ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

giovedì 10 novembre 2016

Jannis Kounnellis e il teatro di Heiner Müller in mostra a Milano

«Mi piace lavorare per il teatro perché mi piace il teatro, e poi perché era necessario portare sul palcoscenico la stessa rivoluzione che io e i pittori della mia generazione, avevamo portato nella pittura». Così Jannis Kounellis racconta il suo rapporto con il teatro, iniziato nel 1968 con la scena dei sacchi di carbone per lo spettacolo «I testimoni» di Flaminio Bulla, per la regia di Carlo Quartucci, andato in scena al teatro Stabile di Torino.
Da allora l’artista greco, esponente di spicco dell’Arte povera, si è più volte accostato al mondo della scena: nel 1991 ha realizzato i «cani che abbaiano» per il «Mauser» di Heiner Müller, nel 1999 tre grandi treni per l'«Opera Beuys» proposta a Duesseldorf, nel 2000 un sipario di coltelli e una croce rovesciata per «Il Cimarron», con la musica di Hanz Werner Heinze.
L’elenco delle collaborazioni di Jannis Kounellis è proseguito con l’ideazione, nel 2010, di un sipario di pietre legate a corde per il teatro greco di «Elefsina» e con il monumentale sipario «gotico» di lamiere con scranni su tre livelli per il «Loengrin» di Richard Wagner, rappresentato ad Amsterdam nel 2014.
L’ultima sua ideazione per il mondo della scena è del 2015, quando ha lavorato a «Die Hamletmaschine» («La macchina di Amleto»), un dramma postmoderno di Heiner Müller liberamente ispirato all’«Amleto» di William Shakespeare, portato in scena nel dicembre 2015 al Piccolo Teatro d’Europa di Milano.
Il video di questa performance teatrale, realizzata in collaborazione con il regista Theodoros Terzopoulos, è ora in mostra nella sede milanese della Galleria Fumagalli, per la curatela di Annamaria Maggi e Alexandra Papadopulos.

L’opera, realizzata in occasione del ventennale della scomparsa del drammaturgo e poeta tedesco si compone di un’installazione (scena e platea) realizzata dall’artista greco e di una performance nella quale alcuni brani del dramma «Die Hamletmaschine» prendono forma attraverso la voce femminile dell’attrice Sofia Hill, la musica elettronica live di Panagiotis Velianitis e la voce maschile elaborata da Theodoros Terzopoulos.
Il lavoro di Heiner Müller, autore definito negli anni Novanta «il più grande scrittore di teatro vivente», rilegge liberamente l’«Amleto» di Shakespeare, introducendovi anche riferimenti e allusioni al femminismo, al movimento ecologista e al comunismo.
Caratteristica dell’opera, redatta nel 1977, è la frizione della parola poetica con la storia, strutturata in cinque sequenze di monologhi durante i quali il protagonista abbandona il proprio ruolo teatrale per riflettere sul suo essere attore.
L’interprete di «Amleto» si ritrova morbosamente avvinghiato al suo personaggio, alle prese con le proprie passioni e i propri fantasmi. Il suo è un farneticante soliloquio in cui sono messi a nudo, da una parte, l’accantonamento di ogni slancio utopico e, dall’altra, i paradossi della situazione dell’intellettuale moderno, dibattuto tra l’impossibilità di modificare lo stato delle cose e la volontà di trasformarsi in macchina al servizio di chi amministra l’esistente. Il risultato è un racconto frastagliato, senza armonia, come se il mondo interiore dell’interprete del dramma shalespeariano volesse esplodere nell’irruzione accidentale di brandelli di frasi, di suoni appena udibili.
Per questo lavoro Kounellis ha realizzato un’installazione, allo stesso tempo personale e sociale, contro la corruzione e il potere, nel quale compare un Amleto «con la schiena rivolta verso le rovine dell’Europa».
L’artista greco continua così il suo rapporto con il mondo della scena per il quale usa un linguaggio che non è fatto di pennellate, ma di cose vere: i sacchi di carbone, il fuoco, la terra, la lana, i sacchi di juta, le piante, gli animali, rivendicando alla materia artistica una sua verità e un potere di svelamento non privo di rimandi poetici, letterari e simbolici. Una vera e propria drammaturgia, la sua, da intendersi in termini di scrittura scenica, capace di trasformare lo spazio in una «cavità teatrale e umanistica» perché –come afferma lo stesso artista- «è l'uomo il vero punto di vista del teatro, la sua centralità, che a differenza della pittura ha uno svolgimento e una grande immediatezza».

Didascalie delle immagini
[Figg. 1, 2 e 3] Jannis Kounellis, Theodoros Terzopoulos, Die Hamletmaschine di Heiner Müller, Il Piccolo Teatro d’Europa, 2015; [fig. 4] Ritratto di Jannis Kounellis

Informazioni utili
Jannis Kounnellis, Theodoros Terzopoulos. Die Hamletmaschine by Heiner Müller. | Presentazione video della performance. Galleria Fumagalli, via Bonaventura Cavalieri, 6 – Milano. Orari: martedì-sabato, ore 11.00-19.00. Ingresso libero. Informazioni: galleriafumagalli.com o tel. 02.36799285. Sito internet: www.galleriafumagalli.com. Fino al 20 dicembre 2016. 


mercoledì 9 novembre 2016

Le foto di Ai Weiwei in mostra a Torino

È una delle figure più discusse e controverse del mondo dell’arte. Stiamo parlando di Ai Weiwei (Pechino, 28 agosto 1957), artista, designer e attivista politico cinese, diventato una vera e propria icona del mondo asiatico per la sua lotta a favore della libertà d’espressione. Mentre Firenze ne celebra l’arte con una mostra monografica a Palazzo Strozzi, che sta facendo discutere per la serie di gommoni posizionati sulla facciata del museo a ricordare il dramma dei profughi, Torino ne ripercorre la poetica artistica e il ruolo nel dibattito culturale internazionale con la rassegna «Around Ai Weiwei: Photographs 1983-2016».
L’esposizione, allestita fino al 12 febbraio a Camera – Centro italiano per la fotografia, include materiali fotografici e video, tra cui alcuni documenti inediti, a partire dall’autoritratto «The Forbidden City during the SARS Epidemic», una sorta di selfie ante litteram, datato 2003, nel quale l’artista è solo all’interno della «città proibita» di Pechino, svuotata dall’epidemia che isolò la Cina dal resto del mondo per sei mesi, riducendo a città fantasma moltissimi tra villaggi e cittadine.
All’ingresso della mostra, a cura di Davide Quadrio, il visitatore è posto di fronte all’opera monumentale «Soft Ground», un tappeto lungo quarantacinque metri con una riproduzione fotografica in scala 1:1 delle tracce lasciate da carri armati su una carreggiata a sud-ovest di Pechino. Il lavoro vuole ricordare la crisi di Piazza Tienanmen del 1989, momento chiave nella storia contemporanea della Cina e del mondo intero che ha influenzato e ancora influenza la produzione artistica cinese.
A partire da qui il percorso si sviluppa in modo cronologico e per capitoli tematici. Accanto ai segni dei cingolati di piazza Tienanmen, scorre la vita di Ai Weiwei nel contesto newyorkese con una serie di fotografie intitolate «New York Photographs 1983-1993»: ottanta scatti, come fermi immagine di un film in bianco e nero, restituiscono una sequenza di momenti privati e incontri che l'artista fece quando visse negli Stati Uniti.
Nel 1994 l’artista torna in Cina e realizzata una rara video-intervista con Daria Menozzi, «Before Ai Weiwei» («Prima di Ai Weiwei»), montata nel 2009, che lo mostra coinvolto in un dialogo intimo teso a ricostruire uno scorcio dei primi anni del suo ritorno in patria dopo il soggiorno americano.
Pressoché inedita è anche la serie «Beijing Photographs 1993-2003» («Fotografie di Pechino, 1993-2003») che ritrae la vita, le azioni e l’entourage di Ai Weiwei appena prima del rapido processo di trasformazione che avrebbe reso Pechino la città globale di oggi. Attraverso i progetti editoriali dell'artista, tra i quali spicca la serie «Black Cover Book, White Cover Book e Grey Cover Book», viene offerta -si legge nella nota stampa- una visione progressista su un’ampia gamma di questioni culturali.
Le due opere video «Chang’an Boulevard» («Viale Chang’an») e «Beijing: The Second Ring» («Pechino: il secondo anello») descrivono, invece, lo scenario della capitale cinese nei primi anni Duemila. Attraverso riprese di paesaggi urbani e frammenti di vita, vengono documentate le radicali trasformazioni che investono Pechino, dissezionando e indagando una città in continua metamorfosi.
L’ultima sezione della mostra offre un’anteprima di uno degli ultimi progetti di Ai Weiwei: «Refugee Wallpaper», un collage di oltre 17.000 immagini scattate dall'artista durante il suo continuo contatto con l’emergenza rifugiati che si sta dispiegando in Europa, in Medio Oriente e altrove. Questa serie sembra voler far interrogare il pubblico sulle implicazioni dell’attivismo dell’artista: all’interno dei confini divenuti fragili sotto il peso degli eventi globali e della politica internazionale, il dramma della migrazione diviene spettacolo come tutto il resto.
«Qui, la voce dell’artista riempie il vuoto creato dal silenzio di migliaia di persone –spiega Davide Quadrio- tuttavia, al tempo stesso siamo testimoni di una conseguente ossessiva azione di voyeurismo che provoca un senso di disagio. Questa enorme produzione di immagini ci porta a vedere e a capire di più o di meno? Tanti anni dopo la sua serie di autoritratti, che cosa rimane e che cosa è cambiato nell’approccio dell’artista nei confronti dell’autorappresentazione?». L’omaggio che la città di Torino fa all’artista termina al Castello di Rivoli, dove è visibile la monumentale installazione di «Ai Weiwei Fragments» (2005), potente metafora della realtà odierna e della fragilità che si cela dietro alle manifestazioni di potere.

