sulle Dolomiti, a 2.300 metri sul livello del mare. Dodici partecipanti – ospitati in un rifugio di montagna – saranno completamente immersi nel paesaggio alpino dove vita e studio diverranno un tutt’uno.
Per partecipare è necessario rispondere a un’open call aperta a chiunque abbia interesse nella produzione e percezione dello spazio e dello studio del paesaggio. I partecipanti dovranno provenire da discipline quali teatro, danza, architettura, geografia, antropologia, filosofia, scienze naturali, letteratura, musica, arti visive e design e avere conoscenza della lingua inglese. Per partecipare bisogna inviare, entro il 15 maggio, la propria candidatura, con un curriculum e un testo motivazionale, a info@oht.tn.it.
La Scuola nomadica – che sabato 2 e domenica 3 luglio accoglierà anche il pubblico generico – vede la partecipazione di alcuni mentori che, nel rispetto delle loro pratiche, affrontano il ruolo dello spazio e di come produce realtà. Per questa edizione sono stati coinvolti Enrico Malatesta (percussionista e sound-researcher), Chiara Pagano (artista ed ex Nomadica), Christian Casarotto (glaciologo e collaboratore del Muse), Industria Indipendente (collettivo di arti performative e visive), Gabriella Mastrangelo (spatial designer ed ex Nomadica), Annibale Salsa (antropologo), Stefania Tansini (danzatrice e coreografa), Daniel Blanga Gubbay (curatore e ricercatore), Rugilė Barzdžiukaitė (film-maker e regista teatrale), Davide Tomat (musicista e sound designer).
Per maggiori informazioni: http://www.oht.art/it/lfp-nomadic-school-2022.html.

«Spazio libero», a Milano una doppia open call per artisti e curatori
Un luogo in cui sperimentare i linguaggi della creatività e confrontare il proprio lavoro con gli altri: è questo l’obiettivo di «Spazio libero», la doppia open call lanciata dalla Casa degli artisti di Milano, luogo storico al centro del quartiere Garibaldi-Brera, con oltre cento anni di vita alle spalle, che ha riaperto le porte nel febbraio 2020, configurandosi da subito come centro di residenza, produzione e fruizione pubblica.
Il concorso si inserisce in «Human Nature», il programma ideato per il 2022 che sottende i tanti interrogativi su cosa significhi essere umani oggi nelle relazioni dell’uomo con sé stesso, con gli altri, con l’altro, con gli spazi che abita, con gli altri esseri viventi, con la natura.
Milovan Farronato - tutor della open call, le cui iscrizioni sono aperte fino all’8 maggio per i curatori e fino al 15 maggio per gli artisti - parla di «Spazio libero» come di «una pagina bianca»; «una casa aperta a nuovi fantasmi»; «terra fresca che chiama spore per complicarsi»; «un luogo che disconosce la neutralità»; «uno spazio in cui le coincidenze si dispongono a complicare la visione d’insieme». «Spazio libero» vuole, dunque, farsi cassa di risonanza delle domande, delle inquietudini, dell’incertezza e dei pericoli che tutti stiamo sentendo e lo fa con l’idea che l’arte possa offrire nuove possibilità alla nostra vita.
Il progetto coinvolgerà, nello specifico, due curatori e sei artisti, che nell’ultima settimana di giugno entreranno nelle sale di corso Garibaldi e lavoreranno insieme per stabilire come iniziare a muoversi nell’ambiente. Successivamente i prescelti, ai quali verrà assegnato un contributo spese di mille euro, prenderanno possesso degli atelier che saranno messi loro a disposizione per la residenza e la realizzazione dei progetti, lasciando emergere la circolarità della produzione artistica.
I risultati della residenza, qualsiasi forma conquisteranno, saranno presentati al pubblico in una open house nel mese di novembre, occupando integralmente ogni spazio disponibile di Casa degli artisti.
Le candidature devono pervenire alla mail: opencall@casadegliartisti.org. Maggiori informazioni sono disponibili sul sito www.casadegliartisti.org.

