ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

giovedì 10 febbraio 2022

Debutta al Piccolo di Milano «Eichmann. Dove inizia la notte», il nuovo spettacolo di Stefano Massini

Chi fu realmente Adolf Eichmann? Che tipo di personalità si nascondeva dietro la divisa nazista di colui che ideò la soluzione finale e organizzò nei dettagli il massacro di sei milioni di ebrei? Quando fu deciso l’inizio dello sterminio? Come si gestiva in concreto l’orrore di Auschwitz? Prova a dare una risposta a queste domande il nuovo spettacolo di Stefano Massini: «Eichmann. Dove inizia la notte», la cui drammaturgia è stata pubblicata nel 2020 da Fandango Libri.
 
L’atto unico, prodotto dai teatri stabili di Bolzano e del Veneto, debutta in prima nazionale giovedì 24 febbraio, alle ore 19:30, al Piccolo Teatro Grassi di Milano, per restare, poi, in cartellone fino al 6 marzo. 

Diretti da Mauro Avogadro, saliranno sul palco Ottavia Piccolo e Paolo Pierobon. Le scene sono di Marco Rossi; i costumi di Giovanna Buzzi. Le musiche portano la firma di Gioacchino Balistreri, mentre il disegno luci è a cura di Michelangelo Vitullo

 Stefano Massini ha realizzato la drammaturgia a partire dagli scritti della filosofa e politologa ebrea Hannah Arendt, dai verbali degli interrogatori a Gerusalemme – dove Adolf Eichmann fu processato dopo l’arresto avvenuto nel 1960 in Argentina – e dagli atti del processo. Il risultato è un dialogo teatrale di inaudita potenza, una sorta di intervista a colui che più di tutti incarna nell’immaginario collettivo la traduzione della violenza che ha dato corpo alla «soluzione finale».
 
Ottavia Piccolo e Paolo Pierobon, nei ruoli rispettivamente di Hannah Arendt e Adolf Eichmann, ricostruiscono passo dopo passo carriera e ascesa del gerarca nazista, delineando il ritratto di un uomo mediocre, arrivista e opportunista, e aprendo così il varco a una prospettiva spiazzante: Adolf Eichmann non è un mostro, bensì un uomo spaventosamente normale. È totalmente privo di talenti, ma sa trarsi di impaccio. È capace di stupire più per la bassezza che per il genio. È un uomo contraddittorio, superficiale, perfino goffo, che, proprio per la sua mediocrità, si muove in un crescendo di poltrone, prestigio e denaro, ebbro di potere e animato da una coscienza inesistente.
 
Adolf Eichmann è, dunque, l’emblema di ciò che Hannah Arendt definisce «la banalità del male», quella «mancanza di pensiero» e quell’«obbedienza inconsapevole» a una legge ingiusta che ha reso uomini «terribilmente normali», dalla «meschina insignificanza», incapaci di pensare al valore morale dei propri atti, inconsapevoli di comprendere che la loro routine lavorativa era, invece, per gli ebrei «letteralmente la fine del mondo». «Eichmann – scrisse Hannah Arendt - non era uno Iago né un Macbeth, e nulla sarebbe stato più lontano dalla sua mentalità che «fare il cattivo» – come Riccardo III – per fredda determinazione. Eccezion fatta per la sua eccezionale diligenza nel pensare alla propria carriera, egli non aveva motivi per essere crudele e anche la sua diligenza non era, in sé, criminosa; è certo che non avrebbe mai ucciso un suo superiore per ereditarne il posto. Per dirla in parole povere, egli non capì mai che cosa stava facendo. […] Non era uno stupido; era semplicemente senza idee (una cosa molto diversa dalla stupidità), e tale mancanza di idee ne faceva un individuo predisposto a divenire uno dei più grandi criminali di quel periodo». 

Informazioni utili
Eichmann. Dove inizia la notte | di Stefano Massini | con Ottavia Piccolo e Paolo Pierobon | regia Mauro Avogadro | scene Marco Rossi, costumi Giovanna Buzzi, musiche Gioacchino Balistreri, luci Michelangelo Vitullo | produzione Teatro Stabile di Bolzano / Teatro Stabile del Veneto
Piccolo Teatro Grassi, Via Rovello, 2 – Milano( M1 Cordusio). Dal 24 febbraio al 6 marzo 2022 | Orari: martedì, giovedì e sabato, ore 19.30; mercoledì e venerdì, ore 20.30; domenica, ore 16. Lunedì, riposo. | Durata: 85 minuti senza intervallo | Prezzi: platea 33 euro, balconata 26 euro 
Informazioni e prenotazioni: tel. 02.21126116; www.piccoloteatro.org

domenica 6 febbraio 2022

#notizieinpillole, cronache d'arte dal 31 gennaio al 6 febbraio 2022

All’asta da ArtCurial «Il cestino di fragole di bosco» di Jean Siméon Chardin
ArtCurial è pronta per la sua nuova stagione di aste. Il 15 febbraio il dipartimento Old Master & 19th Century Art dell’azienda parigina presenterà la sua prima vendita dell'anno: cento ritratti di personalità francesi del XVII secolo che per oltre quaranta anni sono stati raccolti da un appassionato collezionista parigino.
La selezione propone al pubblico un viaggio tra i volti di membri della famiglia reale, figure della corte di Versailles, uomini di legge e militi, plebei e prelati, tutti resi maestosi da pittori come Louis-Michel van Loo, Joseph-Siffrède Duplessis ed Élisabeth Vigée Le Brun. Tra i vari ritratti al centro dell’asta spiccano quelli di Luigi XV, Luigi XVI e Maria Antoinetta, quest’ultima raffigurata dalla celebre Élisabeth Louise Vigée-Le Brun.
Le aste proseguiranno il 23 marzo con un appuntamento imperdibile. All’incanto andrà un capolavoro di Jean Siméon Chardin (1699-1779): «Il cestino di fragole di bosco», stimato intorno ai 12-15 milioni di euro.
Esposta dall’artista al Salone del 1761, riscoperto da François-André o Eudoxe Marcille un secolo dopo, prima di scomparire dalla vista del pubblico sino alle retrospettive dedicate al pittore organizzate a Parigi nel XX secolo, questa piccola tela è diventata nel mentre un’icona dell’arte occidentale.
Ideale proseguo delle rare raffigurazioni di coppe di fragole di pittori nordici e francesi del XVII secolo come Jacob van Hulsdonck, Adriaen Coorte e Louyse Moillon, questo dipinto, che combina una composizione di sublime semplicità geometrica con un’eccezionale qualità esecutiva, collega i due secoli, mentre si dirige con risolutezza verso la modernità. Infatti, il soggetto qui è quasi meno importante della sua rappresentazione in volumi e forme, come dimostrano il cilindro dei bicchieri e il triangolo formato dalle fragole.
Il dipinto all’asta è direttamente paragonabile con «Il cestino di prugne» (Parigi, Louvre) e «Il bicchiere d’acqua e la tazza di caffè» (Pittsburgh, Carnegie Institute of Art), datate allo stesso periodo ed entrambe considerate come capolavori assoluti. All’epoca, Chardin era all’apice della sua carriera come artista. La virtuosità del pittore è evidente nell’incredibile trasparenza dell’acqua nel bicchiere. La rappresentazione della frutta è sia precisa sia fluida, come se si trattasse di un’unica forma messa in rilievo dai segni bianchi.
Per maggiori informazioni: https://www.artcurial.com/