Didascalie delle immagini 
[Fig. 1] Ai Weiwei, Beijing Photographs 1993-2003, The Forbidden City during the SARS Epidemic, 2003. Courtesy of Ai Weiwei Studio; [fig. 2] Ai Weiwei, Beijing Photographs 1993-2003, Last dinner in East Village, 1994. Courtesy of Ai Weiwei Studio; [fig. 3] Ai Weiwei, Lesvos, 27 January 2016. Courtesy of Ai Weiwei Studio 

Informazioni utili 
Around Ai Weiwei Photographs 1983-2016. CAMERA – Centro italiano per la fotografia, via delle Rosine 18 - Torino. Orari: lunedì, mercoledì e da venerdì a domenica, ore 11.00-19.00; giovedì, ore 11.00-21.00; chiuso il martedì | Ultimo ingresso 30 minuti prima della chiusura. Ingresso: intero € 10,00, ridotto € 6,00, gratuito per i bambini fino ai 12 anni e per i possessori della Torino+Piemonte Card.Informazioni: camera@camera.to. Sito internet: www.camera.to. Fino al 12 febbraio 2017.

martedì 8 novembre 2016

24 Ore Cultura, Frida Kahlo in una graphic novel di Vanna Vinci

Donna dalla personalità molto forte, indipendente e passionale, riluttante nei confronti delle convenzioni sociali, Frida Kahlo è una di quelle figure femminili che ha lasciato un contributo significato nella storia dell’arte del secolo scorso, ma che è nota al grande pubblico soprattutto per le tante sfumature della sua vita, dall’amore tormentato con il pittore muralista Diego Rivera alla sofferenza fisica causata da un terribile incidente occorsole all’età di 17 anni.
L’artista messicana, al centro in questi giorni di una bella mostra retrospettiva al Palazzo Albergati di Bologna, è protagonista anche di una graphic novel, in uscita il prossimo 10 novembre per i tipi di 24 Ore Cultura, disegnata da Vanna Vinci, la “mamma” della sulfurea e ribelle «bambina filosofica» a cui nel 2015 è stato dedicato un affresco di dodici metri a Bruxelles, di fronte all’ambasciata italiana.
Dopo il lavoro su Tamara de Lempicka, la poliedrica fumettista cagliaritana, vincitrice nel 2015 del premio Boscarato e quest’anno del premio Forte dei Marmi per la satira politica, si, dunque, è confrontata, attraverso la sua matita e il suo inconfondibile segno, con un’altra artista misteriosa e trasgressiva. Ne è nato il volume «Frida. Operetta amorale a fumetti»: una sorta di autobiografia, che racconta la vita di Frida Kahlo in «una sorta dialogo a due voci con la morte, -si legge nella scheda di presentazione- compagna vicinissima di un’esistenza trascorsa tra amori brucianti e sconvolgenti dolori, aborti spontanei e prolifico talento, gioia di vivere e tentativi di suicidio».
Per realizzare questa graphic novel, Vanna Vinci si è ispirata alle «Operette morali» di Leopardi e ai «Dialoghi di Eupalinos o l’architetto, L’anima e la danza e Dialogo dell’albero» di Paul Valéry.
Il risultato è un diario a fumetti che ricompone i fatti e i sentimenti vissuti dall'artista latina, dall’infanzia messicana ai soggiorni negli Stati Uniti, dal leggendario matrimonio con Diego Rivera alla scoperta della passione per la pittura, trasformata in specchio dell’interiorità. «Il libro –si legge ancora nella scheda di presentazione- alterna le sequenze a fumetti alle tavole disegnate con un ritmo libero, ispirate al mondo concreto di Frida Kahlo, così come al suo immaginario, popolato di ricordi e animali: scimmiette, pappagalli, simboli comunisti, foto di famiglia, protesi e busti, abiti tradizionali e personaggi folkloristici».
Il volume «Frida. Operetta amorale a fumetti» si inserisce in un più ampio progetto sull'artista messicana che, nella primavera del 2018, vedrà 24 Ore Cultura portare al Mudec di Milano una grande mostra monografica, nella quale saranno unite per la prima volta in Italia le due più grandi collezioni sull'arte di Frida Kahlo, quella di Dolores Olmedo e quella di Jacques e Natasha Gelman.

Informazioni utili 
Vanni Vinci, «Frida. Operetta amorale a fumetti», 24 Ore Cultura, Milano 2016. Dati tecnici: 20 x 26 cm | 160 pagine illustrate | Cartonato. Prezzo: € 22,90. In uscita il 10 novembre 2016. Informazioni: www.24orecultura.com

lunedì 7 novembre 2016

In arrivo al Palladio Museum di Vicenza un disegno rinascimentale del Peruzzi

L’Italia riconquista uno dei capolavori del proprio Rinascimento. Sta per ritornare in Italia un prezioso disegno dell’architetto e pittore Baldassarre Peruzzi (1481-1536), facente parte della collezione privata del celebre critico d’arte inglese Brian Sewell. Il foglio, battuto all’asta lo scorso 27 settembre dalla londinese Christie’s, è stato acquisito da un privato, che ha voluto restare anonimo, per essere destinato al Palladium Museum di Vicenza, dove, al suo arrivo, verrà omaggiato con una piccola mostra monografica.
Non si ha memoria di altri disegni di Peruzzi di questa importanza posti sul mercato nelle aste internazionali, tanto che l’aggiudicazione è avvenuta dopo un’accanita battaglia con molti rilanci che hanno spinto il prezzo dagli iniziali centomila dollari a mezzo milione (tasse escluse). Da tempo una istituzione culturale italiana non riusciva a far tornare a casa un pezzo tanto pregiato del patrimonio artistico del nostro Paese.
A detta di Michelangelo, Cellini e Giorgio Vasari, Baldassarre Peruzzi fu fra i migliori architetti, disegnatori di architettura e teorici della prospettiva del suo tempo. I suoi scritti, oggi perduti, formarono la base per i trattati di Sebastiano Serlio, vale a dire i manuali che diffusero la nuova architettura rinascimentale in Italia e in tutta Europa. Ancora oggi possiamo ammirare diversi edifici costruiti di Peruzzi: da villa Farnesina sul Lungotevere a Roma (di cui realizzò anche gli affreschi) a interventi a Siena e Carpi sino al suo capolavoro, Palazzo Massimo alle Colonne a Roma, celebre per la geniale invenzione della facciata ricurva.
Il disegno acquisito fu tracciato da Baldassare Peruzzi al suo ritorno in patria, a Siena, dopo il Sacco di Roma del 1527. Si tratta di un progetto per un banco monumentale dal quale alti funzionari del governo della Repubblica di Siena potessero esercitare le proprie funzioni, un elemento da collocare nel piccolo ambiente chiamato «La Cancelleria», all’interno del Palazzo pubblico senese (un progetto planimetrico di Peruzzi per questa sala è conservato agli Uffizi). Le figure inserite nell’imponente schienale rappresentano uomini famosi (da Ercole ad Attilio Regolo), richiamando il mito dell’antico passato di Siena. Il disegno è, quindi, anche un ricordo del filone repubblicano della grande storia politica d’Italia.

Il foglio è di grande formato, maggiore della media dei disegni dell’artista oggi conservati soprattutto agli Uffizi, ma anche al Louvre, al British Museum e all’Ashmolean Museum di Oxford.
«È uno dei più bei disegni di Peruzzi –dichiara lo studioso tedesco Christoph L. Frommel, accademico dei Lincei e autore delle principali monografie sull’artista– e non ho memoria che un’opera del genere sia mai apparsa sul mercato da decenni. E’ un foglio particolarmente prezioso perché dimostra la straordinaria abilità di Peruzzi sia come disegnatore di figure che come disegnatore di architettura».

ll disegno è anche prova del suo modo geniale di servirsi della prospettiva (forse imparato da Leonardo da Vinci, incontrato a Roma) per creare l’equivalente di un moderno modello 3D virtuale. «Sono molto soddisfatto dell’acquisizione alle nostre collezioni – dichiara Howard Burns, presidente del consiglio scientifico del Cisa Andrea Palladio, di cui il Palladio Museum è emanazione – perché fra i nostri scopi abbiamo sempre avuto non solo lo studio e la valorizzazione di disegni di architettura, ma anche acquisizioni e depositi presso di noi. Una scelta premiata in questi giorni anche dalla donazione della storica raccolta di disegni di architettura della famiglia Papafava, vera antologia dei disegni dei migliori architetti italiani attorno all’anno 1800».