Al via la terza edizione del Torino Social Impact Art Award, residenza per due giovani artisti con background multiculturale
È partita la macchina organizzativa per la terza edizione del «Torino Social Impact Art Award», open call ideata nell’ambito di «Artissima», che offre a due giovani talenti con una formazione nel mondo dell’arte contemporanea e un background multiculturale e migratorio una residenza d’artista per la creazione di un’opera fotografica o video.
Ogni edizione del concorso è caratterizzata da un bando rivolto a giovani under 35, diffuso nelle principali Accademie di belle arti e università italiane. Ai vincitori verranno offerti un contributo forfettario di 3mila euro e l’alloggio per trenta giorni all’hospitality partner Combo, un innovativo concept di ospitalità nel cuore di Porta Palazzo a Torino, quartiere storico e multiculturale.
Dopo «Quante Italie?» e «Zoom in/Zoom out», il bando del 2022 si intitola «Ribellioni e rinascite: il potenziale creativo del confronto» e invita gli artisti a riflettere sul tema del conflitto sociale nelle sue diverse manifestazioni e forme latenti. «Contestazione e dissenso – spiegano gli organizzatori - possono diventare uno strumento generativo e creativo se il confronto non sfocia in atteggiamenti e comportamenti distruttivi, ma viene mediato al fine di suscitare lo sviluppo di nuove visioni e trasformazioni sociali. Il conflitto sociale, infatti, oltre a mettere in luce questioni di giustizia sociale e spaziale, è generativo di nuove rappresentazioni, idee, esercizi di negoziazione e contaminazione, resistenza e mutuo-aiuto, che portano alla nascita di pratiche innovative e linguaggi inediti. All’interno della complessità del confronto sociale, l’arte non può che essere un alleato in questa sfida di ricomposizione e rigenerazione».
All’inizio della residenza è prevista un’intera giornata di workshop, con l’obiettivo di promuovere una relazione e uno scambio tra artisti e territorio. La città sarà attraversata da un capo all’altro con la linea 4 del tram, famoso a Torino per il suo tragitto che la ripercorre dal quartiere Mirafiori Sud al quartiere di Falchera, a Nord. Il percorso sarà inframezzato da incontri e visite a luoghi significativi, come gli Orti Generali o le Case dei quartieri, che, spesso in totale rottura con la propria storia passata, lavorano per affermare un certo immaginario di città, basato su valori quali la prossimità, le relazioni, le reti, le esperienze di collaborazione, la cura e il mutuo-aiuto, il rispetto per l’ambiente. Gli artisti potranno, inoltre, avvalersi di un servizio di tutoring a cura di Matteo Mottin e Ramona Ponzini, fondatori dell’art project Treti Galaxie.
I video o le fotografie prodotte nel periodo di residenza - lavori che diffondano messaggi capaci di trasformare positivamente la percezione di ciò che può comunemente apparire come lontano, estraneo o diverso - verranno presentati ad Artissima 2022 (3-6 novembre).
La scadenza per partecipare è il 23 maggio. Per maggiori informazioni è possibile scrivere all’indirizzo segreteria@artissima.it. Il sito di riferimento è www.torinosocialimpact.it.

Nelle fotografie: 1. Monia Ben Hamouda, winner of the second Torino Social Impact Art Award. © Giorgio Perottino. Courtesy Torino Social Impact and Artissima; 2. Caterina Shanta (winner of the first Torino Social Impact Art Award) at Combo Torino, working on the project “Talking about visibility”. © Giorgio Perottino; 3. Artissima 2021, stand Torino Social Impact Art Award, Oval Lingotto, Torino Crediti fotografici: Perottino-Piva / Courtesy Artissima

domenica 1 maggio 2022

#notizieinpillole, le mostre da vedere a Venezia durante la Biennale d'arte # 1

La città di Venezia si veste a festa per la cinquantanovesima edizione della Biennale d’arte. Mentre all’Arsenale e ai Giardini vanno in scena oltre quattromila opere di duecento e tredici artisti provenienti da cinquantotto Paesi di tutto il mondo, la città regala, per la primavera e l’estate, un ricco cartellone di eventi collaterali o di appuntamenti ideati per l’occasione da musei e gallerie. Oltre alle mostre imperdibili - Anish Kapoor alle Gallerie dell’Accademia, Anselm Kiefer a Palazzo Ducale, Marlene Dumas a Palazzo Grassi, Joseph Beuys a Palazzo Cini a San Vio e i Surrealisti alla Peggy Guggenheim Collection – Venezia offre ai visitatori internazionali tanti altri progetti espositivi che meritano una visita. Da Hermann Nischt a Louise Nevelson, da Mary Weatherford a Danh Vo, vi proponiamo qualche suggerimento per un itinerario lagunare all’insegna dell’arte contemporanea. 

