ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

lunedì 20 ottobre 2014

«Arte Veneta», una nuova veste grafica per la rivista della Fondazione Cini di Venezia

Era il 1947 quando all’Università di Padova nasceva, sotto la presidenza di Giuseppe Fiocco e la direzione scientifica di Rodolfo Pallucchini, la rivista «Arte Veneta», periodico trimestrale dedicato all’arte della Serenissima, «tra le zone più vitali della tradizione artistica italiana ed europea», come sottolineava l’editoriale del primo numero.
Punto di riferimento imprescindibile per gli studi storico-artistici, annoverabile tra le più importanti pubblicazioni specialistiche sull’arte veneta, il periodico ebbe il suo primo “quartier generale” all’Istituto universitario di storia dell’arte padovano. L’anno successivo la rivista cambiava la propria periodicità, optando per un’uscita a cadenza annuale, che le conferiva, come si può leggere nella «Nota al lettore» del 1956, il carattere di «una raccolta organica di studi», ovvero una sorta di annuario, arricchito da un bollettino bibliografico riguardante tutto ciò che potesse avere attinenza con l’arte di ambito veneto.
Il trasferimento a Venezia, in seno alla Fondazione Giorgio Cini, avvenne, invece, nel 1954, anche grazie al fatto che il professor Giuseppe Fiocco fu nominato direttore dell’istituzione lagunare, nata per rispondere alle istanze di rinnovamento, metodologico e critico, nello studio delle arti figurative, soprattutto in relazione agli ingenti danni bellici subiti dal patrimonio culturale.
Risale, invece, al 1976 lo spostamento della redazione sull’isola di San Giorgio negli scenografici spazi della Fondazione Cini, che ha sede presso la biblioteca seicentesca del Longhena e la quattrocentesca “manica lunga” del Buora.
La prestigiosa rivista, che insieme a «Saggi e Memorie» (altra pubblicazione della Fondazione Giorgio Cini) rappresenta uno strumento e un punto di riferimento imprescindibile per gli studi storico-artistici, ha da poco editato, in collaborazione con Electa Mondadori, il suo sessantanovesimo numero, presentato nei giorni scorsi da Lionello Puppi e Luca Massimo Barbero.
In occasione dei sessant’anni dalla nascita dell’Istituto di storia dell’arte della Fondazione Cini, la rivista si presenta a studiosi e lettori in una veste editoriale e grafica profondamente rinnovata con un impaginato che ne migliora la leggibilità e un più ricco apparato di illustrazioni a colori. Allo stesso tempo ribadisce con forza l’impianto scientifico di alto livello che da sempre contraddistingue la pubblicazione, la ricchezza ed eterogeneità dei contenuti (architettura, pittura, scultura, miniatura, grafica e arti decorative), la varietà dei materiali proposti (saggi, segnalazioni, carte d’archivio, letture, mostre e restauri) e la tradizionale struttura che organizza i saggi critici secondo una scansione cronologica.
Gli argomenti trattati nel numero sessantanove di «Arte veneta» spaziano dal Trecento al Settecento, con importanti contributi scientifici che danno conto di alcune preziose scoperte. Szilárd Papp scrive, per esempio, un saggio sulla scoperta dell’inedita scultura con Cristo dello Szépművészeti Múzeum di Budapest, attribuita al veneziano Andriolo de’Santi e proveniente dalla chiesa di Sant’Agostino di Cremona; mentre Matthias Wivel racconta alcune novità sul giovanile «Ritratto di uomo» di Tiziano conservato alla Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen, che accurate indagini e convincenti confronti portano a identificare con l’effigie di Giovanni Bellini.
La ricostruzione dello straordinario e singolare «gabinetto degli specchi» di Ca’ Corner del ramo di San Polo, decorato da Giambattista Tiepolo nel 1741-1742, è, invece, spiegata dalla raffinata penna di Massimo Favilla. Si segnalano, infine, per il Settecento la pubblicazione di documenti inediti sui rapporti dal pittore napoletano Francesco Solimena e la committenza veneziana, e l’analisi degli ‘appunti’ del Taccuino italiano di Francisco Goya, dai quali emergono nuove notizie sui legami dell’aragonese con Venezia e Ca’ Farsetti.
Novità importante per facilitare l’accesso a questo strumento fondamentale per gli studi dell’arte della Serenissima è, poi, la pubblicazione in digitale, tramite e-book scaricabile gratuitamente, della Bibliografia dell’arte veneta, l’appendice della rivista dedicata all’informazione bibliografica relativa ad argomenti di interesse storico-artistico veneto, alla quale gli studiosi hanno sempre fatto riferimento come strumento di aggiornamento e orientamento.

Didascalie delle immagini
[Figg. 1 e 2] Cover del numero 69 di «Arte Veneta»; [fig. 3] Copertina della «Bibliografia dell'arte veneta (2011)», allegato al numero 69 di «Arte Veneta»

Informazioni utili
AA.VV., «Arte Veneta» # 69, Fondazione Giorgio Cini - Mondadori Electa, Venezia- Milano, 2014.  ISBN: 9788891800664. Dati tecnici: cartonato, pp. 220, ill. e tavv. b/n col., cm 23,5x31,5.Prezzo:  € 95,00. Informazioni:  Redazione «Arte Veneta» - Istituto di storia dell'arte, Fondazione Giorgio Cini onlus, tel. 041.2710272, fax. 041 .5205842, chiara.ceschi@cini.it. Sito internet: www.cini.it

sabato 18 ottobre 2014

«Artusi Remix», la cucina romana incontra l’arte

Lui si presenta al pubblico come dj, filosofo, economista ed appassionato di gastronomia. Il «New York Times» ha, invece, preferito definirlo «uno dei più inventivi attivisti del cibo» a livello mondiale. Don Pasta, nome d’arte di Daniele De Michele, è diventato famoso per le sue esibizioni musicali che lo vedono portare sul palco vinili e pentole, mixer e minipimer per frullare musica e veloutés.
Dopo «Food sound system», spettacolo multimediale divenuto anche un libro per i tipi delle edizioni Kowalski, il talentuoso performer, che da anni vive in Francia e che ha al suo attivo collaborazioni con Paolo Fresu e David Riondino, torna in scena con un nuovo progetto sulla cucina popolare italiana e sui sapori della nostra tradizione: «Artusi Remix – La cucina italiana nel nuovo millennio».
Domenica 19 ottobre l’iniziativa fa tappa a Roma, negli spazi del Macro alla Pelanda (Testaccio), dove Don Pasta racconterà il cibo capitolino tra trippe, code alla vaccinara e carbonare in un concentrato di rappresentazioni simboliche e memorie riccamente documentate da interviste ai protagonisti popolari della tradizione gastronomica locale. Per realizzare questo progetto e per conoscere la vera cucina romana, l’artista si è fatto invitare a pranzo da persone di San Basilio, San Lorenzo, Testaccio, Appia e Ostia, gente di borgata custode dei saperi più antichi del cibo, e ha rielaborato il materiale raccolto con il vj e regista videoAntonello Carbone e DgVisual.
«Raccontare una ricetta significa andare a capire cosa sia cambiato nella cucina tradizionale, nella sua geografia, nelle sue testimonianze, ma anche raccontare la storia di chi la racconta», afferma Don Pasta. «Significa fare una fotografia non solo della cucina romana ma di Roma stessa, parlando però anche della città del nuovo millennio col suo precariato e la sua disoccupazione, le migrazioni in entrata e uscita, il fallimento delle utopie, i conflitti generazionali. Questo perché, attraverso la cucina, tutto ciò diventa tela di fondo e strumento di ricostruzione di una nuova identità della città. Sapere cosa si sia conservato, cosa sia in mutamento, cosa si sia smarrito per sempre; capirne le tracce affettive ed emozionali in ognuno, lo smarrimento, l’ancorarsi a ciò che c’è sempre stato, lo sperimentarne la sua trasformazione in qualcosa di nuovo. Ho voluto, -spiega ancora il performer- con questo, rendere omaggio alla città eterna attraverso la sua gente e il quinto quarto».
Donpasta continua così la sua ricerca, in parte etnografica ed in parte culinaria: una performance che si fa dunque strumento di riconnessione tra arte e socializzazione ed è costruita, con la consulenza di Casartusi e della Treccani, anche in funzione di un progetto più ampio che prevede la pubblicazione di un libro per la casa editrice Mondadori, un nuovo tour mondiale, la ristampa DeLuxe della prima edizione del libro «La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene» di Pellegrino Artusi.