Didascalie delle immagini 
[Fig. 1] Baldassare Peruzzi nelle «Vite» del Vasari; [fig. 2] Baldassare Peruzzi, «Progetto per un banco con nicchie contenenti figure di personaggi antichi (da sinistra a destra: un giovane non identificato, Marco Attilio Regolo, Ercole, Lucio Giunio Bruto e forse Giulio Cesare) ». Pietra rossa e nera, penna e inchiostro marrone, pennello e acquarello marrone e grigio. Mm19.7 x 48.3 cm; [fig. 3] Ingresso del Palladio Museum di Vicenza 

Informazioni utili 
www.palladiummuseum.org

venerdì 4 novembre 2016

Grazia Toderi e Orhan Pamuk, un dialogo tra stelle e parole

Arte visiva e scrittura si incontrano a Torino. E il connubio è destinato a far parlare di sé. Nei giorni di «Artissima», la città della Mole ospita un’anteprima della mostra che il Mart – Museo d’arte moderna di Trento e Rovereto dedicherà, dal prossimo aprile, al progetto che ha recentemente visto collaborare lo scrittore turco Orhan Pamuk e l’artista italiana Grazia Toderi per la realizzazione di un’opera per il Museo dell’Innocenza di Istanbul, ideato dallo stesso Orhan Pamuk.
In tre anni di lavoro, dal 2013 al 2016, le conversazioni, gli incontri e l’intenso scambio di corrispondenza tra i due autori hanno portato alla realizzazione di una trilogia costituita da un monologo, un dialogo e una conversazione- per un totale di otto proiezioni video- , che saranno al centro, la prossima primavera, di una esposizione curata da Gianfranco Maraniello per il Mart.
Grazie alla collaborazione con Infini.to – Planetario di Torino, il moderno science centre sulla collina a pochi chilometri dal capoluogo piemontese, il progetto si arricchisce di un’opera realizzata specificamente per lo spazio della cupola. Il lavoro, presentato al pubblico il 5 e 6 novembre 2016, ha l’aspetto di una proiezione video a 360 gradi su schermo emisferico. Il pubblico si trova all’interno di un globo nel contempo celeste e terrestre, dagli incerti confini, dove la scrittura di Orhan Pamuk appare e scompare sullo sfondo notturno della città di Istanbul, le cui luci si trasformano in possibili costellazioni nelle immagini create da Grazia Toderi.
In contemporanea, e fino al prossimo 16 gennaio, Torino ospita, negli spazi di Palazzo Madama, anche un piccolo ma raffinato intervento installativo, a cura di Guido Curto e Clelia Arnaldi di Balme. Grazia Toderi e Orhan Pamuk dialogano, qui, con un’opera d’arte antica dell’ebanista Pietro Piffetti (Torino 1701 – 1777): un piccolo planetario realizzato in legno e avorio a metà del 1700, raffigurante le orbite in movimento tra Sole, Terra, Luna e pianeti e con tutt’intorno figure raffiguranti i segni zodiacali.
Il planetario, composto da elementi mobili, fu costruito dall’ebanista piemontese sulla base delle indicazioni a lui fornite dal fisico francese Jean-Antoine Nollet, chiamato a Torino per sei mesi nel 1739 a tenere un corso di fisica per il principe Vittorio Amedeo, figlio di Carlo Emanuele III di Savoia e futuro re di Sardegna.
Grazia Toderi e Orhan Pamuk hanno inserito tridimensionalmente e racchiuso in una grande teca che hanno posto nella Sala del Senato otto immagini dalla forma circolare e ovale da avvicinare al piccolo planetario ligneo, scegliendo di lasciarlo smontato così come è stato ritrovato (in futuro sarà restaurato), per sottolinearne la natura fortemente enigmatica, come enigmatica rimane la visione delle stelle.
Queste due mostre offrono una prima occasione per avvicinarsi al progetto «Words and Stars», che riprende e sviluppa la trama del «Museo dell’Innocenza», romanzo pubblicato dallo scrittore turco nel 2008, a cui è seguita la creazione del museo vero e proprio a Istanbul nel 2012. I due protagonisti, che vivono un amore contrastato, tornano bambini ponendosi domande esistenziali sull’universo: possono i nostri pensieri essere confrontati a lontane stelle in movimento? Esiste un collegamento visivo tra i paesaggi della nostra mente e il cielo sopra alle città? Questi stessi interrogativi costituiscono il punto di partenza della collaborazione tra Grazia Toderi e Orhan Pamuk, una collaborazione che unisce arte e letteratura, stelle e parole, per raccontare il nostro essere infinitamente piccoli.

Informazioni utili 
Grazia Toderi e Orhan Pamuk. Words and Stars. Palazzo Madama, piazza Castello – Torino |  Infini.to - Planetario di Torino, Museo dell’astronomia e dello spazio, via Osservatorio, 30 – Pino Torinese (Torino). Orari: Palazzo Madama, ore 10.00-18.00; chiuso il martedì - inaugurazione venerdì 4 novembre, dalle ore 17.00 alle 19.00 | Planetario, 5 e 6 novembre 2016 - proiezione alle ore 18.30, 19.00 e 19.30. Informazioni: palazzomadama@fondazionetorinomusei.it o tel 011 4433501 | info@planetarioditorino.it, tel 011.8118740 (martedì-venerdì, ore 10.00-15.00). Sito internet: www.palazzomadamatorino.it | www.planetarioditorino.it. Fino al 16 gennaio 2017. 

giovedì 3 novembre 2016

«Naturalmente carta», un week-end con il Fai tra gioielli di cartone e libri d’arte

Taccuini, gioielli, mobili, libri-scultura, lampade e scatole. Tanti manufatti diversi e un’unica materia. Il Fai – Fondo per l’ambiente italiano apre le porte di Villa Necchi Campiglio a Milano per ospitare, nel week-end tra sabato 5 e domenica 6 novembre, la quinta edizione della mostra-mercato «Naturalmente carta», a cura di Angelica Guicciardini.
Il progetto espositivo, realizzato con il contributo della Fondazione Cologni dei mestieri d'arte e di Comieco, vedrà la presenza di venti artisti-artigiani selezionati tra le eccellenze del nostro Paese, che esporranno le loro migliori creazioni in carta.
Dalle lampade di Papermache alle scatole rivestite con vecchie riviste e giornali di Homo Faber, senza dimenticare i taccuini di Kei Kei Studio, i manufatti in carta dell’atelier Paperoowl, le carte da parati tridimensionali di Fabscarte e le opere pubblicate dalla casa editrice Pulcinoelefante di Alberto Casiraghy: sono tantissimi gli oggetti che permetteranno al pubblico di scoprire i molti utilizzi di un materiale duttile come la carta.
In mostra ci saranno anche molti artigiani specializzati in gioielli come Sandra Di Giacinto, capace di creare accessori originali partendo dal cartone riciclato, Angela Simone che utilizza per i suoi bijoux carte dalla grammatura diversa alla ricerca continua di nuove forme, e Ana Hagopian che realizza gioielli contemporanei ispirati alla natura, ai suoi infiniti colori e continui mutamenti.
Non mancherà nemmeno una sezione dedicata ai libri scultura di Crizu, preziosi volumi “esplosi” grazie alla piegatura manuale di ogni pagina e trasformati in opere d’arte dalla passione di Cristina Corradi Bonino.
Nel corso delle due giornate verranno, inoltre, proposti tre laboratori dedicati alla carta (prenotazioni al numero 02.76340121), tenuti da importanti maestri artigiani come il fabrianese Sandro Tiberi (sabato 5 e domenica 6 novembre, dalle ore 10 alle ore 18), la milanese Luisa Canovi che insegnerà la tecnica decorativa giapponese con inchiostro fluttuante suminagashi (sabato 5 novembre, alle ore 15, 16, 16.45 e 17.30), e Angela Florio che spiegherà ai presenti come si realizzano delle carte marmorizzate (domenica 6 novembre, alle ore 15, 15.45, 16.30 e 17.15).
In questi due giorni sarà, poi, possibile visitare la mostra «Moda di carta», che vede esposti a Villa Necchi, fino al prossimo 31 dicembre, oltre trenta abiti totalmente realizzati in carta con l’incredibile perizia e il talento creativo dell’artista belga Isabelle de Borchgrave, capaci di dialogare con l’architettura progettata da Piero Portaluppi.
Le creazioni esposte illustrano un momento breve ma fertilissimo della storia della moda e dello stile, quello tra la fine dell’Ottocento e la metà del Novecento. Lo spettatore si trova così a confronto con delle vere e proprie installazioni d’arte, evocative presenze che animano saloni e stanze e che coniugano piacere estetico, curiosità storico-culturale e stupore assoluto, nella scoperta delle infinite possibilità di una materia semplice come la carta.
Dai tailleur di Dior ai colorati kimono giapponesi, dagli abiti da sera di Lanvin e Poiret ai vestiti da giorno di Chanel, la mostra milanese propone, nello specifico, un percorso tra minuziose riproduzioni di abiti-icona che hanno rivoluzionato il nostro modo di vestire. Si potrà, ad esempio, ammirare la fitta plissettatura dell’abito «Delphos», disegnato da Mariano Fortuny ispirandosi alle tuniche delle sculture greche, che rappresenta una radicale innovazione nell'abbigliamento femminile, poiché proponeva un indumento estremamente confortevole, privo di busto, e di facile realizzazione, basato su un modello con pochi tagli e cuciture. Oppure si potrà scoprire la storia del tailleur «Bar», modello-manifesto della collezione «New Look» del 1947 di Christian Dior, che ha dettato le regole di una nuova estetica: dalla giacchina in shantung color crema a falde arrotondate modellate sulle curve del busto alla gonna plissettata e svasata che regala un incedere flessuoso assolutamente inedito.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1]Taccuini di Kei Kei Studio; [fig. 2] Lampada di Papermache; [fig. 3] Collana in fiori bianchi e neri di Angela Simone