In mostra a Venezia la «20. malaktion» di Hermann Nitsch
«Volevo mostrare come le colature, gli spruzzi, le sbavature e gli schizzi di liquido di colore rosso possono evocare un’eccitazione intensa nello spettatore, portandolo a provare sensazioni molto forti». Così Hermann Nitsch (Vienna, 29 agosto 1938 – Mistelbach, 18 aprile 2022), padre dell’Azionismo viennese, protagonista di performance acclamate e discusse, con corpi nudi, animali sgozzati, sangue e interiora, parlava di «20. malaktion», la ventesima azione pittorica originariamente creata e presentata al Wiener Secession di Vienna nel 1987. Il lavoro è in mostra fino al 20 luglio a Venezia, negli spazi delle Oficine 800, sull'isola della Giudecca, in occasione della cinquantanovesima edizione della Biennale d’arte.
Presentata da Zuecca Projects e promossa dalla Helmut Essl’s Private Collection, in collaborazione con la Galerie Kandlhofer, l’esposizione, per la curatela di Roman Grabner, si articola in un’opera di grande formato (5x20 metri) realizzata con la tecnica del pouring (colatura), collocata sulla parete frontale, un grande quadro splatter (10x10 metri), steso sul pavimento, e numerosi quadri più piccoli, per un totale di cinquantadue lavori dalla pittura gestuale e immediata.
Le opere della «20. malaktion», che fanno tutte parte della medesima collezione, quella di Hulumt Essl, rivelano come la loro genesi abbia avuto luogo tra «scoppi di furia scatenata e gesti delicati». Le tele sono allestite negli spazi delle Oficine 800 con l’intento di ricreare quella disposizione sacra, rituale, che l’artista organizzò più di trenta anni fa. L’installazione, che pervade l’intero spazio espositivo, è, infatti, completata da vesti imbrattate, fiori e un altare a significare come questo progetto estremo e cruento, dall’alta valenza teatrale, volesse condurre il pubblico a una riflessione sulla sua vita e a una conseguente catarsi e purificazione, liberandolo da tabù religiosi, morali e sessuali. Un’energia mistica e un’ebbrezza visionaria colgono, in effetti, chiunque entri nello spazio espositivo della Giudecca per vedere quella che è a oggi la più grande retrospettiva mai realizzata in Italia sul padre dell’Azionismo viennese.
Per maggiori informazioni: http://www.zueccaprojects.org/.

Nelle immagini: «Hermann Nitsch - 20. malaktion». Venezia, Oficine Ottocento. Fino al 20 luglio 2022. Vista della mostra. Foto di Marcin Gierat 


«Vivere nel vetro»: a Venezia quattro designer del XX secolo e le loro creazioni per FontanaArte
Ci sono alcuni elementi d’arredo iconici come i vasi «Cartoccio» degli anni Trenta, il lampadario a sospensione «Dahlia», che riproduce un grande fiore con i petali di cristallo colorato sorretti da una struttura in ottone zapponato e nichelato, o la lampada da tavolo «Giova», che all’occorrenza si trasforma in un portafiori, nella mostra «FontanaArte. Vivere nel vetro», allestita fino al 31 luglio a Venezia, sull’isola di San Giorgio Maggiore.
Ottantacinque pezzi tra i più significativi della produzione centenaria dell’azienda milanese sono esposti ne «Le stanze del vetro», progetto culturale nato nel 2012 dalla collaborazione tra la Fondazione Giorgio Cini e la Pentagram Stiftung, che si avvale per l’occasione della curatela di Christian Larsen e dell’allestimento di Massimiliano Locatelli. Si tratta di vasi, lampade, portaritratti, scatole, posacenere e set da tavolo dall’eleganza raffinata e lineare, oltre a rari tavoli in cristallo con sostegni in legno, realizzati tra il 1932 e il 1996, sotto la guida di quattro affermati designer del XX secolo: Gio Ponti (1932-1933), Pietro Chiesa (1933-1948), Max Ingrand (1954-1967) e Gae Aulenti (1979-1996).
La mostra veneziana si concentra, dunque, sulle possibilità poetiche del vetro in lastre, un materiale industriale che la FontanaArte porta nel mondo del design d’autore, facendolo incontrare ora con la logica razionale del Modernismo ora la giocosità del Postmodernismo.
Il percorso espositivo, nel quale è presente una sala per ognuno dei quattro designer che furono a capo della direzione creativa dell’azienda milanese, culmina in una suite arredata con l’intento di rievocare una dimora fatta di interni in vetro, dando così forma al sogno degli architetti modernisti diventato realtà per la prima volta con Gio Ponti e Luigi Fontana.
Sull’isola di San Giorgio Maggiore, dove fino al primo maggio, è stata visitabile anche la seconda edizione di «Homo Faber», maestoso evento dedicato ai mestieri dell’alto artigianato artistico internazionale, che propone anche un focus sui maestri del Giappone e il loro ancestrale savoir-faire.
Fino al 24 luglio la Fondazione Cini presenta, inoltre, due mostre di arte contemporanea. In collaborazione con la galleria Tornabuoni, si tiene la rassegna «On Fire», a cura di Bruno Corà, con ventisei opere elaborate mediante il fuoco da artistiche delle Avanguardie novecentesche come Alberto Burri, Yves Klein, Arman, Pier Paolo Calzolari, Jannis Kounellis e Claudio Parmiggiani. Mentre, con la galleria Templon di Parigi, viene proposta una personale dell’americano Kehinde Wiley, a cura di Christophe Leribault, presidente del Musée d'Orsay e del Musée de l'Orangerie. «An Archaeology of Silence», questo il titolo dell’esposizione, include una serie di dipinti e sculture monumentali inediti, nei quali l’artista mette in luce la brutalità del passato coloniale, americano e globale, usando il linguaggio figurativo dell'eroe caduto. I nuovi ritratti mostrano giovani uomini e donne neri in posizioni di vulnerabilità che raccontano una storia di sopravvivenza e resilienza.
Per maggiori informazioni: www.cini.it