Informazioni utili 
Don Pasta presenta «Artusi Remix a Roma - Se magni bene nun mori mai». Factory La Pelanda, piazza Orazio Giustiniani, 4 – Roma (Testaccio). Ingresso libero.Domenica 19 ottobre 2014, alle ore 18.30. Informazioni: danieledemichele@gmail.com. Sito internet: www.donpasta.com.

venerdì 17 ottobre 2014

«NavigArte», danza, musica, teatro e arti visive alla Porta del Mar di Pisa

Una rassegna di danza, teatro, musica e arti visive per riscoprire il rapporto della città di Pisa con le sue vie di acqua: si presenta così «NavigArte», calendario di spettacoli e performance, giunto alla sua quarta edizione, che dal 18 ottobre al 21 novembre trasformerà la Corte Sanac, o meglio la Porta del Mar di Pisa, un tempo centro di scambio con tutto il bacino del Mediterraneo attraverso la navigazione, in un luogo inedito di produzione culturale.
Ad aprire la rassegna sarà, sabato 18 ottobre ai Teatri di danza e delle arti, la Compagnia Estemporada con lo spettacolo «Lo stato della materia», per la regia e la coreografia di Livia Lepri.
Il cartellone proseguirà, nella serata di sabato 25 ottobre, con «Brainstorming Studio 2 The free leggend race», appuntamento a cura della Compagnia Borderline Danza, nel quale viene raccontato, attraverso le coreografie di Claudio Malangone, la storia di due danzatori che viaggiano in uno spazio-tempo indefinito e in un instabile equilibrio tra la luminosità e il suo contrario, il movimento e la quiete, il suono e il silenzio, la presenza e l'assenza.
Seguirà, quindi, l’esibizione della Compagnia Elledanse, proveniente da Bratislava, che venerdì 31 ottobre proporrà lo spettacolo «Score», per le coreografie di Boris Nahálka, rappresentazione di un gioco le cui regole incerte vengono manipolate dai giocatori stessi. Sempre il 31 ottobre, dalle 19 in poi, gli spazi urbani della Corte Sanac ospiteranno «Sconfinamenti tra i linguaggi delle arti e i luoghi del quotidiano». Anche quest’anno, dopo il grande successo delle precedenti edizioni, tornano ad essere protagonisti giovani coreografi e video artisti provenienti dall’Italia e dall’estero che reinterpretano i luoghi in modo originale.La staffetta di esibizioni vedrà susseguirsi le performance «Stabat Mater» di Tiziana Petrone, «Voci» di Silvia Bergamasco, «Body Sattva» di Ambrose Laudani e «Public Space» di Movimentoinactor, coreografia costruita sul video d’arte omonimo di Marcantonio Lunardi.
Il mese di novembre si aprirà con un doppio appuntamento: venerdì 7 novembre negli spazi della Biblioteca comunale di Pisa si terrà un incontro con lo scrittore e giornalista Enzo Romeo, autore del libro «L’invisibile bellezza», nel quale viene ripercorsa la biografia di Antoine de Saint Exupery. Subito dopo, la biblioteca si trasformerà in spazio teatrale e ospiterà lo spettacolo «L’amore invincibile del Principe e della Rosa», nuova produzione della Compagnia Movimentoinactor Teatrodanza, per la regia e coreografia di Flavia Bucciero, ispirata alla relazione fra Antoine e Consuelo de Saint Exupéry, riletta in controluce attraverso le pagine del libro «Il piccolo principe».
Seguirà, nel tardo pomeriggio di martedì 18 novembre, la rassegna di video-arte «Vie d’acqua elettroniche»; mentre a chiudere il festival sarà uno spettacolo per i bambini: «Babajaga» della Compagnia Balletto di Sardegna/Asmed, riadattamento di una nota leggenda russa che parla di amore, amicizia e coraggio, per la regia di Senio Giovanni Barbaro Dattena in scena giovedì 20 e venerdì 21 novembre ai Teatri di danza e delle arti. Un cartellone, dunque, vario quello di «NavigArte» che vuole raccontare come le vie d’acqua non siano solo il passato, ma anche il futuro di Pisa.

Informazioni utili
«NavigArte». Teatri di danza e delle arti, via del Chiassatello-Corte Sanac 97-98 – Pisa. Orari: ore 21.00. Ingresso agli spettacoli: € 8,00, ridotto € 5,00 (per studenti universitari, bambini, anziani, residenti del quartiere di Porta a mare, Cep, Barbaricina, allievi di scuole di danza e di teatro, soci Coop). Informazioni e prenotazioni: tel. 050.501463, e-mail movimentoinactor@tiscalinet.it. Sito web:  www.movimentoinactor.it. Dal 18 ottobre al 21 novembre 2015. 

giovedì 16 ottobre 2014

«Confi.Dance», a Siena la danza scende in piazza e si mette in vetrina

A Siena l’arte incontra la quotidianità. Per i prossimi tre giorni, ovvero da venerdì 17 a domenica 19 ottobre, nella città del Palio la danza e il teatro irromperanno nel gesto di un caffè consumato al bar, nello sguardo che si posa sulla vetrina di un negozio, nell’incedere distratto di un passante. L’occasione è offerta dalla sesta edizione di «Confi.Dance 2014», rassegna dedicata alla contaminazione degli stili e dei linguaggi della danza: dal tango al flamenco, dall’hip hop alla breakdance, con l’arte coreutica contemporanea, protagonista di spettacoli in piazza, sit specific nelle vetrine di boutique e bar del centro storico.
Tante novità e tante sorprese caratterizzano il cartellone del festival senese, ideato e diretto da Marcello Valassina, in collaborazione con la compagnia Francesca Selva/Consorzio coreografi danza d’autore, e realizzato con il contributo del Comune di Siena e della Fondazione Toscana spettacolo, a sostegno della candidatura di Siena a Capitale europea della cultura 2019. Ritornerà, per sempio, in città la compagnia Abbondanza/Bertoni con lo spettacolo «Le fumatrici di pecore», in scena sabato 18 ottobre al teatro dei Rozzi (ingresso: € 2,00), nel quale Antonella Bertoni e Patrizia Birolo, vestite di nero su un tappeto bianco e sulle note di Mahler o al ritmo di cantilene di Kyrie, raccontano a passo di danza una storia di amicizia e di solidarietà, di sofferenza e di gioia, di condivisione e di reciprocità, di abilità e disabilità.
Ma Siena stupirà turisti e cittadini soprattutto per la modalità allestitiva del suo festival: una sorta di staffetta itinerante tra artisti indipendenti e compagnie internazionali che vedrà intrecciarsi percorsi artistici e di vita con l’obiettivo di far rivivere gli spazi urbani come luoghi di produzione e fruizione culturale e far riscoprire, anche al pubblico più distratto, la magia della danza in teatro.
Si comincia venerdì 17 ottobre, a mezzogiorno, con i Guys and Dolls, una crew di hip hop e breakdance tra le più interessanti della scena underground senese, che si esibirà in piazza San Domenico. In contemporanea, la boutique «Max Mara» in via Banchi di Sopra ospiterà all’interno della sua vetrina, la performance «Selfie» della Compagnia LuogoComune, di cui sono interpreti Silvia Franci e Chiara Pacioni. In serata, dall1 19 alle 20, è in programma ancora un appuntamento di improvvisazione hip hop con i Guys and Dolls, ma questa volta al Caffè «La Piazzetta» in via Montanini.
Chiude la prima giornata di festival un doppio appuntamento con la Compagnia Francesca Selva che, a partire dalle 21.30, metterà in scena al Tartarugone (in piazza del mercato) un nuovo e originale allestimento dello spettacolo «Le scarpe di Anita», con le incursioni di OblivionTango. Seguirà, quindi, una affascinante milonga che andrà avanti fino a notte fonda.
La seconda giornata di «Confi.dance» si aprirà, sempre a mezzogiorno, con l’energia dei Guys and Dolls e le loro libere improvvisazioni, alle quali farà da scenario piazza San Domenico. Seguirà, dalle 12 alle 14 e dalla 17 alle 19, la performance «Duet» della Compagnia Francesca Selva alla boutique «Max Mara». Sempre nel pomeriggio di sabato, dalle 18 alle 19.30, il Caffè «La Piazzetta» farà da scenario allo spettacolo di flamenco «Evocación» della bailaora Francesca Stocchi. Chiuderà la seconda giornata di festival lo spettacolo «Le fumatrici di pecore» della Compagnia Abbondanza/Bertoni.
Domenica 19 ottobre si aprirà, alle 11, con un brunch-dance, una colazione con gli artisti alla LiberamenteOsteria di piazza del Campo. Dalle 12 alle 14, Piazza Salimbeni farà, quindi, da cornice alle coreografie di hip hop e breakdance dei Guys and Dolls, mentre nel pomeriggio, dalle 16 alle 17, in piazza San Domenico ci sarà spazio per le esibizioni di tango di OblivionTango.
A chiudere la rassegna sarà la Compagnia Cie Twain con lo spettacolo «Angeli e Insetti», in programma nel foyer del teatro dei Rinnovati, subito dopo la performance «Indistinti confini» di Irene Stracciati Danza.
Anche quest’anno gli spettatori di «Confi.Dance» saranno protagonisti partecipando al challenge #Confidance2014. Durante gli spettacoli della rassegna si potranno scattare una foto con instagram, geolocalizzarsi e condividerla su fb, tw e instagram utilizzando l’hastag #Confidance2014. Le foto migliori saranno pubblicate sulla pagina facebook della Compagnia Francesca Selva. Tutti gli spettacoli, fatta eccezione per quello della Compagnia Abbondanza/Bertoni, saranno ad ingresso gratuito. «Highest quality to lowest cost» è, infatti, lo slogan del festival, che vuole proporre danza di qualità a basso costo. «Vogliamo vincere la scommessa di riporate il pubblico a teatro -spiega, a questo proposito, il direttore artistico Marcello Valassina- ma per farlo dobbiano offrire performance di altissimo livello a prezzi popolari. La danza contemporanea chiede di essere compresa e vissuta non solo quando diventa urbana e si imbatte in spettatori inaspettati e complici loro malgrado, ma anche quando per esprimersi e farci emozionare ha bisogno dei tempi e dei respiri della scena di un teatro».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Locandina di «Confi.Dance»; [fig. 2] Una scena dello spettacolo «Le fumatrici di pecore» con la Compagnia Abbondanza/Bertoni; [fig. 3] Una scena dello spettacolo «Le scarpe di Anita» con la Compagnia Francesca Selva

Informazioni utili 
«Confi.Dance». Sedi varie – Siena. Ingresso: gratuito per tutti gli spettacoli; € 2,00 per lo spettacolo della Compagnia Abbondanza/Bertoni. Informazioni: francescaselvadanza@gmail.com. Sito internet: www.francescaselva.com. Dal 17 al 19 ottobre 2014. 

mercoledì 15 ottobre 2014

Venezia, tre giorni di convegno sui rami smaltati rinascimentali alla Fondazione Cini

