Un secolo dopo la realizzazione, l’opera «Hombre sentado» («Uomo seduto») appare in uno stato di conservazione precario, peggiore rispetto alle altre tre della serie. Gli esperti notano molte screpolature, dette tecnicamente «crettature superficiali».
Il museo decide così di restaurare l’opera e, contemporaneamente, avvia una ricerca internazionale per capire il perché di quelle differenze tra lavori per molti versi simili e che avevano condiviso un secolo in condizioni analoghe. Parte così il progetto «Promesa (Study of the mechanical and dimensional properties of commercial paint films)», coordinato da Laura Fuster-Lopez, professoressa di Conservazione all'Universitat Politècnica de València, che coinvolge anche l’università Ca’ Foscari di Venezia, il Cnr - Istituto fisica applicata «Nello Carrara», la Escuela de Conservación y Restauración de Bienes Culturales de Aragón, il Royal Danish Academy of Fine Arts e la Queen’s University.
«Il progetto si è incentrato sullo studio combinato della composizione chimica e dei meccanismi di degradazione fisico-meccanica che si manifestano in opere d'arte moderna e contemporanea - afferma Laura Fuster-Lopez -. Dato che non tutte le problematiche hanno una causa comune, e dato che le nostre opere d'arte continuano a deteriorarsi silenziosamente anche in condizioni di conservazione ed esposizione controllate, è necessario capire quali aspetti inerenti alla composizione dei materiali usati dagli artisti possono essere la causa della loro instabilità nel tempo, al fine di adattare misure preventive di conservazione nelle nostre collezioni».
La ricerca, che ha coinvolto anche l’italiana Francesca Izzo, ricercatrice di Scienze chimiche per i Beni culturali all’Università Ca’ Foscari Venezia, si è da poco conclusa e i risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica «Sn Applied Sciences» («Picasso’s 1917 paint materials and their influence on the condition of four paintings» ).
La ricerca, che ha coinvolto anche l’italiana Francesca Izzo, ricercatrice di Scienze chimiche per i Beni culturali all’Università Ca’ Foscari Venezia, si è da poco conclusa e i risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica «Sn Applied Sciences» («Picasso’s 1917 paint materials and their influence on the condition of four paintings» ).
Le quattro opere di Pablo Picasso prese in esame si sono rivelate il banco di prova perfetto per iniziare a indagare la correlazione tra i materiali pittorici usati dall’artista e le loro condizioni reali. Con un approccio multi-analitico e tecnologia d’avanguardia, le scienziate hanno studiato ogni strato per trarne le informazioni nascoste alla vista. Hanno così realizzato il primo studio che considera le problematiche di degrado meccanico dei dipinti dell’artista spagnolo con un approccio scientifico analitico e diagnostico.
Francesca Izzo, esperta di pitture artistiche del XX e XXI secolo, si è focalizzata sulle indagini sugli strati dipinti e gli strati della preparazione pittorica.
«Le analisi svolte mettono in luce che Picasso ha dipinto con colori a olio, contenenti sia il tradizionale olio di lino, sia oli meno siccativi come l’olio di cartamo e di girasole. In un caso, poi, - spiega la studiosa dell’ateneo veneto - ipotizziamo che l’artista abbia sperimentato l’uso, non ancora in voga nel 1917, di pitture semi-sintetiche. Le tele utilizzate sono di cotone. Su queste Picasso ha steso due diversi strati di preparazione: uno ottenuto con colla animale, l'altro invece con olio siccativo. In entrambi i casi le preparazioni sono state mescolate con pigmenti diversi (biacca, barite, ossido di zinco). Inoltre, è interessante notare la presenza dei cosiddetti «saponi metallici», composti che si formano per interazione tra il legante e alcuni ioni rilasciati dai pigmenti che possono provocare danni ben visibili, sia a livello estetico che a livello di stabilità chimica e meccanica».
I risultati ottenuti sono stati combinati con l'esame visivo delle crettature e dei problemi meccanici delle pitture per stabilire ipotesi sulle differenze di degrado. Questa è una delle prime volte che viene adottato un approccio basato su tecniche di documentazione non invasive, analisi chimico-fisiche e osservazioni del danno meccanico per fornire una visione del possibile contributo che ogni strato ha sul degrado osservato.
Ne è emerso che le interazioni fra pigmenti e leganti possono aver reso i film pittorici più o meno inclini alla degradazione. Lo stesso è stato osservato negli strati sotto la pellicola pittorica: spessori di preparazione diversi, diverse interazioni pigmenti-legante e altre minime differenze che possono aver provocato una diversa reazione alle condizioni ambientali.