La londinese Richard Saltoun Gallery apre un secondo spazio espositivo a Roma
Nell’immaginario collettivo è la strada degli artisti, una vera e propria Montmartre romana. Qui, nel Medioevo, sorsero le prime botteghe di arti e mestieri e, nell’Ottocento, aprì il suo atelier lo scultore veneto Antonio Canova. Mentre nel Novecento, vi trovarono casa o ispirazione per la propria arte alcuni fra i più grandi protagonisti culturali del tempo, pittori come Pablo Picasso e Giorgio de Chirico, musicisti come Giacomo Puccini e Pietro Mascagni, scrittori come Gabriele d’Annunzio, Jean Paul Sartre, Simone de Beauvoir, Elsa Morante, Alberto Moravia e Sibilla Aleramo. Stiamo parlando di via Margutta, stradina nel rione Campo Marzio, situata tra piazza di Spagna e piazza del Popolo, che lo storico dell’arte Winkelmann elogiò per la sua «nobile semplicità e quieta grandezza».
In questo scenario iconico, reso celebre anche da film come «Vacanze romane» e «La dolce vita», la londinese Richard Saltoun Gallery apre la sua seconda sede. A inaugurare lo spazio sarà, nella giornata dell’8 marzo, una mostra personale di Bertina Lopes (1924–2012), amica di importanti personaggi, da Nelson Mandela a Carlo Levi, da Enrico Berlinguer all'ex presidente portoghese Mario Soares, considerata la madre della pittura africana contemporanea.
Obbligata nel 1961 a fuggire dal proprio Paese natale, la pittrice si trasferì in Portogallo, dove lavorò grazie a una borsa di studio della Fondazione Calouste Gulbenkian di Lisbona e dove entrò in contatto con pittori come Carlo Botelho, Albertina Mantua, Costa Pinheiro, Nuno Sampaio ed altri ancora. Due anni dopo arrivò a Roma, città dove trascorse il resto della sua vita.
Il lavoro di Bertina Lopes è per tutti sinonimo di attivismo politico e critica sociale. Le sue opere sono esposte in numerosi musei di tutto il mondo, da New York a Teheran, da Madrid a Roma. Le ultime esposizioni sono state quelle al Palazzo dei Congressi a Roma, al Museo campano di Capua, alla Fortezza da Basso di Firenze.
In occasione del decimo anniversario della morte, la mostra alla Richard Saltoun Gallery di Roma ripercorre i settanta anni di carriera dell'artista, riunendo, fino al 7 maggio, una delle più grandi selezioni di suoi dipinti, tra cui «Grido grande» (1970) e «In memoriam de Picasso» (1974).
L’Archivio Bertina Lopes, fondato nel 2012, ha svolto un ruolo fondamentale nella realizzazione di questa esposizione, che segna l’esordio della collaborazione della galleria con la Lopes Estate e la prima rappresentazione commerciale internazionale dell’artista.
Per maggiori informazioni è possibile consultare la pagina Facebook @RichardSaltounGallery.

Un nuovo allestimento per «The homo sapiens». Continua a Parma la mostra di Arturo Delle Donne
Sono venti le immagini che dal 12 febbraio andranno ad arricchire il percorso espositivo della mostra «The Homo Sapiens», progetto fotografico e antropologico di Arturo Delle Donne, per la curatela di Chiara Allegri, in programma al Museo d’arte cinese ed etnografico di Parma.
Le origini delle persone fotografate in questo nuovo allestimento, visibile fino al prossimo 8 marzo, sono indonesiane, russe, ruandesi, ivoriane, etiopiche, filippine, marocchine e bangladesi.
Arturo Delle Donne prosegue così nel suo impegno di documentazione e ritrattistica di cittadini italiani di origine straniera, immortalando alcuni gruppi di persone con i propri abiti tradizionali, simbolo del loro legame con la terra natia. L’obiettivo di questo progetto, che si articola in più di un’ottantina di immagini di grande formato, è, dunque, quello di focalizzare l’attenzione sui valori di rispetto e fratellanza attraverso l’abbigliamento, o meglio quell’insieme di vestiti, accessori e acconciature che sono la prima forma di comunicazione di un popolo.
«Con il flusso migratorio in entrata, che dagli anni Settanta del secolo scorso ha superato quello in uscita, hanno iniziato a far parte del nostro sistema culturale nuove tradizioni, religioni, usi e costumi, lingue. Ma non solo. Sono entrati – raccontano da Parma - nuovi beni etnici come l’abbigliamento, che è universalmente considerato come la prima forma di comunicazione di un popolo. Il primo linguaggio messo in moto quando due persone si incontrano sono la fisiognomica e l’abbigliamento, inteso in senso visivamente ampio, quale vestiario, accessori, acconciatura, segni permanenti». Questi segni, una volta lontani da noi, ora sono parte integrante della nostra cultura e Arturo Delle Donne ce li svela con fotografie semplici, ma significative.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.museocineseparma.org/

Building e l’arte pubblica, un ciclo di installazioni alla Domus Lascaris di Torino
È Gabriele Garbolino Rù a inaugurare il ciclo di progetti di arte pubblica che il Gruppo Building, presieduto da Piero Boffa, ha in programma per i prossimi mesi alla galleria d’arte open air e indoor di Domus Lascaris, palazzo razionalista di Torino. Il primo intervento, visibile fino al 31 marzo, si intitola i «Dioscuri» e presenta tre sculture in resina, raffiguranti i mitici figli di Zeus.
Gabriele Garbolino Rù, primo tra gli artisti a intervenire nello spazio di via Lascaris, è uno scultore che guarda ai linguaggi della contemporaneità con un occhio formato nella tradizione figurativa. La sua ricerca è orientata al recupero del’’atto creativo, come processo lento di lavoro e di disciplina, vicino a quello dell’artigiano. Le sue opere, però, lasciano sempre intendere la presenza di una realtà altra, con la quale lo spettatore entra in contatto, pur non potendola vedere. Per questo molti suoi soggetti sono immersi nell’acqua, altri sono il doppione del loro riflesso e altri, come nel caso dei Dioscuri, le sculture a Domus Lascaris, sorgono dal terreno.
A Gabriele Garbolino Rù seguiranno le esposizioni di Nazareno Biondo e Peter Ott©, previste per aprile e luglio.
«Da sempre, - racconta Piero Boffa - l’arte caratterizza i nostri interventi e progetti urbani, nell'ottica di mettere la bellezza al centro di un processo di trasformazione pubblica. Con le opere che animeranno periodicamente la galleria open air di Domus Lascaris, l’idea è regalare uno spazio urbano in continua mutazione permettendo a un palazzo, la cui natura è quella di restare a lungo uguale, di cambiare la propria natura e di trasmettere nuovi impulsi continuamente, modificando il contesto della città».
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.building.it.