È la seconda collezione più importante nel mondo dopo quella conservata al Louvre di Parigi. Stiamo parlando della raccolta di rami smaltati rinascimentali cosiddetti «veneziani» ospitata nella sala della Galleria di Palazzo Cini a Venezia, una produzione rara e raffinata della quale non esistono più di trecento esemplari tra Vecchio e Nuovo Continente. Ed è proprio la Fondazione Cini, che ha da poco riaperto le porte della prestigiosa casa-museo di Campo San Vio, a promuovere per le giornate da giovedì 16 a sabato 18 ottobre un convegno internazionale di studi nel quale si confronteranno storici dell’arte, conservatori, restauratori ed esperti nel campo delle analisi scientifiche. «I rami smaltati detti veneziani del Rinascimento italiano. Geografia artistica, collezionismo, tecnologia» è il titolo dell’appuntamento, promosso dall’Istituto di storia dell’arte della Fondazione Cini, con il museo del Louvre e il Centre de Recherche et de Restauration des Musées de France di Parigi.
Ammirati e collezionati nell’Ottocento, questi oggetti, le cui origini risalgono alla fine del Quattrocento, furono poi dimenticati. Il rame è coperto da una decorazione riccamente colorata, formata da vetri bianchi, blu, viola o verdi, posti a strati su un fondo di vetro bianco opaco o su una miscela di colore bianco e traslucido; il tutto è ornato da lumeggiature in rosso e turchese e la doratura assume un ruolo molto importante. La maggioranza dei pezzi conservati è formata da servizi da tavola composti da calici, piatti, bacili, saliere, brocche e fiasche, ma ci sono anche cofanetti, candelabri, uno specchio; mentre alcune paci, ampolline e reliquari attestano anche un uso religioso.
Il convegno interdisciplinare intende approfondire la conoscenza di queste opere di altissima qualità artistica -presenti nei principali musei e collezioni del mondo- sia dal punto di vista delle tecniche di fabbricazione, delle forme e della decorazione che da quello del contesto socio-culturale che le ha generate. Si cercherà di definire un corpus di forme e di decorazioni, di evocare la clientela e i committenti, grazie allo studio dell’araldica e dell’emblematica, di rintracciare il loro arrivo sul mercato dell’arte europeo nell’Ottocento, e poi americano nel Novecento. Verrà riconsiderata anche l’origine veneziana di questa produzione con il contributo delle recenti ricerche archivistiche, dello studio dei ricettari dei vetrai e dei risultati delle indagini fisico-chimiche realizzate dal C2RMF di Parigi, il Lama di Venezia e l’Opificio delle pietre dure di Firenze.
Nel corso dei tre giorni di convegno, al quale prenderanno parte rappresentanti di diverse istituzioni europee come i Civici Musei di Brescia o le Civiche raccolte d'arte applicata del Castello Sforzesco di Milano, sarà esposto al pubblico lo specchio in rame smaltato restaurato per l’occasione dall’Opificio delle Pietre Dure, appartenente alla raccolta della Galleria di Palazzo Cini.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Piatto, fine del XV o inizio del XVI secolo. Venezia, Galleria di Palazzo Cini; [fig. 2] Coppa, inizio del XVI secolo. Parigi, Musée du Louvre. © RMN-Grand Palais (Musée du Louvre) / Martine Beck-Coppola; [fig. 3] Specchio, fine del XV secolo. Venezia, Galleria di Palazzo Cini

Informazioni utili 
«I rami smaltati detti veneziani del Rinascimento italiano. Geografia artistica, collezionismo, tecnologia» - Convegno internazionale di studi. Istituto di storia dell'arte - Fondazione Giorgio Cini onlus, Isola di San Giorgio Maggiore - Venezia. Programma su: http://www.cini.it/wp-content/uploads/2014/09/140922_pieghevole.pdf. Orari: giovedì 16 ottobre, ore 9.30-13.30 e 15.00-18.00; venerdì 17 ottobre, ore 9.30-13.30 e 14.30-18.00; sabato 18 ottobre, ore 9.30-13.00. Ingresso libero. Informazioni: tel. 041.2710230, fax 041.5205842, arte@cini.it. Sito web: www.cini.it. Da giovedì 16 a sabato 18 ottobre 2014.

martedì 14 ottobre 2014

«Incredibly Close», i Subsonica premiano i loro fan

Dopo aver conquistato la classifica dei dischi più venduti con l’album «Una nave in una foresta», dove nel brano «Terzo Paradiso» compare anche un recitativo di Michelangelo Pistoletto, uno dei grandi nomi dell’Arte povera italiana, i Subsonica si preparano a stupire il pubblico con il loro nuovo tour, che avrà inizio venerdì 31 ottobre da Jesolo e che, prima della fine dell’anno, toccherà una decina di città italiane, tra cui Roma, Firenze, Torino e Milano.
«Sali sul palco con noi»: è lo slogan scelto dalla band torinese per lanciare su Google+ «Incredibly Close», un concorso ideato dall’agenzia di comunicazione digitale «Isobar» che consentirà ai fan di contribuire attivamente ai concerti, animando le giacche futuristiche che Samuel e i suoi colleghi indosseranno durante le loro esibizioni live, della cui progettazione si è interessata la fashion house londinese Cute Circuit.
Partecipare è molto semplice. Utilizzando Google+ Motion, il creatore di immagini Gif disponibile su Google Plus, gli utenti potranno creare animazioni a tema domenicale, in omaggio al nuovo singolo della band, e condividerle sul social network di Google con l'hashtag #GIFdidomenica.
Le dieci migliori animazioni verranno selezionate dai Subsonica e scorreranno sulle giacche di tutti i componenti della band, grazie all'innovativa tecnologia «wearable», a tempo di musica, accompagnando le parole della canzone «Di domenica».
A tutti i vincitori del contest, che sarà supportato da un video su You Tube (www.youtube.com/watch?v=CMFe1xyvPbg), verranno donati biglietti per i concerti in cartellone fino al 1° dicembre 2014: un’occasione, questa, non solo per ascoltare una delle band pop più apprezzate del momento, ma anche per vedere come la moda si possa “sposare” con la musica e le nuove tecnologie digitali.
Tra i concorsi appena lanciati in rete si segnala anche la quarta edizione del premio Comel per l’arte contemporanea, dedicato alla memoria di Vanna Migliorin, che si propone di selezionare tredici artisti dell’Unione europea per una mostra in programma tra marzo e aprile 2015 a Latina.
«Leggero come l’alluminio» è il titolo di questa edizione della competizione, le cui iscrizioni rimarranno aperte fino al prossimo 31 dicembre e che, come da tradizione, vuole richiamare l’attenzione sulle possibilità espressive, estetiche, comunicative e costruttive dell’alluminio.

Informazioni utili 
«Incredibly Close» - Sul palco con i «Subsonica». Informazioni e iscrizioni su: https://plus.google.com/u/0/+subsonica/pos

«Premio Comel per l’arte contemporanea». Informazioni: Comel, via Congiunte Sinistre, 398 – 04100 Latina (Latina) – Italia, tel. 0773.487546 o info@premiocomel.it. Sito web: www.premiocomel.it. Iscrizioni fino al 31 dicembre 2014. 

lunedì 13 ottobre 2014

La Bergamo del Seicento nelle pennellate di Gian Paolo Cavagna

«Una città immersa nel cielo»: appare così Bergamo nella grande tela raffigurante la «Gloria di San Pietro, San Paolo e San Cristoforo dipinta» da Gian Paolo Cavagna (1556 circa - 1627) nel 1607, che la chiesa parrocchiale di Sant’Alessandro in Colonna ha da poco restaurato grazie al prezioso contributo della Fondazione Banca popolare di Bergamo.
L'opera di grandi dimensioni, 450x265 centimetri, è stata riportata alla sua piena lettura dal restauratore Antonio Zaccaria ed è attualmente al centro di una mostra, di un video e di un ciclo di visite guidate gratuite: una serie di iniziative, queste, ideate da monsignor Gianni Carzaniga.
Gian Paolo Cavagna, considerato uno dei maggiori pittori bergamaschi del Seicento, era un parrocchiano di Sant’Alessandro in Colonna, avendo casa e studio in via Zambonate, come scrisse il Tassi nella sua biografia del 1797, nella quale si ricorda anche un soggiorno a Venezia, durante il quale il pittore avrebbe studiato nella «stanza» di Tiziano.
Nel 1607 l’artista lombardo, autore di significative opere a carattere religioso come la «Trinità e i Disciplini bianchi» ad Alzano Lombardo o la «Natività» nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Bergamo, realizzò, quindi, per la “sua” chiesa la grande tela «Gloria di San Pietro, San Paolo e San Cristoforo dipinta», la cui inusuale scelta iconografica la rende un unicum nella pittura sacra lombarda di primo Seicento. Il pittore distese, infatti, sotto le nubi dei Santi un’ampia veduta panoramica di Bergamo, così fedele da diventare documento prezioso, una sorta di “fotografia” della città così come appariva nel Seicento.
Il restauro appena concluso restituisce oggi la possibilità di ammirare nella sua integrità questa splendida visione urbana, in tutti i suoi dettagli, le sue luci e le sue ombre, avendo rimosso le vecchie vernici che erano ormai pesantemente alterate e gli spessi depositi di pulviscolo atmosferico e fumo grasso delle candele.
«Solenne, bellissima e monumentale – scrive in occasione della mostra Amalia Pacia della Soprintendenza per i beni storici e artistici di Milano - è questa veduta panoramica di Bergamo che Cavagna costruisce nella grande pala allogata all’altare di san Pietro, offrendo anche oggi allo spettatore, quasi fosse un diorama ottocentesco, l’occasione di perdersi nella dimensione atemporale e astratta dell’immagine sacra e, nel contempo, di immergersi nell’attenta restituzione visiva di mura, palazzi e più umili dimore».
Nella mostra, l’accostamento tra la città vista nel Seicento dagli occhi del Cavagna e la sua immagine odierna è un invito al visitatore a cimentarsi nella ricerca di similitudini e differenze, di edifici scomparsi e di nuove emergenze architettoniche: dal nuovo campanile della Basilica di Sant’Alessandro in Colonna a quello di Santa Maria Maggiore, da Porta San Giacomo al Monastero di S. Benedetto, dalla torre del Gombito un tempo merlata al tetto a punta dell’alto campanile del Duomo, dal Campanone al monastero di Rosate, dal castello di San Vigilio alle torri del colle di San Giovanni sul quale ora sorge il Seminario vescovile, e tanti altri luoghi visibili e confrontabili nei dettagli.
Il video realizzato da Angelo Carzaniga traccia, poi, un affascinante itinerario visivo attraverso le vedute –reali e ideali– della città dipinte nei secoli, con un’attenzione speciale alle scenografiche visioni urbane che il visitatore può ammirare a tu per tu nelle opere di Gian Paolo Cavagna, Enea Salmeggia e Federico Ferrario presenti nella Basilica di Sant’Alessandro in Colonna. Una bella occasione, dunque, questa esposizione (a ingresso gratuito) per rivedere l'arte di un pittore che seppe fare proprio l'insegnamento del Tintoretto, dei Bassano (soprattutto di Francesco e di Leandro) e del Veronese e filtrare questa lezione con i modi del lombardo Giambattista Moroni, ottenendo un linguaggio fatto di verismo e di attenzione scrupolosa ai dettagli.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Gian Paolo Cavagna, «Gloria dei Santi Pietro, Paolo e Cristoforo», 1607, olio su tela, cm 450 x 265. Bergamo, Basilica di S. Alessandro in Colonna; [fig. 2] Durante il restauro della tela «Gloria dei Santi Pietro, Paolo e Cristoforo» di Gian Paolo Cavagna, tassello di pulitura. Foto: Antonio Zaccaria Restauro beni culturali; [fig. 3] Bergamo 2014-1607. Veduta attuale della città a confronto con la veduta dipinta da Gian Paolo Cavagna. Foto: Nello Camozzi. 