Informazioni utili
«Naturalmente carta». Villa Necchi Campiglio, Via Mozart 14 – Milano. Orari: sabato 5 e domenica 6 novembre 2016, ore 10.00-18.00. Ingresso: intero € 13,00, iscritti Fai e ridotto per ragazzi dai 4 ai 14 anni € 5,00. Informazioni: tel. 02.76340121 o fainecchi@fondoambiente.it. Sito internet: www.manualmentecarta.it

«Moda di carta». Villa Necchi Campiglio, Via Mozart 14 – Milano. Orari: mercoledì-domenica, ore 10.00-18.00. Ingresso: intero € 12,00, iscritti Fai e ridotto per ragazzi dai 4 ai 14 anni € 4,00, universitari fino ai 26 anni € 5,00. Informazioni: tel. 02.76340121 o fainecchi@fondoambiente.it. Sito internet: : www.fondoambiente.it. Fino al 31 dicembre 2016.

mercoledì 2 novembre 2016

Reggia di Caserta, a caccia di tesori contemporanei tra le opere di «Terrae Motus»

Con l’arte si può giocare. Ne sono convinti alla Reggia di Caserta dove da sabato 5 novembre, per quattro week-end consecutivi, si terrà «Terrae Motus – A caccia di tesori contemporanei», un’inedita caccia al tesoro -in versione 2.0- progettata col chiaro intento di valorizzare uno dei luoghi della cultura più importanti e affascinanti d’Italia, al cui interno sono custodite opere di Warhol, Mapplethorpe, Haring, Halley e Rauschenberg.
L’iniziativa nasce dalla partnership tra il museo diretto da Mauro Felicori e il Centro commerciale Campania e vede la collaborazione di 012 Factory, First Social Life e GDG Campania.
Il progetto, pensato per immergersi in maniera ludica nel patrimonio culturale della residenza borbonica progettata da Luigi Vanvitelli, vuole stimolare la curiosità del pubblico attraverso la tecnologia di una app creata per l’occasione e il classico, irrinunciabile complemento di ogni caccia avventurosa che si rispetti: la mappa del tesoro.
I giocatori sono invitati a rispondere a una serie di domande relative alla storia locale, ai beni artistici del casertano, all’arte contemporanea e alle iniziative culturali del territorio. Nel caso in cui tutte le risposte siano giuste, potranno percorrere un itinerario tra i tesori artistici della Reggia di Caserta e il Centro commerciale Campania, per tentare di aggiudicarsi fino a settecento euro in buoni spesa.
Giocare è semplice: basta scaricare l’app, dotarsi della mappa del tesoro e recarsi alla Reggia tutti i sabati del mese di novembre dove, contestualmente all’acquisto del biglietto, sarà consegnato il codice per avviare la sessione di gioco, in agenda dalle ore 9 alle ore 16.
Quando la caccia al tesoro avrà inizio si procederà nelle postazioni degli appartamenti reali e nei locali della mostra «Terrae Motus» cercando i codici che, una volta scansionati, faranno apparire sul proprio dispositivo (smartphone o tablet) le domande. Sarà così possibile rispondere e procedere fino alla fine del percorso; mentre la domenica mattina, dalle ore 9 alle ore 13, la caccia al tesoro si sposterà al Centro commerciale Campania di Marcianise.
Alle ore 14 sarà diffusa la classifica, che verrà inviata ai giocatori tramite app e sarà presente al box informazioni del centro commerciale, e verranno assegnati i premi (i minorenni dovranno essere accompagnati da un familiare adulto per riscuotere il premio).
La caccia al tesoro nella Reggia di Caserta -che ha ricevuto anche il plauso della presidente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati, Flavia Piccoli Nardelli- è la prima occasione di una collaborazione inedita che coinvolge quattro importanti realtà della cultura, dell’innovazione e del mondo imprenditoriale del territorio casertano. Un formula di interazione stretta, questa, basata su una convergenza di vedute e una condivisione di contenuti, volta alla valorizzazione del patrimonio culturale sia agli occhi della cittadinanza locale sia come forza attrattiva per il turismo.
Un’azione che instaura un dialogo tra realtà eterogenee, ma complementari, con l’ambizione di rendere il tessuto territoriale sempre più integrato e attrattivo nell’ambito nazionale e internazionale dell’innovazione, dell’impresa e della fruizione dei beni culturali nel loro insieme.

Didascalie delle immagini
[Figg. 1, 2 e 3]  Vedute della Reggia di Caserta. Foto: A. Gentile

Informazioni utili 
Reggia di Caserta, viale Dohuet – 81100 Caserta. Orario di visita: ore 8.30-19.30; chiusura biglietteria, ore 18.45; ultimo ingresso, ore 19.00. Ingresso: intero € 12,00 (solo appartamento € 9.00), ridotto € 6,00 (solo appartamenti € 4,00).  Informazioni: tel. (0039)0823-448084 o (0039)0823-277580. Sito internet: http://www.reggiadicaserta.beniculturali.it

martedì 1 novembre 2016

Torna in stampa il «Libro imbullonato» di Depero

Ha da poco preso il via la campagna Kickstarter finalizzata alla pubblicazione della ristampa anastatica del celebre «Libro imbullonato» del pittore e designer Fortunato Depero.
Considerato il primo esempio compiuto di libro d'artista e campionario di tutte le possibili e più ardite sperimentazioni tipografiche dei primi del Novecento, il volume venne stampato nel 1927 con la complicità dell'editore e aviatore Fedele Azari.
All’interno della pubblicazione -rilegata con due massicci bulloni metallici, che restituiscono tutta la fascinazione del movimento marinettiano per le macchine e la modernità- si trovano oltre a numerose tavole parolibere, stampate su carte di differenti colori e grammature, riproduzioni di quadri, arazzi, disegni e progetti, che offrono un’esaustiva panoramica della vulcanica creatività dell'artista roveretano e del suo talento per l’autopromozione.
Un capitolo del volume è interamente dedicato alla longeva collaborazione tra Depero e la Campari; per l'azienda milanese l’artista disegna, infatti, numerose campagne pubblicitarie, gadget e l'intramontabile bottiglietta del Campari Soda.
Stampato in poche copie nella tipografia Mercurio di Rovereto e considerato da Kurt Schwitters e da Jan Tschichold come uno dei capolavori indiscussi della grafica del Novecento, «Depero futurista» (questo il titolo del libro), è ora un'assoluta rarità per bibliofili. Lo si può trovare in alcune raccolte pubbliche, dal Mart di Rovereto al MoMA di New York, e nelle più raffinate collezioni private. Persino le due ristampe anastatiche realizzate dalla Spes di Firenze nel 1978 e nel 1987 sono praticamente introvabili.
La campagna Kickstarter, lanciata da Designers & Books, uno dei siti più autorevoli in America in fatto di graphic design e di libri di pregio, e dal Cima (Center for Italian Modern Art) di New York, istituzione votata allo studio e alla promozione dell'arte italiana del Novecento, renderà possibile acquistare una ristampa anastatica di altissima qualità e totalmente fedele all'originale.
Insieme al «Libro imbullonato», che sarà disponibile su Kickstarter fino al 1° dicembre, verrà offerta una pubblicazione con saggi d'approfondimento, immagini e documenti inediti provenienti dall’archivio del Mart di Rovereto.