Didascalie delle immagini:FontanaArte. Vivere nel vetro, installation view, ph. Enrico Fiorese


Emilio Vedova e Arnulf Rainer, due artisti e i mali del mondo

«Un artista non può accettare la guerra. Non può accettare la sopraffazione. Voi direte: cosa centra questo con la pittura? Io vi dico: questa è la mia pittura». Suonano attuali le parole del partigiano e pittore Emilio Vedova (Venezia, 1919-2016), diffuse attraverso un video, all’interno della mostra allestita fino al 30 ottobre a Venezia, nello studio dell’artista alle Zattere, oggi spazio espositivo.
Curata da Fabrizio Gazzarri, la rassegna allinea una selezione di ventiquattro lavori, realizzati tra il 1949 e il 1993, che documentano come la pratica artistica del pittore veneziano, uno degli esponenti di spicco dell’Informale italiano, abbia tratto linfa vitale dalle vicende politiche e sociali del suo tempo e abbia sempre costruito una relazione responsabile con l’altro e con il mondo.
Con la sua pittura viscerale, fisica e violenta, Emilio Vedova, figlio di una stagione definita dal potenziale di malvagità e spargimento di sangue della Seconda guerra mondiale e dai rischi della passività di fronte al totalitarismo, ha dato, per esempio, voce al dolore per il bombardamento della biblioteca di Sarajevo («Chi brucia un libro, brucia un uomo», 1993) o per la rivoluzione in Romania dell’89 («Per uno spazio», 1989), ma ha anche raccontato la Berlino del muro («Plurimo», 1964 e «Berlin ’64», 1964).
A dare conferma di questo interesse dell’artista per le criticità del nostro tempo e la fragilità della nostra esistenza sono i titoli delle varie sezioni espositive che compongono la mostra, parole ricorrenti nei suoi scritti e discorsi: «Contro», «No», «Venezia muore», «Allarme», «Umano», «Confine», «Plurimo», «Per».
La rassegna veneziana, intitolata «Ora», si completa nel vicino Magazzino del sale con una sezione dedicata ad Arnulf Rainer (Baden bei Wien, 1929), amico dell’artista, mosso da un comune interesse per le vicende dell’uomo.
Del pittore tedesco, influenzato principalmente dal Surrealismo e dall’Espressionismo astratto americano, sono esposte una ventina di opere, scelte tra le «Croci» degli anni ’80 e i «Kosmos» dei primi anni ’90. Questi ultimi lavori, dalla forma circolare, rappresentano l’universo e sono metafora dell’infinito. Mentre le Croci, che per l’artista sono «abbreviazioni» del volto umano, rimandano inevitabilmente al tema della sofferenza, che, nel confronto con le pareti in mattone impregnate di sale dello spazio espositivo, «difficilmente – racconta il curatore Helmut Friedel - potrebbe essere percepita in modo più straziante».
Per maggiori informazioni: www.fondazionevedova.org.