Informazioni utili 
«Gian Paolo Cavagna. Una città immersa nel cielo». Basilica di Sant’Alessandro in Colonna - Bergamo. Orari della mostra: da lunedì a sabato, ore 10.00-12.00 e ore 16.00-18.00; domenica, ore  16.00-18.00. Visite guidate gratuite, con ritrovo direttamente in basilica: tutti i martedì e tutte le domeniche, alle ore 16.00; tutti i giovedì e tutti i sabato, alle ore 20.45. Ingresso libero. Informazioni:  tel. 338.4346584. Fino al 26 ottobre 2014. 


venerdì 10 ottobre 2014

Trieste, anche i musei civici partecipano alla Barcolana

È la regata velica più affollata del Mediterraneo. Ed è anche quella che vanta uno degli scenari naturali di maggior incanto in tutta Italia, con le bianche torri del Castello di Miramare, quell’incantevole salotto dall’aplomb mitteleuropeo che è piazza Unità d’Italia e il Faro della Vittoria, punto di riferimento per tutti i marinai che risalgono l’ultimo tratto dell’Adriatico.
Domenica 12 ottobre Trieste torna ad ospitare la Barcolana, grande festa della vela giunta alla sua quarantaseiesima edizione che, auspicando buon vento e scongiurando bonaccia, vedrà grandi imbarcazioni attrezzate con le più moderne tecnologie e guidate da equipaggi di professionisti percorrere le stesse rotte di barchette di sei metri (misura minima, questa, imposta dalla competizione) con a bordo amatori che, snobbando il cronometro, si godranno quello che per tutti gli appassionati di mare è uno spettacolo unico al mondo, da non perdere almeno una volta nella vita.
La Barcolana non è, però, solo una sfida competitiva, è anche un momento di festa con concerti, degustazioni ed eventi di vario genere, alla quale parteciperanno anche i musei civici della città, dal Revoltella al Sartorio, con un’offerta che appare particolarmente ricca: venerdì e sabato si potrà, infatti, accedere a tutti gli spazi comunali acquistando un biglietto da dieci euro valido per due giorni, mentre domenica l'ingresso sarà gratuito per tutti.
Ma non basta: al museo teatrale «Carlo Schmidl» sarà, per esempio, possibile vedere la mostra «Che storia la Rai...50 anni della sede Rai per il Friuli Venezia Giulia», di recente inaugurazione, nella quale sono esposti oggetti, fotografie, attrezzature del passato e documenti che consentono di ripercorrere mezzo secolo di attività radiotelevisiva nella regione. Tra le testimonianze in mostra si segnalano vecchi copioni, pagine del «Radiocorriere Tv», filmati sulla città friulana risalenti ai primi anni della televisione, servizi giornalistici sui principali avvenimenti accaduti negli ultimi cinquant'anni anni, brani radiofonici che hanno fatto la storia di «Radio Trieste». In una delle sale è stato ricostruito anche uno studio nel quale sarà possibile ascoltare i programmi che solitamente vengono realizzati nella sede di via Fabio Severo.
A Palazzo Costanzi, nella Sala Veruda, la Fototeca dei Musei civici di storia ed arte presenterà, invece, la mostra «Barcolana Sailing Back», costituita da una multi-proiezione di qualche migliaio di immagini che testimoniano gli infiniti aspetti del rapporto fra Trieste e il mare dall'Ottocento a oggi, ma che raccontano anche il traffico delle rive, il movimento delle navi in bacino, la folla delle vele e l'andirivieni di marinai e passeggeri.
Si vedranno proiettate anche moltissime fotografie delle ultime dodici edizioni della Barcolana e sarà esposto uno dei dipinti più noti di Ugo Flumiani: «Ore d'argento», proveniente dal Museo Revoltella. Uno spazio sarà, infine, dedicato anche a componimenti poetici sul mare.
La mostra si propone, inoltre, di valorizzare un patrimonio poco noto in città. Oggi che la fotografia ha definitivamente assunto un ruolo fondamentale di documentazione storica e di elemento centrale nella civiltà dell'immagine è più che mai importante raccogliere e conservare gli scatti che fermano attimi della nostra vita.
La Fototeca dei musei civici di Trieste offre -per restare in tema- “un mare” di fotogrammi in cui navigare: più di 2 milioni e 500 mila immagini, raccolte durante l'attività del laboratorio fotografico museale, arricchite da alcuni fondi di fotografi e agenzie fotografiche del secolo scorso. Il tutto fornisce un complesso di rilevanza storico-scientifica notevole. In tale accezione, la costituzione e accessibilità di questo fondo assumono connotazioni etiche e di riconoscimento del diritto di una comunità di poter fruire e riflettere sulle testimonianze visive del proprio passato e presente.
Per questo motivo, in occasione della Barcolana, la fototeca intende promuovere una campagna tra i privati per incrementare la raccolta di foto dedicate alla manifestazione triestina: un’occasione, questa, per vivere il mare attraverso i ricordi in bianco e nero e gli scatti a colori di tante famiglie friulane e non solo.

Informazioni utili 
Il programma completo delle manifestazioni promosse dai Musei civici di Trieste per la Barcolana 2014  è consultabile alla pagina http://documenti.comune.trieste.it/foto-comunicati/musei-civiciBarcolana2014.pdf

giovedì 9 ottobre 2014

Una Cabane abitabile di Daniel Buren per il Parco della scultura di Catanzaro

È uno degli artisti francesi più conosciuti al mondo. Nella sua lunga carriera ha vinto premi prestigiosi come il Leone d’oro alla Biennale di Venezia e il Premium imperiale per la pittura della Japan Art Foundation. Le sue opere in situ sono visibili alla Corte d’onore del Palais-Royal a Parigi, al Parc des Célestins di Lione, sul ponte adiacente al Guggenhiem Museum di Bilbao e in molte altre città di tutto il mondo. Daniel Buren (Boulogne-Billancourt, 1938), uno dei maestri dell’arte concettuale internazionale, ha legato il suo nome alla progettazione e creazione di opere, uniche e irripetibili, pensate su misura per un determinato luogo e un ben individuato pubblico. Ha messo in essere questa sua filosofia ideativa dialogando con l’architettura di musei e gallerie, ma anche intervenendo direttamente in spazi urbani come piazze, giardini e ponti, attraverso l’uso di uno strumento visivo ben individuabile quale l’alternanza di strisce verticali colorate di 8,7 centimetri con altre bianche.
Questa costante ricerca sui rapporti fra opera d’arte, luogo e spettatore ha portato Daniel Buren di recente in Calabria, dove era già stato ospite due anni fa in occasione della grandiosa mostra personale realizzata per l'area archeologica di Scolacium nell’ambito del progetto «Intersezioni». Dai primi di ottobre il Parco internazionale della scultura di Catanzaro ospita, infatti, «Cabane éclatée aux 4 couleurs», un vero e proprio organismo plastico-architettonico che ha la caratteristica specifica di trasformare e di essere trasformato dal luogo ospitante creando un rapporto di reciproca interdipendenza. L’opera è, nello specifico, un cubo di 4x4x4 metri percorribile e visitabile che, “esplodendo”, si proietta fino ai limiti estremi dell’ambiente intercettando i cambiamenti atmosferici e ambientali.
Come ci ricorda lo stesso Daniel Buren, infatti, «la Cabane non è né un oggetto né un decoro, ma un luogo fruibile e abitabile che ogni volta consente una nuova verifica». È cioè un corpo vivo che crea una relazione continua tra pieni e vuoti, tra costruzione e decostruzione dando l’impressione di dissolversi e di perdere la sua consistenza fisica a contatto con lo spazio.
Con questo lavoro si arricchisce il percorso espositivo del Parco internazionale di scultura di Catanzaro, al cui interno si trovano già i lavori di altri undici protagonisti dell’arte plastica contemporanea: Stephan Balkenhol, Tony Cragg, Wim Delvoye, Jan Fabre, Antony Gormley, Dennis Oppenheim, Mimmo Paladino, Michelangelo Pistoletto, Marc Quinn e Mauro Staccioli.
Per l’occasione Silvana editoriale di Cinisello Balsamo ha pubblicato il primo catalogo sul parco, nel quale si racconta una vicenda iniziata nel 2005 e che ha consentito di realizzare in Calabria uno dei più importanti progetti di arte pubblica in Italia.
Il volume analizza tutte le opere mettendo a confronto la realtà catanzarese con i maggiori parchi italiani e stranieri; accanto alla testimonianza del curatore Alberto Fiz, la pubblicazione comprende i contributi di Elena del Drago e Francesco Poli.
Ma il libro non vuole essere affatto riepilogativo di una storia. Al contrario, rappresenta un punto di riferimento per una vicenda destinata a proseguire nei prossimi anni con un rinnovato programma di acquisizioni reso possibile grazie alla collaborazione tra la Provincia di Catanzaro e la Direzione regionale dei Beni culturali e paesaggistici della Calabria, presieduta da Francesco Prosperetti.