«13 fotografi per 13 musei»: al via il nuovo progetto comunicativo della Direzione regionale Musei Lombardia
È questo il titolo del progetto proposto dalla Direzione regionale Musei Lombardia, afferente al Ministero della Cultura, per far conoscere le realtà che fanno parte della sua rete. Si tratta di musei, parchi archeologici, testimonianze importanti dell’epoca medievale e rinascimentale, architetture del Novecento, unite in un percorso che spazia dal Cenacolo leonardesco alla Certosa di Pavia, dalle Grotte di Catullo a Sirmione alla Villa Romana a Desenzano del Garda, senza dimenticare il Parco archeologico di Castelseprio.
I fotografi individuati, le cui opere saranno esposte in autunno (dal prossimo 26 settembre) al Palazzo Litta di Milano, sono Marina Caneve, Alessandro Sambini, Claudio Beorchia, Flavia Rossi, Vaste Programme, Alessandro Calabrese, Arianna Arcara, Caterina Morigi, Federico Clavarino, Fabio Barile, Roberto Boccaccino, Delfino Sisto Legnani, Rachele Maistrello. Sono professionisti giovani (nati tra il 1979 e il 1991), ma già affermati e più volte premiati, alla cui selezione hanno partecipato Gabriella Guerci e Matteo Balduzzi del Mufoco – Museo di fotografia contemporanea di Cinisello Balsamo.
La Direzione regionale Musei Lombardia sta anche riflettendo sulla possibilità di concretizzare un progetto parallelo: chiedere ad altrettanti poeti di scrivere alcuni versi da affiancare alle immagini delle tredici sedi. Un’occasione per raccontare in modo diverso l’arte che potrebbe continuare negli anni a venire con il coinvolgimento di fumettisti, videomaker e non solo.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.museilombardia.cultura.gov.it.

L’«Ercole in Tebe» torna in scena, al teatro della Pergola di Firenze, 360 anni dopo la «prima»
È un appuntamento da non perdere quello che andrà in scena mercoledì 9 febbraio, alle ore 20:30, al teatro della Pergola di Firenze. Ritorna in scena, dopo più di trecentosessanta anni, l’«Ercole in Tebe», festa teatrale in musica su libretto di Andrea Moniglia e con le musiche di Jacopo Melani, presentata per l’occasione in forma di concerto dal coro e dall’orchestra de «I Musici del Gran Principe», sotto la direzione del maestro Samuele Lastrucci.
Lo spettacolo, i cui biglietti sono in vendita sul circuito TicketOne, si avvale della regia di Massimo Pizzi Gasparon Contarini e di un cast composto dalle voci di Filippo Mineccia, Marco Angioloni, Eleonora Bellocci, Valeria La Grotta, Eleonora Ronconi, Alessandro Ravasio, Benedetta Corti, Vincenzo Franchini e Valentina Vitolo.
La rappresentazione, realizzata grazie all’interessamento del Museo de’ Medici con la Fondazione Teatro della Toscana, nasce dalla scoperta dello spartito originale dell’opera del Melani, ritrovato in quattro copie in tre diverse biblioteche, ovvero alla Forteguerriana di Pistoia, alla Vaticana di Roma e alla Nazionale di Parigi.
Il lavoro teatrale, rappresentato per la prima volta il 12 luglio 1661, in occasione delle nozze tra Cosimo III e Marguerite Louise d'Orléans, inaugurò anche il teatro della Pergola di Firenze, primo teatro «all'italiana» del mondo, già parzialmente funzionante sin dal 1657, realizzato da Ferdinando Tacca grazie al patronato del cardinale Giovan Carlo de' Medici, fratello di Ferdinando II.
La «prima» dell’«Ercole in Tebe» fu un vero e proprio kolossal teatrale di cinque ore per il quale furono ingaggiati più di trecento interpreti e utilizzate dodici scenografie. Si trattò di una delle manifestazioni più emblematiche del Seicento fiorentino, che riprendeva la lunga tradizione degli spettacoli di corte fiorentini.
Dopo quella storica «prima», l’opera non fu mai più replicata fino al momento della scoperta delle quattro copie dello spartito originale che ne hanno permesso una rielaborazione in forma di concerto fortemente voluta da Samuele Lastrucci, direttore d’orchestra e del Museo dei Medici di Firenze, che si è avvalso per la trascrizione della collaborazione di Dimitri Betti.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.museodemedici.com.

Parte da Modena la nuova tournée dello spettacolo «Il Purgatorio. La notte lava la mente»
È la più umana delle cantiche dantesche, un vero e proprio inno alla speranza. Dopo il debutto nazionale, avvenuto con grande successo lo scorso luglio al teatro Grande di Pompei, le recite fiorentine in un luogo di suggestioni dantesche per eccellenza come il Secondo Chiostro del Complesso monumentale di Santa Croce, e le repliche a Napoli e Prato, lo spettacolo «Il Purgatorio. La notte lava la mente» di Mario Luzi, per la regia di Federico Tiezzi, che firma anche la drammaturgia con Sandro Lombardi, arriva al teatro Storchi di Modena.
Lo spettacolo, cofinanziato e patrocinato dal Comitato nazionale per la celebrazione dei 700 anni dalla morte di Dante Alighieri, sarà in cartellone sul palcoscenico emiliano dal 4 al 6 febbraio, per proseguire, poi, la sua tournée a Siena (teatro dei Rinnovati; 18/20 marzo), Arezzo (teatro Petrarca, 23/24 marzo), Pisa (teatro Verdi, 26/27 marzo) e, infine, al Piccolo di Milano (teatro Strehler, 29 marzo/3 aprile).
Sul palco saliranno Alessandro Averone, Dario Battaglia, Alessandro Burzotta, Giampiero Cicciò, Francesca Ciocchetti, Martino D’Amico, Salvatore Drago, Giovanni Franzoni (nel ruolo di Virgilio), Francesca Gabucci, Leda Kreider, Sandro Lombardi (nel ruolo di Dante), David Meden, Annibale Pavone, Luca Tanganelli, Debora Zuin. Scene, costumi e luci sono rispettivamente di Marco Rossi, Gregorio Zurla e Gianni Pollini. Regista assistente è Giovanni Scandella, assistente scenografa Francesca Sgariboldi. Mentre Francesca Della Monica e Cristiana Morganti hanno curato, rispettivamente, canto e movimenti coreografici.
Si apre così un progetto triennale, che nei prossimi anni vedrà l’allestimento da parte di Federico Tiezzi dell’Inferno e del Paradiso, nelle drammaturgie create rispettivamente da Edoardo Sanguineti («Commedia dell’Inferno. Un travestimento dantesco») e Giovanni Giudici («Il Paradiso. Perché mi vinse il lume d’esta stella»).
Il Purgatorio è una cantica umana. Qui «esiste il tempo». Splende lo stesso sole che illumina la terra abitata. Le notti succedono ai giorni, i tramonti alle albe. Mentre le anime parlano della vita passata con nostalgia e dolcezza. I personaggi sono soprattutto musicisti, pittori e poeti. L’arte è ciò di cui si discorre ed è vista, forse, come la strada della salvezza. «Il Purgatorio – si legge nella presentazione dello spettacolo - è anche la cantica della speranza: quella speranza di cui il momento storico presente ha bisogno più di ogni altra cosa, quella speranza che è volontà di un mondo diverso e anelito e movimento verso una migliore coscienza della realtà. Quella speranza che è trasformazione e aspirazione al bene».
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.teatridipistoia.it