Didascalie delle immagini: Particolare di allestimento della mostra “Rainer - Vedova: Ora.”, Fondazione Emilio e Annabianca Vedova, Venezia, 23 aprile 2022 - 30 ottobre 2022. © Fondazione Emilio e Annabianca Vedova, Venezia © photo Ela Bialkowska, OKNOstudio, Siena

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Danh Vo, Isamu Noguchi e Park Seo-Bo: sperimentazioni contemporanee alla Querini Stampalia di Venezia
Come si può infondere nuova vita a un palazzo storico che racchiude in sé storie differenti? Cosa si può aggiungere a un percorso espositivo già completo, che spazia tra stili ed epoche differenti, dal Cinquecento veneto al Modernismo novecentesco, in un raffinato collage di decorazioni, arredi, libri, oggetti pregiati e opere d’arte di Bellini, Tiepolo, Longhi e Credi? Sono queste le domande che si è posto il danese-vietnamita Danh Vo (Bà Rịa – Vietnam, 1975) per la mostra che la Fondazione Querini Stampalia ospita, in collaborazione con White Cube, nei giorni della cinquantanovesima edizione della Biennale d’arte di Venezia.
L’artista - che cura anche il progetto espositivo con Chiara Bertola, responsabile del programma pluriennale «Conservare il futuro» - espone insieme all’architetto e scultore statunitense di origini giapponesi Isamu Noguchi (Los Angeles, 1904 – New York, 1988), e al pittore coreano Park Seo-Bo (Yecheon – Gyeongbuk, 1931), riconosciuto come il padre del movimento Dansaekhwa.
Le opere dei tre artisti, appartenenti a generazioni differenti e con stili narrativi dissimili, instaurano un dialogo raffinato con il palazzo veneziano, la cui struttura è stata rivisitata, per l’occasione, con luci e pareti temporanee, agili configurazioni che indicano una strada e al contempo mostrano l’evoluzione dello spazio.
A segnare il percorso sono una serie di ritratti fotografici, dedicati al tema del giardinaggio e scattati con lo smartphone, che raffigurano i fiori del giardino di Danh Vo a Güldenhof - il suo studio e fattoria a nord di Berlino – e nei parchi di Pantelleria, della Danimarca, del Friuli e di Siviglia. Le immagini sono stampate a colori con i nomi latini scritti in bella calligrafia a matita dal padre dell'artista, Phung Vo.
Di Park Seo-Bo è, invece, esposto un insieme di dipinti monocromi della serie «Écriture», che si legano profondamente alle nozioni di tempo, spazio e materia. Mentre di Isamu Noguchi sono visibili le iconiche lampade «Akari» (ovvero «luce»), strutture in carta, ricavate dall’albero di gelso, concepite nel 1951 nel corso di un viaggio a Hiroshima, che richiamano le lanterne chochin giapponesi e sono influenzate dall’estetica del design americano.
«Ospiti e intrusi» del palazzo veneziano, Vo, Noguchi e Park Seo-Bo alterano così la nostra percezione di oggetti e opere, portando una nuova luce nel percorso espositivo. Il tutto all’insegna di una vitale sperimentazione.
Per maggiori informazioni: https://www.querinistampalia.org

Didascalie delle immagini: 1.Danh Vo, Isamu Noguchi, Park Seo-Bo. Fondazione Querini Stampalia, Venezia. 20 aprile – 27 novembre 2022 © the artist. Photo © White Cube (Francesco Allegretto); 2 . e 3. Danh Vo, Isamu Noguchi, Park Seo-Bo. Fondazione Querini Stampalia, Venezia. 20 aprile – 27 novembre 2022 © the artist. Photo © White Cube (Ollie Hammick) 

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Venezia, a Palazzo Grimani Mary Weatherford reinterpreta Tiziano
È una delle opere più potenti, crude e sconvolgenti di Tiziano (Pieve di Cadore, 1488/1490 – Venezia, 27 agosto 1576) la fonte di ispirazione del ciclo pittorico che Mary Weatherford (Ojai, 1963) presenta a Venezia, nei giorni della cinquantanovesima edizione della Biennale d’arte, all’interno di uno dei più incantevoli scrigni rinascimentali della città: il Museo di Palazzo Grimani a Santa Maria Formosa.
«La punizione di Marsia», un’opera di soggetto mitologico dipinta dal maestro veneto in tarda età, tra il 1570 e il 1576, e oggi conservata al Museo arcivescovile di Kroměříž nella Repubblica Ceca, è, infatti, lo spunto che ha dato vita a una dozzina di lavori, realizzati dall’artista californiana tra il gennaio e il marzo 2021 e riuniti sotto il titolo «The Flaying of Marsyas».
Ispirandosi alla tavolozza del pittore rinascimentale e rendendo omaggio alla caratteristica luce di Venezia, Mary Weatherford ha utilizzato la vernice Flashe e luci al neon - materiali che fanno parte della sua pratica artistica dal 2012 - per restituire l’effetto della tela antica. Macchie di colore dalle tonalità cupe e terrose danno così forma alla violenza della scena tizianesca, che raffigura il dio Apollo mentre scuoia il satiro Marsia, dopo aver vinto una sfida di canto e musica. Mentre i neon, con i loro tubi e cavi dell’alimentazione, simili a tante linee disegnate a mano, feriscono e illuminano le tele, con cui l’artista vuole proporre una riflessione sul destino, l'alterigia e il rapporto tra l'umano e il divino.
La mostra completa l’attuale programma espositivo del museo veneziano, che in questi giorni ospita anche le rassegne «Domus Grimani», sulla statuaria classica che faceva parte della collezione del patriarca Giovanni Grimani, e «Archinto», con dodici tele di Georg Baselitz, realizzate appositamente per la Sala del Portego e collocate in cornici settecentesche a stucco, dove fino alla fine del XIX secolo campeggiavano i ritratti della famiglia Grimani.
Per maggiori informazioni: https://polomusealeveneto.beniculturali.it/musei/museo-di-palazzo-grimani