Didascalie delle immagini 
[Fig. 1] Ritratto di Daniel Buren; [fig. 2] Daniel Buren, «Cabane éclatée aux 4 couleurs», 2014. Catanzaro, Parco internazionale della scultura; [fig. 3] Disegno della «Cabane éclatée aux 4 couleurs» di Daniel Buren 

Informazioni utili 
Parco internazionale della scultura al Parco della biodiversità mediterranea, via Cortese, 1 - Catanzaro. Informazioni: Marca – Museo delle arti di Catanzaro, tel. 0961.746797 o e-mail info@museomarca.com.

mercoledì 8 ottobre 2014

Andrea Palladio, il primo archi-star di Russia

È il 1699 quando in Russia viene pubblicata, probabilmente ad opera del principe Dolgorukov, la prima traduzione del famoso «Trattato di Architettura» di Andrea Palladio, stampato a Venezia nel 1570. Da quel momento il grande architetto veneto diventa punto di riferimento imprescindibile anche nelle terre degli Zar, non solo perché il suo nome è riconducibile alle eccellenze del Rinascimento italiano, ma anche perché la sua opera diventa fonte di ispirazione per la progettazione architettonica del Paese, oltre che modello per la formazione della coscienza e della vita quotidiana.
Da questa considerazione nasce la mostra «Russia palladiana. Palladio e la Russia dal Barocco al Modernismo», a cura di Arkadij Ippolitov e Vasilij Uspenskij dell'Ermitage di San Pietroburgo, allestita fino al 10 novembre al museo Correr di Venezia.
L’esposizione, del tutto inedita per i contenuti e i risultati scientifici pubblicati in catalogo, ma anche per la sua ideazione, permette per la prima volta di seguire la storia, ormai tricentenaria, del palladianesimo russo attraverso un numero significativo di materiali ignoti al pubblico, provenienti dai fondi dei più prestigiosi musei e archivi della Russia, ventitré realtà tra le quali si ricordano il Museo di stato di San Pietroburgo, l'Archivio dei documenti antichi e la Biblioteca nazionale.
Oltre duecento le opere esposte, non solo disegni, progetti, schizzi e modelli di opere architettoniche, ma anche dipinti e opere grafiche, che portano la firma di artisti quali Levickij, Borovikovskij, Soroka, Borisov-Musatov, Sudejkin, Grabar’, Benois, Dobužinskij, Kandinskij e Suetin.
La prima parte della rassegna, nata da un’idea di Zelfira Tregulova e organizzata dal Ministero della Cultura della Federazione russa per l’Anno del turismo italo-russo e in occasione della Biennale, spiega come sia nata la fascinazione per l'opera di Andrea Palladio nella prima metà del XVIII secolo, all’epoca delle riforme di Pietro I che «aprirono una finestra sull’Europa».
Dalla fine del Seicento, poi, le idee dell'architetto italiano giocarono un ruolo sempre più importante, ispirando le opere di molti progettisti russi, come appare chiaramente nella costruzione di Pietroburgo. Tuttavia, la passione per l’opera palladiana conobbe il suo vero apogeo all’epoca di Caterina II. Desiderosa di apparire come una sovrana illuminata, la zarina fu promotrice delle più innovative tendenze artistiche provenienti dall’Europa non solo nelle arti visive, ma anche nell’architettura e chiamò alla sua corte due famosi architetti dell’epoca, Giacomo Quarenghi e Charles Cameron, convinti seguaci di Palladio, che esercitarono anche una forte influenza sullo sviluppo della Weltanschauung del grande maestro russo Nikolaj L’vov.
Non è un’esagerazione dire che fu proprio quest’ultimo artista a dare vita ad un fenomeno unico come quello dell’usad’ba russa, che coinvolgeva certamente l’architettura, con la costruzione di ville di campagne, ma anche l’arte nel suo complesso e soprattutto la vita quotidiana del tempo.
I lavori di Quarenghi, Cameron e L’vov contribuirono in buona parte all’avvento del «Secolo d’oro» della cultura russa, epoca che coincise con il regno di Alessandro I, meravigliosamente descritta nelle pagine dell’«Evgenij Onegin» di Puškin e di «Guerra e pace» di Tolstoj.
Non meno interesse per il palladianesimo si ebbe nel XX secolo, periodo caratterizzato da un entusiasmo generalizzato per il modernismo, che tuttavia non disdegnò un interesse per le forme neoclassiche, combinato alla nostalgia per la passata cultura delle usad’ba, come documentano i lavori degli architetti Žoltovskij, Fomin e Ščusev. Del resto, il carattere essenziale dello stile palladiano sembrava essere molto vicino all’estetica rivoluzionaria dell’avanguardia e, com’è noto, il costruttivista Mel’nikov era un fervente ammiratore dell’opera del maestro veneto.
Andrea Palladio influenzò anche l’architettura staliniana, nata dalla complessa fusione tra neoclassicismo e avanguardia. Basti pensare ai progetti dell'architetto Ivan Žoltovskij, che oltre a compiere l'ultima traduzione in russo dei «Quattro libri dell'architettura», una sorta di Bibbia dell’arte edificatoria, ne offrì nei suoi progetti una interpretazione visionaria.
L'opera del maestro continua ancora oggi ad affascinare i giovani progettisti russi. A chiudere la mostra è, infatti, un lavoro di Brodskij, creato all’alba del terzo millennio, dove si ritrovano quelle caratteristiche di utilità, durata e bellezza che erano per Andrea Palladio i fondamenti della progettazione, come già, prima di lui, aveva scritto Vitruvio: «tre cose in ciascuna fabrica deono considerarsi, senza le quali niuno edificio meriterà esser lodato; e queste sono, l'utile o commodità, la perpetuità, e la bellezza».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Giacomo Quarenghi, Progetto incompleto della Cattedrale di Kazan’a Pietroburgo,1780. San Pietroburgo, Museo di Stato della storia di San Pietroburgo; [fig. 2] Benjamin Paterssen, Facciata del Palazzo di Tauride dal lato dei giardini, fine del XVIII secolo. San Pietroburgo, Museo di Stato dell'Ermitage; [fig. 3] Marian Peretiakovjc, Progetto per il Padiglione dell’Esposizione internazionale di Roma, 1911. San Pietroburgo, Museo dell’Accademia russa di Belle arti

Informazioni utili 
«Russia palladiana. Palladio e la Russia dal Barocco al Modernismo». Museo Correr – Secondo piano, piazza San Marco – Venezia. Orari: fino al 31 ottobre 2014, ore 10.00-19.00 (la biglietteria chiude un’ora prima); dal 1° novembre 2014, ore 10.00-17.00 (la biglietteria chiude un’ora prima). Biglietti: intero € 16,00, ridotto € 14,00 o € 8,00, scuole € 5,50, gratuito per i residenti e nati nel Comune di Venezia e per gli aventi diritto per legge. Informazioni:  call center 848082000 (dall’Italia) o +39.04142730892 (dall’estero). Sito internet: www.correr.visitmuve.it. Fino al 10 novembre 2014.

martedì 7 ottobre 2014

Sulle vette con Eugenio Fasana. La «mitografia di un alpinista» in mostra a Gemonio

