ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com
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martedì 15 dicembre 2020

SkyArte lancia la «museovisione». In anteprima sui siti di sei musei italiani il documentario «Alighiero e Boetti. Sciamano e Showman»

Arazzi variopinti con lettere dell’alfabeto, mappe geopolitiche puntellate da bandiere, tavole celesti costellate da piccoli aeroplani, grandi lavori a biro ritmati da virgole nere, cartoline postali e ricalchi di giornali e riviste: a ventisei anni dalla morte, il ricco universo figurativo di Alighiero Boetti (Torino, 1940 – Roma, 1994), uno dei maggiori esponenti dell’Arte povera, non smette di affascinare il mondo dell’arte contemporanea. Per celebrare l’ottantesimo anniversario dalla nascita dell’artista sei musei italiani si sono messi in rete e lanceranno in anteprima il documentario «Alighiero e Boetti. Sciamano e Showman», una produzione Sky Arte e Tiwi per la regia di Amedeo Perri e Luca Pivetti.
Mercoledì 16 dicembre, dalle 10 alle 18, il film sarà visibile in chiaro, in museovisione, sui siti internet del Castello di Rivoli, del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato, della Gamec di Bergamo, del Madre · Museo d’arte contemporanea Donnaregina di Napoli, del Mambo di Bologna e del MAXXI - Museo nazionale delle arti del XXI secolo di Roma.
Il documentario sarà preceduto da una tavola rotonda virtuale, in cui il direttore di Sky Arte, Roberto Pisoni, converserà con le direttrici e i direttori delle sei istituzioni coinvolte – Carolyn Christov-Bakargiev, Cristiana Perrella, Lorenzo Giusti, Kathryn Weir, Lorenzo Balbi, Bartolomeo Pietromarchi – ricordando gli avvenimenti che legano l’artista ai musei e ai loro territori.
«Alighiero e Boetti. Sciamano e Showman» verrà, quindi, trasmesso nella stessa giornata di mercoledì 16 dicembre, alle 21.15, su Sky Arte e rimarrà, poi, disponibile on-demand su Now Tv.
La museovisione è un’altra importante iniziativa del canale televisivo diretto da Pisoni a sostegno del mondo dell’arte e della cultura in questi mesi difficili, con i musei e i teatri chiusi a causa della pandemia. Nelle ultime settimane Sky Arte ha, infatti, proposto in streaming gratuito, sul sito su video.sky.it/arte e sui suoi profili Facebook e Instagram, altri programmi per venire incontro ai gusti degli amanti dell’arte come «The Square», «Sipario! Storie di Teatro», «Indie Jungle» e «Musei».
Il documentario, della durata di poco più di cinquanta minuti, ripercorre la breve e folgorante parabola artistica di Alighiero Boetti attraverso le testimonianze dei suoi familiari - i figli Agata e Matteo e la vedova Caterina Raganelli Boetti –, ma anche di storici dell’arte e amici come Salman Alì, Stefano Arienti, Stefano Bartezzaghi, Alessandra Bonomo, Giorgio Colombo, Flavio Favelli, Tommaso Pincio, Sissi e Angela Vettese.
Attraverso immagini di repertorio e fotografie di opere coloratissime ed enigmatiche, il film racconta gli inizi dell’artista contrassegnati dall’adesione al movimento dell’Arte povera, il grande fermento creativo degli anni Settanta, il successo arrivato a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, la postuma consacrazione tra i grandi.
Agli inizi degli anni Settanta, l’artista cambia il suo nome in Alighiero e Boetti, dando vita a una ricerca sull’identità e il doppio che lo porta sempre a muoversi per specchiamenti. «Il gioco della congiunzione include -si legge nella nota stampa- uomo e artista, Sud e Nord, ordine e disordine, necessità e caso, spirito e materia».
Acutissimo teorico senza per questo amare le teorie, pensatore zen, cantastorie di piccole verità in forma di enigma, e, soprattutto, titolista nato, Alighiero Boetti ha realizzato i suoi lavori con l’intento di «mettere al mondo il mondo», come recita un’opera degli anni Settanta, e ci è riuscito grazie al fatto di essere al contempo sciamano e showman.
«Il documentario -raccontano da Sky Arte- riprende uno dei procedimenti più iconici di Boetti: la quadratura utilizzata nei suoi famosi arazzi. Grazie alla grafica animata, le sedici lettere del nome Alighiero e Boetti diventano sedici parole chiave – Afghanistan, bellezza, bic, gemelli, Giappone, mani, manifesto, mondo, numeri, Parigi, regole, ricami, ritmo, tempo, tutto, viaggio – che scandiscono i capitoli del film».
A più di venticinque anni dalla morte, il documentario «Alighiero e Boetti. Sciamano e showman» prova, dunque, a rendere la vitalità del pensiero, l’intelligenza velocissima e la grandezza dell’opera di un artista che ha saputo rendere il quotidiano oggetto dell’arte e veicolo di bellezza.
In occasione dell'uscita del documentario, verrà lanciato anche un filtro, scaricabile direttamente dai profili Instagram e Facebook di Sky Arte, e ispirato a uno dei soggetti più conosciuti: gli aeroplanini. Sullo sfondo di un iconico cielo azzurro acquerello, ciascun utente potrà diventare protagonista dell’opera indirizzando il volo degli aerei col suo stesso movimento. Per gli ottant'anni di Boetti si è pensato, dunque, a un omaggio leggero ispirato al suo amore per i viaggi e la geografia. 

venerdì 27 novembre 2020

Sofonisba Anguissola, Lavinia Fontana e Artemisia Gentileschi: le «pittrici dimenticate» rivivono su Arte TV

Si può solo immagine la gioia del nobile cremonese Amilcare Anguissola davanti alla lettera di Michelangelo Buonarroti che lodava le doti pittoriche della giovane figlia Sofonisba, allora appena ventenne. Con quella missiva, il maestro toscano, ammaliato dalla bellezza di un disegno con una fanciulla intenta a ridere di cuore per le difficoltà di lettura di una signora anziana concentrata nello studio dell’alfabeto, chiedeva alla giovane pittrice di cimentarsi in un lavoro che mostrasse il sentimento opposto. Sofonisba Anguissola (Cremona, 2 febbraio 1532 – Palermo, 16 novembre 1625) accettava la sfida e ritraeva il fratello Asdrubale intento ad affondare le mani in un cesto di granchi vivi e in lacrime per il dolore di un morso. Era il 1554 e quel disegno a carboncino e matita su carta cerulea, che oggi si trova nel Gabinetto di disegni e stampe del Museo di Capodimonte a Napoli, otteneva la stima di Michelangelo, tra i primi a riconoscere il talento della giovane artista lombarda, che poco dopo sarebbe diventata pittrice ufficiale alla corte di Filippo II di Spagna, a Madrid.
L’episodio, raccontato per la prima volta da Tommaso Cavalleri in una lettera a Cosimo I de’ Medici, datata 20 gennaio 1562, è tra gli aneddoti che Leticia Ruiz Gómez, capo del dipartimento di pittura del Rinascimento spagnolo al Museo del Prado di Madrid, ripercorre nel documentario «La rinascita delle pittrici dimenticate», per la regia di Hilka Sinning, disponibile gratuitamente fino al prossimo 18 dicembre sul canale europeo Arte.Tv, nella versione sottotitolata in italiano.
Il filmato in lingua tedesca, della durata di poco più di cinquanta minuti, focalizza l’attenzione su tre artiste, vissute tra il XVI e il XVII secolo, che si ribellarono alla convinzione del loro tempo che riteneva la pratica artistica inaccessibile alle donne, riuscendo a farsi apprezzare dai loro contemporanei e arrivando persino «a ritrarre – si legge nella presentazione - i reali di Spagna e il papa, nonché a conquistare l’attenzione di Michelangelo e Van Dyck».
Quelle tre donne entrate, oggi, nel mito sono Sofonisba Anguissola, Lavinia Fontana e Artemisia Gentileschi

SOFONISBA ANGUISSOLA, LA «PITTRICE D'ANIME» AMMIRATA DA MICHELANGELO
Ma come sono riuscite queste artiste, sottratte dal lungo oblio della storia dalle femministe degli anni Settanta, a formarsi e a lavorare in un’epoca nella quale alle donne era precluso l’accesso alle accademie di belle arti e alle botteghe dei pittori, «considerate -ricorda Millo Borghini nel documentario- degli ambienti moralmente non consigliabili»? A Sofonisba Anguissola venne in aiuto il padre Amilcare, un umanista dallo spirito libero e dalle spiccate capacità manageriali, che la fece istruire in casa del pittore lombardo Bernardino Campi.
La ragazza mostrò da subito un interesse spiccato per la ritrattistica e, già giovanissima, si esercitò a mettere sulla tela gli stati d’animo dei soggetti raffigurati, meritandosi l’appellativo di «pittrice d’anime», come ben documenta il dipinto «Partita a scacchi» (1555). Questa tela conquistò anche Il contemporaneo Giorgio Vasari, che di tutti i lavori dell’artista ebbe a dire: «…tanto ben fatti che pare che spirino e siano vivissimi».
Raffinati sono anche gli autoritratti, da quello alla spinetta a quello al cavalletto, che potrebbero essere paragonati a fotografie moderne, a selfie; Sofonisba Anguissola, dunque, - suggerisce il documentario di Hilka Sinning – «non avrebbe davvero nulla da invidiare alle moderne influencer con migliaia di follower».
Il fim su Arte.Tv ricorda ancora che le «meraviglie» dell’artista (la definizione è sempre di Giorgio Vasari) trovarono un altro importante estimatore in Antoon Van Dyck, che nel suo viaggio in Sicilia, dove la pittrice si era trasferita negli ultimi anni della sua vita, ritrasse Sofonisba Anguissola anziana, a 96 anni, in quella che è la sua ultima effige conosciuta, oggi al British Museum di Londra.
Il pittore fiammingo, allora poco più che ventenne, rimase piacevolmente impressionato dalla cultura, dalla perizia tecnica, dalla forza di carattere e dal «cervello prontissimo» dell’artista: «ho ricevuto -disse- maggiori lumi da una donna cieca che dallo studiare le opere dei più insigni maestri».
Quell’impareggiabile «pittrice di natura e miracolosa», come la definì lo stesso Van Dyck, consegnava così il testimone al collega più giovane; l’anno dopo, nel 1625, il sipario calava per sempre sulla sua vita avventurosa. 