[Le fotografie sono di Luca Manfrini]
 
Firenze, un nuovo allestimento per la Sala del Colosso alla Galleria dell’Accademia. Per l’occasione ritornano a casa due dipinti del Botticelli
La Galleria dell’Accademia di Firenze, la casa del «David» di Michelangelo, è quasi pronta per presentare il nuovo allestimento della Sala del Colosso, la cui inaugurazione si terrà il prossimo 7 febbraio. Stanno, infatti, tornando dai loro viaggi all’estero due dipinti attribuiti a Sandro Botticelli, che verranno presentati proprio in questo spazio.
Una delle due opere è la «Madonna col Bambino Giovanni Battista e due angeli» (nella foto), prestata al Tiroler Landesmuseum Ferdinandeum di Innsbruck per la mostra dedicata alle Madonne di Botticelli, terminata il 30 gennaio. Datata 1468, l’opera del pittore rinascimentale, risalente al periodo giovanile, pur rimanendo legato allo stile dei maestri, quali Verrocchio e Filippo Lippi, mostra una volontà di emanciparsi dagli illustri modelli.
L’altro lavoro è la Pala del Trebbio, esposta fino al 24 gennaio nella grande mostra dedicata dal Museo Jacquemart-André di Parigi alla bottega del Botticelli e che ha celebrato il genio dell'artista e l'attività del suo atelier. Il dipinto, così denominato perché proveniente dall’oratorio del Castello mediceo del Trebbio, nella campagna a nord di Firenze, vede la Madonna col Bambino attorniata dai Santi più cari alla famiglia Medici: si riconoscono San Lorenzo e i santi martiri Cosma e Damiano, tutti nomi ricorrenti nella nobile famiglia fiorentina. Il prestito si inserisce in un rapporto di collaborazione reciproca con altre istituzioni internazionali, sempre in linea con gli scambi internazionali voluti anche dal MiC - Ministero della Cultura e che vedrà, il prossimo 15 febbraio, il busto di Michelangelo, appartenente alla collezione del museo parigino, arrivare alla Galleria dell'Accademia di Firenze per la mostra che raccoglierà, per la prima volta, le nove effigi in bronzo attribuite a Daniele da Volterra che ritraggono Michelangelo Buonarroti.
Per maggiori informazioni: www.galleriaaccademiafirenze.it.

Alla Fabbrica del Vapore di Milano la mostra «CoviDiaries – Cronaca | Memoria | Futuro»
Ci sono date che rimangono impresse nella memoria collettiva. Una di queste è il 9 marzo 2020, il giorno in cui l’Italia entra ufficialmente in lockdown e inizia la sua guerra, non ancora vinta, con il Covid. Due anni dopo i fotogiornalisti dell’agenzia Parallelozero provano a ripercorrere la storia degli ultimi mesi con una mostra e un calendario di incontri, in programma fino al prossimo 25 febbraio alla Fabbrica del Vapore di Milano.
«CoviDiaries – Cronaca | Memoria | Futuro», questo il titolo della rassegna, arriva nel capoluogo lombardo, dopo l’esposizione nel 2020 a Bergamo, in occasione di un’edizione speciale di Fotografica - Festival di Fotografia, e nel 2021 al Salone Internazionale del libro di Torino.
Voci, volti e avvenimenti emblematici della pandemia italiana sono al centro di una serie di proiezioni e di circa sessanta foto, che raccontano le diverse linee narrative di questi mesi: emergenza sanitaria, impatto sociale, conseguenze economiche, ritorno alla normalità e, poi, ripartenza e campagna vaccinale. La fruizione della mostra è accompagnata dai brani di «Quarantine Scenario» dei Casino Royale.
A partire dal 3 febbraio, ogni giovedì, sempre alle ore 18, esperti e rappresentanti di rilievo di diversi ambiti (ricercatori, scienziati, innovatori, imprenditori, filosofi, urbanisti, sociologi, virologi, economisti e policy maker) si confronteranno sul presente in un confronto aperto e rivolto al futuro sui temi cruciali imposti dalla pandemia: le nuove povertà e il welfare, la socialità e i giovani, la cultura e lo spettacolo, la sanità locale e globale, il lavoro e l’impresa.
A proposito di «CoviDiaries», Sergio Ramazzotti, giornalista, fotografo e cofondatore di Parallelozero, afferma: «Oggi che si avvicina il secondo anniversario dell’inizio della pandemia, benché non siamo ancora usciti dal tunnel, ci sembra il momento giusto di aprire quella scatola, e vedere cosa contiene. È un atto simbolico, che ci auguriamo possa tenere vivi o riportare a galla i ricordi di un’esperienza collettiva durante la quale ci siamo scoperti capaci di cose che non sospettavamo, e che ci hanno resi orgogliosi di essere cittadini del nostro Paese. Ed è anche un modo per rendere un tributo e, ci auguriamo, dare un senso alle troppe vittime del virus».
Per tutti gli aggiornamenti è possibile consultare il sito https://www.covidiaries.it/.

Nella fotografia: Bergamo, medici e infermieri attorno a un paziente Covid-19 che sta per andare in arresto cardiaco nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale Giovanni XXIII, nei giorni in cui l’afflusso di nuovi pazienti ha messo in grave crisi la capacità di risposta della struttura.© Sergio Ramazzotti/Parallelozero

Sanremo: con «The Box» riflettori puntati anche sull’arte contemporanea

C’è anche l’arte contemporanea tra i protagonisti di questa settimana sanremese. In occasione del Festival della canzone italiana, Villa Ormond ospita Melanie Francesca, artista visiva e scrittrice che vive tra Dubai e la Svizzera, con la sua «The box». Si tratta di un'imponente installazione luminosa in tela e metallo – 400 chilogrammi per 3 metri per lato e 2,5 in altezza – nella quale si può entrare per immergersi nella storia mito del vaso di Pandora, leggendario contenitore di tutti i mali che si riversano nel mondo alla sua apertura.
All’interno dell’opera, che ricalca gli stilemi del «Giudizio Universale», trova posto un mondo - contemporaneamente reale e immaginario -, popolato da uomini e donne, angeli e demoni, animali e insetti, architetture e alberi, elementi vari disegnati con uno stile netto e determinato che molto deve all’arte di maestri nordici come Dürer.
«The box» contiene anche decine di poesie e rime dell’artista scritte appositamente: una recita verbale che si unisce al racconto in nero di china. Il verso 94, «l’arpa che incarta il corpo suona sull’uomo nuovo, per cui vibra variabile il presente, instabile ma sposo della spinta sul futuro», è segno di come quest’opera sia anche un invito alla speranza.
Melanie Francesca ci ricorda così – racconta Francesco Alberoni – «che i contrasti, i chiaroscuri e le contraddizioni fanno parte della vita di ciascuno di noi, che la bellezza riluce ulteriormente emergendo dalle tenebre e che in tutto ciò risiede la forza e la potenza del genere umano».
«The box» può essere visitata anche on-line al link: https://www.melaniefrancesca.com/enter-the-box/.

