ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

martedì 8 ottobre 2019

Marco Goldin racconta a teatro «La grande storia dell’Impressionismo»

Da oltre dieci anni regala la sua conoscenza di storico dell’arte ai frequentatori dei principali teatri italiani, dal Regio di Torino al Carcano di Milano, dal Comunale di Bologna al Grande di Brescia, dal Donizetti di Bergamo al Filarmonico di Verona. Tutto nacque nel 2005 per introdurre, in modo fortemente emotivo e poetico, una delle grandi mostre da lui curate sull’Impressionismo: «Lontano dal mondo», un omaggio alla coppia artistica formata da Paul Gauguin e Vincent Van Gogh.
Da allora Marco Goldin (Treviso, 1961), curatore di oltre quattrocento rassegne, che è riuscito negli anni a portare nei musei italiani oltre undici milioni di persone, non ha più lasciato il palcoscenico.
La scorsa stagione il critico veneto -che con le sue mostre ha trasformato la vita culturale di molte città italiane, da Treviso a Brescia, da Torino a Vicenza- ha deciso di fare un ulteriore passo in avanti. Ha sospeso momentaneamente le attività espositive della sua società, Linea d’ombra, e ha scritto uno spettacolo autonomo, svincolato dalla promozione di un evento artistico e capace di raccontare a 360° una pagina della storia dell’arte da lui molto amata. È nato così «La grande storia dell’impressionismo», evento promosso con International Music and Arts, che mette in scena l’incanto della pittura da Claude Monet a Vincent Van Gogh, nomi che, come una calamita, attraggono da sempre il grande pubblico.
Lo spettacolo -che ha debuttato con successo la passata stagione a Salsomaggiore per toccare, poi, piazze come Milano, Bologna e Firenze- è pronto per tornare nelle sale italiane. Le prime sei date in cartellone avranno per scenario l’Auditorium Santa Chiara di Trento (24 novembre), il teatro Verdi di Gorizia (28 novembre), il Politeama Rossetti di Trieste (2 dicembre), il teatro Display di Brescia (5 dicembre), il Corso di Mestre (7 dicembre) e il Politeama di Genova (10 dicembre).
Spesso criticato per aver trascurato il lato storico e scientifico in favore della trepidazione e del batticuore (e per aver creato mostre blockbuster, che gli hanno valso anche il soprannome di «re del turistificio»), Marco Goldin volta, dunque, pagina e sperimenta in un altro modo il suo bisogno di raccontare quelle emozioni che nascono dalle immagini della pittura, cartina di tornasole dei nostri sogni, dei nostri ricordi, delle nostre attese, ovvero della nostra vita e di ciò che si muove nella nostra anima.
Il suo modo di descrivere l’arte fatto di poesia, emozione e conoscenza non guarda, quindi, più al teatro come a un espediente per preparare lo spettatore all’incontro fisico con il quadro. Le immagini scorrono davanti agli occhi di chi è seduto in platea, grazie al lavoro dei videomaker Fabio Massimo Iaquone e Luca Attilii, ma è la parola, mai banale e sempre coinvolgente, nonché di estrema comprensibilità, la vera protagonista dello spettacolo.
Il pubblico si ritrova così catapultato nella Francia degli ultimi decenni dell’Ottocento, scoprendo fatti, personaggi, quadri e luoghi di una stagione che, a partire dagli anni Sessanta, ha fatto dell’elogio della natura e della pittura en plein air la sua cifra stilistica.
Protagonista del racconto è anche la musica composta da Remo Anzovino (Pordenone, 1976), uno dei principali esponenti della scena contemporanea, premiato nel 2019 con il Nastro d’argento per i film-evento della serie «La grande arte al cinema»: «Hitler contro Picasso e gli altri. L’ossessione nazista per l’arte», «Van Gogh. Tra il grano e il cielo», «Le Ninfee di Monet» e «Gauguin a Tahiti. Il paradiso perduto».
Il musicista friulano è sul palco con Marco Goldin in tutte le repliche, eseguendo dal vivo, al pianoforte, le sue composizioni.
Per quanto riguarda la scenografia, fatta da sessanta metri quadrati di led wall, lo spettacolo propone non solo fotografie di opere d’arte e dei loro particolari, ma anche immagini d’epoca e scattate al giorno d’oggi, oltre a brani di video che danno il senso dei luoghi nei quali gli impressionisti hanno lavorato. Si tratta, nello specifico, di filmati girati in Provenza, sulla costa del mar Mediterraneo, nella foresta di Fontainebleau, sulle spiagge di Normandia, sulle scogliere a picco sul mare del Nord e in Bretagna.
Il racconto si sviluppa in cinque momenti per un totale di centoventi minuti di spettacolo, nei quali la natura e la luce del paesaggio, raccontate con pennellate rapide ed evanescenti, giocano un ruolo decisivo.
Marco Goldin accompagna, dapprima, il pubblico nella foresta di Fontainebleau, dove i giovani impressionisti, da Claude Monet a Camille Pissarro, da Pierre-Auguste Renoir ad Alfred Sisley, si incontravano a metà degli anni Sessanta per dipingere nei boschi.
La seconda parte focalizza, invece, l'attenzione sul decennio successivo, quello canonico dell’impressionismo, con l’ingresso sulla scena parigina della pittura di Paul Cézanne, Edgar Degas e Paul Gauguin, ma anche di figure femminili come Berthe Morisot o l’americana Mary Cassatt.
«La meraviglia del fiume, i disgeli lungo la Senna, le alte scogliere di Normandia, le sue spiagge e il mare», danno, quindi, la possibilità a Marco Goldin, nel terzo tempo del suo racconto, -si legge nella scheda dello spettacolo- «di parlare della crisi dell’impressionismo e della fine del dogma della pittura di plein-air in Monet».
I due momenti conclusivi sono, invece, riservati ad altrettanti straordinari artisti che hanno portato fino alle estreme conseguenze la crisi dell’impressionismo: Vincent van Gogh e Paul Gauguin. Non è affatto casuale la scelta di questi due nomi, ai quali il critico veneto ha dedicato anche un romanzo uscito lo scorso novembre per i tipi della Solferino edizioni: «I colori delle stelle».
Nel corso dello spettacolo l’autore ne legge alcuni passi, permettendoci di comprendere meglio quella relazione così intensa e travagliata che caratterizzò i due artisti nel 1888, anno in cui tentarono una convivenza, non felice, ad Arles.
Il risultato finale sono due ore coinvolgenti ricche di storie e aneddoti, una lezione di storia dell’arte, che parla il linguaggio della poesia e tocca le corde del cuore.