LAVINIA FONTANA, «LA PONTIFICIA PITTRICE» CHE RITRASSE I NOBILI BOLOGNESI  
Il documentario di Hilka Sinning prosegue raccontando la storia della bolognese Lavinia Fontana (Bologna, 24 agosto 1552 – Roma, 11 agosto 1614) , soprannominata «la pontificia pittrice» e ricordata nella storia dell’arte per il suo ritratto di papa Gregorio XIII e per la realizzazione di enormi pale d’altare dipinte per l’aristocrazia e il clero di tutta Italia, come la «Madonna Assunta di Ponte Santo» per la città di Imola o la «Natività della Vergine» per la chiesa della Santissima Trinità a Bologna.
Il padre, il pittore Prospero Fontana, fu il primo a valorizzare il talento della giovane artista. Successivamente a farle da agente fu il marito, il pittore Giovan Paolo Zappi. La loro, come racconta la studiosa Vera Fortunati, fu un’unione non convenzionale per l’epoca: lei dipingeva e lui vendeva; lei era la star, lui aveva ruolo più domestico, ma utilissimo alla dinamica della coppia, che ebbe addirittura undici figli.
Lavinia Fontana era amata dall’aristocrazia - bolognese prima, romana poi - per la sua capacità di raccontare il «fascino mondano» del tempo. La sua conoscenza di velluti, broccati, sete e pizzi ricamati -restituiti sulla tela con con un’impareggiabile precisione ottica – la rendevano l’artista prediletta tra le nobildonne.
Ritrasse Costanza Sforza Boncompagni (parente di papa Gregorio XIII), Ginevra Aldrovandi Hercolani, Costanza Alidosi, la famiglia Gozzadini e anche la piccola Antonietta Gonzales, la bambina dal corpo interamente ricoperto di peli, nel cui quadro si respira tutta l’empatia materna dell’artista.
Lavinia Fontana fu anche la prima donna nella storia a dipingere dei nudi, soggetti che si credeva potessero sconvolgere la mente femminile, realizzando opere per le camere da letto dei suoi committenti. Si pensi alla bella tela «Minerva nell’atto di vestirsi» (1613), commissionata da Scipione Borghese, con una donna ripresa in un momento intimo, quotidiano, o a «Marte e Venere» (1595) della Casa d’Alba, dove il guerriero tocca il fondoschiena della fanciulla, che si volta verso il pubblico quasi complice del gesto irriverente. 

ARTEMISIA GENTILESCHI, LA PRIMA ARTISTA CON UNA SUA BOTTEGA
Quando, nel 1614, Lavinia Fontana si trasferì a Roma, all’età di cinquantadue anni, nella «Città eterna» -ricorda il documentario- stava già realizzando i suoi primi schizzi a matita un'altra artista dal fascino indiscusso: Artemisia Gentileschi (Roma, 8 luglio 1593 – Napoli, circa 1656).
Anche il talento pittorico della giovane, che con il suo stile drammatico e altamente espressivo avrebbe incantato negli anni a venire i più importanti committenti seicenteschi, fu valorizzato dal padre, il pittore pisano Orazio Gentileschi, amico di Caravaggio.
Della storia dell’artista, cresciuta in un ambiente prettamente maschile quale era la Roma del tempo, sappiamo principalmente una cosa, che fu vittima di uno stupro e che ebbe la forza di portare in tribunale l’uomo che abusò di lei: il pittore Agostino Tassi, amico del padre, dal quale era stata mandata a studiare prospettiva.
Il processo fu umiliante, dolorosissimo e segnò per sempre la vita della giovane donna, che usò la pittura come sfogo, popolando le sue tele di potenti nudi femminili, martiri e vendicatrici bibliche che si oppongono a uomini violenti e mossi da ignobile libidine, i cui sentimenti sono accentuati da un drammatico realismo di impianto caravaggesco. 
Emblematica, in tal senso, è la tela «Giuditta che decapita Oloferne», realizzata nei giorni del processo, che «si può assolutamente interpretare -racconta Roberto Contini, curatore alla Gemäldegalerie di Berlino – come «uno spietato e feroce atto di annientamento del terribile nemico». 
In quell'«inesorabile aristocrazia della crudeltà», caratterizzata da un trionfo di muscoli e forza, con il sangue a bagnare le stoffe e i velluti preziosi, c'è anche il ritratto dell'artista: Artemisia è Giuditta, arrabbiata, ma lucidamente fredda nel dare forma alle sue drastiche fantasie omicide.
Il talento mise presto la pittrice romana in competizione con gli uomini del suo tempo. La fece diventare il simbolo della lotta contro l’autorità. L'artista non si fece, però, mai condizionare dal parere degli altri. Aveva già perso molto sposando un uomo che non amava, il pittore Pierantonio Stiattesi, e lasciando Roma per non sentire il chiacchiericcio della gente. Ora era una donna libera, autonoma, forse anche spregiudicata. Non mise, infatti, mai alcuna censura sul suo corpo, protagonista di molte tele come, per esempio, l’«Allegoria con i pennelli» o la «Maria Maddalena in estasi», senza dimenticare i tanti autoritratti. 
La svolta vera arrivò a Napoli, dove Artemisia Gentileschi aprì una sua bottega, ben consapevole dell’unicità del suo ruolo, tanto da scrivere a un suo committente, il collezionista siciliano don Antonio Ruffo: «Il nome di donna fa sorgere dubbi finché non si vede l'opera finita. Farò vedere a vossignoria cosa sono in grado di fare. Troverete l’animo di un cesare nella mia anima. Non vi disturberò con chiacchiere femminili. Le mie opere parleranno da sole».
Con questo documentario, Hilka Sinning confeziona, dunque, un ritratto moderno di tre pittrici, capaci di venire ammirate e apprezzate in un mondo, quello a cavallo tra Cinquecento e Seicento, in cui le donne venivano per lo più relegate alla vita domestica. Sofonisba Anguissola, Lavinia Fontana e Artemisia Gentileschi regalarono al mondo dell’arte lo sguardo, il tocco e la conoscenza femminile. Lo arricchirono di nuovi colori e nuove visioni. Oggi, dopo secoli di oblio, vengono finalmente riscoperte. 

Informazioni utili

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Sofonisba Anguissola, «Autoritratto con allegoria della pittura», 1638-1639. Olio su tela, 98,6×75,2 cm. Kensington Palace, Londra; [fig. 2] Sofonisba Anguissola, «Fanciullo morso da un granchio», 1554 c. Carboncino e matita su carta, 33,3×38,5 cm. Gabinetto di disegni e stampe del Museo di Capodimonte, Napoli; [fig. 3] Sofonisba Anguissola, «Partita a scacchi, 1555. Olio su tela, 72×97 cm. Narodowe Muzeum, Poznań; [fig. 4] Antoon Van Dyck, «Ritratto di Sofonisba Anguissola», 1624. Londra, British Museum; [fig. 5] Lavinia Fontana, «Ritratto di Antonietta Gonzales», 1595 circa. Musée du Chateau de Blois [fig. 6] Artemisia Gentileschi, «Giuditta che decapita Oloferne», 1612-1613. Olio su tela, 158,8×125,5 cm. Museo nazionale di Capodimonte, Napoli; [figg. 7 e 8] Due frame del film «La rinascita delle pittrici dimenticate», per la regia di Hilka Sinning