È stato tra i primi in Italia a praticare lo sci ad alta quota. Le sue imprese sportive sono entrate nel mito. In meno di trent’anni, dal 1906 al 1935, ha compiuto oltre centoventi ascensioni nelle Alpi Occidentali, Centrali, Dolomitiche, Bavaresi e Bernesi. Il suo nome è legato anche alla storia di importanti protagonisti del Novecento come la regina Maria José, il re Alberto I del Belgio e papa Pio XI, dei quali fu guida alpina esperta. Stiamo parlando di Eugenio Fasana (Gemonio, 1886 – Milano, 1972), vero e proprio pioniere dell’alpinismo moderno, membro autorevole del Cai – Club alpino italiano e della Sem – Società escursionisti milanesi, da ricordare anche per la sua attività di scrittore, giornalista e pittore, che lo vide redigere articoli, saggi, libri, aforismi, poesie e produrre olî, carboncini, chine e fotografie ritoccate con raffinati interventi pittorici.
Alla figura di questo alpinista coraggioso, che fu anche maestro di Vitale Bramani (l’inventore della suola «a carrarmato», realizzata con il procedimento della vulcanizzazione), è dedicata la mostra «Eugenio Fasana. Mitografia di un alpinista», allestita fino a martedì 23 dicembre al Museo civico Floriano Bodini di Gemonio, nell’alto Varesotto, per la curatela di Daniele Astrologo Abadal, Gianni Pozzi e Luca Zuccala. La rassegna –che si avvale dei contributi scientifici di Carlo Caccia, Anna Gasparotto e Marco Ferrazza- presenta tutte le edizioni pubblicate dallo scrittore-alpinista, da «Uomini di sacco e di corda» (Sen, Milano 1926) a «Quando il Gigante si sveglia» (Montes, Torino 1944), da «Cinquant’anni di vita della Società Escursionisti Milanesi» (Sem, Milano 1941) al celebre «Il Monte Rosa. Vicende Uomini e Imprese» (Rupicapra Editore, Milano 1931), poi “scopertinato” e ripresentato come «L’epopea del Monte Rosa» (edizioni L’Eroica, Milano 1934) nella collezione «Montagna» di Zoppi.
Sono presenti lungo il percorso espositivo anche articoli di Eugenio Fasana apparsi su alcuni periodici italiani dedicati alla montagna, come la rivista del «Cai» o «Lo scarpone», e sul quotidiano «La Stampa» di Torino, dove per vari anni il giornalista tenne una rubrica alpinistica.
Nella mostra di Gemonio ci sono, poi, anche una serie di pubblicazioni su Eugenio Fasana come il volume «Grigna assassina» di Marco Ferrazza (Edizioni Vivalda, Torino 2006) o il saggio «Il francescano delle Alpi», edito nel libro «Alpinismo Romantico» di Sandro Prada (Tamari Editori, 1972), o ancora articoli apparsi su riviste specializzate nazionali e internazionali quali, per esempio, «La vie alpine», «Lo Scarpone», «Revue Alpine», «Spiritualità» e «Verbanus».
Nelle sale del Museo Bodini si trovano esposte anche lettere autografe (come l’interessante scambio epistolare con l’abate Henry e quello con Guido Rey), stampe fotografiche, cartine topografiche intelate, medaglie al valore, dattiloscritti, documenti provenienti dagli archivi del comune di Gemonio e dalla parrocchia (tra i quali il registro di nascita e di battesimo), atti sulla cartiera di famiglia, parte dell’attrezzatura sportiva di Eugenio Fasana e un busto in marmo che lo ritrae.
Grande attenzione è data nella mostra anche all’amore dell’alpinista-scrittore per l’arte: accanto a schizzi e dipinti di suo conio, sono visibili alcuni quadri della sua collezione e una serie di fotografie ritoccate con interventi pittorici, oltre ad alcune opere pittoriche con vedute di montagna, firmate, tra gli altri, da Achille Jemoli, Luigi Russolo e Innocente Salvini.
Un ritratto, dunque, a tutto tondo di Eugenio Fasana quello che offre la mostra al Museo Bodini di Gemonio, realtà che merita una visita anche per la sua ricca collezione di sculture, pitture e grafiche, all’interno della quale spiccano i nomi di Leonardo Bistolfi, Giuseppe Grandi e Francesco Messina.

Didascalie delle immagini 
[Fig. 1] Eugenio Fasana in Grignetta nel 1921. Archivio Fasana; [fig. 2] Eugenio Fasana, «Dente del Gigante (Monte Bianco) », 1947. Olio su compensato. Eredi Fasana-Zuccala. Foto: Franco Ricci; [fig. 3] Eugenio Fasana, «Campaniletto», s.d.. Carboncino su carta. Eredi Fasana-Zuccala. Foto: Franco Ricci. 

Informazioni utili 
 «Eugenio Fasana. Mitografia di un alpinista». Museo civico Floriano Bodini, via Marsala, 11 – Gemonio. Orari: sabato e domenica, ore 10.30-12.30 e ore 15.00-18.30. Ingresso: intero € 5,00, ridotto € 3,00. Informazioni: archiviofasana@gmail.com o info@amicimuseobodini.com. sito internet: www.mostrafasana.it. Fino a martedì 23 dicembre 2014.

lunedì 6 ottobre 2014

A Firenze una mostra sui segreti della Cupola del Brunelleschi

«Structura si grande, erta sopra è cieli, ampla da coprire chon sua ombra tutti e popoli toscani»: così Leon Battista Alberti, nel suo trattato « De pictura», descriveva la cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze, una delle imprese più significative dell’intero Rinascimento, alla cui edificazione lavorò, tra il 1420 e il 1436, Filippo Brunelleschi, il padre della prospettiva. Rimane ancora oggi avvolta nel mistero la modalità con cui l’architetto fiorentino realizzò la costruzione di questa struttura che, con i suoi quarantatré metri di ampiezza e cinquantaquattro di altezza, è tuttora la più grande cupola in muratura mai edificata.
L’ultimo a provare a dare una risposta a questo quesito è stato Roberto Corazzi, già professore ordinario presso la Facoltà di architettura dell’ateneo fiorentino e tra i massimi conoscitori dell’opera brunelleschiana, che, in collaborazione con Barbara Corazzi, ha curato la mostra «Dalle cupole nel mondo alla Cupola del Brunelleschi», allestita fino a venerdì 10 ottobre nel cinquecentesco Palazzo Coppini, centro studi e incontri internazionali della Fondazione Romualdo Del Bianco e del suo istituto Life Beyond Tourism.
Capace di far credere una cosa per un’altra, Filippo Brunelleschi non lasciò alcuna testimonianza in merito al funzionamento statico del suo capolavoro e le ricerche effettuate finora sono terminate con una vasta bibliografia ricca di ipotesi, ma povera di dati sperimentali.
L’esposizione fornisce al visitatore la possibilità di conoscere, anche attraverso plastici e riproduzioni in scala, gli studi passati e quelli più recenti, curati appunto da Roberto Corazzi, grazie ai quali è stato possibile accertare la composizione dei materiali, l’aspetto strutturale, materico e la geometria che l’artista ideò per realizzare la cupola del duomo fiorentino.
Per tutta la durata della mostra, un gruppo di esperti illustrerà al pubblico i modelli presentati e le varie sezioni, offrendo anche una straordinaria panoramica su costruzioni affini ubicate in Paesi diversi per collocazione geografica, storia, tradizione e fede religiosa. Tra foto, video e documenti sarà, per esempio, possibile studiare cupole come quelle della Basilica di Santa Sofia di Istanbul, di Gol Gumbaz in India, di Sant’Agnese a Roma, della Moschea del Venerdì di Isfahan (in Iran) e della Basilica di San Pietro.
In particolare, la mostra illustra la recente teoria di Roberto Corazzi, secondo cui la realizzazione della cupola è strettamente collegata a un’altra scoperta del Brunelleschi, ovvero quella della prospettiva. In pratica, le stesse tavolette utilizzate dall’artista per studiare proprio la prospettiva, sarebbero servite per verificare lo sviluppo della cupola e per controllarne distanze e proporzioni in fase di realizzazione.
Laserscanner, georadar, tomografia dell'intradosso e dell'estradosso ed endoscopia sono i mezzi messi in campo per avvalorare questa tesi e per passare al setaccio gli embrici delle vele, il marmo dei costoloni, i vuoti delle buche pontaie, i corridoi, le volticciole, le corde blande, fino ad individuare i sesti di quarto e quinto acuto e anche la configurazione delle lesioni.
Secondo questo recente studio, Filippo Brunelleschi avrebbe riprodotto su una tavoletta, caratterizzata da un foro centrale, il progetto da lui elaborato per la cupola. Quindi, esattamente come faceva per i suoi studi prospettici, avrebbe utilizzato una seconda tavoletta con superficie riflettente per “specchiare” il primo disegno, guardandolo attraverso il foro praticato nella prima tavoletta. In questo modo, ponendosi davanti al duomo in costruzione, e “regolando” le dimensioni del riflesso attraverso la maggior o minore distanza fra le due tavolette, sarebbe riuscito a verificare la rispondenza della cupola in costruzione con il disegno stesso.
Sempre secondo il professor Corazzi, questa teoria potrebbe superare le ipotesi dell’utilizzo, da parte del Brunelleschi, di meccanismi ingombranti e difficili da manovrare per le verifiche sul corretto procedere dei lavori e, in particolare, sull'inclinazione della cupola. Una mostra, dunque, interessante quella a Palazzo Coppini per scoprire i segreti di un capolavoro capace di resistere ai fulmini, ai terremoti, al passare dei secoli, e che ancora oggi incanta chiunque lo osservi da lontano.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Roberto Corazzi con un modellino della Cupola del Brunelleschi; [figg. 2 e 3] Disegno di Roberto Corazzi sulla Cupola del Brunelleschi.

Informazioni utili 
«Dalle cupole nel mondo alla Cupola del Brunelleschi». Palazzo Coppini, via del Giglio, 10 - Firenze.Orari: lunedì-venerdì, ore 10.00-13.00 e ore 15.00-17.00. Ingresso libero. Informazioni: tel. 055.216066.Sito web: www.palazzocoppini.org. Fino al 10 ottobre 2014. 