Lo studio approfondito del caso ha sollevato nuovi interrogativi e spunti per nuove ricerche. Le scienziate stanno cercando di scoprire il ruolo della possibile «migrazione» di materiali tra gli strati di pittura e di preparazione.
Con i nuovi risultati scientifici a disposizione, Reyes Jiménez de Garnica, direttrice del Dipartimento di Conservazione preventiva e Restauro del Museu Picasso di Barcellona, potrà affinare le strategie di conservazione preventiva e valutazione delle condizioni di conservazione (in particolare del ruolo dell’umidità) ed esposizione delle opere.
Come in un giallo, dunque, gli studiosi sono riusciti, mettendo in ordine tassello dopo tassello, a comprendere il mistero dell’invecchiamento dei quadri di Pablo Picasso. La colpa è della trama delle tele in cotone, degli oli usati e soprattutto dei colori, pitture semi-sintetiche ancora sperimentali, in grado di accelerare i «cretti».
Francesca Izzo, esperta di pitture artistiche del XX e XXI secolo, si è focalizzata sulle indagini sugli strati dipinti e gli strati della preparazione pittorica.
«Le analisi svolte mettono in luce che Picasso ha dipinto con colori a olio, contenenti sia il tradizionale olio di lino, sia oli meno siccativi come l’olio di cartamo e di girasole. In un caso, poi, - spiega la studiosa dell’ateneo veneto - ipotizziamo che l’artista abbia sperimentato l’uso, non ancora in voga nel 1917, di pitture semi-sintetiche. Le tele utilizzate sono di cotone. Su queste Picasso ha steso due diversi strati di preparazione: uno ottenuto con colla animale, l'altro invece con olio siccativo. In entrambi i casi le preparazioni sono state mescolate con pigmenti diversi (biacca, barite, ossido di zinco). Inoltre, è interessante notare la presenza dei cosiddetti «saponi metallici», composti che si formano per interazione tra il legante e alcuni ioni rilasciati dai pigmenti che possono provocare danni ben visibili, sia a livello estetico che a livello di stabilità chimica e meccanica».
I risultati ottenuti sono stati combinati con l'esame visivo delle crettature e dei problemi meccanici delle pitture per stabilire ipotesi sulle differenze di degrado. Questa è una delle prime volte che viene adottato un approccio basato su tecniche di documentazione non invasive, analisi chimico-fisiche e osservazioni del danno meccanico per fornire una visione del possibile contributo che ogni strato ha sul degrado osservato.
Ne è emerso che le interazioni fra pigmenti e leganti possono aver reso i film pittorici più o meno inclini alla degradazione. Lo stesso è stato osservato negli strati sotto la pellicola pittorica: spessori di preparazione diversi, diverse interazioni pigmenti-legante e altre minime differenze che possono aver provocato una diversa reazione alle condizioni ambientali.
Lo studio approfondito del caso ha sollevato nuovi interrogativi e spunti per nuove ricerche. Le scienziate stanno cercando di scoprire il ruolo della possibile «migrazione» di materiali tra gli strati di pittura e di preparazione.
Con i nuovi risultati scientifici a disposizione, Reyes Jiménez de Garnica, direttrice del Dipartimento di Conservazione preventiva e Restauro del Museu Picasso di Barcellona, potrà affinare le strategie di conservazione preventiva e valutazione delle condizioni di conservazione (in particolare del ruolo dell’umidità) ed esposizione delle opere.
Come in un giallo, dunque, gli studiosi sono riusciti, mettendo in ordine tassello dopo tassello, a comprendere il mistero dell’invecchiamento dei quadri di Pablo Picasso. La colpa è della trama delle tele in cotone, degli oli usati e soprattutto dei colori, pitture semi-sintetiche ancora sperimentali, in grado di accelerare i «cretti».
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Pablo Picasso, Uomo seduto, Seated Man, 1917. Museu Picasso, Barcelona. Gift of Pablo Picasso, 1970. Photo: Gasull Fotografia; [fig. 2] Pablo Picasso, Uomo seduto, Seated Man, 1917. Museu Picasso, Barcelona. Studi sullo stato di conservazione dell'opera; [fig. 3] Pablo Picasso, Woman in an Armchair, 1917. Museu Picasso, Barcelona. Gift of Pablo Picasso, 1970. Photo: Gasull Fotografia; [fig. 4] Pablo Picasso, Blanquita Suárez, 1917. Museu Picasso, Barcelona. Gift of Pablo Picasso. Photo: Gasull Fotografia; [fig. 5] Pablo Picasso, Man with Fruit Bowl, 1917. Museu Picasso, Barcelona. Gift of Pablo Picasso, 1970. Photo: Gasull Fotografia
Informazioni utili
Nessun commento:
Posta un commento