Il video

giovedì 26 novembre 2020

Una mostra on-line per «London by Gian Butturini», un libro condannato al macero

È l’anno dell’uomo sulla Luna, del mega raduno di Woodstock e del primo collegamento remoto tra computer. È il 1969. Un giovane grafico bresciano dell’Art Director Club di Milano, Gianfranco Butturini (Brescia, 1935 – 2006), viene mandato a Londra per allestire un padiglione alla fiera internazionale sull’uso industriale della plastica. Con la sua macchina fotografica gira la città, dove rimane circa un mese, e scatta una serie di fotografie - «spontanee e autentiche, vive e graffianti» - che raccontano le contraddizioni della Swinging London, con le ragazze in minigonna, i drop-out che si fanno di eroina, gli immigrati dal volto triste, gli abitanti della City con il loro mondo perfetto.
Al ritorno a Brescia quelle immagini diventano un libro pubblicato a spese dello stesso autore in un migliaio di copie, «London by Gian Butturini», che va subito esaurito e che, con il passare degli anni, diventa un oggetto di culto con un prezzo ormai da collezionisti. 
Per il giovane artista, allora trentaquattrenne, è l’inizio di una brillante carriera nel mondo della fotografia. Un marcato interesse per le ingiustizie sociali e le lotte di liberazione caratterizzano da subito i suoi reportage in giro per il mondo, da Cuba al Cile, dall’Irlanda del Nord alla Germania dell’Est, dall’India al Marocco, dall’ex Jugoslavia all’Etiopia. 
Di servizio in servizio, fino alla registrazione del film «Il mondo degli ultimi» nel 1980, Gian Butturini si mostra sempre «brechtianamente seduto dalla parte del torto».
Denuncia disuguaglianze, disagi e povertà, dolori e umiliazioni, guidato dalla convinzione che le immagini abbiano una forza intrinseca capace di abbattere muri, censure e conformismi. Il suo obiettivo si trasforma, dunque, costantemente in uno strumento di impegno civile per raccontare la nostra storia, dalla strage di Bologna alla caduta del muro di Berlino, dalla Rivoluzione dei Garofani in Portogallo al teatro di strada in Romagna con Julian Beck, dalla Cuba di Fidel Castro al Cile di Salvador Allende e, poi, di Augusto Pinochet. L’artista- scrive Gigliola Foschi – diventa così «uno dei grandi protagonisti italiani della fotografia ‘contro’: contro le ingiustizie, contro le diseguaglianze sociali, contro il razzismo, contro le guerre, contro le morti bianche sul lavoro, contro i manicomi a fianco di Franco Basaglia, contro l’occupazione delle terre del popolo Saharawi». 
È difficile pensare, con una storia del genere alle spalle, che qualcuno abbia potuto accusare Gian Butturini di razzismo. Eppure è successo e tutto è accaduto per colpa del primo, e fortunato, reportage, quello su Londra, ripubblicato nel 2017 dalla casa editrice Damiani di Bologna a seguito della richiesta di Martin Parr, celebre fotografo britannico, già presidente di Magnum Photos.
A scatenare il casus belli è stato l’accostamento di due fotografie: da una parte l’immagine di una donna di colore che vende i biglietti della metropolitana, dall’altra quella di un gorilla in gabbia «che -per usare le parole dello stesso autore- riceve con dignità imperiale sul muso aggrottato le facezie e le scorze lanciategli dai suoi nipoti in cravatta».
C’è chi in quelle due immagini accostate vede lo stereotipo infamante donna nera = scimmia. È la studentessa britannica Mercedes Baptiste Halliday, una ragazza di colore di vent’anni iscritta al corso di antropologia all’University College di Londra, che ha ricevuto in dono il libro di Gian Butturini dal padre.
In tempi di cancel culture, la protesta della ragazza sui social viene cavalcata dai media inglesi e travolge il potente (e quindi invidiato) Martin Parr, reo -a loro dire- di aver riscoperto il libro, di averlo fatto ripubblicare considerandolo un «gioiello trascurato» e anche di averlo inserito -unico testo italiano- nella mostra «Strange and Familiar – Britain as reveleaded by international photographers», allestita nel 2016 al Barbican di Londra e nel 2017 alla Manchester Art Gallery.
Accusato di «analfabetismo visivo», il fotografo britannico si dimette dal ruolo di direttore artistico del Bristol Photo Festival e, contemporaneamente, chiede il ritiro di «London» dal mercato editoriale, scusandosi pubblicamente per non aver colto il messaggio razzista presente nelle due immagini.
Nella stagione incendiaria del movimento attivista Black Lives Matter, anche Damiani editore fa un passo indietro e decide di sospendere la pubblicazione del volume; mentre le copie già stampate rischiano il macero.
Basterebbe leggere le parole di Gian Butturini a corredo di quella immagine per spegnere la polemica: «ho fotografato una donna nera, chiusa in una gabbia trasparente; vendeva biglietti per la metropolitana: una prigioniera indifferente, un'isola immobile, fuori dal tempo nel mezzo delle onde dell'umanità che le scorreva accanto e si mescolava e si separava attorno alla sua prigione di ghiaccio e solitudine».
Non c’è alcun razzismo nei confronti di quella donna, umile e umiliata, incapace di ribellarsi alle ingiustizie. Ma Gian Butturini è un fotografo poco conosciuto nel Regno Unito, per di più deceduto (e quindi nell’impossibilità di ribattere) e senza istituzioni forti alle spalle. È un uomo sacrificabile. Ma gli eredi, i figli Tiziano e Marta, non ci stanno e lanciano la campagna «Save the book», sostenuta e appoggiata da alcune tra le più importanti figure della fotografia in Italia, come Ferdinando Scianna, Gianni Berengo Gardin e Francesco Cito
Il libro sottratto al rogo mediatico viene rimesso in vendita e può essere ordinato inviando una e-mail ad archiviogianbutturini@gmail.com a fronte di una sottoscrizione di quaranta euro (oltre alle spese di spedizione) che serviranno per promuovere le attività dell'associazione. Ma non è tutto. Trenta immagini del reportage londinese, unite a una decina di fumetti degli anni Settanta con interventi spiazzanti in stile situazionista, diventano una mostra, per la curatela di Gigliola Foschi, visibile dal 10 dicembre al 31 gennaio in uno slide-showonline, attivo 24 ore su 24, sul sito www.gianbutturini.com. Pandemia permettendo (se la Lombardia dovesse realmente passare in zona arancione le gallerie d'arte potranno rimanere aperte), l'esposizione sarà visitabile, negli stessi giorni, anche in presenza allo Spazio d’arte Scoglio di Quarto a Milano (la rassegna sarà aperta tutti i giorni, dalle ore 17 alle ore 19, a ingresso gratuito, con obbligo di prenotazione inviando una mail a info@galleriascogliodiquarto.com oppure un sms al 348.5630381).
Venerdì 18 dicembre, alle ore 18.30, si terrà, inoltre, un incontro on-line, promosso dalla Casa della Cultura, con interventi di Tiziano Butturini, Gigliola Foschi, Ferdinando Scianna, Alberto Prina, direttore del Festival di Fotografia etica di Lodi, e Stefania Ragusa, giornalista della rivista «Africa» e docente presso l'Università di Pavia.
Inizia così «una battaglia -dichiarano gli organizzatori- per ristabilire la verità contro una controversia grottesca e surreale, nonché per ribadire con forza che il libro va visto e letto come una preziosa testimonianza artistica, politicamente impegnata e volutamente provocatoria». Il libro va salvato dal macero perché la narrazione di «London» non è razzista. È empatica e solidale. Si muove nel solco della critica sociale portata avanti negli anni Settanta, quelli della pubblicazione originaria del volume, dalla controcultura e dalla Beat Generation. Ed è in linea con l’impegno di uomo che ha sempre «usato la macchina fotografica come un grido di speranza contro le ingiustizie», per raccontare l’altro con occhio attento e cuore aperto.

Informazioni utili

martedì 24 novembre 2020

Un’edizione tutta digitale per BilBOlbul, il festival internazionale del fumetto di Bologna