Informazioni utili 
www.boltedbook.com

lunedì 31 ottobre 2016

Giornata nazionale del trekking urbano, l’edizione numero 13 va alla scoperta dei luoghi di fede

Sacro e profano si incontrano nella nuova edizione della Giornata nazionale del trekking urbano. Il tredicesimo appuntamento con la festa del turismo sostenibile, che come consuetudine viene guidata dalla città di Siena, guarda, infatti, al Giubileo della misericordia e coinvolge una cinquantina di comuni italiani che, da nord a sud, proporranno, nella giornata di lunedì 31 ottobre, percorsi tesi a unire arte, cultura, spiritualità e degustazione di prodotti tipici.
Ogni itinerario sarà dedicato a uno o a più luoghi della fede, rifugi dell’anima, custodi di opere d’arte e testimoni di miracoli e leggende, in un percorso tra maestose cattedrali e basiliche di ogni epoca, tra santuari sperduti sulle montagne e piccole pievi di campagna, passando lungo antichi cammini di fede per arrivare ai luoghi simbolo della cristianità.
La Giornata nazionale del trekking urbano permetterà così di guardare a capolavori della nostra storia artistica o alla vicenda terrena di importanti protagonisti della cultura italiana con occhi nuovi.
Con questo spirito si farà tappa alla Chiesa di San Domenico ad Arezzo, all’interno della quale è conservato il Crocifisso di Cimabue, o al Duomo di Castelfranco Veneto, dove è conservata una Pala del Giorgione. Al cammino interiore di Dante Alighieri è, invece, dedicato il percorso proposto da Forlì, dove sarà possibile visitare i luoghi familiari al poeta e le tracce trecentesche rimaste nel centro storico. Mentre Napoli offrirà l’occasione per visitare, tra le altre cose, le Catacombe di San Gennaro, antiche aree cimiteriali sotterranee risalenti al II e III secolo, o per passeggiare nel Real Bosco di Capodimonte, fino a giungere alla Chiesetta di San Gennaro, aperta per l'occasione. A nord si segnala, invece, il percorso ideato a Trento, che si snoderà dalla Basilica di Santa Maria Maggiore, sede del Concilio di Trento, per entrare al Duomo, varcando la Porta della Misericordia. Debutta, poi, alle giornate del trekking urbano il Comune di Montalbano Jonico, che proporrà un percorso alla scoperta del centro storico, puntellato di chiese e cappelle gentilizie, con partenza dall’arco di San Pietro fino a raggiungere la Cappella della Madonna del Carmine.
Questa edizione della manifestazione offrirà anche l’occasione per percorrere alcuni tratti di vie e cammini di fede che, in passato, brulicavano di viandanti, mercanti e personaggi di ogni genere. Ad Asciano si scoprirà, per esempio, la storia della Via Lauretana che da Roma andava verso il Santuario di Loreto. Mentre alla Via Francigena sono dedicati i percorsi di Buccheri (in provincia di Siracusa), Siena e Pavia. A Mantova si potrà, invece, percorrere l’antica Via Carolingia che portò Carlo Magno dalla cittadina di Marmirolo alla Basilica di Sant’Andrea e a Roma, dove fu incoronato Imperatore.
Lungo la Via Appia, usata nel Medioevo come Via Francigena del Sud, si snoderà l’itinerario di Terracina, da dove è possibile ammirare il Circeo e le isole Ponziane. A Ragusa saranno, invece, protagoniste le Vie dei Santi, leggende di processi e processioni che passano per il Santuario della Madonna del Carmine, la Chiesa delle Anime SS. del Purgatorio e del SS. Trovato, fra degustazioni di dolci tipici e vino novello.
La manifestazione di quest’anno offrirà, poi, l’occasione di conoscere luoghi spesso chiusi al pubblico oppure scarsamente attraversati dal turismo tradizionale: dalla Chiesa di San Gregorio Armeno di Ancona al Monumento del Calvario di Ceglie Messapica, costruito per ringraziare il Signore per aver protetto la città dal colera fino agli oratori ‘dimenticati’ di Conegliano.
Non mancheranno nell’elenco dei luoghi da visitare alcuni Patrimoni Unesco: dal Santuario d’Oropa e del suo Sacro Monte a Biella e alla Cattedrale di Cosenza, fino ai conventi perduti di Feltre circondati dalle Vette Feltrine delle Dolomiti. Mentre al centro del percorso di Caserta ci sarà la Reggia vanvitelliana, punto di partenza dell’itinerario che toccherà anche la Chiesetta di Montevergine, la Chiesa di Sant'Agostino, la Cattedrale di San Michele Arcangelo e il Palazzo nobiliare dei Paternò.
Tra gli itinerari da non perdere si segna, infine, quello di Chieti, dove si andrà sulle tracce della devozione popolare nelle diverse epoche: dalla Civitella al Trivigliano, scopriremo i principali luoghi di culto di età italica, romana, medievale e moderna, in un percorso che si snoda attraverso le vie e i quartieri del centro storico della città abruzzese.

Informazioni utili 
«Trekking urbano»: Italia, sedi varie. Quando: giovedì 31 ottobre 2016. Informazioni: Comune di Siena - Ufficio Turismo, tel. 0577.292128, turismo@comune.siena.it. Sito internet: www.trekkingurbano.info.

venerdì 28 ottobre 2016

Napoli, Giuseppe Morra apre un nuovo museo. Al via con Cage e Duchamp

Napoli si arricchisce di un nuovo spazio espositivo. Ha da poco aperto i battenti, nel Palazzo Ayerbo D’Aragona Cassano, Casa Morra, un museo di quattromiladuecento metri quadrati che sarà gradualmente ristrutturato per accogliere l’ampia collezione di Giuseppe Morra: oltre duemila opere di artisti quali John Cage, Marcel Duchamp, Urs Lüthi o Daniel Spoerri e di movimenti contemporanei come Gutai, Happening, Fluxus, Azionismo viennese, Living Theatre e Poesia visiva.
Casa Morra, nel rione Materdei, si propone da subito non come spazio statico di esposizione di opere, bensì come archivio di arte contemporanea, luogo dinamico in grado di stimolare la riflessione e la ricerca in relazione alla società e la sua evoluzione.
Una fitta attività di conferenze, seminari, incontri porranno, infatti, l’accento anche sull’approfondimento e sulla didattica facendo così del nuovo museo una «casa delle idee».
Lo spazio si propone anche come un luogo aperto al futuro. Non a caso Giuseppe Morra ha progettato cento anni di mostre, attraverso il meccanismo del gioco dell’oca fatto di rimandi, attraversamenti e ritorni.
A inaugurare l’attività espositiva è un inedito dialogo di opere di John Cage, Marcel Duchamp e Allan Kaprow, tre artisti che hanno fatto della casualità la propria pratica creativa, applicando una svolta nel modo di vedere e percepire l’arte.
Il carattere di casualità è, per esempio, il primo tratto distintivo dell’opera «Stockroom» (1961-1992) di Allan Kaprow, come sottolineato nelle parole di Kaprow: «…questa versione di Stockroom deve essere dipinta dal visitatore in un colore diverso ogni giorno: bianco, rosso, arancione, giallo, verde, blu, viola, nero, ripetendo questa sequenza ogni otto giorni. Le persone che hanno piacere di partecipare troveranno pennelli adatti, rulli, una scala e qualche cosa per proteggere i vestiti. Sentitevi liberi di partecipare a questo procedimento».
L’introduzione alla funzione del caso richiama anche l’opera «Not Wanting To Say Anything About Marcel» (1969) di John Cage, costruita sottoponendo un’edizione del dizionario americano al «I Ching» per determinare la parola o la frase, l’immagine, la composizione e il colore.
Evocare l’imprevedibile è una metodologia per pensare l’arte anche secondo Duchamp, di cui Casa Morra propone una costruzione alternativa mostrando le diciotto incisioni realizzate per Arturo Schwarz e contenute nei suoi due volumi «The Large Glass and Related Works» del 1967-68, insieme ad altre sei importanti opere come «Rotoreliefs» e «A l’Infinitif».
L’evento inaugurale, preludio di un vortice di attività che animerà sempre più i nuovi spazi, sarà celebrato da due progetti performativi. Si inizia, alle 19 di venerdì 28 ottobre, con «CAGE 1 - 13» di Daniele Lombardi, con l’esecuzione di tredici pièces di John Cage, insieme con Ana Spasic, Jonathan Faralli, l’ensemble puntOorg, Luigi Esposito, Bruno Persico e Maria Teresa Fico. Segue, alle ore 21, la video installazione/concerto «Decameron» di Emanuel Dimas De Melo Pimenta, un lavoro complesso creato per Morra ed elaborato integralmente in realtà virtuale, un oceano di esperienze aperte alla libera partecipazione del pubblico attraverso tre tracce audio da download are e liberamente diffondere negli spazi di Casa Morra dal proprio dispositivo. Una nuova avventura, dunque, per Giuseppe Morra che ha ancora una volta come propri compagni di viaggio la curiosità e la progettualità di chi ama l’arte e il proprio lavoro.