Per saperne di più 
www.internationalmusic.it

lunedì 7 ottobre 2019

Barcolana51, Olimpia Zagnoli firma il manifesto e rende omaggio a Rodari

«C'era una volta un omino di niente. Aveva il naso di niente, la bocca di niente, era vestito di niente e calzava scarpe di niente. Si mise in viaggio su una strada di niente che non andava in nessun posto. Incontrò un topo di niente e gli domandò: - Non hai paura del gatto? - No davvero, - rispose il topo di niente- in questo paese di niente ci sono soltanto gatti di niente, che hanno baffi di niente e artigli di niente…». C'è tutto lo spirito giocoso e surreale di Gianni Rodari (Omegna, 23 ottobre 1920 – Roma, 14 aprile 1980) nella mostra «L’omino di niente», che il Magazzino delle Idee di Trieste ospita in occasione della cinquantunesima edizione della Barcolana, in programma in città nella giornata di domenica 13 ottobre.
L'occasione è offerta dalla recente pubblicazione da parte della EL edizioni della storia rodariana «L'omino di niente», tratta dalla raccolta «Favole al telefono», insieme di racconti che un fantomatico signor Bianchi di Varese, professione commesso viaggiatore, racconta tutte le sere al telefono a sua figlia.
A illustrare il nuovo volume, trentadue pagine dedicate ai bambini dai 4 anni in su, è Olimpia Zagnoli (Reggio Emilia, 1984), illustratrice ormai residente Oltreoceano, che ha prestato il suo pennino a marchi come Fendi e Benetton, al Guggenheim Museum di New York e a importanti giornali internazionale come «The New York Times», «The Washington Post», «The Guardian» e «La Repubblica».
Ne è nato un album effervescente, giocoso e divertente che Edizioni EL pubblica quest’anno, in occasione del centenario della nascita di Gianni Rodari, in cantiere nel 2020, con l'intento di far scoprire ai più piccoli uno dei più visionari poeti e scrittori italiani del Novecento.
Non è un caso che questa mostra, in cartellone dal 3 al 13 ottobre, in contemporanea con la rassegna «Vivian Maier, The Self-Portrait and its Double», abbia luogo a Trieste. In città, infatti, ha sede la maggiore casa editrice italiana specializzata in libri per ragazzi, la Edizioni EL, che utilizzando anche i marchi Einaudi Ragazzi e Emme Edizioni oggi pubblica tutta l’opera di Gianni Rodari.
Ma non è tutto. Per un'incredibile coincidenza «L’omino di niente» esce in libreria proprio nei giorni che precedono la cinquantunesima edizione della Barcolana, di cui Olimpia Zagnoli firma il manifesto promozionale.
Dopo le polemiche dello scorso anno per la cartellonistica di Marina Abramovic, che con lo slogan «Siamo tutti sulla stessa barca» aveva scatenato l’ira di alcuni politici locali, la regata friulana torna a un’immagine più rassicurante, ma non per questo meno impegnata socialmente.
Con lo stile che la contraddistingue -colorato, dalle linee essenziali e dai richiami pop- Olimpia Zagnoli raffigura uno dei momenti più emozionanti della Barcolana, quando alla partenza migliaia di barche si disperdono nel mare.
L’intento è quello di far pensare alla bellezza del nostro mare, ma anche alla sua fragilità e al suo essere un ecosistema da preservare come invita a fare il fiore posto dall’artista in primo piano.
La locandina è, però, anche un omaggio a uno degli scrittori più amati del territorio, Umberto Saba, che ha descritto Trieste come una città dalla grazia scontrosa, paragonandola a «un ragazzaccio aspro e vorace, con gli occhi azzurri e mani troppo grandi per regalare un fiore».
L’esito di questo casuale e fortunato incontro tra la Barcolana e l’uscita del libro «L’omino di niente» è, grazie all’intervento di Erpac, l’esposizione delle tavole dell’album realizzato da Olimpia Zagnoli: un tributo a Gianni Rodari e un modo per dare a Trieste un ruolo da protagonista nelle celebrazioni di questo importante centenario dello scrittore, che da qui, idealmente, prende avvio, con il racconto per immagini di una storia che stuzzica la fantasia e ci fa tornare per qualche minuto bambini.

Informazioni utili
L'omino di niente. Magazzino delle Idee, Corso Camillo Benso conte di Cavour, 2 – Trieste. Orari: da martedì a domenica, ore 10.00-20.00; lunedì chiuso. Ingresso gratuito. Informazioni: info@magazzinodelleidee.it | tel. 040.3774783 | tel. 0481.91697. Sito internet: www.magazzinodelleidee.it. Dal 3 al 13 ottobre 2019. 

venerdì 4 ottobre 2019

Dieci anni di ColornoPhotoLife, tra «effimero ed eterno»