Didascalie delle immagini: Mary Weatherford, The Flaying of Marsyas – 4500 Triphosphor, 2021-22. Flashe e neon su lino, 236,2 x 200,7 cm. © Mary Weatherford. Foto: Frederik Nilsen Studio. Courtesy: Gagosian

Al Fondaco dei Tedeschi le «Storie invisibili» di Leila Alaoui
«Era un’artista che brillava. E lottava per i dimenticati della società, i senzatetto, i migranti. Usando una sola arma, la fotografia». Così il 19 gennaio 2016, sulle pagine del «New York Times», Dan Bilefsky ricordava Leila Alaoui (Parigi, 10 luglio 1982- Ouagadougou, 18 gennaio 2016), giovane fotografa e videoartista franco-marocchina, morta in seguito a un attentato di terroristi jihadisti a Ouagadougou, mentre lavorava per una commissione di Amnesty International sui diritti delle donne in Burkina Faso.
Il suo impegno umanitario, che l’ha portata più volte a raccontare le diversità culturali e le migrazioni nell’area del Mediterraneo, ha dato vita a una fondazione, che, nei giorni della cinquantanovesima edizione della Biennale d’arte, porta a Venezia, con la complicità della Galleria Continua, la mostra «Storie invisibili/Unseen stories».
Al Fondaco dei Tedeschi, centro dello shopping deluxe nei pressi del ponte di Rialto, sono esposti, fino al 27 novembre, due progetti documentari della fotografa.
La corte interna dell’edificio è abitata una serie di gigantografie, di grande impatto visivo e in parte inedite, tratte da «Les Marocains», un ritratto corale del Paese d’origine di Leila Alaoui, realizzato con uno studio fotografico portatile, che documenta le popolazioni marocchine e le loro tradizioni, a rischio di estinzione.
Al quarto piano si trova, invece, un estratto di «Crossing», racconto attraverso immagini e video del viaggio intrapreso dai migranti subsahariani per raggiungere il Marocco e le coste dell’Europa. Frammenti di realtà si uniscono a immagini fittizie e a effetti sonori derivati dalla registrazione di narrazioni vere per un percorso di grande impatto emotivo.
Per maggiori informazioni: https://www.dfs.com/it/venice/art-and-culture/leila-alaoui-unseen-stories.

Nella fotografia: Leila Alaoui, Souk de Boumia - Moyen-Atlas (Les Marocains), 2011. Stampa Lambda, 180 x 120 cm Courtesy: Galleria Continua & Fondation Leila Alaoui