Informazioni utili 
Casa Morra, salita San Raffaele, 20 c - 80136 Napoli. Orari: da martedì a venerdì, dalle ore 10 alle ore 17 | festivi solo su appuntamento. Ingresso gratuito. Informazioni: tel. 081.5641655 o casamorra@fondazionemorra.org. Sito internet: www.fondazionemorra.org

giovedì 27 ottobre 2016

«Exil», a Pistoia debutta uno studio fra teatro e musica sul tema dell'esilio

È una riflessione sul tema dell’esilio, questione di scottante attualità eppure da sempre presente nella storia di tanti popoli, a tessere la trama di «Exil», progetto francese fra teatro e musica frutto della residenza artistica della Compagnie Sans Père al Funaro di Pistoia. Lo spettacolo, che verrà presentato in forma di studio il prossimo venerdì 28 ottobre sul palcoscenico toscano, nasce da un’idea della violoncellista francese Sonia Wieder-Atherton, enfant prodige cresciuta fra San Francisco e Parigi, allieva di Rostropovich e a cui la regista belga Chantal Akerman ha dedicato tre film. L’artista, nominata nel 2015 Cavaliere dell'Ordine delle arti e delle lettere, ha una biografia che è già da sè un’esplorazione della condizione di esule: nata a San Francisco da una madre di origine rumena e un padre americano, cresciuta fra New York, Mosca (per studiare con Natalia Chakhovskaïa al Conservatoire Tchaïkovski) e Parigi, si distingue per una ricerca musicale ad ampio spettro, che –per usare le parole del regista belga Chantal Akerman- «cerca, cerca ancora e sempre (...) che cerca la breccia, il suono, il respiro delle origini». Lo spettacolo, in prova al Funaro dal 21 ottobre, vede anche la collaborazione di Sarah Koné della Compagnie Sans Père, il cui nome dichiara l’importanza di costruire un percorso individuale, «senza padri», senza patria intesa come vincolo culturale inamovibile. Con loro contribuisce alla nuova creazione il pianista pluripremiato Laurent Cabasso, allievo di Magaloff e di Sandor, di cui Le Monde dice: «Cabasso cammina sulle orme di Kempff, Haskil, Nat, Schnabel, con un istinto poetico, una libertà di andamento che lo fanno distinguere all’interno di una generazione già ricca di talenti di primo piano».
Completano la formazione sul palco del Funaro otto giovani attori: Anna Gianforcaro, Eliott Appel, Jeanne Pollacchi, Léontine Maurel, Ludmilla Bouakkaz, Manon Iside, Matthieu Louis-Marie, Violette Clapeyron. Loro lavoreranno su un brano per violoncello e pianoforte della compositrice russa, l’intensa allieva di Shostakovitch, Galina Ustvolskaya. Alternando strutture ritmiche violente a lunghi canti di speranza, il brano lascerà spazio ai testi recitati che si intrecceranno ad esso come in un oratorio. Attorno a questa struttura verranno presentate melodie per violoncello e voce. Purcell, Bach, canti ortodossi e siriani, un’elegia di Stravinsky sono alcune delle scelte fatte fino a questo momento della creazione che si completerà nel corso della residenza creativa.
«Scegliere un cast composto da giovani artisti insieme a talenti affermati –raccontano al Funaro- vuol dire da un lato tentare di mantenere un distacco emotivo che permetta di affrontare con rigore e spontaneità questioni delicate (il senso di isolamento, di alterità, del confronto con l’altro), dall’altro creare uno spettacolo che si arricchisca continuamente di diversi sguardi e di nuove spinte emotive».
«In tutti i tempi e in tutti i luoghi, popoli oppressi sono fuggiti. Spinti dalla guerra, la fame, l’estremismo, la follia omicida di altri uomini. Che fossero cacciati, deportati, strappati dalle loro vite. Che venissero dall’Asia, dall’Africa, o dall’Amercia. Che appartengano oggi al mito, alle leggende. Che sembrino sopravvissuti alla Storia o scorticati vivi dalla nostra attualità. In ogni caso sono tornati, ci hanno detto, hanno scritto la storia dell’uomo che da sempre fa male ad altri uomini. Queste parole compaiono, queste lingue sono sopravvissute al tempo e all’oblio. A noi il compito, oggi, di ascoltarle, di impararle», dice Sonia Wieder-Atherton. Dalla Bibbia al genocidio ruandese, che si tratti di un intero popolo in fuga o di una donna cinese perseguitata che scappa nella campagna: le voci di «resistenza» sono le stesse e saranno proprio queste a vivere sul palco del Funaro.

Informazioni utili 
«Exil». Il Funaro Centro Culturale, via del Funaro, 16/18 – Pistoia. Quando: venerdì 28 ottobre 2016, ore 21.00. Ingresso: intero € 12,00, ridotto € 10,00 o € 8,00. Informazioni: tel/fax  +39,0573.977225 | tel  +39.0573.976853 | mail: info@ilfunaro.org. Sito web: www.ilfunaro.org

mercoledì 26 ottobre 2016

«Il Milione», viaggio tra le «meraviglie» di Marco Polo con laReverdie

Uno dei viaggi più avvincenti della storia, destinato a lasciare un segno incancellabile nei rapporti tra Europa e Oriente: viene descritta così da tutti l’avventura di Marco Polo raccontata nel libro «Il Milione».
Dalla lettura di questa straordinaria opera è nata l’idea di realizzare uno spettacolo teatrale, in programma sabato 29 e domenica 30 ottobre alla Fondazione Giorgio Cini, che alla voce narrante di David Riondino affianca la musica del gruppo laReverdie.
Magico è il luogo scelto per questo appuntamento: l’auditorium lo Squero sull’Isola di San Giorgio Maggiore, un nuovo spazio per la musica ricavato da un’antica officina per la riparazione delle imbarcazioni, la cui costruzione risale alla metà dell’Ottocento e la cui struttura si ispira alla grande architettura veneziana, riprendendo il modello dell’Arsenale.
Dall’acustica eccezionale, lo Squero si affaccia direttamente sulla laguna: di fronte alla platea e alle spalle dei musicisti, le pareti di vetro, come quinte naturali, aprono uno straordinario scorcio sulla laguna offrendo allo spettatore la possibilità di vivere l’esperienza unica di un concerto a bordo d’acqua.
«Meraviglioso e quotidiano, storia e leggenda, santi e briganti, re e sudditi si trovavano in un rapporto di prodigiosa contiguità con il viaggiatore che non si confrontava mai con barriere concrete e culturali inaccessibili»: sembrerà di sentir rivivere questo spirito medioevale ben descritto dallo storico d’arte Jurgis Baltrušaitis nell’incontro veneziano.
«Nella descrizione dell’altro, dell’altro mondo e delle altrui usanze e figure, non c’è in Polo nessun sentimento di supremazia, di riduzione alle proprie categorie, se non per quel che serve a rendere comprensibile il racconto -afferma, infatti, David Riondino-. Gli altri sono ancora altri, non domina-ti dalla propria visione. Polo non si sente né superiore né inferiore all’universo inedito che attraversa. Intrecciando la meraviglia all’indifferenza, il veneziano sembra instaurare con l’Oriente un rapporto alla pari. Questo rende il racconto leggero e misterioso, e assolutamente udibile oltre le filologiche curiosità.».
Il tutto viene rivisto attraverso la penna di Rustichello da Pisa, conosciuto nelle prigioni genovesi, al quale Marco Polo affida il resoconto del suo viaggio in un mondo meraviglioso ed esotico descritto con uno stile profondamente medievale. Come medievale è la musica proveniente da ambiente veneto e francese eseguita da laReverdie, uno dei gruppi italiani specializzati nel reperto-rio medievale più noti in campo internazionale, che quest’anno festeggia i suoi trenta anni di attività.
In questo nuovo viaggio -racconta Claudia Caffagni- «ci confrontiamo e dialoghiamo con la tradizione musicale che proviene dall’Oriente, grazie al contributo del Kamancheh di Rana Shieh e del Tabla di Elena Baldassarri». Ne nascerà una combinazione magica che proietta lo spettatore in quel mondo mirabile e remoto, dall’irresistibile fascino.

Informazioni utili 
«Il Milione ovvero il libro delle meraviglie - Viaggio musicale sulle orme di Marco Polo». Auditorium Lo Squero, isola di San Giorgio Maggiore - Venezia. Quando: 29 ottobre 2016, ore 17.30 e 30 otto-bre 2016, ore 16.30. Ingresso: intero € 28,00, ridotto € 18,00, per comitive con più di venticinque persone riduzione del 25%. Link prevendita del 29/10: www.i-ticket.it/prevendita/index.php?cmd=event&event_id=2067. Link prevendita del 30/10: www.i-ticket.it/prevendita/index.php?cmd=event&event_id=2068. Informazioni: contacts@lareverdie.com.