Compie quattordici anni BilBOlbul - Festival internazionale di fumetto di Bologna, che, in conformità alle restrizioni imposte dall’ultimo Dpcm per contrastare la pandemia da Coronavirus, si presenta in una formula inedita.
Tutti gli appuntamenti in cartellone dal 27 al 29 novembre saranno, infatti, in streaming sul sito istituzionale del festival, ma anche sui canali YouTube e Facebook.
Conferenze, incontri con gli autori, presentazioni di libri -in buona parte in inglese e sottotitolati- vanno a comporre il ricco cartellone di questa edizione della kermesse, che vede ancora una volta come ente organizzatore l’associazione culturale Hamelin e come main partner il Gruppo Hera.
La necessità di agire on-line ha portato anche a un’estensione temporale del festival: dopo la tre giorni di fine novembre, la consueta offerta formativa per gli studenti delle scuole secondarie di primo e di secondo grado (ma anche per gli iscritti all’Accademia di belle arti e all’Erasmus Mundus in Culture letterarie europee dell’Università di Bologna) andrà avanti fino al prossimo 15 gennaio; in contemporanea verrà gettato uno sguardo sulle ultime uscite internazionali di graphic novel.
Sono, invece, rinviate a data da destinarsi le mostre in presenza, tra cui si segnala la collettiva, tutta al femminile, «Prendere posizione. Il corpo sulla pagina», con opere di Émile Gleason, Rikke Villadsen, Nicoz Balboa e Alice Socal.
Tema conduttore di questa edizione del festival sarà il corpo, ovvero -come ricordano gli organizzatori di BilBOlbul - «la prima cosa che si disegna, il motore e l’essenza di ogni storia», che verrà raccontato nella sua accezione erotica, comica, non conforme, politica.
Gli artisti coinvolti, per la maggior parte donne, hanno scelto il corpo - si legge nella presentazione - per «raccontarsi con l’autobiografia, per immaginare futuri desiderabili o distopici, per riscrivere i generi letterari classici e scardinarne l’immaginario».
Un’impronta femminile si ravvisa anche nel manifesto di questa edizione, firmato da Émilie Gleason, premio Rivelazione al Festival di Angoulême del 2019 per il suo graphic novel «Ted, un tipo strano», che racconta la sindrome di Asperger con grande umanità e senza ipocrisie. Il libro -al centro di un incontro in programma on-line domenica 29 novembre, alle ore 15.30- uscirà in edizione italiana per Canicola proprio in occasione del festival bolognese, quale segno della collaborazione, consolidata ormai da anni, tra BilBOlbul e le principali case editrici per portare in Italia i titoli più interessanti del panorama internazionale.
Come già ricordato, Émilie Gleason è anche una delle autrici protagoniste del volume «Prendere posizione. Il corpo sulla pagina», catalogo della mostra che avrebbe dovuto inaugurare il 27 novembre negli spazi espositivi della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna. Il libro, curato ed edito da Hamelin, propone uno sguardo sulla rappresentazione e funzione del corpo nel fumetto contemporaneo attraverso interviste e articoli sulle autrici più rilevanti del panorama nazionale e internazionale.
Tra le protagoniste di questa novità editoriale c’è anche Rikke Villadsen, artista al centro dell’appuntamento inaugurale di BilBOlbul: «Sogliole e cowboy», in agenda venerdì 27 novembre, alle ore 15.
La programmazione del primo giorno del festival proseguirà quindi, alle ore 16, con una diretta con Tommi Parrish, rivelazione del fumetto statunitense con il suo libro «La bugia e come l’abbiamo raccontata», graphic novel che uscirà per Diabolo Edizioni nella sua versione italiana. 
Il volume racconta - si legge nella presentazione - la «storia all’apparenza semplice di due amici che si incontrano per caso dopo anni e passano una serata insieme a parlare»; il loro ritrovarsi «diventa il pretesto per una sorta di bilancio esistenziale, tra amori, speranze e disillusioni, il tutto raccontato attraverso uno stile originalissimo fatto di vignette incompiute o semi-smontate, disegni lasciati a metà, un uso spettacolare del colore».
Sabato 28 novembre si proseguirà nell’esplorazione e approfondimento del tema del corpo con una vera e propria maratona di incontri e tavole rotonde on-line. Ad aprire la giornata sarà, alle ore 9.30, la traduttrice e saggista Maria Nadotti con la diretta «Dall’autorappresentazione del corpo alla sua cancellazione». Alle ore 11, si terrà, invece, l’appuntamento «Nuove forme di bellezza», che metterà a confronto due generazioni di autrici del fumetto grazie alla partecipazione della veterana Anke Feuchtenberger, ammirata per il suo stile ipnotico e onirico, e della giovane Alice Socal.  Mentre, alle ore 12, Alex Bodea, Max Baitinger ed Émile Gleason saranno protagonisti dell’appuntamento on-line «Contro i bordi. Corpi, spazi e confini nel nuovo fumetto comico». A seguire la scrittrice Claudia Durastanti proporrà dapprima -alle ore 15.30- una riflessione sul ruolo del corpo nella fantascienza femminile e poi -alle ore 16.30 – intervisterà, nell’incontro «Ai confini del corpo. Visioni di futuri possibili tra natura e tecnologia», la spagnola Ana Galvañ,  che ha portato nuova linfa al genere della fantascienza a fumetti. Infine, alle ore 17.30, ci sarà l’appuntamento «Born This Way. Il disegno e il racconto di sé come scoperta e trasformazione» sulla multiforme arte di Nicoz Balboa, in cui diario e autobiografia diventano un’appassionata e ironica riflessione sull’identità, le relazioni, le lotte e le gioie dell’esistenza.
Domenica 29 novembre, quella che avrebbe dovuto essere la giornata conclusiva del festival diventa, invece, l’inizio di «BBB continua», un ciclo di interviste che proseguiranno on-line fino a gennaio, a cadenza settimanale, sui canali del festival, con gli autori di alcuni dei migliori graphic novel usciti in Italia nel 2020. Si comincerà, alle ore 14.30, con Luca Negri e il suo «Controspionaggio» (Coconino Press - Fandango), intricata storia di complotti di guerra, terrorismo, morti e rinascite. Si proseguirà, alle ore 15.30, con Émilie Gleason e il suo graphic novel «Ted, un tipo strano» (Canicola). Alle ore 16.30, sarà la volta di «Pregnancy Comic Journal» (Feltrinelli) di Sara Menetti, diario della gravidanza dell'artista, raccontato con spiazzante onestà.
Gli incontri continueranno, poi, per tutto il mese di dicembre con Armin Barducci («Tales of an imaginary Dead Man», Eris Edizioni), Antonia Kühn («La radura», Diabolo), Jesse Jacobs («Crawl Space», Eris Edizioni) e l’esordiente Miguel Vila («Padovaland», Canicola).
Tutti i titoli presentati durante e dopo il festival saranno in vendita in una rete di librerie indipendenti a Bologna, Roma, Torino, Milano, Venezia e Bari. BilBOlbul vuole così mettere in circolo i titoli più interessanti di un anno non facile per l’editoria e supportare le librerie, che hanno vissuto momenti di difficoltà, ma che hanno anche saputo riorganizzarsi e diventare presidi culturali territoriali di grande importanza, grazie alla capacità di attivarsi con servizi di consegna a domicilio e vendite on-line.
Un calendario, dunque, ricco quello del festival bolognese, che racconterà il mondo del fumetto attraverso stili e voci differenti, dimostrando come oggi il graphic novel sia un genere capace di decifrare questioni complesse e di raccontarle con una prospettiva nuova contribuendo così a creare una cultura aperta al confronto e alla diversità. 

Per saperne di più 

lunedì 23 novembre 2020

Dalla platea al Web: spettacoli in streaming per il progetto «Fragili come la terra» del Menotti di Milano


Il teatro Menotti di Milano non si ferma e, in ottemperanza all’ultimo Dpcm che chiude i luoghi della cultura su tutto il territorio nazionale, continua la sua programmazione in streaming. Il progetto «Fragili come la terra», che vuole raccontare la crisi del nostro tempo, farà il suo debutto sul Web nella serata di giovedì 26 novembre con «Guida galattica per gli autostoppisti», riduzione scenica dell’omonimo romanzo di fantascienza umoristica firmato Douglas Adams, che da ormai quarant’anni è un caposaldo della letteratura contemporanea, capace di conquistare un pubblico trasversale e intergenerazionale.
Sul palco salirà il Collettivo Menotti, compagnia formata da giovani attori e musicisti, nata con l’intento di rispondere alla crisi occupazionale del settore dello spettacolo che sta travolgendo soprattutto le giovani generazioni.
Nello specifico saranno in scena Giuditta Costantini, Nicolas Errico, Helena Hellwig, Jacopo Sorbini, Chiara Tomei e Martino Vercesi; mentre le scene i costumi portano la firma di Patrizia Aicardi.
Pur chiuso al pubblico, come tutte le sale presenti sul territorio nazionale, il teatro Menotti ha, dunque, deciso di proseguire nel proprio impegno produttivo e ha confermato tutti i giovani scritturati per oltre due mesi di lavoro continuativo e, nello stesso tempo, ha voluto riprendere a dare appuntamento al suo pubblico, spostando il momento dello spettacolo dalla platea fisica a una piattaforma digitale. La scelta è caduta Xarena. Mentre per le riprese in diretta è stato scelto un pool di giovani video maker che saranno impegnati con apparecchiature altamente professionali.
Il pubblico, in numero di centosessanta persone per ogni replica, potrà assistere agli spettacoli con la massima qualità video e audio, acquistando il biglietto su VivaTicket oppure utilizzando i soliti canali del teatro (al numero di telefono 02.36592544 o all’indirizzo e-mail biglietteria@tieffeteatro.it).
«Guida galattica per gli autostoppisti», che sarà in programmazione digitale dal 26 al 29 novembre, è un insieme di esilaranti situazioni nonsense, piene di humour britannico e di personaggi assurdi.
Mischiando demenzialità, situazioni grottesche e ironia, il romanzo, o meglio la saga scritta da Douglas Adams, è riuscita a diventare un vero e proprio cult, le cui citazioni sono ormai modi di dire comuni e i personaggi sono divenuti simboli. Si pensi al robot depresso Marvin, al terrestre fragile Arthur, all’alieno Ford, viaggiatore nelle galassie, beone e sciupafemmine. Anche il 42, numero emblematico di una risposta priva della domanda fondamentale, o l’asciugamano come indispensabile strumento di difesa e protezione per chi vuole navigare tra i mondi sparsi nell’infinito raccontano di un universo privo di senso, assurto a simbolo. Basti ricordare a tal proposito che il 25 maggio di tutti gli anni e in tutto il mondo, i fan della saga celebrano il Towel Day, ovvero «il giorno dell’asciugamano», in ricordo della scomparsa di Douglas Adams, avvenuta nel 2001.
La lettura teatrale del Collettivo Menotti, che si avvale del progetto multimediale di Martin Romeo, «proverà -raccontano dal teatro milanese- a restituire il sapore e il colore della «Guida», ambientando la narrazione all’interno del Ristorante al termine dell’Universo, nelle ore che precedono la quotidiana rappresentazione serale della fine del mondo, giocando con Adams sui sottili confini spazio-temporali e seguendo le tracce profonde e malinconiche che l’autore ha lasciato tra le pieghe di un racconto di rara inventiva e comicità. Le parole e la musica s’incontreranno in un grottesco cabaret spaziale».
La programmazione in streaming del teatro Menotti proseguirà, dal 3 al 6 dicembre, con «Un marziano a Roma», spettacolo, con Milvia Marigliano e Raffaele Kohler, che anticipa l’idea, oggi molto attuale, di società effimera, omologata e in bilico, tra il reale e l’immaginario, alla vana ricerca di un senso al nulla virtuale che ci circonda.
Il testo racconta l’epopea tragicomica di Kunt, un marziano arrivato sulla terra, con l’idea di fare un viaggio in un pianeta accogliente, placido e blu. La sua storia si consuma in pochi giorni: dapprima c'è curiosità, poi indifferenza e derisione. All'extra-terrestre non resta altro che fare ritorno, in silenzio, nel suo mondo: la terra piena di intellettuali annoiati, giornalisti venditori di fumo, gente che dibatte sul nulla, con la sua superficialità e la sua vanità, non fa per lui. 
In dicembre la rassegna prevede, quindi, altri due appuntamenti da non perdere per chi vuole riflettere sul nostro tempo incerto: dapprima ci si farà ammaliare dai viaggi temporali e surreali raccontati in «Mattatoio n. 5» da Kurt Vonnegut (dal 10 al 13 dicembre), poi si rifletterà con Jonathan Safran Foer e il suo «Possiamo salvare il mondo prima di cena» (dal 17 al 20 dicembre), nel quale viene illustrata, con straordinario impatto emotivo, la crisi climatica del nostro pianeta alternando, in modo originale, storie di famiglia, ricordi personali, episodi biblici, dati scientifici e suggestioni futuristiche.
«Ai vari spettacoli -raccontano dal teatro Menotti- saranno collegate delle iniziative collaterali: incontri, interviste, letture e altro, connessi ai vari temi che saranno affrontati nel progetto e in generale riguarderanno la fragilità del nostro pianeta e dei suoi abitanti, fragilità sempre più evidente e messa alla prova in questo periodo di pandemia».
Per il Menotti la programmazione in streaming della rassegna «Fragili come la terra» rappresenta indubbiamente uno sforzo economico ed organizzativo piuttosto impegnativo in un momento assolutamente non facile. «Ma -raccontano dal teatro milanese- abbiamo ritenuto doveroso continuare a fare teatro, per non mancare all’appuntamento con il nostro pubblico e per mantenere gli impegni con gli artisti e il personale coinvolto nel progetto». Ora c’è solo da sperare che gli spettatori scommettano sulla Rete quale nuova forma per vivere, in questi tempi incerti, la dimensione del teatro, da sempre non solo luogo di evasione dal quotidiano, ma anche di riflessione sul presente e sul futuro. 