Venezia: Heinz Mack, Lucio Fontana, Antony Gormley e Huong Dodinh, quattro artisti in piazza San Marco
È «Der Garten Eden (Il giardino dell'Eden)», travolgente, multicolore e monumentale (6 x 3,5 metri) quadro a campi di colore, dall'indiscusso effetto ipnotico, l’opera più simbolica della mostra «Vibration of Light / Vibrazione della luce», in programma fino al 17 luglio alla Biblioteca nazionale marciana di Venezia, nello storico Salone monumentale del Sansovino. Curata da Manfred Möller, l’esposizione presenta una selezione di dipinti di grande formato di Heinz Mack (Lollar, Germania, 1931), uno dei più importanti esponenti dell'arte cinetica a livello mondiale, accanto a un insieme di stele di luce parzialmente rotanti e a una scultura a specchio alta quattro metri, creata appositamente per l’occasione ed esposta nel cortile interno di Palazzo reale.
I lavori proposti – tra cui spiccano delle tele nei toni del nero, grigio e bianco, in cui centrale è il tema della struttura - sono collocati in un dialogo di grande effetto storico-artistico con i dipinti a parete e i tondi del soffitto che ornano il Salone monumentale del Sansovino, opere che portano la firma dei più importanti artisti rinascimentali, dal Tintoretto a Tiziano.
Si accede alla mostra, che fa parte degli Eventi collaterali della cinquantanovesima Biennale d’arte, attraverso il Museo Correr, dove espone, nell’ambito di «Muve contemporaneo», l’artista franco-vietnamita Huong Dodinh (Soc Trang, 1935). «Ascension» è il titolo della sua esposizione, pensata appositamente per la Sala delle Quattro Porte.
L’installazione comprende quattordici dipinti, ciascuno alto tre metri, sostenuti da altrettanti pannelli alti e affusolati, collocati secondo uno schema triangolare attorno alla scultura lignea della «Madonna della Misericordia», che risale al XV secolo. Su una superficie pittorica dai colori neutri, ogni tela presenta sottili e quasi impercettibili linee curve e verticali, dipinte dell’artista durante la sua pratica meditativa. Il tutto crea un’atmosfera mistica e spirituale, scandita da una sorta di ascensione verso la luce.
Chiude il percorso tra le proposte espositive visitabili in piazza San Marco, dove è aperta anche «Questi scritti, quando verranno bruciati, daranno finalmente un po’ di luce» di Anselm Kiefer, la mostra «Lucio Fontana/Antony Gormley», a cura di Luca Massimo Barbero, che presenta opere su carta, disegni e sculture dei due artisti. Scenario dell’esposizione, aperta fino al 27 novembre, è il Negozio Olivetti, gioiello architettonico progettato da Carlo Scarpa e affidato in gestione al Fai – Fondo per l’ambiente italiano. Per informazioni: https://bibliotecanazionalemarciana.cultura.gov.it/ | https://www.visitmuve.it/ | https://fondoambiente.it.

Didascalie delle immagini: 1. The Garden of Eden (Chromatic Constellation), 2011, photo: Weiss-Henseler Werbefotografie / courtesy Archive Studio Mack; 2. Mostra «Lucio Fontana/Antony Gormley» al Negozio Olivetti di Venezia. ©photo: Ela Bialkowska OKNO studio; 3. The Garden of Eden (Chromatic Constellation), 2011, photo: Weiss-Henseler Werbefotografie / courtesy Archive Studio Mack

Biennale Arte 2022, una mostra di Louise Nevelson per la riapertura della Procuratie Vecchie
Cinquanta archi e cento finestre affacciate sulla piazza più bella del mondo: si presentano così le Procuratie Vecchie, uno dei monumenti più iconici di Venezia, antica sede dei Procuratori della Serenissima Repubblica, collocata sul lato sinistro di piazza San Marco, dalla Torre dell'Orologio al Museo Correr.
Dopo cinquecento anni, il prestigioso edificio lagunare - progettato all’inizio del XVI secolo dall’architetto Bartolomeo Bon e completato una ventina di anni dopo, nel 1538, da Jacopo Sansovino - ha riaperto al pubblico per iniziativa delle Agenzie Generali, che ne hanno fatto la casa della Fondazione «The Uman Safety Net», un hub dedicato alle iniziative sociali, per il sostegno e la valorizzazione delle potenzialità delle persone più fragili e più vulnerabili, a cominciare dai bambini e dai rifugiati.
Il restauro, durato cinque anni, è stato affidato allo studio David Chipperfield Architects Milan, che ha restituito al pubblico i 12.400 metri quadrati dei tre piani dell’edificio creando un ambiente moderno, ma fedele alla sua originaria struttura.
Nell’ambito degli eventi collaterali della cinquantanovesima Biennale d’arte, le Procuratie Vecchie ospitano, fino all’11 settembre, una monografica di Louise Nevelson (vicino a Kiev, Ucraina, 1899 – New York, 1988), figura rivoluzionaria dell’astrazione americana, in mostra anche all’Arsenale con il potente assemblage «Homage to the Huniverse» (1968).
«Persistence», questo il titolo della rassegna in piazza San Marco, riunisce, per la curatela di Julia Bryan-Wilson, una sessantina di lavori realizzati tra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta del Novecento.
Articolato in nove sale del secondo piano, il percorso espositivo presenta, nello specifico, collage e assemblage scultorei, insieme ad alcuni pezzi iconici come le sculture di grandi dimensioni in legno dipinto, le sculture bianche, tra le quali l’installazione multipla a colonna «Dawn’s Presence – Three» (1975), e rari lavori dalle tonalità color oro come «The Golden Pearl» (1962).
Il pubblico potrà così approfondire i tratti salienti del processo creativo dell’artista, oltre al suo interesse per materiali non convenzionali come legno grezzo, metallo, cartone, carta vetrata e pellicola di alluminio.
Per maggiori informazioni: louisenevelsonvenice.com.