venerdì 3 ottobre 2014

Faimatathon, una domenica a passeggio tra le bellezze d’Italia

C’è una maratona in Italia che si corre con gli occhi. È la FaiMarathon, iniziativa promossa dal Fai – Fondo per l’ambiente italiano, in collaborazione con il Il Gioco del Lotto e grazie all’aiuto di oltre tremila volontari, che domenica 12 ottobre ritorna, per il terzo anno consecutivo, ad animare oltre centoventi città del nostro Paese.
Chiese, palazzi, teatri, monumenti, negozi storici, cortili, ponti, giardini, luoghi di interesse artistico, paesaggistico e sociale che fanno parte della nostra vita, spesso troppo frenetica per permetterci di conoscere veramente ciò che ci circonda, sono al centro dell'iniziativa, ideata a sostegno della campagna di raccolta fondi «Ricordati di salvare l’Italia», che per l’intero mese di ottobre si propone di sensibilizzare le persone sull’importanza di salvaguardare e, quindi, di consegnare alle generazioni future il nostro patrimonio artistico, monumentale, storico e naturalistico.
La maratona proposta dal Fai, che nella passata edizione ha coinvolto ben 29.000 persone, è, in realtà, una passeggiata non competitiva e adatta a tutte le età, che si propone -raccontano dagli uffici della Cavallerizza di Milano- di far «riscoprire il nostro splendido Paese e i suoi tesori, un patrimonio d'arte e natura unico al mondo e una risorsa preziosa, il motore da cui far ripartire la nostra economia».
«Non correre e scopri l’Italia intorno a te» è lo slogan scelto per questa terza edizione della maratona culturale, che sarà possibile seguire anche grazie alla App disponibile per iPhone e Android, tramite la quale ci si potrà iscriversi alla passeggiata culturale, ricevere gli aggiornamenti in tempo reale, navigare le mappe degli itinerari proposti dalle delegazioni del Fai, sapere chi dei propri amici ha deciso di camminare alla scoperta delle bellezze italiane e, naturalmente, seguire l’evento anche sui social network.
Grande novità di quest’anno è, poi, il torneo di fotografia #scattidifelicità, che premierà i primi cinque classificati: per partecipare basta scaricare l’App, caricare una foto che esprima la propria felicità o raccontare ciò che ci rende felici, convincere utenti e amici a votare il proprio scatto e magari essere tra i fortunati vincitori.
Rimane, inoltre, attivo il vecchio sito www.faimarathon.it, dove poter trovare il proprio itinerario di visita o iscriversi on-line (e con un piccolo risparmio) alla corsa. Per partecipare è sufficiente farsi trovare al punto di partenza prescelto, registrarsi (il costo è di euro 10,00 a persona contro i 4 di chi conferma la propria partecipazione on-line), ritirare il kit del maratoneta che comprende uno zaino, una pettorina, l’itinerario scelto, un biglietto d’ingresso omaggio in uno dei beni della fondazione e un adesivo a sostegno della campagna «Ricordati di salvare l’Italia», e partire alla scoperta delle bellezze italiane che fanno da cornice alla nostra vita quotidiana.
Ma la Faimarathon non è solo una passeggiata, è anche una raccolta fondi finalizzata a progetti di recupero e restauro che permettono di salvare luoghi d’Italia altrimenti abbandonati. «Questo -raccontano dal Fai- non tanto per conservarli “e basta”, vuoti e disabitati, quanto per aprirli al pubblico e farli vivere, proponendo esperienze positive e coinvolgenti».Un'occasione per rendere il nostro Paese più bello.

Informazioni utili 
FaiMarathon.  Italia, sedi varie. Quando: domenica 12 dicembre 2014. Costo della corsa: € 10,00 ai banchi Fai; € 4,00 on-line; gratuita per chi rinnova la propria iscrizione al Fai. Informazioni: Fai, via Carlo Foldi, 2 - Milano, tel. 02.4676151. Siti internet: www.faimarathon.it; http://faimarathon.it/marathons; www.appfaimarathon.it.

giovedì 2 ottobre 2014

Dal Mart di Rovereto alla Fondazione Torino Musei, nuove gallery sulla piattaforma Google Art Project

È il «Movimento d’uccello» di Fortunato Depero, colorato capolavoro futurista dalle forme astratto-geometriche datato 1916, ad aprire la galleria virtuale del Mart – Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, da poco entrato a far parte del Google Art Project, la piattaforma sviluppata per preservare e ammirare on-line le opere d'arte e gli interni dei più importanti musei al mondo, alla quale hanno finora aderito importanti realtà come la Tate Gallery di Londra, il Metropolitan museum of art di New York, gli Uffizi di Firenze e i Musei capitolini di Roma.
Più di duecento le opere del Mart attualmente inserite sul sito, tutte fotografate dallo staff del Google Cultural Institute con tecnologie avanzate e pubblicate con una risoluzione in gigapixel (7 miliardi di pixel) che consente agli internauti di conoscere e studiare in modo approfondito le collezioni del museo, annullando le distanze geografiche.
Si possono così visionare capolavori di una ventina di importanti artisti nazionali e internazionali che hanno operato dalla fine dell’Ottocento ad oggi, a cominciare dai futuristi Giacomo Balla, Fortunato Depero, Umberto Boccioni, Gino Severini e Luigi Russolo, per passare, poi, ad autori quali Giovanni Segantini, Francesco Hayez, Pablo Picasso, Salvador Dalí, Jean-Michel Basquiat, Keith Haring, Vasilij Kandinsky, Alighiero Boetti e Michelangelo Pistoletto.
Attraverso la funzionalità Street View, i visitatori hanno, inoltre, l’opportunità di effettuare un tour virtuale nelle gallerie del museo immergendosi in una vera e propria visita scandita da fotografie a 360°.
La realtà trentina, guidata da Cristina Collu, conferma così il proprio impegno a favore dell’accessibilità dei contenuti culturali. Un impegno, questo, che negli ultimi tre anni ha portato il Mart ad essere uno dei musei internazionali più attivi e seguiti sui social network, in grado di coinvolgere community virtuali e sviluppare progetti di web communication, anche grazie alla copertura wi-fi in tutta la struttura e al recente invito a fotografare le opere esposte e a postare i propri scatti su twitter, facebook, instagram, pinterest, flickr e spotify.
Sulla piattaforma Google Art Project è da poco approdata anche la Fondazione Torino Musei, che ha inserito un primo corpus di duecentoottanta immagini ad alta risoluzione presenti negli allestimenti dei suoi quattro spazi espositivi: la Gam – Galleria civica d’arte moderna e contemporanea, Palazzo Madama, il Mao – Museo d’arte orientale e il Borgo medioevale.
Di sicuro interesse per gli studiati sono le riproduzioni in gigapixel di tre capolavori appartenenti alle collezioni torinesi: «Orange Car Crash (Orange Disaster) (5 Death 11 Times in Orange)» di Andy Warhol, la «Madonna con bambino sul trono con quattro angeli» (1475-1480) di Giovanni Maria Spanzotti e una Thang-ka tibetana raffigurante un mandala del XV-XVI secolo.
Per la Gam sono state caricate sulla piattaforma di Google Art Project cinquantasei immagini in alta risoluzione dei principali capolavori presenti nei percorsi tematici del museo, tra i quali si ricordano opere di Fontanesi, Pellizza da Volpedo, Modigliani, Morandi e Casorati, per giungere a lavori di esponenti dell'Arte povera come Giulio Paolini, Mario Merz e Alighiero Boetti. Mentre le oltre ottanta immagini ad alta risoluzione di Palazzo Madama testimoniano la ricchezza e la varietà del patrimonio custodito nel museo, dove è possibile ammirare testimonianze artistiche di Gaudenzio Ferrari e Giovanni Battista Crosato, ma anche lavori noti come l’enigmatico «Ritratto d'uomo» di Antonello da Messina o alcune raffinate miniature di Jan van Eyck, senza dimenticare le preziose manifatture appartenenti alle collezioni di arte decorativa.
Per il Mao sono state, invece, caricate novanta immagini ad alta risoluzione che abbracciano tutte le aree storico-geografiche rappresentate nelle collezioni del museo. Tra i lavori disponibili sulla piattaforma si ricordano il celebre «Tughra di Solimano», esposto nella galleria dei Paesi islamici dell'Asia, e un rarissimo esemplare di albero delle monete di epoca Han, visibile nella galleria cinese.
Completa la presenza della Fondazione Torino Musei sulla piattaforma Google Art Project il tour virtuale sul Borgo e la Rocca medievale, arricchito da cinquantuno immagini storiche ad alta risoluzione provenienti dall'Archivio fotografico della fondazione, che documentano l'evoluzione del complesso nato quale sezione di arte antica dell'Esposizione generale italiana di Torino del 1884.
Un tool digitale, quindi, sempre più ricco quello di Google che permette agli utenti collegati da ogni parte del mondo di avvicinarsi alle opere d’arte, ai reperti storici e ai manufatti artistici, con un semplice click, scoprendone i dettagli più nascosti, spesso invisibile ad occhio nudo.

Didascalie delle immagini 
[fig. 1] Il Mart di Rovereto sulla piattaforma Google Art Project; [fig.2] Il Mao di Torino sulla piattaforma Google Art Project; [fig. 3] La Gam di Torino sulla sulla piattaforma Google Art Project.

Vedi anche 
I Musei civici veneziani sul Google Art Project 

Informazioni utili 
https://www.google.com/culturalinstitute/project/art-project?hl=it