Su Zoom e al museo Poldi Pezzoli di Milano un incontro su Federico Zeri e il Maestro dei Baldraccani
Si parlerà del «Maestro dei Baldraccani» nel prossimo appuntamento promosso dal Museo Poldi Pezzoli di Milano in occasione della mostra «Giorno per giorno nella pittura. Federico Zeri e Milano».
Lunedì 7 febbraio, in presenza e in diretta streaming sulla piattaforma Zoom, la direttrice Annalisa Zanni parlerà con lo storico dell’arte Vincenzo Gheroldi e con Angelo Mazza, conservatore delle Collezioni d'arte e di storia della Fondazione Cassa di risparmio in Bologna, della pala del «Maestro dei Baldraccani», opera che verrà esposta il prossimo aprile nell’ambito della mostra felsinea «La quadreria del Castello. Dipinti emiliani dalla collezione Michelangelo Poletti».
Il «Maestro dei Baldraccani» è una creatura di Federico Zeri. Fu, infatti, lo studioso a coniare questa espressione per indicare un artista di primo piano nel contesto del Rinascimento in Romagna alla fine del Quattrocento. A questo pittore è stata attribuita la «Madonna e il Bambino in trono tra i santi Pietro, Paolo, Francesco d’Assisi e Antonio da Padova», pala di destinazione francescana commissionata dalla potente famiglia forlivese dei Baldraccani.
Il dipinto, mai esposto in pubblico, per oltre trent’anni noto per le sole fotografie in bianco e nero utilizzate da Federico Zeri, è entrato recentemente nella collezione di Michelangelo Poletti nel castello di San Martino in Soverzano.
La pala è stata restaurata tra il 2018 e il 2019 ed esaminata attraverso indagini diagnostiche condotte da Vincenzo Gheroldi allo scopo di raccogliere informazioni utili alla programmazione del restauro dell’opera. Per le due campagne è stata messa a punto una particolare metodologia non invasiva che ha permesso di produrre referti da cui sono emerse interessanti informazioni di carattere storico riguardanti le peculiarità tecniche dell’opera, la sua collocazione cronologica e le modalità del suo utilizzo.
L’appuntamento è in programma alle ore 18. Per partecipare è necessario scrivere una e-mail all’indirizzo relazioni_istituzionali@museopoldipezzoli.it. Per ulteriori informazioni è possibile consultare il sito www.museopoldipezzoli.it.

Da Archinto due volumi su Roberto Longhi e Giulio Briganti
Archinto pubblica due libri che raccontano il lungo e ininterrotto dialogo tra due protagonisti della storia dell’arte del ventesimo secolo: Roberto Longhi (1890-1970), professore alle università di Bologna e Firenze, nonché autore di importanti saggi su Caravaggio e Piero della Francesca, e il suo allievo Giuliano Briganti (1918-1992), docente all’ateneo di Siena, firma de «L’Espresso» e de «la Repubblica», autore di libri fondamentali quali «La Maniera italiana» (1961) e «I pittori dell’immaginario» (1977).
Il primo volume, intitolato semplicemente «Roberto Longhi» (2021, pp. 168, € 18.00, collana Le Mongolfiere), raccoglie gli scritti che in quasi quarant’anni Giuliano Briganti ha dedicato al grande studioso: una sorta di esame di coscienza, in pubblico, sulla natura dei rapporti tra maestro e allievo. I testi raccolti, per la curatela di Giovanni Agosti, coprono l’arco che corre dalla celebrazione di Roberto Longhi, nel 1955, sulle pagine della «Fiera letteraria», in cui Giuliano Briganti festeggiava il maestro in compagnia di Cecchi, Toesca, Contini, Bassani, Bertolucci, Volpe, Pallucchini, Soldati, fino ai molti interventi pubblicati sulle pagine de «la Repubblica».
In questo campionario di scritture non manca una prova narrativa, in cui il ricorso al sogno è un altro modo per affrontare l’ombra del maestro. Sullo sfondo scorre il panorama della storia dell’arte in Italia nel secondo Novecento, tra editoria, università e inesorabile, progressiva, perdita di autorevolezza culturale.
Il secondo volume si intitola, invece, «Incontri. Corrispondenza 1939-1969» (2021, pp. 208¬, € 18.00; collana Lettere) ed è a cura di Laura Laureati. Contiene l’intero carteggio Longhi-Briganti e indaga il versante più privato del rapporto fra i due studiosi. 
Il primo documento è un telegramma dell’agosto 1939. L’ultimo, datato 2 aprile 1969, è un’affettuosa lettera di Longhi, ormai ottantenne e vicino alla morte (3 giugno 1970), inviata al figlio del compagno di gioventù. Briganti ha quasi cinquant’anni ed è già maestro, ma non ha dimenticato che «gli allievi e non solo i libri […] sono fatti per riunire gli uomini al di là della morte e difenderci contro il nemico più implacabile di tutta la vita: la dimenticanza».
Per maggiori informazioni: www.archinto.it.

domenica 30 gennaio 2022

#notizieinpillole, cronache d'arte dal 24 al 30 gennaio 2022

«Tipo»: a Prato il turismo e la cultura entrano in fabbrica
Visite guidate, trekking urbani, spettacoli e laboratori per adulti e bambini, «dentro e fuori» dalle fabbriche che hanno fatto la storia della città di Prato, uno dei più grandi distretti tessili di tutta Europa: ecco quanto offre «Tipo», un inedito progetto di turismo industriale in programma ogni ultimo week-end del mese, fino alla fine maggio, che coinvolge le manifatture storiche e quelle d’avanguardia.
L’iniziativa permette un ulteriore modalità per vivere il territorio e le sue bellezze, affiancandosi ai già apprezzati percorsi legati alla storia (con le chiese e i musei, le ville medicee e gli affreschi di Filippo Lippi e Paolo Uccello), alla contemporaneità (con il Centro «Luigi Pecci»), ai cammini naturalistici (con la via Medicea e quelle della lana e della seta) e all’enogastronomia (con prodotti presidio Slow Food come la mortadella di Prato o i fichi secchi di Carmignano).
Ogni sabato dell’ultimo fine settimana del mese, «Tipo» – il cui slogan è «Fabbriche raccontano storie» – propone spettacoli in luoghi della produzione tessile solitamente non aperti al pubblico. Questo mese tocca all’azienda Picchi, che farà da scenario a un concerto di Elianto (sabato 29 gennaio, alle ore 20:30). Nei mesi a seguire saranno protagonisti l’azienda Ricceri, con lo spettacolo «Moriremo cinesi?» di Federico Rampini (26 febbraio), e il complesso industriale de La Cartaia di Vaiano, con uno show di Fabio Celenza (26 marzo).
La domenica ci si muove, invece, sul territorio provinciale, per scoprire il patrimonio di architettura industriale e di ex fabbriche rigenerate con progetti di innovazione urbana. Si inizierà con un tour nella zona fuori Porta Santa Trinita e all’archivio dei campionari dello storico Lanificio Lucchesi (domenica 30 gennaio). Si proseguirà con un trekking urbano dalla Corte via Genova (ex lanificio Bini) al polo Campolmi, fabbrica della cultura, che ospita oggi il Museo del Tessuto e la biblioteca comunale Lazzerini (domenica 26 febbraio). È, poi, in programma una visita alla Val di Bisenzio (26 marzo), culla dell’industria tessile delle origini, dove si trovano il Museo delle macchine Tessili di Vernio, l’ex lanificio Romei di Cerbaia e il villaggio fabbrica Forti de La Briglia.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.tipo.prato.it