Didascalie delle immagini: «Persistence», mostra di Louise Nevelson alle Procuratie di Venezia per la 59esima Biennale d'arte. Foto di Lorenzo Palmieri. Courtesy: Louise Nevelson Foundation


A Venezia un capolavoro di Giorgione: il «Ritratto di giovane» del Museo di belle arti di Budapest
Arriva dal Museo di belle arti di Budapest il nuovo ospite speciale delle Gallerie dell’Accademia di Venezia: il «Ritratto di giovane» di Giorgione, al suo ritorno nella città lagunare dopo più di duecento anni. Il museo sul Canal Grande, dove è in corso la grande mostra del contemporaneo Anish Kapoor (ne abbiamo parlato al link https://foglidarte.blogspot.com/2022/04/anish-kapoor-venezia-gallerie-accademia-.html, ndr) offre, dunque, un'occasione in più ai turisti della Biennale per attraversare le sue porte e lasciarsi avvolgere dalla bellezza. 
Il prestito, che rientra in un progetto di scambi internazionali che la realtà diretta da Giulio Manieri Elia sta portando avanti negli ultimi anni, rappresenta un’occasione importante per ammirare un’opera di straordinaria qualità accanto ad altri capolavori del pittore veneto presenti nel museo veneziano: la «Sacra Conversazione», la «Vecchia», la «Tempesta», il «Concerto» e la «Nuda». Il ritratto è collocato, a partire dal 31 marzo, proprio in sala VIII, al primo piano, dove sono esposti gli altri lavori del maestro di Castelfranco in collezione.
Il dipinto, realizzato intorno al 1503, è «una delle poche opere superstiti di Giorgione - sottolinea László Baán, direttore generale del museo di Budapest-, proviene dalla collezione dell'unico patriarca veneziano di origine non italiana, l'ungherese Giovanni Ladislao Pyrker, vissuto nel XIX secolo, e grazie alla sua generosa donazione è entrato a far parte del patrimonio nazionale ungherese». Vi è raffigurato un uomo giovane, vestito di un'ampia casacca scura trapuntata e ricamata, sopra la camicia bianca. La folta capigliatura castana, con scriminatura al centro, ricade a caschetto lasciando scoperte le orecchie. Il volto ovale è girato di tre quarti verso sinistra e leggermente piegato in giù. Gli occhi sono grandi ed espressivi, le sopracciglia folte, il naso robusto, la bocca carnosa, il mento appuntito.
Sotto il profilo compositivo e stilistico il lavoro si ricollega strettamente alla «Vecchia». Dunque, l’esposizione dei due dipinti affiancati sulla stessa parete innescherà probabilmente ulteriori riflessioni in merito alla ipotesi, avanzata da parte della critica, che la tela oggi a Budapest costituisse «il coperto […] depento con un’homo con una veste de pelle negra» che accompagnava la «Vecchia», secondo quanto indicato nell’inventario Vendramin del 1601.
Roberta Battaglia, curatrice delle collezioni del Quattrocento e Cinquecento alle Gallerie dell’Accademia di Venezia, afferma, inoltre, che «la proposta di interpretare il ritratto come esempio di contemplazione e ascesi neoplatonica si addice alla dimensione interiore del personaggio cui concorre anche la qualità astratta e ideale della luce. L’incarnato del volto risalta sulla massa compatta della chioma scura, contraddistinta da una insolita bicromia, che ha fatto supporre la presenza di una reticella oppure l’utilizzo di una tintura per schiarire le bande laterali dei capelli, secondo la moda per lo più femminile del tempo».
Dóra Sallay, curatrice della Pittura italiana (1250-1500) al museo di Budapest, sottolinea, infine, che il dipinto «si distingue tra i ritratti rinascimentali anche per il suo soggetto enigmatico: l'espressione assorta del giovane sconosciuto, il gesto che indica un sentimento profondo e la serie di emblemi difficilmente decifrabili dipinti sul parapetto hanno dato origine a innumerevoli interpretazioni e colpiscono tutti noi con la forza del loro mistero».
Per maggiori informazioni: gallerieaccademia.it.

...E poi...
A Venezia il rosso e il nero di Anish Kapoor- Da Tony Cragg a Vera Molnár: vetro e arte contemporanea sull’isola di Murano - «Open-end», Marlene Dumas tra corpi ed emozioni