martedì 25 ottobre 2016

Prato saluta il nuovo Centro Pecci

Una navicella spaziale. «Una virgola di luna». Un’architettura ad anello, color oro, con un’antenna sulla cima in grado di intercettare -e di trasmettere- fermenti, tendenze e umori della scena artistica contemporanea. Si presenta così «Sensing the Waves», il progetto ideato dall’architetto olandese Maurice Nio per rinnovare il Centro Pecci di Prato, la cui struttura fu ideata nel 1988 dal fiorentino Italo Gamberini per volontà di Enrico Pecci con l’intento di onorare la memoria del figlio Luigi, scomparso prematuramente.
Riaperto dopo nove anni di cantiere, il “nuovo” museo toscano si presenta ampliato nei suoi spazi, estendendosi ora su una superficie di oltre diecimila metri quadrati, articolata in diverse sale espositive, un archivio, una biblioteca specializzata con un patrimonio di oltre cinquantamila volumi, un teatro all’aperto per mille spettatori, un cinema-auditorium da centoquaranta posti, uno spazio performativo da quattrocento, un bookshop, un bistrot, un ristorante e varie sale d’incontro.
Ma il Centro Pecci non si presenta rinnovato solo negli spazi, che permetteranno finalmente di valorizzare al meglio la sua collezione che vanta oltre mille opere dei principali artisti internazionali: da Anish Kapoor a Jan Fabre, da Jannis Kounellis a Sol LeWitt, senza dimenticare gli italiani Mario Merz o Michelangelo Pistoletto.
Rinnovato è anche il programma culturale aperto all’interdisciplinarietà, alla commistione tra arti: il nuovo corso del museo pratese, avviato domenica 16 ottobre, promette, infatti, di indagare tutte le discipline della cultura contemporanea, toccando anche cinema, musica, perfoming arts, architettura, design, moda e letteratura e cercando, al contempo, di avvicinare il più possibile l’arte alla società.
L’opening del rinnovato e ampliato Centro Pecci di Prato spetta alla mostra «La fine del mondo», a cura di Fabio Cavallucci, che allinea, accanto a lavori storici di Marcel Duchamp e Pablo Picasso, le opere di una cinquantina di artisti contemporanei ormai affermati internazionalmente, dal nativo americano Jimmie Durham al cubano Carlos Garaicoa, dai cinesi Qiu Zhijie e Cai Guo-Qiang a giovani come il brasiliano Henrique Oliveira o lo svizzero Julian Charrière, del quale viene presentato un lavoro realizzato a quattro mani insieme al tedesco Julius Von Bismarck.
«In tempi di cambiamenti climatici globali, di guerre diffuse che hanno fatto dire al Papa che siamo di fronte alla terza guerra mondiale anche se combattuta a pezzetti, di esodi e di migrazioni irrefrenabili, di Brexit che se non di tutto il globo segna perlomeno la fine dell’Europa, -afferma Fabio Cavallucci- non sembra eccessivo parlare di fine del mondo: uno sguardo catastrofico sembrerebbe consentito ed è, diciamolo, avvallato dagli eventi. Ma non è questo il tema che la mostra vuole affrontare». A Prato si intende, infatti, far vivere al visitatore una specie di esercizio della distanza, che spinge a guardare il presente da lontano.
Lungo il percorso espositivo, secondo le nuove linee strategiche del Pecci, vengono documentati tutti linguaggi artistici: la musica, il teatro, il cinema, l’architettura e la danza contribuiscono a costruire una narrazione immersiva e coinvolgente grazie alla presenza di personalità eclettiche e visionarie che arricchiranno il racconto con il loro contributo, dalla celebre cantante Bjork all’architetto Didier Fiuza Faustino, dal drammaturgo e attore Pippo Delbono fino al musicista elettronico Joakim.
Intanto in tutta la città di Prato e anche in altri centri vicini come Firenze, Pisa, Vinci si festeggia la riapertura del Pecci con mostre e progetti che fanno ben sperare in uno slancio per l’intera scena creativa e culturale toscana.

Didascalie delle immagini 
[Fig. 1] «Sensing the Waves», nuova ala progettata da  Maurice Nio. Foto: Ivan D'Alì; [fig. 2] Map of Mythological Creatures, 2013, inchiostro su carta 7 pezzi, 120 x 240 cm, courtesy of Galleria Continua, San Gimignano / Beijing / Les Moulins / Habana; [fig. 3] Break-through (two) - yellow foam, tape, cardboard, wood, paint - variable dimensions, Luciano Romano, courtesy of Galleria Alfonso Artiaco

Informazioni utili 
Centro d'arte contemporanea Pecci, viale della Repubblica, 277 - Prato. Orari: da martedì a domenica, ore 11.00-23.00; chiuso il lunedì. Ingresso: intero € 10,00, ridotto € 7,00.  Informazioni: tel.  0574.5317 o info@centropecci.it. Sito internet: http://www.centropecci.it

lunedì 24 ottobre 2016

Bologna, ottant'anni d'arte a Villa delle Rose

Sono passati cent’anni da quando la contessa Nerina Armandi Avogli donava alla Città di di Bologna Villa delle Rose: un atto, questo, alla base della nascita della Galleria d’arte moderna cittadina che, con i suoi successivi sviluppi, avrebbe condotto all’apertura del Mambo. Per ricordare questo evento il comune felsineo promuove, nell’ambito delle celebra-zioni per il nono centenario della sua fondazione, la mostra «Villa delle Rose 1936», a cura di Uliana Zanetti e Barbara Secci, nella quale si presenta una ricostruzio-ne dell'allestimento realizzato ottanta anni or sono da Guido Zucchini, il primo a dare piena esecuzione delle volontà della donatrice includendo esclusivamente opere del XX secolo.
Nonostante le numerose perdite registrate durante la seconda guerra mondiale, grazie alle oltre cento opere superstiti e lavorando sull'attuale stato architettonico della villa è stato possibile far rivivere nelle sue linee generali quel primo assetto delle collezioni, dando la possibilità al pubblico di oggi di vedere lavori raramente esposti negli ultimi decenni. La mostra costituisce, inoltre, un'occasione per la revisione critica di un periodo ancora poco studiato della storia dell'arte bolognese.
La ricostruzione portata avanti dalle curatrici ha potuto contare su una vasta documentazione fotografica che testimonia con dovizia di particolari quale fosse l'assetto della collezione tra il 1936 e il 1940, rendendo più agevole immaginare come Zucchini abbia ragionato nell'accostare un numero di opere che oggi appare esorbitante: duecentosette lavori all'interno e diciannove sculture all'esterno della villa, tutti appartenenti al XX secolo e a centoventotto artisti quasi tutti all'epoca ancora viventi.
Il riordino delle collezioni condotto otto decenni fa riusciva a dipanare un patrimonio disorganico, spesso costruito tramite premi cittadini prestigiosi, acquisti alle Biennali, alle mostre di associazioni private o del sindacato fascista, oltre che ovviamente donazioni di svariata provenienza, rendendo comunque leggibile la distinzione fra autori disomogenei, alternando generi e stili differenti nei vari ambienti.
Il percorso espositivo del 1936 si articolava in undici sale (più la loggia d'ingresso, il portico e il giardino) di cui oggi si è cercato di mantenere l'impostazione attraverso una per quanto possibile fedele collocazione delle opere ancora disponibili.
Gaele Covelli, Giuseppe Graziosi e Giovanni Masotti, tutti vincitori del Premio Baruzzi, aprono il percorso espositivo, che continua con i lavori di Ferruccio Ferrazzi, Ferruccio Giacomelli, Casimiro Jodi, Ludovico Lambertini, Silverio Montaguti, Emilio Notte e Ferruccio Scandellari. Di quanto Zucchini aveva posizionato nella terza sala sono oggi visibili opere di Giuseppe Brugo, Ettore Burzi, Domenico Ferri, Augusto Majani, Ottavio Steffenini e Ugo Valeri, mentre della quarta sala ritroviamo i premi del Curlandese di prospettiva con Aldo Avati, Dante Comelli, Gualtiero Pontoni, Guido Venturi, e di scultura con Cleto Tomba, insieme ai paesaggi di Teodoro Wolf Ferrari e Luigi Zago. A parte vanno considerate le quattro opere superstiti di Amleto Montevecchi, con la sua accorata attenzione ai temi del lavoro e alle classi meno agiate, affiancate a uno studio di Gaetano Leonesi.
Si assiste, a seguire, al confronto tra i dipinti di due grandi maestri della pittura bolognese, Alfredo Protti e Guglielmo Pizzirani, che Zucchini collocava nella quinta sala. In mostra si ritrovano opere come «Il vestito alla marinara (Ragazzo)», «Il piumino e la Figura allo specchio» del primo: esempi fra i più riusciti di quel naturalismo addolcito e di quell'inclinazione intimista che restano cifra distintiva di molta pittura bolognese di quegli anni. Più aspro e severo appare, invece, «Mia madre e mia sorella», ritratto eseguito da Pizzirani che, pur rispettando una fedele resa del vero, documenta la persistenza nella sua arte di quei modi post-impressionisti che, se ai suoi esordi ne avevano fatto un ribelle al passo con i tempi, l'avrebbero però privato delle attenzioni di molta critica successiva.
Anche la sesta sala propone un raffronto tra due protagonisti del panorama regionale, Giovanni Romagnoli e Bruno Saetti, coronati da un esteso successo, all'epoca, nell'ambito delle esposizioni nazionali. Di Romagnoli, che fin dalla partecipazione alle mostre della Secessione Romana aveva ottenuto rilevanti riconoscimenti e che nel 1935 aveva avuto una sala personale alla Quadriennale di Roma, sono visibili tre dipinti di figura tutti premiati ai concorsi bolognesi, che restano fra i suoi capolavori: «Merlettaie» del 1921, «Ballerina con fior»i e «Toeletta» del 1923. Bruno Saetti, più giovane di una decina d'anni e all'epoca già trasferito da oltre un lustro a Venezia come docente della locale Accademia, nel 1939 avrebbe clamorosamente vinto il primo premio per la pittura alla Quadriennale romana, superando Morandi che arrivò secondo. A Villa delle Rose nel 1936 era presente con tre quadri insigniti dei premi bolognesi e con altri tre acquistati, tutti oggi visibili: due paesaggi - «Canale della Giudecca» del 1931 e «Paesaggio della Ciociaria» del 1933 - e quattro tele con figure - «Bambino con fiori» del 1926, due «Maternità» e «Donna uscita dal bagno», tutte del 1929-. Nella ricostruzione del 2016 è stato deciso di collocare in questa sala anche dipinti di Ilario Rossi e a Farpi Vignoli.
Della settima e dell'ottava sala allestite da Guido Zucchini ci rimangono opere di Ettore Bocchini, Luigi Cervellati, Gino Marzocchi, Antonio Maria Nardi, Alberto Negroni, Bruno Santi e Antonino Sartini. Della sala nove, che raggruppava disegni e stampe, sono, invece, presentate le ricercate xilografie di Francesco Dal Pozzo, le incisioni di Ubaldo Magnavacca, un monotipo di Giovanni Secchi, una altera testa di donna di Oddone Scabia, i diciotto cartoni con figure di scolaretti di Lorenzo Viani e, soprattutto, tre preziose acqueforti di Giorgio Morandi, le cui incisioni disperse vengono qui sostituite con altri esemplari degli stessi soggetti, donati al Comune di Bologna nel 1961 dall'artista stesso, facenti oggi parte del patrimonio del Museo Morandi: «Paesaggio del Poggio» (1927), «Case del Campiaro a Grizzana» (1929) e «Grande natura morta scura» (1934).
Della decima sala, che esponeva recentissime acquisizioni dell'epoca, rimangono innanzitutto il piccolo olio «Strada» di Filippo De Pisis acquistato alla V Mostra Interprovinciale d'arte e «L'auriga» (1934) del già citato Farpi Vignoli, già allora avvicinato dai critici alle temerarie sperimentazioni di Arturo Martini; sono arrivati a noi anche lavori di Pietro Angelini, Nino Bertocchi, Aldo Carboni e Mario Gamero.
Dell'undicesima sala, a chiusura del percorso, oggi abbiamo ancora le opere dei futuristi Alberto Alberti e Angelo Caviglioni, insieme a un dipinto di Mario Pozzati.
Nel dopoguerra le collezioni di Villa delle Rose si arricchirono, grazie a qualche acquisto e a diverse donazioni – talvolta intese a ricostituire il patrimonio disperso durante il conflitto – di numerose opere di pregio degli artisti bolognesi attivi nella prima metà del XX secolo. Per la mostra sono stati selezionati alcuni lavori che vengono esposti in rappresentanza di Carlo Corsi, Flavio Bertelli e Garzia Fioresi: figure troppo importanti per consentire che la dispersione di quanto mostrato nel 1936 permettesse di ignorarle. Sono state invece omesse, soprattutto per ragioni logistiche, le sculture che il catalogo di Zucchini segnalava all'esterno.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Alberto Alberti (Alberto Vincenzi), «Verso il cielo», 1931. Olio su tela, cm. 180 x 110. Acquistato dal-l'artista, 1932; [fig. 2] Giuseppe Brugo, «Giovane signora (Mughetto) », 1905-1906. Olio su tela, cm. 125 x 76. Concorso Curlandese 1905, premio di pittura; [fig. 3] Giovanni Romagnoli, «Merlettaie [Scuola di ricamo] », 1921. Olio su tela, cm. 100 x 90. Premio Baruzzi 1920; [fig. 4] Bruno Saetti, «Maternità», 1929. Olio su tela, cm. 77 x 62. Acquistato alla XVII Biennale di Venezia, 1930