«Il canto di Ulisse», un reading-concerto su Primo Levi
È un omaggio a Primo Levi, testimone oculare di ciò che è stata la Shoah, quello che andrà in scena lunedì 21 febbraio, alle ore 21, al Teatro Off Off di Roma.
Dopo il debutto al Festival di Todi del 2019, arriva per la prima volta nella capitale «Il canto di Ulisse», reading-concerto dai testi «L’ultimo Natale di guerra» e «Se questo è un uomo», che vede protagonista Roberto Herlitzka, accompagnato da Stefano Santospago e dai musicisti Alessandro Di Carlo al clarinetto e Alberto Caponi al violino.
Lo spettacolo, prodotto dalla Compagnia Diritto e Rovescio, con la curatela registica di Teresa Pedroni, era stato concepito in occasione del centenario della nascita di Primo Levi, nel 2020, ma rimandato a causa della pandemia.
«L’ultimo Natale di guerra» è una raccolta di racconti scritti da Primo Levi tra il 1977 e il 1987 per diversi giornali-riviste, editi postumi. «Il canto di Ulisse» è, invece, un frammento del romanzo «Se questo è un uomo», l’episodio in cui più intensamente e consapevolmente vediamo i personaggi elevarsi al di sopra dell’atmosfera del lager con versi, quelli di Dante, che hanno il potere di evocare un mondo di spazi aperti, orizzonti sterminati, mari e montagne familiari, oltre il confine dei lager.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito http://off-offtheatre.com

Al via le selezioni per il concorso «Superblast»
«Come passato e futuro convivono nel presente? Cosa imparare dalla crisi, dai processi di collasso e recupero? Cosa rimarrà alle future generazioni di fronte all’infinita stratificazione che caratterizza il tempo che viviamo?» Continua, mettendo sotto i riflettori queste domande, l’indagine sui temi urgenti del contemporaneo di «Nam - Not A Museum», il programma di arte contemporanea di Manifattura Tabacchi, basato sul principio dell'interdisciplinarità, sul coinvolgimento della comunità e sull’indagine del rapporto tra arte, scienza e natura.
Rimarrà aperta fino al 1° marzo la seconda edizione del concorso internazionale «Superblast», che prevede l’assegnazione di sei residenze d’artista per under 40 nella città di Firenze.
La selezione sarà effettuata da una giuria internazionale composta da Andrea Lissoni, direttore artistico di Haus der Kunst a Monaco, Chiara Parisi, direttrice del Centre Pompidou di Metz, Elena Magini, curatrice al Centro per l’arte contemporanea «Luigi Pecci» di Prato, Caterina Molteni, assistente curatrice al Mambo di Bologna.
Il 24 aprile saranno annunciati sui canali di Manifattura Tabacchi e Nam – Not a Museum gli artisti selezionati per le residenze che avranno luogo da maggio a luglio.
Ciascun artista avrà a disposizione € 5.000 per la produzione del proprio lavoro, uno studio e un alloggio per il periodo di residenza.
Le sei opere realizzate confluiranno in una mostra collettiva, che si svolgerà nel mese di settembre a Manifattura Tabacchi e che verrà raccontata da una pubblicazione curata e edita da Nero Editions.
Maggiori informazioni sono reperibili sul sito www.superblast.it

«Lovers in art», da 24 Ore Cultura un libro su dieci coppie di artisti e amanti
Quando l’arte e la passione si incontrano nascono storie indimenticabili, a volte tormentate, mai banali. La storia è segnata da questi incontri fatali, vissuti all’insegna della condivisione e di una rivalità più o meno esplicita. Dal 3 febbraio da 24 Ore Cultura porta in libreria «Lovers in Art» (cartonato 20 x 26 cm, pagine: 128 pagine interamente illustrate, prezzo: € 29,90, codice ISBN: 978-88-6648-559-9) una graphic novel, illustrata da Giancarlo Ascari, in arte Elfo, e Pia Valentinis, che racconta le aspirazioni e le difficoltà, le complicità e i sodalizi di dieci celebri coppie che hanno fatto la storia dell’arte.
Con oltre cento tavole interamente scritte e illustrate a quattro mani, il volume racconta spaccati di vita in cui le tensioni artistiche e affettive si sono intrecciate e scontrate in modi nuovi, producendo capolavori estetici, disastri umani e grandi amori.
Tra le pagine del libro i lettori potranno così scoprire le storie di Dante Gabriel Rossetti ed Elizabeth Siddal, August Rodin e Camille Claudel, Gustav Klimt ed Emilie Flöge, Amedeo Modigliani e Jeanne Hébuterne, Vasilij Kandinskij e Gabriele Münter, Pablo Picasso e Dora Maar, Salvador Dalì e Gala, Diego Rivera e Frida Kahlo, Alfred Stieglitz e Georgia O’Keeffe, Christo e Jeanne-Claude.
In una società che all’epoca era ancora fortemente impregnata di supremazia maschile, il volume vuole dare nuova luce anche alle donne di queste coppie che non erano solo “mogli, amanti o muse di”, ma geniali pittrici, fotografe, poetesse e scultrici, vere e proprie protagoniste della realtà artistica del loro tempo.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.24orecultura.com.