Informazioni utili 
Fragili come la terra – Stagione 2020-2021 in streaming. Teatro Menotti, via Ciro Menotti, 11 – Milano. Informazioni: tel. 02.36592544, biglietteria@tieffeteatro.it. Biglietto singolo: E 6,00. Acquisti on-line con carta di credito su www.teatromenotti.org. Orari spettacolo: venerdì ore 20.30, sabato ore 19.30, domenica ore 16.30. Dal 26 novembre al 16 dicembre 2020.

venerdì 20 novembre 2020

I musei? «Servizi pubblici essenziali», ma chiusi al pubblico. E l’arte va on-line e in piazza

I musei e i siti archeologici hanno qualcosa in comune con gli ospedali e i trasporti. Sono servizi pubblici essenziali.
A stabilirlo è stato il «Decreto Colosseo» del 20 settembre 2015, convertito in una legge dello Stato italiano, la n. 182 del 12 novembre dello stesso anno. Quel provvedimento sulla fruizione del nostro patrimonio storico-artistico, legiferato in attuazione dell’articolo 9 della nostra Costituzione, fu la risposta ferma del Governo di allora, guidato da Matteo Renzi, alle proteste sindacali dei lavoratori del Parco archeologico del Colosseo che, in un momento incredibilmente positivo per il turismo italiano -nei giorni del Giubileo straordinario della misericordia a Roma e dell’Expo a Milano- avevano deciso, senza preavviso, di tenere chiusi i cancelli del complesso monumentale romano tra lo sbigottimento dei tanti visitatori stranieri in fila e l’interesse dei media internazionali.

I MUSEI? SERVIZI ESSENZIALI, CHE FANNO BENE ALLA SALUTE 
In occasione del Question Time che portò all’approvazione del «Decreto Colosseo» in Parlamento, l’allora ministro dei Beni culturali Dario Franceschini definì «una conquista di civiltà» la scelta di inserire i musei e i siti archeologici tra i servizi pubblici essenziali.
Cinque anni dopo, in questo 2020 che è stato definito l’annus horribilis del Coronavirus, anche queste realtà, come altre forme di attività produttiva, sono state sacrificate in virtù del «diritto alla salute», sancito dall’articolo 32 della Costituzione. 
Musei e siti archeologici sono stati così chiusi per ben due volte nell’arco di otto mesi, prima in ottemperanza al Dpcm del 9 marzo e ora, dopo la riapertura dello scorso 18 maggio, in virtù del Dpcm del 3 novembre, che avrà efficacia per un intero mese (salvo proroghe).
Ma se è vero che l’arte fa bene alla salute (soprattutto a quella mentale), come ha di recente confermato l’Organizzazione mondiale della sanità con lo studio «What is the evidence of the role of the arts in improving health and well-being?» (disponibile anche in italiano grazie alla versione redatta dal Cultural Welfare Center), i musei, attenti da subito a tutti i protocolli di sicurezza e oggettivamente poco frequentati negli ultimi mesi, avrebbero meritato una chance in più.
Saltato il sistema di tracciamento nelle Ats, è certamente difficile da confutare la tesi di Dario Franceschini -ancora ministro dei Beni culturali, ora nella formazione di governo capitanata dal premier Giuseppe Conte- che in televisione, intervistato su RaiTre da Fabio Fazio, ha definito i musei «luoghi di possibile contagio». Ma in un momento storico nel quale anche le nostre case non sono posti sicuri, anzi sembrano essere tra i maggiori diffusori del virus, la visita a una mostra o alla collezione di una pinacoteca è davvero meno prudente per la salvaguardia della salute -nostra e degli altri- di una piega dal parrucchiere o di un viaggio in treno? È lecito avere qualche dubbio e motivare la chiusura dei musei con la necessità di diminuire gli spostamenti e i contatti tra le persone rende la decisione del Governo ancora più dolorosa, soprattutto dopo le scene folli viste, all’inizio di questa settimana, nei supermercati Lidl di tutta Italia per acquistare sneakers e ciabatte griffate con il logo della nota catena low cost

ARTE A PORTATA DI CLIC PER IL SECONDO LOCKDOWN DELLA CULTURA
La seconda ondata del virus non ha, però, trovato impreparati i musei italiani, che -come abbiamo già raccontato- hanno reagito al nuovo «lockdown della cultura» (sono chiusi al pubblico anche i teatri, i cinema e le biblioteche) tornando immediatamente fruibili on-line, sul sito istituzionale e sui profili social, ma anche su piattaforme come Zoom, Google Meet, WhatsApp.
La Rete si è trasformata così in una piazza virtuale, nella quale condividere esperienze e conoscenze, dove continuare a sperimentare l’arte grazie un ricco programma (fin troppo ricco) di visite guidate virtuali, talk con artisti e curatori, podcast, approfondimenti sulle collezioni permanenti, laboratori per bambini, contenuti multimediali di approfondimento sulle mostre allestite (e purtroppo non visitabili in presenza), recital artistico-teatrali, presentazioni di libri, visione di cinema d’artista e molto altro ancora.
Di giorno in giorno, l’agenda si infittisce di appuntamenti; nessuno vuole mancare all’appello. È, per esempio, fresco di presentazione il progetto «DuaFoto», spazio espositivo virtuale dedicato alla fotografia contemporanea, nato a Siena da un’idea del giovane programmatore Juljan Kaci, che racconta la bellezza del nostro Paese proponendo un viaggio virtuale, di regione in regione, attraverso luoghi, persone, tradizioni, stili di vita ed espressioni del meglio del made in Italy.
L’associazione MuseoCity, in collaborazione con Milanoguida, presenta, invece, «Connessioni culturali», un ciclo di quattro appuntamenti su Zoom - in programma dal 24 novembre al 15 dicembre, ogni martedì alle ore 21 – grazie ai quali si potrà conoscere meglio il capoluogo lombardo e il suo patrimonio museale, ma anche scambiare idee e commenti con i propri compagni di viaggio o rivolgere domande alla guida turistica. 
Si inizierà con un incontro su «Il Quarto Stato» di Giuseppe Pellizza da Volpedo, il grande quadro che apre il percorso di visita al Museo del Novecento. Si proseguirà con un approfondimento sulla Sala dell’Asse al Castello sforzesco, all’interno della quale è stata riscoperta, grazie a un accurato restauro, un’opera di Leonardo da Vinci, tra i vertici della sua pittura. Gli intrecci di rami, nastri, frutti e radici svelano, infatti, tutta la sapienza di pittore scientifico, di studioso di ottica e di grande botanico del maestro toscano. Si passeggerà, poi, tra le strade della Milano ottocentesca, accompagnati da foto d'epoca e da suggestivi dipinti realizzati da artisti che, nel XIX secolo, trovarono il successo immortalando scorci, angoli e panorami cittadini oggi non più visibili. Mentre a chiudere il programma sarà un incontro dal titolo «Dialoghi tra arte e architettura milanese 1930 -1960»
I partecipanti potranno ritrovare tutti i luoghi visitati virtualmente, a titolo gratuito e previa prenotazione sul sito istituzionale della rassegna, sulla App di MuseoCity.  