Sembra ieri che Gigi Montali, circondato e spinto dall’entusiasmo dei soci del gruppo fotografico «Color’s Light», inaugurava il ColornoPhotoLife. Da allora, invece, sono passati due lustri e il prossimo 18 ottobre la manifestazione spegne le sue prime dieci candeline.
«L’effimero e L’eterno», due termini strettamente legati al mondo dell’obiettivo fin dai tempi del dagherrotipo, fanno da filo rosso a questa edizione, che porterà nella splendida location della Reggia di Colorno, in provincia di Parma, il lavoro di importanti autori della scena nazionale e internazionale.
Tra le mostre più attese c’è «Luigi Ghirri. Tracce nel labirinto», una selezione di quarantuno fotografie vintage, utilizzate dall’artista reggiano nel 1991 per il progetto «Dentro un antico labirinto», nato dalla proposta di Arturo Carlo Quintavalle di realizzare insieme un libro ampiamente illustrato, concepito come una lettura del paesaggio italiano attraverso la storia dell’arte, la letteratura e, ovviamente, l’opera di Ghirri stesso.
L’esposizione del fotografo di Scandiano è, però, solo uno dei tanti motivi per recarsi in questi giorni d’autunno alla Reggia di Colorno.
Nello spazio del piano nobile della dimora emiliana sarà, infatti, possibile ammirare anche «Celebrità», settanta splendide fotografie a colori e in bianco e nero che ritraggono volti e atteggiamenti di notissimi attori, registi, scrittori e personaggi dello spettacolo, immortalati da Chiara Samugheo tra la fine degli anni ’50 e la metà degli anni ’80.
Tra gli appuntamenti in cantiere merita una segnalazione anche l’esposizione «Polvere» della milanese Sara Munari, classe 1972, che è andata in Sardegna, armata di mappe e indicazioni, alla ricerca di tracce legate alla preistoria.
Sempre al piano nobile della Reggia sarà, poi, possibile vedere anche una piccola raccolta di Giovanni Chiaramonte, apprezzato autore del progetto «Interno perduto», un viaggio nella Bassa Modenese tra le cose perse a seguito della scossa di terremoto del 29 maggio 2012, che ha colpito il cuore dell’Emilia.
Le crepe sui muri, le strutture cadute, gli edifici transennati e la totale assenza di esseri umani trasformano i luoghi immortalati dal fotografo in scenografie quasi metafisiche, che ci fanno meditare sulla fragilità del nostro territorio.
Sempre alla Reggia di Colorno, negli spazi dell’appartamento del Duca, sarà, poi possibile vedere il reportage di un talento emergente come il ventottenne Lorenzo Zoppolato che è stato in Messico, in occasione del dias de los muertos, riti che nelle culture sudamericane hanno così preziose peculiarità da suscitare le attenzioni dell’Unesco, che li tutela come patrimonio dell’umanità. Ne è nato un incontro-racconto, intitolato «La luce necessaria», che indaga -spiega Pippo Pappalardo- «il senso della scomparsa e quello dell’assenza, il legame che si vuol far sopravvivere, la nostra fedeltà alla memoria, la volontà di riprendere il filo di qualcosa, magari muovendo dalle tracce intraviste in un attimo di festa, di attesa dell’anima».
Nell’appartamento del Duca espone anche il friulano Francesco Comello (Udine, 1963), protagonista con il suo reportage cubano «Yo soy Fidel», insieme ad altri autori interessanti del panorama nazionale.
Sempre alla Reggia, nello spazio Venaria, meritano un occhio di riguardo la rassegna sulla casa di Gabriele D’Annunzio, a cura del gruppo «Color’s Light», e la serie di scatti proposta da Antonio Mascolo, quarantacinque anni di giornalismo alle spalle e un grande amore per la sua città, Parma, o meglio per la zona dell’Oltretorrente, percorsa a piedi in lungo e in largo per oltre due anni e immortalata in più di cinquemila scatti. Mentre Stefano Anzola, allo Spazio Mupac Aranciaia, ci racconta le diverse modalità e tipologie di gioco dei bambini nel mondo.
«ColornoPhotoLife» fa tappa anche a Parma con una mostra che incontrerà sicuramente il favore di chi ama celebrare gli anniversari più importanti della nostra storia.
Allo spazio BDC28, chiesa sconsacrata nel centro storico della città emiliana, verranno celebrati, dal 17 al 24 novembre, i cinquant’anni dall’allunaggio con «The Bright Side of the Moon - fotografie vintage dagli archivi Nasa».