mercoledì 1 ottobre 2014

«Invito a Palazzo», un sabato tra i tesori della banche italiane

Luoghi di lavoro e scrigni d’arte: le sedi storiche delle banche italiane, edifici disseminati lungo tutto il territorio nazionale e nelle cui stanze si celano molti capolavori del nostro patrimonio storico-artistico, aprono le proprie porte per la tredicesima edizione di «Invito a Palazzo», manifestazione promossa dall’Abi – Associazione bancaria italiana per tutta la giornata di sabato 4 ottobre, sotto l’Alto patronato del Presidente della Repubblica italiana e con il patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo e del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.
Un piccione viaggiatore in abiti settecenteschi è l’immagine ufficiale della prossima edizione, i cui numeri dimostrano come questa iniziativa di promozione culturale cresca di anno in anno: ottantaquattro, infatti, gli edifici che sarà possibile visitare, nove dei quali accessibili per la prima volta, cinquantaquattro gli istituti di credito italiani coinvolti e quarantacinque le città che offriranno al proprio pubblico un ricco calendario di iniziative ad ingresso gratuito, da visite guidate in italiano e in inglese a concerti e mostre tematiche.
Roma si presenta coma la grande protagonista di questa edizione di «Invito a Palazzo» con ben nove luoghi visitabili, tra i quali palazzo Altieri, la Filiale romana della Banca di Sassari nel complesso del monastero di Santa Susanna, la Cappella del palazzo del Monte di Pietà e la direzione generale della Bnl, la cui quadreria annovera capolavori quali «Giuditta ed Oloferne» del Lotto, «La Madonna Albani» del Barocci, un «Capriccio» del miglior Canaletto.
Seguono a ruota Torino e Milano con cinque edifici visitabili a testa. Nel capoluogo piemontese, oltre ai palazzi Bricherasio, Perrone e Turinetti, sarà possibile visitare il Museo del risparmio di Intesa San Paolo, un luogo pensato per i bambini e i ragazzi in cui è possibile avvicinarsi al concetto di risparmio e investimento con un linguaggio semplice, ma non banale. Mentre all’ombra della Madonnina, oltre alla Gallerie d’Italia in piazza Scala, merita una visita la sede della banca Cesare Ponti, aperta per la prima volta al pubblico, dove è conservata la grande tela «Maria Stuarda che sale al patibolo» di Francesco Hayez e nella quale, grazie ai vetri smerigliati sugli sportelli decorati da festoni Liberty, si respira un’atmosfera ottocentesca.
Un’altra proposta interessante nel capoluogo lombardo è quella della Deutsche Bank che, con la collaborazione di Corsi arte e la curatela di Angela Madesani, propone nella sede di via Turati la mostra «Fotografie d’autore» (visitabile previo accreditamento), con una selezione di opere della collezione permanente, il cui tema ispiratore è il «viaggio in Italia» e tra le quali si trovano lavori di Luigi Ghirri, Candida Höfer, Heidi Specker, Martin Liebscher e Adrian Paci.
Da Spoleto (con palazzo Zacchei Travaglini) a Fano (con lo Spazio XX Settembre di palazzo Bambini), da Mantova (con palazzo Strozzi) a Frosinone (con la filiale della Banca popolare di Cassino), da Bergamo (con la sede della Banca popolare) a Firenze (con il Banco di Desio e della Brianza) sono, poi, molte anche le città che propongono al pubblico la visita di edifici mai prima d’ora accessibili e in alcuni casi freschi di restauro e ricchi di testimonianze artistiche da non perdere.
Tra le tante proposte si segnala anche quella del Credem di Reggio Emilia che apre le porte di Palazzo Spalletti Trivelli, al cui interno si trovano rovine romane, una rarissima raccolta d’arte orientale e una collezione di pittura antica del ‘500, del ‘600 e del ‘700, oltre alla nota «Sibilla Cimmeria» del Guercino (1638).
Mentre tra le mostre in cartellone meritano una visita le installazioni di Gionata Xerra ad Acireale e l’esposizione dei bozzetti disegnati dall’artista Pinuccio Sciola per la realizzazione della scenografia della «Turandot», in scena al teatro Lirico di Cagliari tra giugno e agosto 2014,  visibile alla Banca di Sassari. Tante, dunque, le proposte messe in cantiere dall’Abi – Associazione bancaria italiana per scoprire come la cultura sia il vero motore del nostro Paese.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Locandina della tredicesima edizione di «Invito a Palazzo»; [fig. 2] Palazzo Spalletti Trivelli a Reggio Emilia, sede del Credem, tra gli edifici aperti per «Invito a Palazzo»; [fig. 3] Hall del Palazzo Turati di Milano, sede della Deutsche Bank. © Giorgio Benni.  

Informazioni utili
«Invito a Palazzo». Italia, sedi varie. Quando: sabato 4 ottobre 2014, dalle ore 10.00 alle ore 19.00. Informazioni: Abi – Associazione bancaria italiana, tel. 06.67671 o invitoapalazzo@abi.it. Sito internet: http://palazzi.abi.it o https://www.facebook.com/InvitoAPalazzo

martedì 30 settembre 2014

«Architetti in famiglia», con il Fai alla scoperta dell’architettura milanese del Novecento

Sarà un incontro su Giovanni Muzio (Milano, 12 febbraio 1893 – 21 maggio 1982), esponente di rilievo del movimento artistico Novecento al quale si devono opere come il Santuario di Sant’Antonio a Varese e la Basilica dell’Annunciazione a Nazareth, a inaugurare il ciclo di appuntamenti «Architetti in famiglia», promosso dal Fai – Fondo per l’ambiente italiano nelle sue due sedi di Villa Necchi Campiglio e della Cavallerizza.
Otto gli incontri in agenda dal 1° ottobre al 20 dicembre, che, attraverso voci di amici e familiari, racconteranno la storia di altrettanti progettisti che hanno lasciato il loro indelebile segno nella Milano del Novecento, svelandone anche la sfera privata, il lessico familiare e il carattere.
Dalle scatole dei ricordi emergeranno così voci e immagini che permetteranno di rivivere la vita e l’opera di interessanti protagonisti della progettualità lombarda quali Piero Portaluppi, Tomaso Buzzi, Guglielmo Ulrich, Gio Ponti, Franco Albini, Lodovico Barbiano di Belgiojoso, Pier Giulio e Vico Magistretti, oltre al già citato Giovanni Muzio.
La figura di quest’ultimo sarà ricordata a Villa Necchi mercoledì 1° ottobre dal nipote, omonimo dell’architetto, intervistato da Roberto Dulio, docente al Politecnico di Milano. Sarà un’occasione, questa, per andare alla scoperta di come siano nati edifici di culto milanesi come la chiesa di Santa Maria Annunciata in Chiesa Rossa, quella dei Santi Quattro Evangelisti e ancora quella di San Giovanni Battista alla Creta o come siano state ideate opere civili quali la Ca’Brutta in via della Moscova e il Palazzo dell’Arte, sede attuale della Triennale di Milano.
A seguire, mercoledì 15 ottobre, la dimora di via Mozart ospiterà un incontro su Piero Portaluppi (Milano, 1888-1967), con il nipote Piero Castellini, intervistato da Luca Molinari, docente all’università «Luigi Vanvitelli» di Napoli e collaboratore di prestigiose riviste quali «Abitare», «Domus» e «Ottagono». All’architetto milanese, di cui è nota anche la sua passione per il disegno satirico, si devono una serie di importanti progetti, tra i quali la Casa degli Atellani, la sistemazione della Pinacoteca di Brera, il Palazzo della Banca commerciale italiana, il Planetario Hoepli e il palazzo per la Società Buonarroti-Carpaccio-Giotto in corso Venezia. Portaluppi firmò anche, negli anni Trenta, il progetto di Villa Necchi Campiglio, raffinato scrigno di modernità e gusto dell’abitare, che viene considerata il suo capolavoro in fatto di edilizia residenziale.
Il ciclo di incontri promosso dal Fai – Fondo per l’ambiente italiano analizzerà, quindi, la figura di Tomaso Buzzi (Sondrio, 1900- Rapallo,1981), attraverso una conversazione con Marco Solari e Valerio Terraroli, in programma mercoledì 29 ottobre. Fervido e instancabile disegnatore, il progettista che ha legato il proprio nome alla storia della Venini & C. -raccontano al Fai- «fu architetto e arredatore della nobiltà e dell’alta borghesia italiana, classe sociale quest’ultima a cui apparteneva la famiglia Necchi Campiglio che, a partire dal 1938, affidò proprio a lui il riallestimento della propria abitazione milanese. Con grande gusto e raffinatezza egli seppe esaudire le richieste dei suoi illustri committenti riformulando in chiave moderna stimoli ed elementi provenienti dalla storia dell’arte antica, soprattutto dal Cinquecento al Settecento, accostandoli con una cifra stilistica del tutto personale».
L’ultimo incontro a Villa Necchi, in programma il 12 novembre, analizzerà, invece, la vita e l’opera di Guglielmo Ulrich (Milano, 1904-1977), uno dei più apprezzati protagonisti della storia del mobile italiano degli anni Trenta, attraverso le parole e i ricordi di Giancorrado Ulrich, intervistato da Luca Scacchetti.
La rassegna «Architetti in famiglia» si sposterà, quindi, alla Cavallerizza, dove il 19 novembre Salvatore Licitra e Massimo Martignoni dialogheranno intorno alla figura di Gio Ponti (Milano, 1891-1979), professionista dall'ingegno multiforme che si dedicò anche all'arredamento e alle arti decorative svolgendo in questo campo un'importante opera di rinnovamento, il cui nome è legato principalmente alla costruzione del modernissimo Grattacielo Pirelli, progettato e realizzato tra il 1956 e il 1961.
Sarà, quindi, la volta di un incontro su Franco Albini (Como, 1905 – Milano, 1977), progettista che lasciò ai milanesi la segnaletica e l’allestimento delle stazioni della linea 1 della metropolitana, del quale parleranno, nel pomeriggio del 26 novembre, Marco e Paola Albini.
Alberico e Ricciarda Barbiano di Belgiojoso ricorderanno, poi, la figura di Lodovico Barbiano di Belgiojoso (1909-2004), la seconda B del celebre Studio BBPR, vero e proprio laboratorio della modernità fondato insieme agli architetti Banfi, Peressutti e Rogers, che si occupò, tra l'altro, dell’allestimento della IX Triennale, della progettazione e realizzazione della celebre torre Velasca e del riallestimento museale del Castello Sforzesco. A condurre l'appuntamento, in agenda per mercoledì 3 dicembre, sarà Maria Vittoria Capitanucci.
Mentre a chiudere il ciclo di incontri, tutti in programma dalle ore 18.45 e ad ingresso gratuito, sarà il 10 dicembre un appuntamento su Pier Giulio (1891-1945) e Vico (1920-2006) Magistretti, con Margherita Pellino e Stefano Poli. Un’occasione, quella offerta dal Fai, per avere un’immagine inedita e insolita di grandi progettisti del Novecento milanese, ma anche di architetture simboliche della città.

Didascalie delle immagini 
[Fig. 1] Locandina del ciclo di incontri «Architetti in famiglia»; [fig. 2] Veduta esterna di Villa Necchi Campiglio a Milano; [fig. 3] Veduta esterna della Cavallerizza di Milano, sede degli uffici del Fai – Fondo per l’ambiente italiano. 

Informazioni utili 
 «Architetti in famiglia». La grande architettura milanese raccontata dai familiari dei protagonisti. Dove: Villa Necchi Campiglio, via Mozart 14 - Milano; La Cavallerizza, via Carlo Foldi 2 - Milano. Ingresso libero. Calendario degli incontri: http://www.fondoambiente.it/Attivita-FAI/Index.aspx?q=architetti-in-famiglia. Informazioni: tel. 02.467615252-346 o ufficio_cultura@fondoambiente.it. sito internet: www.fondoambiente.it. Dal 1° ottobre al 10 dicembre 2014.