«Fiori in arte», al Porto antico di Genova va in scena Antiqua 2022
Si intitola «Fiori in arte» la trentunesima edizione di Antiqua, fiera in programma dal 5 al 13 febbraio al Porto Antico di Genova, nei Magazzini del Cotone.
Arredi di alta epoca, sculture, tappeti pregiati, dipinti a partire dal Seicento con un excursus nella pittura ligure del XIX e XX secolo, argenti e gioielli, sculture lignee e in marmo, ceramiche, vetri artistici, libri e stampe costituiranno l’ossatura della manifestazione.
Tra i dipinti annunciati in anteprima ci sono «Omaggio floreale alla costruzione del Molo Nuovo alla Lanterna» di Stefano Camogli (Genova 1619/20 1690), «L’Arca di Noé dopo il diluvio» della bottega di Bernardino Campi (Reggio Emilia 1520-1571) e la «Riconciliazione di Labano con Giacobbe» di Giovanni Andrea De Ferrari (Genova 1598-1669). Tra le argenterie, sempre di manifattura genovese, saranno esposte una coppia di acquasantiere Luigi XVI in argento finemente sbalzato e cesellato del XVIII secolo, due servizi di posate in argento e un crocifisso ligneo di scuola genovese del XVII secolo.
In occasione della manifestazione, Banca Carige proporrà nell’atrio d’onore una rassegna di opere provenienti dalla sua collezione, tra cui lavori di Raimondo Sirotti e Rubaldo Merello e preziose maioliche del XVII e XVIII secolo.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.antiquagenova.it

La Galleria dell’Accademia di Firenze riapre al pubblico le sale «Bizantine»
È una pagina importante nella storia della Galleria dell’Accademia di Firenze quella scritta in questi giorni. Hanno da poco riaperto al pubblico le sale dedicate alla pittura del Duecento e del Trecento, collocate al piano terra, con un nuovissimo impianto di climatizzazione e di illuminazione che esalta l’allestimento, rinnovato anche nel colore scelto per le pareti, una tonalità di verde ispirata alle cromie dei capolavori ospitati e «in particolare – racconta il direttore Cecilie Hollberg - a quello che troviamo nel bellissimo frammento dell’affresco di Giotto con la testa di pastore».
Le cosidette sale «Bizantine» sono un prezioso scrigno, ricco di tavole a fondo oro appartenenti alla collezione dei maestri della pittura gotica fiorentina. Tra gli altri, sono esposti il Maestro della Maddalena, il Maestro della Santa Cecilia, Taddeo Gaddi, Bernardo Daddi, Andrea di Cione detto l’Orcagna e Pacino di Buonaguida. A quest’ultimo artista, straordinario pittore e miniaturista, è dedicata la sala centrale, dove sono esposti il famoso «Albero della Vita» e altre tre importanti opere (tempera su tavola, datate 1305-1310) raffiguranti San Procolo, San Giovanni Evangelista e San Nicola, che costituivano tre dei pannelli laterali di un polittico smembrato proveniente dalla chiesa di San Procolo a Firenze.
Le sale sono, dunque, dotate oggi di un impianto di climatizzazione di cui erano totalmente sprovviste e di un impianto di illuminazione sviluppato ad hoc da Enel X, con la supervisione dell’architetto Claudia Gerola e della restauratrice Eleonora Pucci, mirato al risparmio e all’efficienza energetica, ma anche alla valorizzazione delle opere esposte.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.galleriaaccademiafirenze.it.

[Foto di Guido Cozzi] 

«Saul Steinberg. scrivere senza parole»: un nuovo podcast di Triennale Milano
Triennale Milano ha da poco lanciato un nuovo podcast: «Saul Steinberg. Scrivere senza parole». Il progetto, articolato in nove episodi, vuole offrire delle chiavi di lettura per avvicinarsi alla figura del disegnatore e illustratore rumeno di nascita e americano d’adozione, tra i più importanti artisti del Novecento, e per leggere le sue opere anche attraverso la ricostruzione del contesto nel quale egli è nato e cresciuto.
Il podcast è scritto e realizzato da Francesco Costa, giornalista e vicedirettore de «Il Post», in occasione della mostra «Saul Steinberg Milano New York», a cura di Italo Lupi e Marco Belpoliti, promossa da Triennale con Electa. Il sound design è invece, curato da Bruno Belissimo; mentre firma la produzione Mismaonda.
Dopo una breve introduzione, il progetto racconta gli anni milanesi, importanti nella formazione di Saul Steinberg, che trova nella città un contesto culturale stimolante, cosmopolita, un laboratorio di modernità. Qui l’artista conosce, tra gli altri, Aldo Buzzi, Alberto Lattuada, Cesare Zavattini, Giovanni Guareschi. Il terzo episodio è dedicato all’America, dove Saul Steinberg arriva nel 1942 e dove, durante il suo soggiorno, realizzò quasi 90 copertine e circa 1.200 disegni per il «The New Yorker». Su questo giornale, durante la seconda Guerra mondiale, Saul Steinberg pubblica anche ben dieci reportage, protagonisti di uno specifico segmento del podcast.
Gli episodi successivi sono dedicati allo stile inconfondibile dell’artista, un miscuglio di linguaggi caratterizzato dall’invenzione di personaggi «camuffati», al suo sguardo sul paesaggio urbano americano, al suo lavoro su marchi e loghi.
Il penultimo episodio è dedicato al «Labirinto dei Ragazzi» che l’artista realizza insieme allo studio di architettura Bbpr per la decima Triennale di Milano (1954), di cui oggi restano, oltre alle fotografie e i suoi racconti, i quattro leporelli esposti nella mostra attualmente in corso in Triennale.
L’ultimo episodio è, invece, dedicato al rapporto di Saul Steinberg con il sistema dell'arte. L’artista alternava fasi della sua carriera di estrema insoddisfazione e disincanto a momenti di grande entusiasmo. In tutta la sua sterminata produzione ritorna il tema dell'identità, della percezione di sé e dello sguardo degli altri.
Il podcast è disponibile sul sito triennale.org.
 
Il celebre street artist André Saraiva reinterpreta lo smile
Era il 1972 quando faceva la sua comparsa The Smiley Company, azienda fondata dal giornalista francese Franklin Loufrani per contribuire alla diffusione di buone notizie e infondere positività e ottimismo. Cinquant’anni dopo il marchio che ha reso famoso uno dei simboli più iconici di sempre, lo smile, festeggia l’anniversario con una serie di iniziative worldwide, tra cui la collaborazione con André Saraiva. Al noto street artist, conosciuto anche come Monsieur André o Monsieur A, l’azienda presieduta da Nicolas Loufrani ha, infatti, affidato il compito di re-immaginare l’iconico logo di Smiley.
Nato a Uppsala, in Svezia, da genitori di origini portoghesi, André Saraiva è cresciuto a Parigi dove giovanissimo ha iniziato a coltivare la sua passione per i graffiti. In occasione del cinquantesimo anniversario di The Smiley Company, l’artista ha creato una serie di reinterpretazioni artistiche originali e in edizione limitata del simbolo icona di Smiley, volta a catturare il messaggio di positività che da sempre caratterizza il marchio. «Smiley è un simbolo davvero iconico, di cui tutti si sentono parte e con esso creano la propria storia - racconta l’artista-. Anche il mio personaggio Mr. A è un ragazzo felice, perciò quando abbiamo deciso di lavorare insieme a Smiley per Mr. A è stato come incontrare il suo fratello maggiore. È una collaborazione perfetta».
I loghi creati da André Saraiva per Smiley saranno utilizzati per rendere uniche oltre cinquanta collezioni presentate in concomitanza delle celebrazioni del compleanno del brand, durante la primavera ed estate del 2022. I lavori dello street artist saranno al centro delle campagne di marketing durante tutto l'anno e in diverse «forme» che spazieranno dal manifesto della street art a livello globale fino a vere e proprie esperienze live all’insegna di uno stile di vita positivo.
Maggiori informazioni su: https://smiley.com/. 