Oltre a due roadbook di Apollo 13 e Apollo 15, centosettanta fotografie vintage relative ai primissimi lanci e training (1950 - 1966) e alle missioni dei programmi Mercury (1960 - 1963), Gemini (1964 - 1966) e Apollo (1966 - 1972) raccontano le varie fasi dell’impresa di Neil Armstrong e soci sulla Luna, «piccolo passo per l’uomo, grande passo per l’umanità», ancora oggi considerato letteralmente incredibile dai dietrologi dello spazio.
L’autenticità degli scatti, provenienti dagli archivi della Nasa, è comprovata non solo dalla tipologia di pellicola scelta e dal carattere fotografico usato, ma anche avvalorata dal timbro dell’ente spaziale.
In bianco e nero o a colori, queste fotografie sono tutte testimonianze dal pregio inestimabile, perché raccontano nel dettaglio il periodo di preparazione dell’operazione spaziale e la fase del lancio e della missione, che tenne milioni e milioni di spettatori letteralmente attaccati allo schermo televisivo.
Oltre a vantare un indiscutibile valore scientifico, storico e culturale, questi scatti possiedono, inoltre, un’intrinseca e intramontabile qualità artistica che documenta la bellezza della Terra e degli altri oggetti celesti, catturando allo stesso tempo il coraggio e l’audacia dello spirito umano.
Sempre a Parma, negli spazi di Palazzo Pigorini, è già possibile ammirare il progetto di Marco Gualazzini per Contrasto: «Resilient», una serie di reportage realizzati in Africa dal 2009 al 2018. L’esposizione, aperta fino al prossimo 27 ottobre, testimonia, attraverso quaranta fotografie, in che modo il continente africano reagisca ai problemi e alle crisi che lo flagellano con una capacità di resilienza straordinaria e insieme drammatica.
Quelle che scorrono lungo le pareti sono storie poco raccontate e che nessuno vorrebbe sentire. È il caso delle immagini provenienti dal Congo, Paese piegato dalle credenze popolari e dal rapporto tra religione e stregoneria, dove chi soffre di malattie mentali viene tuttora considerato un indemoniato e lo stupro è usato come arma di guerra.
Gualazzini punta il suo obiettivo anche sui problemi del Mali, tormentato dalla guerra e dalle infiltrazioni islamiste nell’Africa subsahariana. Guarda alle condizioni del Sudan del Sud e della Somalia, uno tra i Paesi più pericolosi e meno accessibili per stranieri e giornalisti. Racconta la crisi umanitaria in corso lungo il bacino del lago Ciad, che il cambiamento climatico sta portando alla desertificazione.
Anche quest’anno, ColornoPhotoLife può contare, infine, sulla qualificata collaborazione dello CSAC -Centro studi e archivio della comunicazione dell’Università di Parma, per dare vita a momenti di approfondimento, che spaziano dal concorso con lettura di portfolio agli incontri con autori e protagonisti della fotografia italiana, senza dimenticare i workshop con Sara Munari, Marco Gualazzini e Francesco Comello, dedicati rispettivamente ai temi «Portfolio fotografico, idee, perché, come», «Il lavoro fotogiornalistico» e «Trovare la storia».
Un cartellone, dunque, ricco di spunti quello proposto dal festival fotografico di Colorno, che per due giorni,dal 18 al 20 ottobre, trasformerà la Reggia nella capitale italiana della fotografia, offrendo ai visitatori l'opportunità di guardare alla nostra realtà di tutti i giorni con occhi nuovi, per «cogliere l’eterno nel disperatamente effimero», che è poi -raccontano gli organizzatori- la «grande magia della vita».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1, 2 e 3] ColornoPhotoLife. Colorno. Fotografia di Gigi Montali; [fig. 4] Luigi Ghirri, Uno scatto della serie «Dentro un antico labirinto». Credit: Eredi di Luigi Ghirri; [fig. 5] Lorenzo Zoppolato, uno scatto della serie  «La luce necessaria»; [fig. 6] Chiara Samugheo, Sandra Milo; [fig. 7] Immagine esposta nella mostra «The Bright Side of the Moon - fotografie vintage dagli archivi Nasa». Copyright: Nasa; [fig. 8] Enrico Volpi per la mostra «A casa del Vate», dedicato a Gabriele D'Annunzio; [fig. 9] Sara Munari, uno scatto del progetto «Polvere»; [Fig. 10] Chiara Samugheo, Joan Collis