«MISSING MASTERPIECES», UNA MOSTRA DIGITALE PER SAMSUNG 
Mentre Samsung ha da poco lanciato la mostra digitale «Missing Masterpieces», una raccolta di opere iconiche non più accessibili al pubblico, perché rubate o perse per sempre, disponibile gratuitamente, tramite App Store, su tutti i TV Samsung The Frame, televisori dal design unico in grado di fondersi armoniosamente con l’arredamento di casa quando non sono in uso. 
Questa collezione, che sarà live per i prossimi tre mesi e che può essere visionata anche sul sito istituzionale dell’azienda, include dodici opere selezionate da Noah Charney, esperto di crimini d'arte e fondatore della Association for Research into Crimes Against.
Nella selezione sono inclusi lavori di valore inestimabile come «Anatra bianca» di Jean Baptiste Oudry e «Ritratto del dottor Gachet» di Vincent Van Gogh, entrambi visti per l'ultima volta quasi trent’anni fa. In questa pinacoteca virtuale è possibile ammirare anche «Vista di Auvers-sur-Oise» di Paul Cézanne, un quadro rubato come in un film con i ladri che, approfittando dei festeggiamenti per il Capodanno 1999, si sono arrampicati su un’impalcatura, hanno sfondato un lucernario, calato una scala di corda e schermato le telecamere con una bomba fumogena. Altre due opere dalla storia sorprendente inserite nella galleria di Samsung sono «Il ponte di Waterloo» e «Il ponte di Charing Cross», tele entrambe di Claude Monet, rubate nell'ottobre 2012 dal Kunsthal di Rotterdam e probabilmente bruciate dalla madre del ladro poco prima del recupero.
Mentre ad aprire simbolicamente la mostra virtuale di «Missing Masterpieces» è la tela «Giardino di primavera» di Vincent Van Gogh, scomparsa il 30 marzo di quest’anno, nel giorno della nascita dell’artista, in un furto a sorpresa. L’opera non è stata ancora trovata, ma si spera possa esserci presto un lieto fine e per aiutare chi è attivamente coinvolto nella ricerca di questa tela (e degli altri pezzi perduti) Samsung invita gli amanti dell'arte e gli aspiranti detective a condividere qualsiasi suggerimento, teoria o indizio su Instagram, taggando @samsungitalia e usando l’hashtag #MissingMasterpieces. L'interazione con l'utente è, infatti, uno dei punti di forza dell'esperienza digitale. 

UNA VIRTUAL EXHIBITION PER IL CENTENARIO DELLA MORTE DI MODIGLIANI
Un’altra virtual exhibition da non perdere è quella promossa, sotto la direzione artistica di Roberto Pantè e con il contributo della Regione Lazio, per ricordare i cento anni dalla morte di Amedeo Modigliani (1920-2020), pittore geniale e trasgressivo, «senza maestri e senza allievi», soffocato dalla malattia che l’ha costretto a un’esistenza breve, ma intensa, drammatica e memorabile.
Sul sito www.nelsegnodimodigliani.it è possibile conoscere la vita e le opere dell'artista attraverso un percorso, guidato da voci narranti, che si articola in otto stanze con sessanta opere, decine di fotografie storiche, alcuni video e oggetti d’uso quotidiano, dall’ultima tavolozza al taccuino con gli appunti.
Ad accogliere il visitatore in mostra è lo stesso Amedeo Modigliani che presenta il suo atelier, allestito nella casa paterna a Grugua, in Sardegna. Kiki di Montparnasse svela, poi, i nudi. L’amata Jeanne Hébuterne introduce alla visione delle tele a lei dedicate. L’amico pittore Moïse Kisling guida i visitatori virtuali nella stanza dei ritratti. La poetessa e giornalista Beatrice Hasting fa conoscere più da vicino i mentori dell’artista livornese, dal mercante Paul Alexandre all’amica Lunia Czechowska, dal poeta e gallerista Leopold Zborowski ad Hanka Zborowska.
Durante la visita virtuale, offerta a titolo gratuito, l'utente può avvicinarsi ai quadri, interagire con essi, ingrandirli per coglierne la qualità pittorica, leggerne le didascalie, i commenti tecnici e storici esattamente come all’interno di un'esposizione fisica.
Ad arricchire il percorso, al quale fa da sottofondo la musica del compositore e pianista francese Éric Alfred Leslie Satie, sono la stanza dei ricordi, con all’interno alcune foto degli affetti più cari, e una sala del cinema con tre video, tra i quali si segnala il docufilm sulla storia d’amore tra l’artista e Jeanne Hébuterne, realizzato da Sky Arte e presentato dall'attrice Samantha Morton per il ciclo «Artists in Love».
Non manca, poi, il bookshop (modigliani.joyd.it), dove il visitatore potrà acquistare i prodotti di merchandising della mostra, tenendo con sé un ricordo dell’esperienza, come fosse davvero avvenuta in presenza. 

DA MILANO A NAPOLI, ARTE ALL'ARIA APERTA 
 Ma c’è anche chi, in questi giorni difficili della seconda ondata del virus, ha deciso di esporre all’aperto e di dialogare con un mondo in costante trasformazione, anche se «stranamente congelato» per via delle restrizioni imposte dall’ultimo Dpcm. È il caso di Base a Milano che lo scorso 12 novembre ha inaugurato il progetto pluriennale «In-Beetween» con un'inedita installazione site specific dell’artista e poeta scozzese Robert Montgomery. Sulla soglia dell’ex Ansaldo è stata collocata la scritta luminosa «The future is an invisible playground», una light poem che parla del domani e delle sfide che ci attendono.
Luci e parole sono al centro anche dell’installazione artistica «Nessuno escluso», che il duo Bianco e Valente ha ideato per Napoli, nell’ambito del progetto di riqualificazione di via Marina, porta orientale del capoluogo campano. L’opera, collocata nella notte tra il 10 e l’11 novembre, all’altezza della rotatoria tra via Vespucci e corso Lucci, racconta lo spirito di una città che ha fatto dell’accoglienza e della tolleranza il suo punto di forza.
Mentre, con l’avvicinarsi del Natale, Torino non rinuncia alle sue «Luci d’artista»: ventisei installazioni, quattordici collocate nel centro storico e dodici nelle circoscrizioni, firmate da importanti artisti internazionali come Daniel Buren, Michelangelo Pistoletto, Mario Airò, Giulio Paolini e molti altri ancora.
Infine, a Roma, in cento luoghi all’aperto, è allestita fino al prossimo 6 dicembre la mostra «Volontà di ferro», a cura di Werner Bortolotti, nella quale i fratelli Cristiano e Patrizio Alviti espongono, grazie all'inconsueto utilizzo degli spazi dedicati alla cartellonistica pubblicitaria, una vasta selezione di incisioni monotipo, prove d'autore e lastre, opere tutte scaturite nel periodo di isolamento forzato. 

CONTENUTI PLUS E A PAGAMENTO: IL FUTURO DA SPERIMENTARE 
Non c’è, dunque, che l’imbarazzo della scelta per godere dell’arte in questi nuovi giorni di chiusura dei musei e delle mostre. Ma se nel primo lockdown il moltiplicarsi delle iniziative serviva soprattutto a mantenere un legame di fiducia con il proprio pubblico e a offrire occasioni di conoscenza e sollievo in un momento di sospensione della quotidianità, ora l’uso del digitale andrebbe ridefinito. 
Qualità dei contenuti e sostenibilità dell’offerta, in un’ottica legata non alla semplice contingenza del momento, dovrebbero diventare le parole chiave della futura programmazione Web e social dei luoghi della cultura (il discorso vale anche per i teatri). Se è, infatti, certo che sul fronte museale, le varie iniziative digitali e i virtual tour servono a incuriosire gli utenti nella speranza che l’esperienza in streaming o on demand si trasformi in una visita in presenza, è anche vero che è arrivato il tempo di far pagare quell’offerta culturale quando dietro c’è un lavoro di ricerca. 
In quest’ottica si muove, per esempio, BreraPlus, un abbonamento sperimentale - totalmente gratuito fino alla fine del 2020 e in seguito a pagamento - che consente l'accesso fisico alla Pinacoteca (quando riaprirà) e, parallelamente, propone contenuti multimediali esclusivi, a partire dal documentario «Performing Raffaello», in agenda il prossimo 23 novembre.
Quello della Pinacoteca di Brera è un primo passo, ma è la direzione da seguire. Perché anche se è piacevole vedere che a fronte di un lockdown delle strutture museali (e di quelle teatrali) non c’è stato un lockdown dell’offerta culturale, una domanda aleggia nella mente: la gratuità dei tanti eventi digitali in programma non finirà, alla fine, per penalizzare il settore, facendo credere ancora una volta che la cultura è un hobby e non un lavoro?

Vedi anche

venerdì 13 novembre 2020

La cultura non si ferma: mostre virtuali e iniziative digitali per il secondo lockdown dei musei

Tornano a sventolare le bandiere d’artista sul pennone davanti al Centro per l’arte contemporanea «Luigi Pecci» di Prato. Nato durante il lockdown della scorsa primavera quale simbolo di resistenza e resilienza, il progetto «Extra Flags» diventa oggi il segno concreto di un’attività culturale che l’emergenza sanitaria per il Covid-19 non ferma.