Informazioni utili 
«Villa delle Rose 1936». Villa delle Rose, via Saragozza 228 – 230, Bologna. Orari: da giovedì a domenica, ore 15,00-20.00; lunedì 31 ottobre (apertura straordinaria), ore 15.00-20.00.

Ingresso: intero € 5,00, ridotto € 3,00 (Card Musei Metropolitani Bologna e altri convenzionati). Sito internet: www.mambo-bologna.org. Fino al 31 ottobre 2016.

venerdì 21 ottobre 2016

Rapporto Federculture, in Italia cresce il consumo culturale

È una buona notizia quella che emerge dalle pagine del dodicesimo Rapporto annuale Federculture presentato nei giorni scorsi a Roma, negli spazi del Maxxi. Il volume, edito da Gangemi e realizzato quest’anno in collaborazione con Agis, racconta, infatti, di un momento positivo per la cultura in Italia.
Maggiori risorse economiche per il settore, crescente autonomia operativa ai musei statali, nuovo protagonismo nelle politiche nazionali per gli operatori delle attività ricreative: questi sono, infatti, i dati che si leggono nel libro «Impresa Cultura. Creatività, partecipazione, competitività», introdotto da una prefazione di Dario Franceschini.
Il rapporto descrive un settore investito, dopo anni di stasi, da politiche di respiro strategico che coniugano valorizzazione della cultura, come uno dei maggiori fattori competitivi dell'Italia, e promozione della conoscenza, in particolare tra i giovani, per favorire la partecipazione dei cittadini alla tutela e fruizione del patrimonio nazionale.
Questo impegno sembra dare risultati positivi: gli italiani sono tornati a teatro (+4% sul 2014 e +8% sul 2013), nei musei (+7% e +18%), e nei siti archeologici (+8 e + 16%).
Il consumo culturale è cresciuto soprattutto tra le nuove generazioni: nella fascia di età 15-17 anni la fruizione teatrale aumenta del 16,6% e quella dei musei del 10,6%; in quella 20-24 anni si registra per il teatro una crescita dell’11,4%, per musei e mostre un +14,3%, nei concerti di musica classica +8,2%.
Tuttavia, in un quadro complessivamente positivo, non si possono tralasciare alcuni elementi di criticità che rischiano di frenare la ripresa e il recupero di competitività, anche internazionale, del settore e dell’intero sistema Paese. Tra questi, per esempio, il fatto che la partecipazione alla cultura sia ancora diffusa tra fasce ristrette della popolazione: l’astensione culturale, in calo nel 2015 del 4% rispetto all’anno precedente, riguarda ancora il 18,5% dei cittadini vale a dire circa 11 milioni di italiani che non fruiscono di cinema, teatro, musei, concerti, né praticano la lettura. E in particolare sul fronte della lettura i dati sono sconfortanti: nel 2015 si stima che meno di un italiano su due, cioè il 42% delle persone di 6 anni e più (circa 24 milioni), abbia letto almeno un libro, cifra stabile rispetto all’anno precedente, ma complessivamente in calo da diversi anni (nel 2010 la percentuale di lettori era del 47% circa).
Inoltre, esiste un evidente ritardo del Mezzogiorno del Paese, dove tutti gli indicatori seppure positivi sono decisamente inferiori al resto della penisola. Per esempio la spesa media mensile delle famiglie dedicata a cultura, spettacoli e ricreazione che, a livello nazionale è pari a 126,41 euro, nel nord-est è di 159 euro, nel centro il dato scende a 128 euro e crolla nel sud e nelle isole rispettivamente a 84 e 78 euro, la metà di quanto si spende nel triveneto e circa due terzi della spesa media nazionale.
Inoltre, sul fronte del turismo, se da una parte recuperiamo ben diciotto posizioni nella classifica della competitività turistica del World Economic Forum passando dal ventiseiesimo posto del 2013 all’ottavo del 2015, arrivi e presenze sono ancora è fortemente concentrato in alcune regioni e gran parte delle numerose attrattive del territorio, in particolar modo ancora una volta al Sud, non sono adeguatamente valorizzate. Ne è un chiaro indicatore il fatto che il 64,5% della spesa turistica degli stranieri si concentra in cinque regioni (Lazio, Lombardia, Veneto, Toscana, Campania), con differenze molto significative: ad esempio in Lombardia i turisti stranieri hanno speso 6 miliardi di euro e in Sardegna esattamente un decimo, 600 milioni.
Un analogo problema di concentrazione si registra sul fronte dei visitatori dei musei che per l’86% si riversano in 5 regioni – Lazio, Campania, Toscana, Piemonte, Lombardia – con i siti del Lazio che ne accolgono quasi 20 milioni, quelli della Campania e Toscana circa 7 milioni ciascuna, mentre in molte altre regioni, come Basilicata, Abruzzo, Calabria, se ne registrano poche centinaia di migliaia.
Dunque, seppure ci sia un’inequivocabile tendenza all’investimento e alla promozione della crescita del settore e una chiara disponibilità a considerare la cultura come un valore per il Paese, è necessario approfondire e intensificare le azioni intraprese per renderle più efficaci nel raggiungimento degli obiettivi.
Federculture ha individuato alcuni nodi cruciali sui quali intervenire come, per esempio, la defiscalizzazione del consumo culturale, l’estensione dell’Art bonus a tutti i soggetti che praticano cultura, la promozione dell’applicazione del bonus giovani, sperimentandone anche una possibile estensione alla popolazione anziana.
«Le nostre sono alcune proposte che potrebbero dare una nuova spinta ad un settore del Paese che è fortemente connesso con lo sviluppo dell'economia -sottolinea il presidente di Federculture Andrea Cacellato-. In modo particolare, il sostegno al consumo culturale può rappresentare la grande svolta capace di mettere in gioco risorse inaspettate, che possono moltiplicare gli effetti nella produzione culturale e nella vita delle Istituzioni, liberando anche una salutare competizione, in connessione con l’aumento della partecipazione dei cittadini alla vita culturale delle città e del Paese. La tensione che tutti dobbiamo avere verso la crescita economica, come fattore indispensabile per aiutare il Paese ad uscire da una lunga e difficile crisi, non può sottacere anche il ruolo che abbiamo nella crescita culturale, premessa necessaria, per rendere il nostro Paese più aperto alla conoscenza, più curioso del futuro, più consapevole dei propri mezzi. Ci sono tutte le condizioni, questa volta, per una vera svolta».

Informazioni utili 
www.federculture.it