Da Franco Maria Ricci editore un libro sull'arte degli scacchi
L'arte degli scacchi – un gioco tanto complesso quanto universalmente noto – è al centro dell'ultimo volume d'arte pubblicato da FMR, la casa editrice fondata più di cinquant'anni fa da Franco Maria Ricci che ha fatto dell'eleganza della veste editoriale e della qualità dei contenuti la propria cifra stilistica. È, infatti, appena stato licenziato il volume «Sulla scacchiera. Arte e scienza degli scacchi», centosettanta pagine che ripercorrono la storia di un gioco dal fascino immutato con gli anni, che richiede ragionamento logico, concentrazione, capacità di astrazione, fiducia in sé stessi e disciplina, nei limiti imposti da precise regole.
I meccanismi cerebrali che si attivano durante una partita sono al centro del saggio in apertura, scritto dai neuroscienziati Zachary Mainen e Razvan Sandru, che presentano un’analisi dei processi mentali alla base delle varie strategie di gioco.
A questo testo segue il lungo excursus del giornalista Stefano Salis, che racconta la nascita e l’evoluzione degli scacchi e ne presenta i riflessi nel cinema, nelle arti figurative, nella letteratura, in un viaggio che spazia dallo scrittore Vladimir Nabokov al «Settimo sigillo» di Ingmar Bergman, da Jorge Luis Borges a Marcel Duchamp, artista e campione assoluto di questa disciplina.
Chiude il volume l’appendice curata dallo scacchista e giornalista Adolivio Capece, che fornisce una sintesi delle regole basilari del gioco e propone una raccolta di partite celebri, sia vere sia fittizie, svelandone mosse e curiosità.
L’importanza degli scacchi nel corso del tempo è testimoniata anche dagli oggetti con cui si giocava: le scacchiere, uno degli omaggi più pregiati da donare a re e alti dignitari dello Stato e della Chiesa, realizzate da abili artigiani con i metalli nobili, i legni più rari, l’avorio. Per illustrare il volume sono stati scelti i pezzi più raffinati di una delle più preziose e complete collezioni private al mondo, magistralmente fotografati da Massimo Listri.
Per maggiori informazioni: https://www.francomariaricci.com/it/libri/sulla-scacchiera.

Arriva in libreria «10x10 storie di donne fotografe»
Esce il 3 febbraio in libreria «10x10. Storie di donne fotografe», volume a cura di Nicolas Ballario - edito da 24 Ore Cultura - che racconta vita, arte e aneddoti di dieci protagoniste dell’arte fotografica del XXI secolo.
Da Dorothea Lange con i suoi scatti sull’America prostrata dalla Grande Depressione, a Gerda Taro con la sua tragica, prematura fine nella guerra di Spagna, il volume propone un’accurata selezione di fortunate e celebri immagini, impresse negli occhi e nelle emozioni di tutti, realizzate da importanti artiste del secolo scorso, che sono anche state oggetto di una miniserie di documentari video promossa da 24 Ore Cultura per il Mudec.
Nel volume si trovano gli scatti di Margaret Bourke-White, tra i primi fotografi a mettere piede nel lager di Buchenwald, e di Claude Cahun, la cui opera è genialmente anticipatrice di tematiche dei nostri giorni come quelle legate al gender e all’identità sessuale, ma anche di Lisetta Carmi, fotografa quasi dimenticata per decenni e riscoperta in tardissima età.
Vengono, quindi, raccontate autrici dedite a una propria originale ricerca, come Tina Modotti, divisa tra arte e impegno politico, e la versatile Imogen Cunningham; fino ad arrivare ai giorni nostri, con grandi artiste come Cindy Sherman e Vanessa Beecroft, che utilizzano la fotografia come medium privilegiato di espressione del proprio mondo interiore e della propria ricerca espressiva. Non manca una selezione di scatti di Nan Goldin, che ha «fotografato l’infotografabile», sfidando una società che non era pronta a essere messa davanti alla cruda realtà.
Il libro, in vendita anche on-line, «non vuole essere un compendio della fotografia al femminile e certamente non ha l’ambizione di offrire una sintesi in questo senso – afferma il curatore Nicolas Ballario -. Abbiamo scelto dieci donne che con la loro pratica hanno cambiato la storia della fotografia e lo hanno fatto da una posizione scomoda, che le voleva gregarie». Le artiste raccontate sono donne e fotografe dalle personalità molto diverse; ad unirle però c’è la loro avanguardia: l’aver anticipato i tempi, sfidando un mondo e un sistema – quello dell’arte – profondamente maschilista, in cui a dominare sono quasi sempre gli uomini.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.24orecultura.com.

«Max Ernst: dalla persecuzione alla libertà», la collezione Peggy Guggenheim commemora la Giornata della memoria
La collezione Peggy Guggenheim di Venezia ha partecipato alle commemorazioni per la Giornata della memoria, ricorrenza internazionale in ricordo delle vittime dell’Olocausto, con una presentazione aperta al pubblico dedicata a Max Ernst e, in particolare, alla sua scultura «Giovane donna a forma di fiore» (nella foto), esposta nel giardino delle sculture.
Giovedì 27 gennaio, alle ore 12, in italiano, e alle ore 15, in inglese, i visitatori hanno potuto assistere al talk «Max Ernst: dalla persecuzione alla libertà”», della durata di circa quindici minuti, dedicato all’artista franco-tedesco, tra i maggiori interpreti dell’arte del XX secolo.
Max Ernst prende parte a due dei principali movimenti artistici del ’900, il Dadaismo e il Surrealismo, distinguendosi come una delle figure principali dell’arte occidentale dell’epoca. Nel corso della sua carriera, affronta soggetti legati all’occulto, all’alchimia, alla metamorfosi e all’unità della materia nell’universo. Ritroviamo il suo nome insieme a quello di Otto Dix, Theo Brün, Vasily Kandinsky e tanti altri nella «Mostra sull’arte degenerata», esposizione itinerante organizzata da Adolf Ziegler e dal partito nazista a fini propagandistici inaugurata a Monaco di Baviera il 19 luglio 1937. Nel 1939 Max Ernst viene imprigionato a Camp des Milles, campo di internamento francese, perché considerato nemico straniero. Due anni dopo fugge negli Stati Uniti con l’aiuto di Peggy Guggenheim che sposerà nel 1941.
L’opera «Giovane donna a forma di fiore» (1944) è un esempio dell’analisi di Max Ernst del tema della metamorfosi, che è qui collegato alla corrispondenza simbolica tra donna e natura. L’artista presenta la trasformazione fisica, l’assimilazione del corpo della donna in una pianta, in uno stadio piuttosto avanzato.
Per maggiori informazioni: https://www.guggenheim-venice.it/it/.