Dalle «#KeyWords» sul presente ai live streaming sul futuro della cultura: tutto il programma di «PecciON»
Chiuse le mostre e i musei per effetto dell’ultimo Dpcm della Presidenza del Consiglio, il Centro per l’arte contemporanea «Luigi Pecci» sposta, infatti, ancora una volta la sua attività on-line e lascia on-site il segno tangibile della sua voglia di non lasciarsi abbattere dal virus: «un messaggio reale per rispondere all’emergenza e riflettere sul momento straordinario e complesso che stiamo vivendo».
A inaugurare il nuovo capitolo di «Extra Flags», che ogni lunedì vedrà issare sul pennone una nuova bandiera, è stata martedì 10 novembre la street artist, illustratrice e artista MP5, il cui lavoro è soprattutto legato alla scena queer e femminista.
«Third Eye – Terzo occhio»
è la sua opera per il Pecci di Prato. Al centro della bandiera c'è una figura femminile rappresentata mentre si copre gli occhi con una mano.
«L’immagine che ho pensato – dichiara l'artista – è una celebrazione delle arti visive e un invito a guardare oltre ciò che è visibile. Quello che sembra un gesto di resa o di paura di fronte a un’attualità difficile è in realtà una spinta a guardare oltre, a comprendere più a fondo l’essenza non sempre immediata di ciò che i nostri sensi percepiscono».
Dopo MP5 sarà la volta di Thomas Hirschhorn (Berna - Svizzera, 1975).La sua bandiera, intitolata «We art still alive», è un invito a resistere, ad avere fede, a portare avanti il proprio lavoro in tutte le circostanze. «Il proposito di «We art still alive» -racconta l'artista- è di non mollare mai, di non sentirsi mai indeboliti, mai piegati – pur affrontando le più dure opposizioni». La bandiera vuole dirci - spiega ancora Thomas Hirschhor - «noi, le persone che amano l'arte, siamo vivi, stiamo in piedi, stiamo lavorando, stiamo combattendo, continuiamo a credere - puoi contare su di noi!»  
Dal 10 novembre è, inoltre, partito il programma di «PecciON», che presenta sul sito e sui social del museo appuntamenti «Online», con contenuti sulle collezioni e sulle varie attività artistiche, e conversazioni in live streaming «ONair». Quest’ultima parte del programma si articola in due momenti: «#Museum2b», da martedì 17 novembre, e «#KeyWords. Parole che aprono il presente», da martedì 24 novembre.
Il primo ciclo di incontri metterà in dialogo figure di spicco del panorama internazionale – direttori di musei, curatori, operatori e professionisti in ambito museale – per interrogarsi sul ruolo delle istituzioni culturali in un momento di forte cambiamento come quello che stiamo vivendo. L’altro cartellone, nato in collaborazione con LabCom – Ricerca e azione per il benessere psicosociale – spin-off accademico dell’Università degli studi di Firenze, proporrà, invece, un dialogo tra arte e psicologia, un tema quanto mai attuale in questo frangente storico caratterizzato dal senso di impotenza e dallo sguardo incerto nei confronti del futuro, sul quale si rifletterà partendo da parole come trauma, limite, fiducia.
Ogni giovedì sarà, invece, il turno delle presentazioni di libri con «#PecciBooks» o delle conversazioni con gli artisti per approfondire le mostre in corso di «#PecciArtistTalk». Non mancherà l'atteso appuntamento «Pecci Cinema», che porterà tutti i giorni (alle 11.00, alle 16.00 alle 18.15 e alle 21.15) in streaming sul sito del museo un’ampia selezione di film in prima visione. Ogni mercoledì torneranno, infine, gli appuntamenti di «#PecciSchool», dal titolo «L’arte di un mondo che cambia (1989-2001)»: un ciclo di incontri sull’arte contemporanea dalla caduta del Muro di Berlino al nuovo millennio, aperti gratuitamente agli studenti e a pagamento di un biglietto minimo per il pubblico generico.

«L’arte è vita», lezioni on-line dalla Peggy Guggenheim di Venezia
In questi giorni di chiusura dei musei e delle mostre, anche la Peggy Guggenheim Collection di Venezia porta avanti la sua missione educativa e mantiene vivo il dialogo con i visitatori attraverso il progetto «L’arte è vita» (informazioni al numero 041.2405429 - il lunedì, mercoledì e giovedì, dalle 10.00 alle 18.00 – o all’indirizzo membership@guggenheim-venice.it).
Dopo il successo della serie «Incontri», che ha animato l’aprile di molte persone, da lunedì 23 novembre prende il via su Zoom un nuovo ciclo di lezioni di storia dell’arte con Alessandra Montalbetti, assistente culturale alla Pinacoteca di Brera a Milano.
«Mai come oggi, -raccontano dalla Peggy Guggenheim- vale l’affermazione che c’è bisogno di arte nella vita di ciascuno e talvolta sfugge, nella nostra quotidianità, la sua portata profondamente ispiratrice, quale fonte inesauribile di suggerimenti per molti mondi che non sempre sono così facilmente riconducibili all’arte».
Da questa riflessione prende spunto la nuova rassegna, riservata ai soli soci, che sarà divisa in due moduli. Dopo un incontro introduttivo su «Arte e Alchimia» (23 novembre, alle 19) le prime lezioni indagheranno il rapporto di pittura, scultura e fotografia con discipline come la pubblicità (30 novembre, ore 19) e la musica (14 dicembre, ore 19), ma anche con il mondo del cibo (21 dicembre, ore 19). Il progetto proseguirà, quindi, tra febbraio e marzo con altri quattro incontri dedicati al rapporto tra il mondo dell’arte e la letteratura, la moda, la filosofia e il cinema.
I proventi del corso, sotto forma di una liberalità di 50 euro a ciclo deducibile fiscalmente, andranno a sostegno del museo, in questo momento tanto difficile per il settore della cultura e per i suoi lavoratori. La Collezione Peggy Guggenheim si presenta anche in formato reloaded sui social con contenuti nuovi e ogni giorno diversi così da portare l’arte e la bellezza a tutti e trascorrere insieme questo nuovo periodo di lontananza. Art Talk dedicati ai capolavori e agli artisti della collezione, brevi tutorial che portano ogni domenica i Kids Day direttamente nelle case degli utenti, curiosità sulle opere del museo e aneddoti sugli artisti più amati sono le proposte dello staff di Palazzo Venier dei Leoni per questo secondo lockdown della cultura. 
Il museo veneziano porta nel mondo digitale anche la terza tappa del progetto «SuperaMenti. Pratiche artistiche per un nuovo presente», un ciclo di quattro laboratori riservati agli under 25. Nel corso di sei giornate tra il 20 e il 29 novembre la generazione Z potrà partecipare al workshop gratuito «Oltre il muro: arte e contesto», con Alice Pasquini, in arte Alicè, street artist, illustratrice e scenografa romana. 
«Partendo da una riflessione sulla trasformazione e il recupero urbano attraverso lo studio di diverse tecniche e la progettazione di una o più opere di arte pubblica, l'iniziativa -raccontano dalla Collezione Peggy Guggenheim- intende esaminare cosa significa 'fare' street art, sotto quali forme la street art si manifesta e quale sia stata l’evoluzione di questo linguaggio artistico dagli anni '50 a oggi. I partecipanti, divisi in gruppi di lavoro, familiarizzeranno così con le relative tecniche di pittura, come gli stencil e l’uso di bombolette spray, e nel corso dei vari momenti di incontro, sempre virtuale, prenderanno confidenza con le tecniche e gli strumenti di lavoro. Da questi incontri, e dal dialogo attivo con l’artista, svilupperanno diversi percorsi per progettare un’opera, sia essa immaginaria o digitale, che dovrà non solo essere un’espressione artistica, ma anche parlare alla cittadinanza, raccontare una storia e avere una funzione pubblica creativa». 
Sarà da remoto anche il quarto appuntamento di «SuperaMenti. Pratiche artistiche per un nuovo presente», in programma dal 22 al 24 gennaio. Protagonista del workshop sarà l’artista svedese Cecilia Jansson che affronterà attraverso il disegno il tema del corpo umano inteso come strumento di misura e limite.  