Informazioni utili
ColornoPhotoLife 2019. ColornoPhotoLife. Reggia di Colorno – Colorno (Parma). Orari: nei giorni del festival, dalle ore 10.00 alle ore 13.00 e dalle ore 15.00 alle ore 18.00. Ingresso: gratuito per tutte le mostre tranne per quelle su Luigi Ghirri e Chiara Samugheo, entrambe visitabili al prezzo di € 4,50 con braccialetto identificativo. Informazioni: tel. 0521.312545, reggiadicolorno@provincia.parma.it, info@colornophotolife.it. Sito web: www.colornophotolife.it. Dal 18 al 20 ottobre 2019.

«The Bright Side of the Moon - fotografie vintage dagli archivi Nasa». BDC28, Borgo delle Colonne, 28 – Parma. Orari: venerdì, sabato e domenica, ore 16.00-20.00. Ingresso gratuito. Per informazioni: Spazio BDC28 Borgo delle Colonne, 28 – Parma. Informazioni: tel. 0521.312545, info@bonannidelriocatalog.com. Sito web: bonannidelriocatalog.com. Dal 18 ottobre al 24 novembre 2019.

Resilient. Marco Gualazzini. Palazzo Pigorini, Strada della Repubblica, 29A - Parma. Orari:
mercoledì e giovedì, dalle ore 15.00 alle ore 19.00, dal venerdì alla domenica, dalle ore 10.00 alle ore 13.00 e dalle  ore 15.00 alle ore 19.00 (lunedì e martedì chiuso) Ingresso gratuito. Sito web: www.comune.parma.it/cultura. Dal 20 settembre al 27 ottobre 2019.