Dagli Uffizi di Firenze alla Pinacoteca di Brera: i grandi musei sono aperti in digitale

Come era già accaduto con il lockdown della scorsa primavera, la piazza virtuale di Internet sta diventando per molte realtà museali italiane lo spazio dove condividere conoscenze e offrire un momento di svago colto ai tanti amanti dell'arte. In molti stanno mettendo a punto programmi ricchi di approfondimenti da seguire collegandosi con un semplice click sui vari profili social o sul sito istituzionale. Rimanendo a Venezia, Le stanze del vetro propongono, per esempio, un tour virtuale in 3 D alla mostra «Venezia e lo studio glass americano», curata da Tina Oldknow e William Warmus, nella quale è esposta, tra l'altro, la monumentale installazione di Dale Chihuly, «Laguna Murano Chandelier», realizzata nel 1996 con i maestri veneziani Lino Tagliapietra e Pino Signoretto
Sempre a Venezia sfrutta le potenzialità della Rete il museo di Punta della Dogana. La mostra collettiva «Untitled, 2020. Tre sguardi sull’arte di oggi» si sposta, infatti, on-line grazie a video dedicati a ciascuna sala, podcast e interviste con gli artisti, riunite nel progetto «Ten minutes with», sempre disponibili sui canali social e sul sito istituzionale. 
Gli Uffizi di Firenze sono, invece, partiti subito, nella giornata del 6 novembre, con le loro dirette On Air: ogni martedì e venerdì, alle ore 13, il direttore Eike Schmidt, i curatori e gli specialisti del museo fiorentino porteranno il pubblico di Facebook alla scoperta dei loro tesori, raccontandone aneddoti, dettagli e segreti. Il pubblico verrà coinvolto attivamente, tramite uno spazio dove poter interagire  con domande e commenti.
Sono, poi, in programma altre attività come la fruizione on-line delle ultime mostre inaugurate: «Imperatrici, Matrone, Liberte. Volti e segreti delle donne romane», «L'esperimento di Joseph Wright of Derby» e la rassegna sul ritorno a Firenze del «Leone X» di Raffaello.
Torna in rete anche il Museo egizio di Torino, protagonista indiscusso del lockdown di questa primavera con le passeggiate organizzate dal direttore Christian Greco. Questa volta l’istituzione sabauda offre, il ciclo di incontri «Dalle Alpi alle Piramidi. Piccole storie di piemontesi illustri», le «Istantanee dalla collezione», il virtual tour della mostra «Archeologia invisibile» ed eventi per i più piccoli come le belle «Storie egizie della sera», in programma dal venerdì alla domenica, alle ore 20.30, su Zoom.
Sempre a Torino, la Fondazione Merz parte il 19 novembre con un ciclo di visite guidate virtuali alle sue collezioni e due rassegne di incontri da vedere sui canali social Instagram, Facebook e Youtube. #ScusiNonCapisco proporrà dialoghi a due voci aperti al pubblico, tesi ad approfondire i linguaggi e il pensiero che stanno dietro alle opere di arte contemporanea; tra gli ospiti ci saranno il sociologo e scrittore Nicola Palmisano e il giornalista televisivo Filippo Landi.
#RaccontoCaptivus è, invece, un ciclo di appuntamenti su brevi storie inedite incentrate sul tema della chiusura, della paralisi, della prigionia, che narrano -si legge nella nota stampa- «i silenzi, la solitudine, le paure e le speranze dei luoghi e delle anime in tempi di pandemia».
Non meno interessante è la proposta della Fondazione Torino Musei, che ha pensato ad attività digitali per le scuole, le famiglie e il pubblico adulto. La programmazione comprende numerose conferenze, incontri, attività didattiche, contenuti multimediali agevolmente fruibili sui canali social dei singoli musei (Mao, Palazzo Madama e Gam) o su piattaforme di condivisione gratuite. Si spazia dal progetto «In Onda», per gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado, ai «Dietro le quinte», che portano virtualmente il pubblico nel backstage, alla scoperta dei disallestimenti e allestimenti delle mostre, dello smontaggio e della movimentazione delle opere, degli archivi, dei lavori di restauro conservativo. 
Fondazione Torino Musei partecipa anche al programma «Autunno della fotografia. Torino 2020», realizzato in collaborazione con Camera, i Musei reali, il Museo Ettore Fico e La Venaria Reale. Tra i prossimi appuntamenti ci sono «Fotografare la società contemporanea», con Guido Harari e Massimo Vitali (martedì 24 novembre, ore 18), e «Raccontare la guerra fra giornalismo e arte», con Paolo Pellegrin, Edoardo Accattino e Paolo Ventura (martedì 9 dicembre, ore 18). 
Anche i principali musei di Roma - dal Macro al Maxxi, dal Chiostro del Bramante al Parco archeologico del Colosseo (Foro Romano, Palatino, Colosseo e Domus Aurea) - hanno spostato la propria attività sui social, offrendo al pubblico dirette, approfondimenti, talk, visite guidate, passeggiate virtuali, laboratori didattici. 
Video sulle mostre, pillole sul patrimonio e sugli archivi del Novecento, interviste, playlist musicali, gallery fotografiche e tanti progetti per i bambini e le scuole caratterizzano anche l’offerta digitale del Mart di Rovereto, fruibile su Facebook, YouTube e IGTV. Caravaggio, Burri e Pasolini, Giovanni Boldini, Nicola Samorì e Luciano Ventrone sono gli artisti al centro dei vari appuntamenti on-line, che saranno animati dal presidente Vittorio Sgarbi e dai curatori del museo. Tra i primi appuntamenti si segnalano gli incontri con la giornalista Simona Zecchi («L’inchiesta spezzata. Perché hanno ucciso Pier Paolo Pasolini» | venerdì 27 novembre, ore 17.30) e con il regista Paolo Benvenuti («La rivoluzione di Caravaggio» | giovedì 10 dicembre, ore 18.30), oltre al webinar sulla piattaforma Zoom «GestaltArt: tra arte, terapia e neuroscienze» (domenica 29 novembre).
A Milano Palazzo Reale ha scelto di non abbandonare il suo pubblico offrendo il commento a distanza, sui profili Facebook e Instagram, delle opere esposte nelle mostre «Prima, donna. Margaret Bourke-White» e «Divine e avanguardie. Le donne nell'arte russa». 
 Rimanendo nel capoluogo lombardo merita una segnalazione anche il progetto «Triennale Upside Down», con video, podcast, visite guidate, attività didattiche, incontri e performance on-line e masterclass. Le due grandi mostre aperte recentemente, dedicate a Enzo Mari e a Claudia Andujar, il Museo del design italiano, il Fog-Festival della performing art e tutto ciò che rende straordinariamente ricco il programma della Triennale di Milano continua così in questi giorni a essere accessibile sui canali e le piattaforme digital
Anche la Pinacoteca di Brera è On-air con varie iniziative: dalle video-pillole della rassegna «Appunti di una resistenza culturale», molto apprezzata la scorsa primavera, alle letture del programma «C’era una volta la Biblioteca», senza dimenticare i concerti. Novità di questo secondo lockdown della cultura sarà BreraPlus+, contenuto on-line che il museo propone a tutti gli utenti che si abbonano (per ora gratis), con due appuntamenti su Raffaello Sanzio nel cinquecentenario della sua morte. 
Altra iniziativa che parte da Milano per raggiungere tutti gli utenti del Web è quello promossa dalle Gallerie d’Italia con la visita, più acustica che visiva, alla mostra di Giambattista Tiepolo; ad accompagnare il pubblico tra le opere, in giro per l’Europa, sarà una guida d’eccezione: un attore che vestirà i panni del figlio dell’artista, Giandomenico. 

Appuntamenti giornalieri dalla Biennale di Venezia 
Anche la Biennale di Venezia è sbarcata sul Web in occasione di questo secondo lockdown dei luoghi della cultura. Giovedì 12 novembre ha preso il via «Sneak Peek», un progetto digitale di avvicinamento alla diciassettesima Mostra internazionale di architettura (22 maggio – 21 novembre 2021), intitolata «How will we live together?», che vedrà la curatela di Hashim Sarkis. Si tratta di un’occasione unica per dare una «sbirciatina» alla rassegna, secondo una programmazione giornaliera sul sito internet della Biennale di Venezia e le sue piattaforme digitali (Twitter, Facebook, Instagram, YouTube), che alternerà i contributi degli architetti invitati a quelli dei Paesi partecipanti.
Sarkis condividerà pensieri e riflessioni sulle cinque scale della mostra anche in un programma di podcast. Gli episodi saranno disponibili in lingua inglese e avranno come filo conduttore uno sguardo particolare alla città di Venezia, alla sua storia e al modo in cui si relaziona a queste scale di convivenza. «Between Mose and Tiepolo» è il titolo del primo appuntamento disponibile lunedì 16 novembre su Spotify, Apple Podcasts, Google Podcasts.
Il viaggio virtuale verso la mostra vivrà anche sul nuovo profilo Spotify della Biennale, dove verrà presentata una playlist con i brani scelti dai partecipanti: una musica, una canzone o un componimento che ha ispirato il loro lavoro e che ne rappresenta l’identità e l’attività professionale. 
Una tappa obbligata rimane, poi, per gli amanti dell’arte un collettore di esperienze virtuali come Google Arts and Culture
L’offerta da remoto è, dunque, più ricca che mai. Nonostante la chiusura dei musei e delle mostre imposta dall’ultimo Dpcm, l’arte non si ferma, anzi reagisce all’emergenza Coronavirus e propone un ricco palinsesto di visite guidate virtuali, talk, approfondimenti sulle collezioni permanenti, laboratori per bambini e molto altro ancora. Resta da capire quanto il moltiplicarsi di queste iniziative, quasi sempre proposte a titolo gratuito, avrà una risposta in termini di fruizione alla riapertura dei musei. È lì che si gioca per molti il futuro.

(aggiornato il 18 novembre 2020, alle ore 17.00)

Didascalie delle immagini
[Fig. 3] MP5, Third Air, 2020. Courtesy: Centro Pecci, Prato; [fig. 6] Laguna Murano Chandelier, di Dale Chihuly, ph. Enrico Fiorese; [fig. 7] Ritratto di Alice Pasquini; [fig. 8]  «Venezia e lo studio glass americano». Installation view, ph. Enrico Fiorese; [fig. 11] Christian Greco, direttore del museo egizio di Torino